sabato 31 gennaio 2009

Barack vs Silvio, piccole differenze


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Se Bossi sbanca lo Stato


Secondo l'ultimo comma dell'articolo 81 della Costituzione ogni legge "che importi nuove o maggiori spese deve indicare i mezzi per farvi fronte".
È ormai consolidata opinione che proprio la sistematica violazione di questa elementare regola contabile da parte dei legislatori abbia provocato i maggiori guasti della finanza pubblica, a cominciare dall'abnorme montagna di debito.
Nell'escogitare trappole con le quali aggirare il disposto costituzionale le Camere hanno dimostrato, di volta in volta, un'inventiva fertilissima, ma il trucco più abusato è sempre stato quello di sottostimare (talora clamorosamente) l'onere effettivo delle leggi di spesa ovvero di sovrastimare (spesso spudoratamente) il gettito dei provvedimenti fiscali assunti per offrire una copertura finanziaria alle nuove o maggiori uscite.

Con il voto del Senato sulla normativa che introduce il federalismo fiscale si è compiuto un ulteriore e più grave passo di conclamata indifferenza verso gli equilibri di bilancio. Nel senso che non ci si è nemmeno preoccupati di fare finta di credere in una stima, magari manipolata, del saldo finanziario fra entrate e uscite del nuovo sistema. Perfino il ministro dell'Economia, chiamato a dire la sua in proposito, se l'è cavata definendo "imponderabili" gli oneri della legge. Valutazione che, in un paese normale, avrebbe dovuto indurre un governo responsabile a dichiarare la sua contrarietà all'approvazione di un testo siffatto. Ciò non è avvenuto e un Senato disinvolto ha dato il suo semaforo verde e non con il solo voto favorevole della maggioranza. Fatto politico importante, l'opposizione di sinistra - che pure aveva sollevato con forza il problema degli oneri per il bilancio - si è alla fine limitata a un voto di astensione, mentre soltanto gli Udc di Casini hanno espresso un chiaro no.

Non c'è da stupirsi che i ministri leghisti presenti al misfatto - da Bossi a Calderoli passando per Maroni - abbiano manifestato una gioia incontenibile per questo primo passo verso quello che è da sempre l'obiettivo politico fondamentale del loro partito: chi se ne frega, in fondo, se i conti dello Stato si scassano ma la bandiera federalista può finalmente sventolare. Già molto meno spiegabile, invece, è la posizione del presidente del Consiglio il quale, per chiudere la partita sui costi, ha assicurato che il federalismo fiscale porterà a una riduzione delle tasse. Non si sa da dove Silvio Berlusconi ricavi simile convincimento, ma prendiamolo pure in parola. Ciò significa che vi sarà una riduzione delle entrate e allora dove stanno i correlati tagli di spese, visto che neppure le province vengono contestualmente abolite? Senza volerlo, il Cavaliere ha dimostrato che il problema dei costi e dei ricavi è più che mai aperto.

Ciò che più sconcerta, comunque, è l'atteggiamento dell'opposizione di sinistra. Tutti hanno capito che i diessini puntano a ottenere in cambio un distacco dei leghisti da Berlusconi su altri temi, in particolare sulla riforma della giustizia. Posto che si tratti di un calcolo fondato e motivi per dubitarne non mancano, il gioco vale la candela di un'ennesima spallata ai conti pubblici?

Fonte :L'Espresso (30 gennaio 2009)
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Secondo l'ultimo comma dell'articolo 81 della Costituzione ogni legge "che importi nuove o maggiori spese deve indicare i mezzi per farvi fronte".
È ormai consolidata opinione che proprio la sistematica violazione di questa elementare regola contabile da parte dei legislatori abbia provocato i maggiori guasti della finanza pubblica, a cominciare dall'abnorme montagna di debito.
Nell'escogitare trappole con le quali aggirare il disposto costituzionale le Camere hanno dimostrato, di volta in volta, un'inventiva fertilissima, ma il trucco più abusato è sempre stato quello di sottostimare (talora clamorosamente) l'onere effettivo delle leggi di spesa ovvero di sovrastimare (spesso spudoratamente) il gettito dei provvedimenti fiscali assunti per offrire una copertura finanziaria alle nuove o maggiori uscite.

Con il voto del Senato sulla normativa che introduce il federalismo fiscale si è compiuto un ulteriore e più grave passo di conclamata indifferenza verso gli equilibri di bilancio. Nel senso che non ci si è nemmeno preoccupati di fare finta di credere in una stima, magari manipolata, del saldo finanziario fra entrate e uscite del nuovo sistema. Perfino il ministro dell'Economia, chiamato a dire la sua in proposito, se l'è cavata definendo "imponderabili" gli oneri della legge. Valutazione che, in un paese normale, avrebbe dovuto indurre un governo responsabile a dichiarare la sua contrarietà all'approvazione di un testo siffatto. Ciò non è avvenuto e un Senato disinvolto ha dato il suo semaforo verde e non con il solo voto favorevole della maggioranza. Fatto politico importante, l'opposizione di sinistra - che pure aveva sollevato con forza il problema degli oneri per il bilancio - si è alla fine limitata a un voto di astensione, mentre soltanto gli Udc di Casini hanno espresso un chiaro no.

Non c'è da stupirsi che i ministri leghisti presenti al misfatto - da Bossi a Calderoli passando per Maroni - abbiano manifestato una gioia incontenibile per questo primo passo verso quello che è da sempre l'obiettivo politico fondamentale del loro partito: chi se ne frega, in fondo, se i conti dello Stato si scassano ma la bandiera federalista può finalmente sventolare. Già molto meno spiegabile, invece, è la posizione del presidente del Consiglio il quale, per chiudere la partita sui costi, ha assicurato che il federalismo fiscale porterà a una riduzione delle tasse. Non si sa da dove Silvio Berlusconi ricavi simile convincimento, ma prendiamolo pure in parola. Ciò significa che vi sarà una riduzione delle entrate e allora dove stanno i correlati tagli di spese, visto che neppure le province vengono contestualmente abolite? Senza volerlo, il Cavaliere ha dimostrato che il problema dei costi e dei ricavi è più che mai aperto.

Ciò che più sconcerta, comunque, è l'atteggiamento dell'opposizione di sinistra. Tutti hanno capito che i diessini puntano a ottenere in cambio un distacco dei leghisti da Berlusconi su altri temi, in particolare sulla riforma della giustizia. Posto che si tratti di un calcolo fondato e motivi per dubitarne non mancano, il gioco vale la candela di un'ennesima spallata ai conti pubblici?

Fonte :L'Espresso (30 gennaio 2009)

Sporchi immigrati tornate a casa vostra


Le frasi rivolte ai lavoratori stranieri sono più o meno queste: “Sporchi immigrati. Tornate a casa vostra. Togliete lavoro a gente di qui che ne ha bisogno”. Quante volte si sentono ripetere espressioni simili, in Italia, da chi non sopporta la vista degli immigrati di un colore o di un altro. Be’, in questi giorni le stesse frasi sono state pronunciate qui in Inghilterra all’indirizzo di lavoratori italiani.


