giovedì 21 maggio 2009

Inceneritori e nanopolveri, intervista al dott. Montanari



Un potenziale gassificatore nel quadrante sud-ovest dei Castelli Romani (Albano Laziale) instilla, com’è ovvio che sia, una qualche riflessione. Data la “caratura” invasiva del possibile impianto è giusto considerare le ulteriori esternalità negative di un comprensorio già di per sè altamente gravato. Risorse idriche, vicinanza con i numerosi paesi limitrofi e con quel che sarà il futuro Policlinico dei Castelli Romani. Il tema porta fisiologicamente alla questione delle nanopolveri.


Per saperne di più abbiamo intervistato il dott. Stefano Montanari, nanopatologo di fama internazionale, dal 2004 direttore scientifico del laboratorio Nanodiagnostics di Modena.


Dott. Montanari spesso in Italia sentiamo parlare di termovalorizzatori, gassificatori e inceneritori. In termini pratici vi sono differenze strutturali atte a motivare questa diversa terminologia?

“L’inceneritore si limita a bruciare i rifiuti, il ‘termovalorizzatore’ ricava un minimo di energia dalla combustione dei rifiuti e il gassificatore ne ricava gas combustibili”.

Gli impianti che bruciano Cdr sono visti con sospetto da una parte della comunità scientifica per via delle loro emissioni gassose: le nanoparticelle. Cosa sono esattamente e che differenze ci sono con le altre polveri emesse dalla combustione?

“Sono polveri inorganiche di diametro inferiore al micron e con un volume che può arrivare ad essere anche centinaia di milioni di volte più piccolo di quello delle particelle da 10 micron che costituiscono il grosso delle PM10. La composizione è estremamente varia perché tra i rifiuti si trovano in pratica tutti gli elementi chimici e, dunque, ciò che ne esce sono entità quasi impossibili da pronosticare. La combustione dei rifiuti genera anche altre particelle sia più grossolane sia di natura organica, ma, quanto a computo numerico, sono le nanoparticelle ad essere soverchianti”.

C’è una relazione tra la dimensione delle nanopolveri e la temperatura di combustione nell’impianto?

”A grandi linee, più alta è la temperatura di combustione, più piccole sono le particelle generate. Gli inceneritori moderni funzionano a temperature relativamente elevate per produrre meno diossine ma, d’altro canto, le polveri che ne escono sono più sottili e più aggressive."

Dott. Montanari esistono ‘filtri’ in grado di poterle bloccare?

”No, i filtri non hanno attività sulle nanopolveri. Quando ci dicono che un filtro cattura il 99,9% delle polveri che escono da un camino, non ci viene detto che si tratta solo di una quota chiamata ‘polveri primarie filtrabili’ e che ciò che è catturato si valuta in peso e non per numero di particelle. Dunque, dal filtro sfuggiranno migliaia di volte più particelle di quanto non vengano bloccate. Ma l’altro problema è: che ne faremo di queste polveri che stanno sul filtro? Nei fatti tutta questa roba finisce nell’ambiente. Ma, poi, c’è il problema delle ceneri che costituiscono circa un terzo in massa del rifiuto che viene bruciato. Queste, classificate bizzarramente come ‘inerti’ sono in realtà quanto mai aggressive e finiscono nelle discariche che, dunque, non solo non spariscono con l’incenerimento dei rifiuti, ma diventano molto più pericolose di quelle ‘che puzzano’.

Queste nanopolveri si degradano poi in natura?

“Queste polveri sono eterne e, generate, restano per sempre nell’ambiente. Anzi, le nanopolveri possono galleggiare in aria per decenni e viaggiare su percorsi lunghissimi. Dunque, impossibile confinarle sul serio da qualche parte”.

A lungo termine possono causare effetti sull’uomo?

“Più piccola è la particella, più facilmente questa riesce a penetrare nell’organismo, passando rapidamente dal polmone o dall’apparato digerente al sangue e da qui a tutti gli organi. Le più piccole sanno entrare fin nel nucleo delle cellule disturbando il DNA. Le malattie che produce sono una lista pressoché infinita: ictus, infarto, tromboembolia polmonare, varie forme di cancro, malattie neurologiche che vanno dall’insonnia alla perdita di memoria a breve, dal morbo di Parkinson a quello di Alzheimer. Poi c’è la cosiddetta stanchezza cronica, ci sono malattie del sistema endocrino come alcune della tiroide o come il diabete. Drammatiche, poi, sono le malformazioni fetali che vediamo sempre più spesso”.

Qual è secondo lei la via da seguire in tema di rifiuti e in che direzione si muove l’Europa?

Il problema dei rifiuti ha un’origine antica ed è ridicolo pensare di risolverlo con la bacchetta magica. Figurarsi con gli inceneritori che sono una vera e propria follia. L’educazione è il primo rimedio: produrre molti meno rifiuti, per esempio eliminando sacchetti di plastica e imballi che sono metà abbondante del nostro pattume, trasformare in terriccio fertile tutto ciò che è biodegradabile, riusare, riciclare e non sprecare materiali. L’industria fabbricherà solo prodotti compatibili con l’ambiente, cosa tecnologicamente più che possibile, e i politici dovranno rassegnarsi a non speculare sulla malagestione dei rifiuti.


