mercoledì 22 luglio 2009

Tracce della Napoli capitale: sulle orme dei gigli - 1860: via i simboli borbonici, imposto lo stemma sabaudo


Di Angelo Forgione


La cancellazione delle tracce borboniche da parte dei Savoia non trova riscontro solo nella toponomastica napoletana piena di nomi e riferimenti sabaudi ma anche nei palazzi del potere.
E’ importante in questo scenario evidenziare come il simbolo per antonomasia della Napoli Capitale abbia subito una cancellazione radicale. Si tratta del “giglio borbonico” la cui rimozione fu una conseguenza del mutamento politico del 1860 in città e nel Regno delle Due Sicilie.
Negli uffici, nei tribunali, nelle università, nei teatri, lo stemma della dinastia napoletana fu asportato e sostituito da quello sabaudo: in questo modo i nuovi regnanti marcarono i confini del territorio di cui si appropriarono.

Il “giglio di Francia”, simbolo dei Re Capetingi, componeva nel numero di tre esemplari (1) lo stemma della dinastia dei Borbone delle Due Sicilie e rappresentava la discendenza dalla Casa francese di Luigi IX e Carlo Magno. Il giglio è una rappresentazione fallica e comunica la mascolinità e la forza del potere.
I “gigli”, visibili anche sulla bandiera delle Due Sicilie (2) così come sulla bandiera di Spagna (3) non a caso introdotta nel paese iberico proprio da Carlo III di Borbone (era l’insegna navale della flotta borbonica), campeggiavano su molti palazzi del potere napoletano. Per farsene un’idea, basta visitare gli appartamenti reali della più importante residenza borbonica, la Reggia di Caserta, ornata di questo simbolo in ogni dove (4 / 5 / 6).

Nell’attuale Municipio di Napoli, il Palazzo San Giacomo, eretto per volontà di Ferdinando I di Borbone affinché ospitasse i Ministeri del Regno, era possibile osservare il giglio poi rimosso nelle cancellate e nei portoni. Di fatto, in capo al portone principale, ai lati della moderna scritta “MUNICIPIO” (7), erano e sono tuttora presenti sei cerchi di foglie di alloro e quercia; fino al 1860 ognuno di essi incorniciava un giglio (8), non a caso tre per lato, mentre oggi quegli spazi circolari risultano vuoti (9).
Le decorazioni metalliche circolari presenti nell’antico cancello a chiusura del portone sulla sinistra della facciata dell’edificio oggi circoscrivono semplicemente le strutture in ferro (10) sulle quali erano prima fissati gli emblemi reali (11). Stessa operazione è stata compiuta sulle ringhiere della scalinata interna principale.

Il giglio borbonico era presente anche in altri luoghi rappresentativi della città. In Piazza del Plebiscito era visibile sulle ringhiere di recinzione delle statue equestri dei sovrani borbonici (12). Oggi, al loro posto, troviamo gli stemmi del Comune di Napoli (13).
La cancellazione dei gigli nella piazza non è però stata portata a compimento se è vero che basta posizionarsi alla base dell’emiciclo in posizione laterale rispetto al colonnato e con le spalle alle statue equestri; alzando lo sguardo è possibile notare dei gigli marmorei (14 / 15) a decorare gli archi di ingresso del colonnato tanto sul versante a ponente che su quello a levante. Il simbolo borbonico è altresì replicato sui capitelli delle colonne del pronao (16) e di quelle dell’emiciclo (17).