Alla raffineria Lindsey Oil di Grimsby, gestita dall’azienda petrolifera francese Total, è stato assunto un gruppo di manovali italiani e portoghesi, scrive il quotidiano Daily Express di Londra, apparentemente perchè costano meno. Una legge europea lo permette. Sono ospitati da una speciale nave-albergo, con un contratto di lavoro a tempo. Ma agli operai inglesi la cosa, in piena recessione, non è andata giù: ieri hanno dichiarato sciopero e protestato piuttosto vigorosamente per la presenza degli italiani. Alcuni dei quali, o almeno presunti tali, sono ripresi in una fotografia del Daily Express mentre agitano il dito medio e fanno il gesto dell’ombrello davanti al naso degli operai inglesi. “Gli italiani lavorano male e non rispettano le norme di sicurezza”, dice un operaio inglese al quotidiano di Londra. “La nostra non è una protesta razzista, ma quei posti di lavoro spettavano a noi. E’ un’ingiustizia”.

Chiunque abbia ragione, è la prova di come i ruoli possono cambiare in fretta: in Inghilterra possiamo essere visti come i vu’cumprà che tanti di noi non sopportano in patria. Che è stato poi, quello dei poveri immigrati guardati male dai nativi, il nostro ruolo per secoli. Sarebbe bene non dimenticarcelo.

Fonte:
La Repubblica
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Le frasi rivolte ai lavoratori stranieri sono più o meno queste: “Sporchi immigrati. Tornate a casa vostra. Togliete lavoro a gente di qui che ne ha bisogno”. Quante volte si sentono ripetere espressioni simili, in Italia, da chi non sopporta la vista degli immigrati di un colore o di un altro. Be’, in questi giorni le stesse frasi sono state pronunciate qui in Inghilterra all’indirizzo di lavoratori italiani.


Alla raffineria Lindsey Oil di Grimsby, gestita dall’azienda petrolifera francese Total, è stato assunto un gruppo di manovali italiani e portoghesi, scrive il quotidiano Daily Express di Londra, apparentemente perchè costano meno. Una legge europea lo permette. Sono ospitati da una speciale nave-albergo, con un contratto di lavoro a tempo. Ma agli operai inglesi la cosa, in piena recessione, non è andata giù: ieri hanno dichiarato sciopero e protestato piuttosto vigorosamente per la presenza degli italiani. Alcuni dei quali, o almeno presunti tali, sono ripresi in una fotografia del Daily Express mentre agitano il dito medio e fanno il gesto dell’ombrello davanti al naso degli operai inglesi. “Gli italiani lavorano male e non rispettano le norme di sicurezza”, dice un operaio inglese al quotidiano di Londra. “La nostra non è una protesta razzista, ma quei posti di lavoro spettavano a noi. E’ un’ingiustizia”.

Chiunque abbia ragione, è la prova di come i ruoli possono cambiare in fretta: in Inghilterra possiamo essere visti come i vu’cumprà che tanti di noi non sopportano in patria. Che è stato poi, quello dei poveri immigrati guardati male dai nativi, il nostro ruolo per secoli. Sarebbe bene non dimenticarcelo.

Fonte:
La Repubblica

Salvatore Borsellino a Piazza Farnese

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venerdì 30 gennaio 2009

Annullata l'amichevole Italia-Brasile


Fonte:L'Unità
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Fonte:L'Unità

Celebrazioni per il 150° anniversario delle nozze di Francesco II e Maria Sofia a Bari




Il prossimo 3 febbraio alle ore 17 a Bari in Piazza Ferrarese, con la deposizione della corona ai piedi della lapide che ricorda il fastoso evento delle nozze tra Francesco di Borbone Due Sicilie e Maria Sofia di Wittelsbach ed una commemorazione sul luogo storico, prendono il via le celebrazioni che l'apposito comitato, costituito a settembre dello scorso anno su proposta dell'amico Francesco Laricchia, ha inteso organizzare in sintonia con le amministrazioni comunali di Bari e Bitonto.

Il calendario completo delle manifestazioni, che si prevede possano culminare con le celebrazioni all'obelisco carolino in maggio prossimo, sarà comunicato una volta completata e definita la partecipazioni degli enti pubblici interessati.

Tutti gli amici della Storia delle Due Sicilie sono invitati a prendere parte.

Cordiali saluti

Il Presidente del Comitato

Commendator Giuseppe Saverio Poli
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Il prossimo 3 febbraio alle ore 17 a Bari in Piazza Ferrarese, con la deposizione della corona ai piedi della lapide che ricorda il fastoso evento delle nozze tra Francesco di Borbone Due Sicilie e Maria Sofia di Wittelsbach ed una commemorazione sul luogo storico, prendono il via le celebrazioni che l'apposito comitato, costituito a settembre dello scorso anno su proposta dell'amico Francesco Laricchia, ha inteso organizzare in sintonia con le amministrazioni comunali di Bari e Bitonto.

Il calendario completo delle manifestazioni, che si prevede possano culminare con le celebrazioni all'obelisco carolino in maggio prossimo, sarà comunicato una volta completata e definita la partecipazioni degli enti pubblici interessati.

Tutti gli amici della Storia delle Due Sicilie sono invitati a prendere parte.

Cordiali saluti

Il Presidente del Comitato

Commendator Giuseppe Saverio Poli

Dalla ‘Prefazione’ alla ‘Philosophia sensibus demonstrata’ (1591), di Tommaso Campanella


Dalla ‘Prefazione’ alla ‘Philosophia sensibus demonstrata’ (1591), di Tommaso Campanella,filosofo calabrese,contro il filosofo Marra:


”… e sappia questo saccente che chiama con disprezzo Telesio ora Bruzio ed ora Calabrese, sappia che la Calabria è la migliore e la più antica di quasi tutte le regioni. Questa regione incominciò ad essere abitata dopo il Diluvio per la fertilità del sito da Aschenaz, nipote di Noé, nei pressi di Reggio.

Fu chiamata Ausonia per essere fertile di ogni bene, come ora è detta Calabria, il cui nome significa quasi ‘regione abbondante’; fu anche detta Enotria, Morgezia, Sicilia, Magna Grecia, per distinguerla dall’altra Grecia, la quale veniva superata da essa in tutte le cose.

E fu detta anche Italia, da cui ora è derivato il nome a tutta l’Italia, che è una parte dell’Europa (...).

Fu anche detta Brettia da Brento, figlio di Ercole, che una volta fu re di questa regione, come narrano nelle loro storie gli antichissimi scrittori, Stefano, Eustazio ed Antioco (...).

Presso i Calabresi vigoreggiano anche tutte le discipline e l’intera scienza umana, e quella che ora s’insegna nelle scuole trae origine dalla Calabria. Platone infatti e il suo discepolo Aristotele furono allievi di Calabresi (...).