Fonte:Controluce

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Un potenziale gassificatore nel quadrante sud-ovest dei Castelli Romani (Albano Laziale) instilla, com’è ovvio che sia, una qualche riflessione. Data la “caratura” invasiva del possibile impianto è giusto considerare le ulteriori esternalità negative di un comprensorio già di per sè altamente gravato. Risorse idriche, vicinanza con i numerosi paesi limitrofi e con quel che sarà il futuro Policlinico dei Castelli Romani. Il tema porta fisiologicamente alla questione delle nanopolveri.


Per saperne di più abbiamo intervistato il dott. Stefano Montanari, nanopatologo di fama internazionale, dal 2004 direttore scientifico del laboratorio Nanodiagnostics di Modena.


Dott. Montanari spesso in Italia sentiamo parlare di termovalorizzatori, gassificatori e inceneritori. In termini pratici vi sono differenze strutturali atte a motivare questa diversa terminologia?

“L’inceneritore si limita a bruciare i rifiuti, il ‘termovalorizzatore’ ricava un minimo di energia dalla combustione dei rifiuti e il gassificatore ne ricava gas combustibili”.

Gli impianti che bruciano Cdr sono visti con sospetto da una parte della comunità scientifica per via delle loro emissioni gassose: le nanoparticelle. Cosa sono esattamente e che differenze ci sono con le altre polveri emesse dalla combustione?

“Sono polveri inorganiche di diametro inferiore al micron e con un volume che può arrivare ad essere anche centinaia di milioni di volte più piccolo di quello delle particelle da 10 micron che costituiscono il grosso delle PM10. La composizione è estremamente varia perché tra i rifiuti si trovano in pratica tutti gli elementi chimici e, dunque, ciò che ne esce sono entità quasi impossibili da pronosticare. La combustione dei rifiuti genera anche altre particelle sia più grossolane sia di natura organica, ma, quanto a computo numerico, sono le nanoparticelle ad essere soverchianti”.

C’è una relazione tra la dimensione delle nanopolveri e la temperatura di combustione nell’impianto?

”A grandi linee, più alta è la temperatura di combustione, più piccole sono le particelle generate. Gli inceneritori moderni funzionano a temperature relativamente elevate per produrre meno diossine ma, d’altro canto, le polveri che ne escono sono più sottili e più aggressive."

Dott. Montanari esistono ‘filtri’ in grado di poterle bloccare?

”No, i filtri non hanno attività sulle nanopolveri. Quando ci dicono che un filtro cattura il 99,9% delle polveri che escono da un camino, non ci viene detto che si tratta solo di una quota chiamata ‘polveri primarie filtrabili’ e che ciò che è catturato si valuta in peso e non per numero di particelle. Dunque, dal filtro sfuggiranno migliaia di volte più particelle di quanto non vengano bloccate. Ma l’altro problema è: che ne faremo di queste polveri che stanno sul filtro? Nei fatti tutta questa roba finisce nell’ambiente. Ma, poi, c’è il problema delle ceneri che costituiscono circa un terzo in massa del rifiuto che viene bruciato. Queste, classificate bizzarramente come ‘inerti’ sono in realtà quanto mai aggressive e finiscono nelle discariche che, dunque, non solo non spariscono con l’incenerimento dei rifiuti, ma diventano molto più pericolose di quelle ‘che puzzano’.

Queste nanopolveri si degradano poi in natura?

“Queste polveri sono eterne e, generate, restano per sempre nell’ambiente. Anzi, le nanopolveri possono galleggiare in aria per decenni e viaggiare su percorsi lunghissimi. Dunque, impossibile confinarle sul serio da qualche parte”.

A lungo termine possono causare effetti sull’uomo?

“Più piccola è la particella, più facilmente questa riesce a penetrare nell’organismo, passando rapidamente dal polmone o dall’apparato digerente al sangue e da qui a tutti gli organi. Le più piccole sanno entrare fin nel nucleo delle cellule disturbando il DNA. Le malattie che produce sono una lista pressoché infinita: ictus, infarto, tromboembolia polmonare, varie forme di cancro, malattie neurologiche che vanno dall’insonnia alla perdita di memoria a breve, dal morbo di Parkinson a quello di Alzheimer. Poi c’è la cosiddetta stanchezza cronica, ci sono malattie del sistema endocrino come alcune della tiroide o come il diabete. Drammatiche, poi, sono le malformazioni fetali che vediamo sempre più spesso”.

Qual è secondo lei la via da seguire in tema di rifiuti e in che direzione si muove l’Europa?

Il problema dei rifiuti ha un’origine antica ed è ridicolo pensare di risolverlo con la bacchetta magica. Figurarsi con gli inceneritori che sono una vera e propria follia. L’educazione è il primo rimedio: produrre molti meno rifiuti, per esempio eliminando sacchetti di plastica e imballi che sono metà abbondante del nostro pattume, trasformare in terriccio fertile tutto ciò che è biodegradabile, riusare, riciclare e non sprecare materiali. L’industria fabbricherà solo prodotti compatibili con l’ambiente, cosa tecnologicamente più che possibile, e i politici dovranno rassegnarsi a non speculare sulla malagestione dei rifiuti.


Fonte:Controluce

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