I gigli sono spariti quasi del tutto anche a Palazzo reale. Pur volendo cercare le effigi borboniche visitando gli appartamenti reali, è rarissimo imbattersi in esse; questo perché rimosse dai Savoia. Il Palazzo, fatto erigere nel ‘600 dal viceré spagnolo Conte di Lemos perché fosse residenza dei viceré spagnoli; lo fu poi degli austriaci, quindi dei Borbone. Dopo l'unità d'Italia fu soggiorno permanente dei reali di casa Savoia che ne modificarono l'aspetto esteriore; nelle nicchie della facciata furono collocate delle statue dei Re di Napoli, su decisione di Umberto I che volle dedicarne una al padre da poco defunto Vittorio Emanuele di Savoia (18). Fu così che si creò una discrasia storica che i cittadini difficilmente rilevano: Vittorio Emanuele non é mai stato Re di Napoli. Se è vero che delle otto statue dei sovrani sette sono dedicate ai Sovrani di Napoli, l’ottava raffigura il Re d’Italia e quella presenza tra le statue dei sovrani della città è a tutti gli effetti una vera e propria intrusione.
In testa al portone d'ingresso, e subito sotto il balcone di parata, fu poi inserito un visibilissimo stemma savoiardo (19) ad imprimere un segno chiaro di proprietà e dominio che neanche i Borbone avevano osato apporre per non sovrapporsi allo scudo gentilizio di Filippo III di Asburgo Re di Spagna e agli stemmi vicereali ai lati dello stesso, risalenti al progetto originario di Domenico Fontana, ancora oggi visibili sopra lo stesso balcone di parata. (20) Lo scudo sabaudo fu inserito dai Savoia anche sulle ringhiere del terrazzo (21) e su tutta la cancellata dei giardini prospicienti alla Via San Carlo (22).

Le effigi borboniche furono cancellate anche nel Real Teatro di San Carlo e fa specie che in un luogo che esprime la magnificenza dell’illuminato Carlo III di Borbone campeggi lo stemma sabaudo sul palco reale (23 / 24). Fortunatamente, l’emblema reale borbonico posto sull’arco scenico che era stato nascosto sotto lo scudo piemontese è stato riscoperto e ripristinato dopo centoquaranta anni (25).

I gigli e gli stemmi borbonici oggi spuntano improvvisi alla vista, in vari paesi e comunità di tutto il sud Italia, a testimonianza di un’appartenenza a quello che fu il più grande e prospero stato che la penisola abbia mai conosciuto. E questo proprio non può essere cancellato.




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Di Angelo Forgione


La cancellazione delle tracce borboniche da parte dei Savoia non trova riscontro solo nella toponomastica napoletana piena di nomi e riferimenti sabaudi ma anche nei palazzi del potere.
E’ importante in questo scenario evidenziare come il simbolo per antonomasia della Napoli Capitale abbia subito una cancellazione radicale. Si tratta del “giglio borbonico” la cui rimozione fu una conseguenza del mutamento politico del 1860 in città e nel Regno delle Due Sicilie.
Negli uffici, nei tribunali, nelle università, nei teatri, lo stemma della dinastia napoletana fu asportato e sostituito da quello sabaudo: in questo modo i nuovi regnanti marcarono i confini del territorio di cui si appropriarono.

Il “giglio di Francia”, simbolo dei Re Capetingi, componeva nel numero di tre esemplari (1) lo stemma della dinastia dei Borbone delle Due Sicilie e rappresentava la discendenza dalla Casa francese di Luigi IX e Carlo Magno. Il giglio è una rappresentazione fallica e comunica la mascolinità e la forza del potere.
I “gigli”, visibili anche sulla bandiera delle Due Sicilie (2) così come sulla bandiera di Spagna (3) non a caso introdotta nel paese iberico proprio da Carlo III di Borbone (era l’insegna navale della flotta borbonica), campeggiavano su molti palazzi del potere napoletano. Per farsene un’idea, basta visitare gli appartamenti reali della più importante residenza borbonica, la Reggia di Caserta, ornata di questo simbolo in ogni dove (4 / 5 / 6).