Platone infatti si portò da Atene in Calabria, e qui apprese tutto da Timeo, Euticrate ed Arione, tutti di Locri. (...).

La scuola di Pitagora fiorì presso Crotone, e da tutto il mondo venivano a lui filosofi e re, come narrano svariati scrittori; e dopo la sua morte la sua scuola fiorì a Locri e a Reggio sotto diversi maestri; e a quel tempo in tutta la regione non si contavano i filosofi e le donne sapienti che scrissero molte opere”.
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Dalla ‘Prefazione’ alla ‘Philosophia sensibus demonstrata’ (1591), di Tommaso Campanella,filosofo calabrese,contro il filosofo Marra:


”… e sappia questo saccente che chiama con disprezzo Telesio ora Bruzio ed ora Calabrese, sappia che la Calabria è la migliore e la più antica di quasi tutte le regioni. Questa regione incominciò ad essere abitata dopo il Diluvio per la fertilità del sito da Aschenaz, nipote di Noé, nei pressi di Reggio.

Fu chiamata Ausonia per essere fertile di ogni bene, come ora è detta Calabria, il cui nome significa quasi ‘regione abbondante’; fu anche detta Enotria, Morgezia, Sicilia, Magna Grecia, per distinguerla dall’altra Grecia, la quale veniva superata da essa in tutte le cose.

E fu detta anche Italia, da cui ora è derivato il nome a tutta l’Italia, che è una parte dell’Europa (...).

Fu anche detta Brettia da Brento, figlio di Ercole, che una volta fu re di questa regione, come narrano nelle loro storie gli antichissimi scrittori, Stefano, Eustazio ed Antioco (...).

Presso i Calabresi vigoreggiano anche tutte le discipline e l’intera scienza umana, e quella che ora s’insegna nelle scuole trae origine dalla Calabria. Platone infatti e il suo discepolo Aristotele furono allievi di Calabresi (...).

Platone infatti si portò da Atene in Calabria, e qui apprese tutto da Timeo, Euticrate ed Arione, tutti di Locri. (...).

La scuola di Pitagora fiorì presso Crotone, e da tutto il mondo venivano a lui filosofi e re, come narrano svariati scrittori; e dopo la sua morte la sua scuola fiorì a Locri e a Reggio sotto diversi maestri; e a quel tempo in tutta la regione non si contavano i filosofi e le donne sapienti che scrissero molte opere”.

P.zza Farnese: Signor Presidente, ad essere offesi siamo noi


Queste le riflessioni dei componenti dell'' Associazione Nazionale Familiari Vittime di Mafia, per voce della presidente, Sonia Alfano, sulla manifestazione di ieri in Piazza Farnese in difesa della democrazia e della legalità costituzionale. Alla luce di quanto detto e scritto dalle forze politiche italiane in merito alla manifestazione di Piazza Farnese, da noi promossa, ci preme fare alcune riflessioni.

Abbiamo letto e sentito centinaia di dichiarazioni sulla rimozione dello striscione "Napolitano dorme, gli italiani insorgono" e sulle presunte offese, in realtà mai proferite, da parte di Antonio Di Pietro, aderente alla manifestazione, al Capo dello Stato.
Le uniche notizie passate sulla stampa ed al centro dell'attenzione degli esponenti politici si sono concentrate su questi due episodi che, seppur meritevoli di attenzione, non hanno di certo rappresentato gli elementi più rilevanti della manifestazione.
Il Capo dello Stato, Giorgio Napolitano, la cui carica merita tutto il nostro rispetto, si è persino premurato di diffondere una nota nella quale smentiva qualsiasi responsabilità in merito alla rimozione dello striscione.
Nessuno, neppure il nostro Presidente della Repubblica, ha dato risposta od attenzione alla disperata richiesta di giustizia che da quel palco è stata urlata dai familiari delle vittime di mafia ne tantomeno, alcuna carica istituzionale, si è preoccupata di indignarsi nel vedere una donna di oltre ottanta anni, madre del carabiniere Pietro Morici, che a questa nazione ha donato la propria vita, scendere in piazza per chiedere che la Costituzione Italiana, intrisa del sangue del proprio figlio, venga rispettata.

L'unica risposta che abbiamo ottenuto dalle nostre Istituzioni è stata una levata di scudi per delle offese inesistenti e mai pronunciate nei confronti del Presidente della Repubblica, il quale si è detto offeso da alcune garbate riflessioni fatte dal nostro palco.
Alla luce della nota diramata dal Quirinale vorremmo porgere una domanda diretta al nostro Presidente;
Signor Presidente, non si indigna per personaggi come Marcello Dell'Utri che, seppur abbiano tradito i principi di questa nazione, occupano gli scranni del Parlamento Italiano?

Ad essere offesi ed indignati siamo noi nel constatare il silenzio di tutti davanti alle denunce delle famiglie degli uomini e delle donne morti in difesa della Costituzione Italiana.

Ad essere offesi siamo noi nel leggere la nota del Quirinale risentito per delle garbate affermazioni e non per le decine di pregiudicati ed amici di boss che siedono in Parlamento.

Ad essere offesi e delusi siamo noi nel dover, ancora una volta, scendere in piazza per pretendere giustizia e rispetto dei principi fondanti di questo Stato, nonostante abbiamo già pagato a questa nazione il prezzo più alto che si possa pagare.

Fonte:Associazione familiari vittime di mafia
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Queste le riflessioni dei componenti dell'' Associazione Nazionale Familiari Vittime di Mafia, per voce della presidente, Sonia Alfano, sulla manifestazione di ieri in Piazza Farnese in difesa della democrazia e della legalità costituzionale. Alla luce di quanto detto e scritto dalle forze politiche italiane in merito alla manifestazione di Piazza Farnese, da noi promossa, ci preme fare alcune riflessioni.

Abbiamo letto e sentito centinaia di dichiarazioni sulla rimozione dello striscione "Napolitano dorme, gli italiani insorgono" e sulle presunte offese, in realtà mai proferite, da parte di Antonio Di Pietro, aderente alla manifestazione, al Capo dello Stato.
Le uniche notizie passate sulla stampa ed al centro dell'attenzione degli esponenti politici si sono concentrate su questi due episodi che, seppur meritevoli di attenzione, non hanno di certo rappresentato gli elementi più rilevanti della manifestazione.
Il Capo dello Stato, Giorgio Napolitano, la cui carica merita tutto il nostro rispetto, si è persino premurato di diffondere una nota nella quale smentiva qualsiasi responsabilità in merito alla rimozione dello striscione.
Nessuno, neppure il nostro Presidente della Repubblica, ha dato risposta od attenzione alla disperata richiesta di giustizia che da quel palco è stata urlata dai familiari delle vittime di mafia ne tantomeno, alcuna carica istituzionale, si è preoccupata di indignarsi nel vedere una donna di oltre ottanta anni, madre del carabiniere Pietro Morici, che a questa nazione ha donato la propria vita, scendere in piazza per chiedere che la Costituzione Italiana, intrisa del sangue del proprio figlio, venga rispettata.

L'unica risposta che abbiamo ottenuto dalle nostre Istituzioni è stata una levata di scudi per delle offese inesistenti e mai pronunciate nei confronti del Presidente della Repubblica, il quale si è detto offeso da alcune garbate riflessioni fatte dal nostro palco.
Alla luce della nota diramata dal Quirinale vorremmo porgere una domanda diretta al nostro Presidente;
Signor Presidente, non si indigna per personaggi come Marcello Dell'Utri che, seppur abbiano tradito i principi di questa nazione, occupano gli scranni del Parlamento Italiano?

Ad essere offesi ed indignati siamo noi nel constatare il silenzio di tutti davanti alle denunce delle famiglie degli uomini e delle donne morti in difesa della Costituzione Italiana.

Ad essere offesi siamo noi nel leggere la nota del Quirinale risentito per delle garbate affermazioni e non per le decine di pregiudicati ed amici di boss che siedono in Parlamento.

Ad essere offesi e delusi siamo noi nel dover, ancora una volta, scendere in piazza per pretendere giustizia e rispetto dei principi fondanti di questo Stato, nonostante abbiamo già pagato a questa nazione il prezzo più alto che si possa pagare.

Fonte:Associazione familiari vittime di mafia

A GRANDI PASSI VERSO IL REGIME


Ricevo e posto:



Di Enrico Viciconte


E' notizia di quest'oggi che il governo Veltrusconi ha messo d'accordo il P.D.L. con il P.D. sulla riforma della legge elettorale per le prossime europee.

E' notizia grave ed allarmante per le sorti democratiche del nostro Paese in quanto si è deciso di porre uno sbarramento del 4% per poter avere dei deputati eletti nell'Assemblea europea,con l'unica concessione- per questa elezione-di poter ancora esprimere le preferenze.

Questo schifoso inciucio servirà a distruggere le forze politiche minori per dare vita ad un falso bipolarismo .

Questa condanna a morte delle opposizioni sancisce la nascita ufficiale del Regime.

Il sistema maggioritario, l'abolizione delle preferenze,il lodo Alfano, l'attacco alla magistratura onesta (De Magistris,Forleo,Apicella), la militarizzazione del territorio, le leggi ad personam, gli aiuti alle" povere "banche ed alla ancor più" povera "FIAT, la legge Mancino contro la libertà d'opinione sono alcuni chiari segnali di una svolta autoritaria ed illiberale.

L'Italia, vittima di una sempre più disastrosa crisi economica, di una crescita esponenziale della disoccupazione, di una criminalità dilagante, di una corruzione della pubblica amministrazione senza limiti, di una invasione incontrollata di extra-comunitari e comunitari, si avvia a diventare un misero Paese con forti caratteristiche di tipo sud-americano.

L'Italia orba della propria indipendenza è costretta ad inviare, con costi umani ed economici altissimi, i suoi figli a coadiuvare le guerre di conquista statunitensi;

l'Italia che di fronte al massacro sionista perpetrato a Gaza si limita a neutre ad equidistanti parole di pace;

l'Italia che ha perso il controllo di quattro regioni lasciandole in balia della mafia;

l'Italia che dal Nord al Sud è ricoperta di rifiuti speciali,ora a questo schifo ha anche aggiunto un ulteriore tassello autoritario con una legge elettorale che definire TRUFFA è definire poco.

I Duo-Siciliani debbono reagire e forse incominciare a parlare con i fatti di INDIPENDENZA .
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Ricevo e posto:



Di Enrico Viciconte


E' notizia di quest'oggi che il governo Veltrusconi ha messo d'accordo il P.D.L. con il P.D. sulla riforma della legge elettorale per le prossime europee.

E' notizia grave ed allarmante per le sorti democratiche del nostro Paese in quanto si è deciso di porre uno sbarramento del 4% per poter avere dei deputati eletti nell'Assemblea europea,con l'unica concessione- per questa elezione-di poter ancora esprimere le preferenze.

Questo schifoso inciucio servirà a distruggere le forze politiche minori per dare vita ad un falso bipolarismo .

Questa condanna a morte delle opposizioni sancisce la nascita ufficiale del Regime.

Il sistema maggioritario, l'abolizione delle preferenze,il lodo Alfano, l'attacco alla magistratura onesta (De Magistris,Forleo,Apicella), la militarizzazione del territorio, le leggi ad personam, gli aiuti alle" povere "banche ed alla ancor più" povera "FIAT, la legge Mancino contro la libertà d'opinione sono alcuni chiari segnali di una svolta autoritaria ed illiberale.

L'Italia, vittima di una sempre più disastrosa crisi economica, di una crescita esponenziale della disoccupazione, di una criminalità dilagante, di una corruzione della pubblica amministrazione senza limiti, di una invasione incontrollata di extra-comunitari e comunitari, si avvia a diventare un misero Paese con forti caratteristiche di tipo sud-americano.

L'Italia orba della propria indipendenza è costretta ad inviare, con costi umani ed economici altissimi, i suoi figli a coadiuvare le guerre di conquista statunitensi;

l'Italia che di fronte al massacro sionista perpetrato a Gaza si limita a neutre ad equidistanti parole di pace;

l'Italia che ha perso il controllo di quattro regioni lasciandole in balia della mafia;

l'Italia che dal Nord al Sud è ricoperta di rifiuti speciali,ora a questo schifo ha anche aggiunto un ulteriore tassello autoritario con una legge elettorale che definire TRUFFA è definire poco.

I Duo-Siciliani debbono reagire e forse incominciare a parlare con i fatti di INDIPENDENZA .

Sunday Bloody Sunday



On January 30, 1972, British troops opened fire on unarmed and peaceful civilians in Derry, Ireland during a civil rights march. This music video is a tribute to the 14 killed and others wounded - combining video/music of U2, video from "Bloody Sunday" (2002 movie), and photographs from that terrible day.

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30 gennaio 1972: Bloody Sunday a Derry


Di Silvia Calamati

Derry, Irlanda del Nord.
Per chi arriva oggi per la prima volta, Derry è sinonimo di una città in grande espansione, facilmente raggiungibile con i voli low cost, circondata da colline e attraversata da un fiume azzurro. Ma chi conosce un po’ la storia irlandese sa dove andare subito a colpo sicuro: nel quartiere di Bogside, a due passi dal centro.

Lì il piccolo monumento a memoria delle vittime, un grande muro bianco, con la sua scritta che dice “You Are Entering Free Derry” e i murales che lo circondano, ricordano quel che accadde 26 anni fa, quel terribile 30 gennaio 1972: un giorno che cambiò la storia dell’Irlanda del Nord. In quella data, nella città di Derry, il NICRA (Northern Ireland Civil Rights Association) organizzò una manifestazione per i diritti civili a cui parteciparono migliaia di persone e che finì nel sangue.