Nell’attuale Municipio di Napoli, il Palazzo San Giacomo, eretto per volontà di Ferdinando I di Borbone affinché ospitasse i Ministeri del Regno, era possibile osservare il giglio poi rimosso nelle cancellate e nei portoni. Di fatto, in capo al portone principale, ai lati della moderna scritta “MUNICIPIO” (7), erano e sono tuttora presenti sei cerchi di foglie di alloro e quercia; fino al 1860 ognuno di essi incorniciava un giglio (8), non a caso tre per lato, mentre oggi quegli spazi circolari risultano vuoti (9).
Le decorazioni metalliche circolari presenti nell’antico cancello a chiusura del portone sulla sinistra della facciata dell’edificio oggi circoscrivono semplicemente le strutture in ferro (10) sulle quali erano prima fissati gli emblemi reali (11). Stessa operazione è stata compiuta sulle ringhiere della scalinata interna principale.

Il giglio borbonico era presente anche in altri luoghi rappresentativi della città. In Piazza del Plebiscito era visibile sulle ringhiere di recinzione delle statue equestri dei sovrani borbonici (12). Oggi, al loro posto, troviamo gli stemmi del Comune di Napoli (13).
La cancellazione dei gigli nella piazza non è però stata portata a compimento se è vero che basta posizionarsi alla base dell’emiciclo in posizione laterale rispetto al colonnato e con le spalle alle statue equestri; alzando lo sguardo è possibile notare dei gigli marmorei (14 / 15) a decorare gli archi di ingresso del colonnato tanto sul versante a ponente che su quello a levante. Il simbolo borbonico è altresì replicato sui capitelli delle colonne del pronao (16) e di quelle dell’emiciclo (17).

I gigli sono spariti quasi del tutto anche a Palazzo reale. Pur volendo cercare le effigi borboniche visitando gli appartamenti reali, è rarissimo imbattersi in esse; questo perché rimosse dai Savoia. Il Palazzo, fatto erigere nel ‘600 dal viceré spagnolo Conte di Lemos perché fosse residenza dei viceré spagnoli; lo fu poi degli austriaci, quindi dei Borbone. Dopo l'unità d'Italia fu soggiorno permanente dei reali di casa Savoia che ne modificarono l'aspetto esteriore; nelle nicchie della facciata furono collocate delle statue dei Re di Napoli, su decisione di Umberto I che volle dedicarne una al padre da poco defunto Vittorio Emanuele di Savoia (18). Fu così che si creò una discrasia storica che i cittadini difficilmente rilevano: Vittorio Emanuele non é mai stato Re di Napoli. Se è vero che delle otto statue dei sovrani sette sono dedicate ai Sovrani di Napoli, l’ottava raffigura il Re d’Italia e quella presenza tra le statue dei sovrani della città è a tutti gli effetti una vera e propria intrusione.
In testa al portone d'ingresso, e subito sotto il balcone di parata, fu poi inserito un visibilissimo stemma savoiardo (19) ad imprimere un segno chiaro di proprietà e dominio che neanche i Borbone avevano osato apporre per non sovrapporsi allo scudo gentilizio di Filippo III di Asburgo Re di Spagna e agli stemmi vicereali ai lati dello stesso, risalenti al progetto originario di Domenico Fontana, ancora oggi visibili sopra lo stesso balcone di parata. (20) Lo scudo sabaudo fu inserito dai Savoia anche sulle ringhiere del terrazzo (21) e su tutta la cancellata dei giardini prospicienti alla Via San Carlo (22).

Le effigi borboniche furono cancellate anche nel Real Teatro di San Carlo e fa specie che in un luogo che esprime la magnificenza dell’illuminato Carlo III di Borbone campeggi lo stemma sabaudo sul palco reale (23 / 24). Fortunatamente, l’emblema reale borbonico posto sull’arco scenico che era stato nascosto sotto lo scudo piemontese è stato riscoperto e ripristinato dopo centoquaranta anni (25).

I gigli e gli stemmi borbonici oggi spuntano improvvisi alla vista, in vari paesi e comunità di tutto il sud Italia, a testimonianza di un’appartenenza a quello che fu il più grande e prospero stato che la penisola abbia mai conosciuto. E questo proprio non può essere cancellato.




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