Erano anni di estrema tensione e violenza. Dopo la divisione dell’Isola nel 1921, il potere politico ed economico era rimasto per cinquant’anni nelle mani degli unionisti. I cattolici nazionalisti erano cittadini di serie B all’interno di uno Stato che garantiva solo ai primi casa e lavoro. Per loro l’unica alternativa era prendere il treno per Dublino o emigrare. La legge d’emergenza, in vigore fin dal 1921, dava a soldati e polizia poteri eccezionali di arresto e perquisizione.

Il NICRA, come anche altre organizzazioni quali People’s Democracy, fu creata per chiedere, tramite pacifiche dimostrazioni per le strade, che in Irlanda del Nord venissero attuate le riforme più elementari: il diritto al voto per ogni persona, l’abolizione della legge d’emergenza e del gerrymandering (lo stratagemma elettorale che garantiva i seggi agli unionisti anche nelle circoscrizioni in cui non avevano la maggioranza) e una legislazione che ponesse fine alla discriminazione nel lavoro.

Brutale fu la reazione dello Stato nord-irlandese alle manifestazioni organizzate dal NICRA: in quegli anni le telecamere di tutto il mondo, puntate su Belfast e Derry, ripresero la polizia e i soldati mentre attaccavano i dimostranti, appoggiati da provocatori unionisti.

Il 5 ottobre 1968 una pacifica dimostrazione del NICRA a Derry fu attaccata dalle forze dell’ordine con il placet di William Craig, Ministro degli Interni al Parlamento nord-irlandese di Stormont. Il 4 gennaio 1969 duecento unionisti, armati di spranghe, bastoni e pietre, attaccarono un’altra pacifica marcia che si stava svolgendo da Belfast a Derry, mentre la polizia stava a guardare. Tre giorni dopo estremisti unionisti e le forze dell’ordine lanciarono un attacco al quartiere nazionalista di Bogside.

Una forte reazione a questa situazione esplosiva si venne a creare tra la gente dei ghetti nazionalisti, che cercarono di tenere lontani soldati e polizia erigendo barricate a difesa dei loro quartieri. A Derry crearono le no-go areas, zone in cui militari e forze dell’ordine non riuscivano a entrare.

La spirale di violenza raggiunse il culmine con un nuovo brutale attacco a Bogside, che provocò una forte reazione da parte degli abitanti (The Battle of Bogside, la “Battaglia di Bogside”, 12-14 agosto 1969). Dal 13 al 15 agosto 1969 vi fu l’assalto a interi quartieri nazionalisti, a Belfast e in altri centri. Il bilancio fu di 500 case incendiate, 1.500 persone costrette ad abbandonare le loro abitazioni e nove morti.

Fu proprio allora, dopo i pogrom scatenati contro i quartieri nazionalisti da gruppi orangisti, che i soldati britannici furono inviati sul suolo irlandese a proteggere la popolazione nazionalista (15 agosto 1969). Nel giro di breve tempo, tuttavia, da portatori di pace si trasformarono in coloro che appoggiavano la “mano forte” della polizia. Nell’agosto 1971, pochi mesi prima del Bloody Sunday, fu introdotto l’internamento senza processo. Nel giro di pochi anni migliaia di persone finirono in carcere, senza essere state processate.

Quel tragico 30 gennaio 1972 il governo britannico aveva deciso che bisognava dare una severa lezione a Derry al Movimento per i Diritti Civili e usare il pugno di ferro nel caso l’IRA fosse intervenuto. Poche ore prima della manifestazione un reggimento speciale, i parà, fu portato a Derry. Furono costoro ad aprire il fuoco sulla folla: 13 civili innocenti, di cui otto tra i 17 e i 20 anni, rimasero uccisi. Una quattordicesima vittima morì nel giugno 1972 per le ferite riportate.

Il Bloody Sunday fu un punto di non ritorno nella storia dell’Irlanda del Nord. Quella stessa sera moltissimi uomini e ragazzi, anche giovanissimi, si arruolarono nelle file dell’IRA: il Bloody Sunday aveva dimostrato che nessuno strumento democratico sarebbe servito a cambiare quello stato di apartheid che Londra aveva creato in Irlanda del Nord.

All’indomani del massacro il governo britannico aprì un’inchiesta, presieduta da Lord Widgery. Nell’aprile 1972 fu reso pubblico il “Rapporto Widgery”, nel quale i soldati responsabili del massacro furono assolti dall’accusa di omicidio. Alcuni dei militari di alto grado furono premiati dalla Regina d’Inghilterra.

Negli anni seguenti un giornalista di Derry, Don Mullan, raccolse prove e centinaia di testimonianze schiaccianti nei confronti dei soldati. Fu il suo libro, Eyewitness Bloody Sunday, a costringere nel 1998 il primo ministro britannico Tony Blair a far riaprire l’inchiesta.

Iniziata nel 2000, l’inchiesta Saville (dal nome di Lord Saville, che l’ha presieduta, affiancato da altri due giudici internazionali) rappresenta la più importante e lunga indagine che sia mai stata svolta nel Regno Unito. Ha coinvolto centinaia di persone. Interrogati 505 civili, 49 tra giornalisti e fotografi, 245 militari, 35 membri di gruppi paramilitari, 7 preti, 39 tra politici e membri dell’intelligence, 33 membri del RUC, la polizia nord-irlandese di allora.

Dalla fine del settembre 2002 gli oltre 200 soldati britannici che dovevano essere ascoltati nel corso dell’indagine hanno ottenuto dall’Alta Corte di dare la propria testimonianza (alcuni di essi da dietro uno schermo) a Londra anziché a Derry. Così l’aula bunker dell’inchiesta è stata trasferita nella Methodist Hall, nel cuore della capitale britannica, a fianco dell’abbazia di Westminster. Nell’ottobre 2003 l’aula del tribunale è stata nuovamente trasferita a Derry, dove l’ultimo testimone è stato interrogato nel febbraio 2005.

Tra i soldati ascoltati da Lord Saville vi è stato anche il parà 027, la cui testimonianza non fu presa in considerazione al tempo dell’inchiesta Widgery. Questo soldato ha sempre sostenuto che i suoi colleghi aprirono il fuoco su civili innocenti. Interrogato anche il generale Ford, che al tempo del massacro era il capo delle forze di terra dell’esercito britannico di stanza in Irlanda del Nord. E, infine, testimoni eccellenti, quali l’allora Ministro della Difesa Lord Carrington e lo stesso Edward Heath, a quel tempo primo ministro britannico.

La verità che è emersa nel corso delle udienze è agghiacciante: la responsabilità del massacro non sarebbe infatti imputabile solo a qualche “mela marcia” all’interno dell’esercito britannico, ma la decisione di aprire il fuoco contro civili innocenti sarebbe stata presa ad alto livello. La sentenza del Tribunale Saville, attesa per la fine del 2004, dovrebbe giungere quest’anno: un rapporto verrà inviato al Governo britannico, ma nessuno sa cosa accadrà poi. Per i parenti delle 14 vittime, marchiate per lungo tempo da Londra come “terroristi”, non rimane che attendere ancora.

Negli ultimi anni il cinema ha dato un contributo fondamentale a mantenere viva la memoria di questa sconvolgente pagina di storia irlandese. Oltre all’indimenticabile Bloody Sunday (che ha vinto il Festival del Cinema di Berlino e il Sundance Festival negli USA), nel 2002 è stato prodotto un altro eccellente film: Sunday (del regista Jimmy McGovern), prodotto dalla televisione inglese Channel 4, che nel 2002 ha vinto il Prix Italia. Nella pellicola, forse più forte e sconvolgente dello stesso Bloody Sunday, vengono riproposte in tutta la loro drammaticità anche le diverse fasi dell’inchiesta Widgery, conclusasi, come già si è detto, con un totale oscuramento della verità sul massacro del 1972.

* Giornalista, scrittrice e collaboratrice di RaiNews 24, ha scritto il libro pluripremiato Figlie di Erin. Voci di donne dall’Irlanda del Nord. Ha tradotto il libro di Bobby Sands Un giorno della mia vita e ha curato la pubblicazione del volume Irlanda del Nord. Una colonia in Europa.

Fonte:Il Reporter
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On January 30, 1972, British troops opened fire on unarmed and peaceful civilians in Derry, Ireland during a civil rights march. This music video is a tribute to the 14 killed and others wounded - combining video/music of U2, video from "Bloody Sunday" (2002 movie), and photographs from that terrible day.

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30 gennaio 1972: Bloody Sunday a Derry


Di Silvia Calamati

Derry, Irlanda del Nord.
Per chi arriva oggi per la prima volta, Derry è sinonimo di una città in grande espansione, facilmente raggiungibile con i voli low cost, circondata da colline e attraversata da un fiume azzurro. Ma chi conosce un po’ la storia irlandese sa dove andare subito a colpo sicuro: nel quartiere di Bogside, a due passi dal centro.

Lì il piccolo monumento a memoria delle vittime, un grande muro bianco, con la sua scritta che dice “You Are Entering Free Derry” e i murales che lo circondano, ricordano quel che accadde 26 anni fa, quel terribile 30 gennaio 1972: un giorno che cambiò la storia dell’Irlanda del Nord. In quella data, nella città di Derry, il NICRA (Northern Ireland Civil Rights Association) organizzò una manifestazione per i diritti civili a cui parteciparono migliaia di persone e che finì nel sangue.

Erano anni di estrema tensione e violenza. Dopo la divisione dell’Isola nel 1921, il potere politico ed economico era rimasto per cinquant’anni nelle mani degli unionisti. I cattolici nazionalisti erano cittadini di serie B all’interno di uno Stato che garantiva solo ai primi casa e lavoro. Per loro l’unica alternativa era prendere il treno per Dublino o emigrare. La legge d’emergenza, in vigore fin dal 1921, dava a soldati e polizia poteri eccezionali di arresto e perquisizione.

Il NICRA, come anche altre organizzazioni quali People’s Democracy, fu creata per chiedere, tramite pacifiche dimostrazioni per le strade, che in Irlanda del Nord venissero attuate le riforme più elementari: il diritto al voto per ogni persona, l’abolizione della legge d’emergenza e del gerrymandering (lo stratagemma elettorale che garantiva i seggi agli unionisti anche nelle circoscrizioni in cui non avevano la maggioranza) e una legislazione che ponesse fine alla discriminazione nel lavoro.

Brutale fu la reazione dello Stato nord-irlandese alle manifestazioni organizzate dal NICRA: in quegli anni le telecamere di tutto il mondo, puntate su Belfast e Derry, ripresero la polizia e i soldati mentre attaccavano i dimostranti, appoggiati da provocatori unionisti.

Il 5 ottobre 1968 una pacifica dimostrazione del NICRA a Derry fu attaccata dalle forze dell’ordine con il placet di William Craig, Ministro degli Interni al Parlamento nord-irlandese di Stormont. Il 4 gennaio 1969 duecento unionisti, armati di spranghe, bastoni e pietre, attaccarono un’altra pacifica marcia che si stava svolgendo da Belfast a Derry, mentre la polizia stava a guardare. Tre giorni dopo estremisti unionisti e le forze dell’ordine lanciarono un attacco al quartiere nazionalista di Bogside.

Una forte reazione a questa situazione esplosiva si venne a creare tra la gente dei ghetti nazionalisti, che cercarono di tenere lontani soldati e polizia erigendo barricate a difesa dei loro quartieri. A Derry crearono le no-go areas, zone in cui militari e forze dell’ordine non riuscivano a entrare.

La spirale di violenza raggiunse il culmine con un nuovo brutale attacco a Bogside, che provocò una forte reazione da parte degli abitanti (The Battle of Bogside, la “Battaglia di Bogside”, 12-14 agosto 1969). Dal 13 al 15 agosto 1969 vi fu l’assalto a interi quartieri nazionalisti, a Belfast e in altri centri. Il bilancio fu di 500 case incendiate, 1.500 persone costrette ad abbandonare le loro abitazioni e nove morti.

Fu proprio allora, dopo i pogrom scatenati contro i quartieri nazionalisti da gruppi orangisti, che i soldati britannici furono inviati sul suolo irlandese a proteggere la popolazione nazionalista (15 agosto 1969). Nel giro di breve tempo, tuttavia, da portatori di pace si trasformarono in coloro che appoggiavano la “mano forte” della polizia. Nell’agosto 1971, pochi mesi prima del Bloody Sunday, fu introdotto l’internamento senza processo. Nel giro di pochi anni migliaia di persone finirono in carcere, senza essere state processate.

Quel tragico 30 gennaio 1972 il governo britannico aveva deciso che bisognava dare una severa lezione a Derry al Movimento per i Diritti Civili e usare il pugno di ferro nel caso l’IRA fosse intervenuto. Poche ore prima della manifestazione un reggimento speciale, i parà, fu portato a Derry. Furono costoro ad aprire il fuoco sulla folla: 13 civili innocenti, di cui otto tra i 17 e i 20 anni, rimasero uccisi. Una quattordicesima vittima morì nel giugno 1972 per le ferite riportate.

Il Bloody Sunday fu un punto di non ritorno nella storia dell’Irlanda del Nord. Quella stessa sera moltissimi uomini e ragazzi, anche giovanissimi, si arruolarono nelle file dell’IRA: il Bloody Sunday aveva dimostrato che nessuno strumento democratico sarebbe servito a cambiare quello stato di apartheid che Londra aveva creato in Irlanda del Nord.

All’indomani del massacro il governo britannico aprì un’inchiesta, presieduta da Lord Widgery. Nell’aprile 1972 fu reso pubblico il “Rapporto Widgery”, nel quale i soldati responsabili del massacro furono assolti dall’accusa di omicidio. Alcuni dei militari di alto grado furono premiati dalla Regina d’Inghilterra.

Negli anni seguenti un giornalista di Derry, Don Mullan, raccolse prove e centinaia di testimonianze schiaccianti nei confronti dei soldati. Fu il suo libro, Eyewitness Bloody Sunday, a costringere nel 1998 il primo ministro britannico Tony Blair a far riaprire l’inchiesta.

Iniziata nel 2000, l’inchiesta Saville (dal nome di Lord Saville, che l’ha presieduta, affiancato da altri due giudici internazionali) rappresenta la più importante e lunga indagine che sia mai stata svolta nel Regno Unito. Ha coinvolto centinaia di persone. Interrogati 505 civili, 49 tra giornalisti e fotografi, 245 militari, 35 membri di gruppi paramilitari, 7 preti, 39 tra politici e membri dell’intelligence, 33 membri del RUC, la polizia nord-irlandese di allora.

Dalla fine del settembre 2002 gli oltre 200 soldati britannici che dovevano essere ascoltati nel corso dell’indagine hanno ottenuto dall’Alta Corte di dare la propria testimonianza (alcuni di essi da dietro uno schermo) a Londra anziché a Derry. Così l’aula bunker dell’inchiesta è stata trasferita nella Methodist Hall, nel cuore della capitale britannica, a fianco dell’abbazia di Westminster. Nell’ottobre 2003 l’aula del tribunale è stata nuovamente trasferita a Derry, dove l’ultimo testimone è stato interrogato nel febbraio 2005.

Tra i soldati ascoltati da Lord Saville vi è stato anche il parà 027, la cui testimonianza non fu presa in considerazione al tempo dell’inchiesta Widgery. Questo soldato ha sempre sostenuto che i suoi colleghi aprirono il fuoco su civili innocenti. Interrogato anche il generale Ford, che al tempo del massacro era il capo delle forze di terra dell’esercito britannico di stanza in Irlanda del Nord. E, infine, testimoni eccellenti, quali l’allora Ministro della Difesa Lord Carrington e lo stesso Edward Heath, a quel tempo primo ministro britannico.

La verità che è emersa nel corso delle udienze è agghiacciante: la responsabilità del massacro non sarebbe infatti imputabile solo a qualche “mela marcia” all’interno dell’esercito britannico, ma la decisione di aprire il fuoco contro civili innocenti sarebbe stata presa ad alto livello. La sentenza del Tribunale Saville, attesa per la fine del 2004, dovrebbe giungere quest’anno: un rapporto verrà inviato al Governo britannico, ma nessuno sa cosa accadrà poi. Per i parenti delle 14 vittime, marchiate per lungo tempo da Londra come “terroristi”, non rimane che attendere ancora.

Negli ultimi anni il cinema ha dato un contributo fondamentale a mantenere viva la memoria di questa sconvolgente pagina di storia irlandese. Oltre all’indimenticabile Bloody Sunday (che ha vinto il Festival del Cinema di Berlino e il Sundance Festival negli USA), nel 2002 è stato prodotto un altro eccellente film: Sunday (del regista Jimmy McGovern), prodotto dalla televisione inglese Channel 4, che nel 2002 ha vinto il Prix Italia. Nella pellicola, forse più forte e sconvolgente dello stesso Bloody Sunday, vengono riproposte in tutta la loro drammaticità anche le diverse fasi dell’inchiesta Widgery, conclusasi, come già si è detto, con un totale oscuramento della verità sul massacro del 1972.

* Giornalista, scrittrice e collaboratrice di RaiNews 24, ha scritto il libro pluripremiato Figlie di Erin. Voci di donne dall’Irlanda del Nord. Ha tradotto il libro di Bobby Sands Un giorno della mia vita e ha curato la pubblicazione del volume Irlanda del Nord. Una colonia in Europa.

Fonte:Il Reporter

SEMPRE PIU’ FAMIGLIE ITALIANE A PICCOLI PASSI VERSO LA POVERTA’


Di Raffaele Bruno


Bisogna sempre porre molta attenzione ai cosiddetti “piccoli fatti” di tipo economico, di quelli che si fanno avanti un giorno si e l’altro … pure, nelle cronache correnti.

Perché sono spesso, come dicono gli specialisti delle vicende economiche, campanelli d’allarme relativi a fenomeni in atto di grossa entità; sono “sintomi” del male che cova nel profondo.

E un male c’è nel profondo del tessuto sociale italiano di oggi; ed esso si può individuare nella “marcia verso la povertà”; o meglio, e più esattamente, verso un impoverimento generalizzato che colpisce anzitutto il ceto medio e vede in prima fila le famiglie mono reddito.

Così, mentre i partiti – di governo e di opposizione – passano la maggioranza del loro tempo in estenuanti e interminabili bracci di ferro sulle riforme costituzionali, il “tessuto” della società italiana si degrada e si sfilaccia.
Non rimandano ad altro concetto quei fenomeni cui ci riferivamo all’inizio; fenomeni che in Italia non si erano mai visti nella società italiana dal primo dopoguerra ad oggi; fenomeni del tutto nuovi, “originali”; e dunque tanto più difficili tanto da essere percepiti quanto a trovare adeguata valutazione.

La storia ci insegna che all’inizio degli anni trenta anche l’Italia dovette affrontare le ricadute della “grande crisi” scoppiata nel 1929 negli Stati Uniti. Anche noi italiani dovemmo tirare la cinghia e affrontare una “stretta economica” con molte ricadute sociali negative.

Ma allora – ed ecco dove il “precedente storico” si presta ad un analisi quanto mai interessante – allora ci battevamo contro un impoverimento che aveva origine da una colossale crisi che coinvolgeva tutto il mondo occidentale, mentre oggi quello che avviene, questa vera e propria spinta all’impoverimento, trova, proprio, oltre la crisi economica in corso, nel “dentro” dell’Italia, spinte e pulsioni di vario genere.

Ma quando mai si era visto in Italia, nel corso degli ultimi anni, l’aumento impetuoso degli acquisti a rate?

Per combattere in qualche modo il carovita che incalza, si fanno sempre più debiti da parte delle famiglie. E solo negli ultimi sei mesi, il credito al consumo è cresciuto del 15 %.

E’ evidente lo stato di fatto: la famiglia di tipo medio non ce la fa più a quadrare i conti, ad arrivare alla fine del mese; e allora si “indebita” per acquistare quello cui non vuole o non vuole rinunciare, anche perché ci sono scadenze, pagamenti originati da scelte precedenti, cambiali e mutui da onorare.

Si compra tutto a rate ormai.

Il credito al consumo delle famiglie era di poco di più di 20 miliardi di euro nel 2000; è cresciuto a 23.8 nel 2001; è arrivato a quota 28,4 l’anno successivo; al 31,2 nel 2003 e adesso marcia verso i 36 miliardi di euro.

Continuando di questo passo, saremo al raddoppio – da 20 a 40 miliardi di euro – in appena 5 anni.

E allora: non si comprano “sempre più a prestito” l’auto o il frigorifero o l’antenna parabolica; ci si indebita anche presso il supermercato o nel negozio vicino casa, per normali prodotti alimentari; si fanno debiti – o si chiedono prestiti – per fare la spesa.Si diffonde e si radica sempre di più la “cultura del debito”.

Una “cultura” pericolosa, quando supera – come sta avvenendo – i limiti fisiologici; ed è un sintomo d’allarme quando i debiti si debbono contrarre anche per mangiare negli ultimi giorni del mese, visto che ormai non si arriva alla terza settimana e la crisi diventa sempre più drammaticamente spaventosa, mentre la disoccupazione avanza e in alcune zone del Mezzogiorno sfiora la terribile soglia del 60% tra i giovani.

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Di Raffaele Bruno


Bisogna sempre porre molta attenzione ai cosiddetti “piccoli fatti” di tipo economico, di quelli che si fanno avanti un giorno si e l’altro … pure, nelle cronache correnti.

Perché sono spesso, come dicono gli specialisti delle vicende economiche, campanelli d’allarme relativi a fenomeni in atto di grossa entità; sono “sintomi” del male che cova nel profondo.

E un male c’è nel profondo del tessuto sociale italiano di oggi; ed esso si può individuare nella “marcia verso la povertà”; o meglio, e più esattamente, verso un impoverimento generalizzato che colpisce anzitutto il ceto medio e vede in prima fila le famiglie mono reddito.

Così, mentre i partiti – di governo e di opposizione – passano la maggioranza del loro tempo in estenuanti e interminabili bracci di ferro sulle riforme costituzionali, il “tessuto” della società italiana si degrada e si sfilaccia.
Non rimandano ad altro concetto quei fenomeni cui ci riferivamo all’inizio; fenomeni che in Italia non si erano mai visti nella società italiana dal primo dopoguerra ad oggi; fenomeni del tutto nuovi, “originali”; e dunque tanto più difficili tanto da essere percepiti quanto a trovare adeguata valutazione.

La storia ci insegna che all’inizio degli anni trenta anche l’Italia dovette affrontare le ricadute della “grande crisi” scoppiata nel 1929 negli Stati Uniti. Anche noi italiani dovemmo tirare la cinghia e affrontare una “stretta economica” con molte ricadute sociali negative.

Ma allora – ed ecco dove il “precedente storico” si presta ad un analisi quanto mai interessante – allora ci battevamo contro un impoverimento che aveva origine da una colossale crisi che coinvolgeva tutto il mondo occidentale, mentre oggi quello che avviene, questa vera e propria spinta all’impoverimento, trova, proprio, oltre la crisi economica in corso, nel “dentro” dell’Italia, spinte e pulsioni di vario genere.

Ma quando mai si era visto in Italia, nel corso degli ultimi anni, l’aumento impetuoso degli acquisti a rate?

Per combattere in qualche modo il carovita che incalza, si fanno sempre più debiti da parte delle famiglie. E solo negli ultimi sei mesi, il credito al consumo è cresciuto del 15 %.

E’ evidente lo stato di fatto: la famiglia di tipo medio non ce la fa più a quadrare i conti, ad arrivare alla fine del mese; e allora si “indebita” per acquistare quello cui non vuole o non vuole rinunciare, anche perché ci sono scadenze, pagamenti originati da scelte precedenti, cambiali e mutui da onorare.

Si compra tutto a rate ormai.

Il credito al consumo delle famiglie era di poco di più di 20 miliardi di euro nel 2000; è cresciuto a 23.8 nel 2001; è arrivato a quota 28,4 l’anno successivo; al 31,2 nel 2003 e adesso marcia verso i 36 miliardi di euro.

Continuando di questo passo, saremo al raddoppio – da 20 a 40 miliardi di euro – in appena 5 anni.

E allora: non si comprano “sempre più a prestito” l’auto o il frigorifero o l’antenna parabolica; ci si indebita anche presso il supermercato o nel negozio vicino casa, per normali prodotti alimentari; si fanno debiti – o si chiedono prestiti – per fare la spesa.Si diffonde e si radica sempre di più la “cultura del debito”.

Una “cultura” pericolosa, quando supera – come sta avvenendo – i limiti fisiologici; ed è un sintomo d’allarme quando i debiti si debbono contrarre anche per mangiare negli ultimi giorni del mese, visto che ormai non si arriva alla terza settimana e la crisi diventa sempre più drammaticamente spaventosa, mentre la disoccupazione avanza e in alcune zone del Mezzogiorno sfiora la terribile soglia del 60% tra i giovani.

giovedì 29 gennaio 2009

Lettera aperta dell'Assessore Ciano in risposta alla lettera aperta dell'ex Assessore Ciaramaglia


Ricevo e posto da Antonio Ciano, Assessore al Demanio e alle politiche cimiteriali del Comune di Gaeta, questo comunicato stampa:


Al Sig. Nicola Ciaramaglia
ex assessore alla Sanità e alle politiche Cimiteriali.


Sig. Ciaramaglia,
ho letto con costernazione la Sua lettera sullo stato del cimitero di via Garibaldi.
Ha proprio ragione!
E' in uno stato di fatiscenza muraria, dovuta ad anni di incuria.
E' dagli anni ''70 che quel cimitero è stato abbandonato per vicende che Lei conosce meglio di altri essendo stato responsabile, solo in parte di quello sfacelo. Il cimitero doveva essere spostato ai 25 ponti, era stato finanziato, dovevano attivarlo entro pochi anni, poi è stato deciso che non poteva nascere lì, nonostante la comunità vi avesse speso qualche milioncino, addirittura vi sono pendenti ancora 350 mila euro non utilizzati dal Suo assessorato, mutuo pagato per intero e mai speso.
Li spenderemo per dare sicurezza alla fatiscente chiesa del cimitero e per la dare decoro alle cappelle dei nobili di questa città " Orazione e Morte" e quella dei" Santi Cosma e Damiano vecchio" chiusa da venti anni per motivi che Lei ben conosce.
Mi chiedo, ma Lei dov'era?
Vorrebbe scaricare le Sue colpe sul sottoscritto?
Un amministratore quale Lei è stato deve prendersi meriti e colpe, e questa è una sua colpa grave che, l'assessore Erbinucci, nella passata amministrazione, ha cercato di risolvere, ma, che, per mancanza di tempo non ha potuto.
Il sottoscritto ha ereditato una situazione da terremoto, Venga con me a visitare le cappelle, i loculi, vedrebbe uno spettacolo di cui Lei dovrebbe vergognarsi, avendo amministrato questa città ed essendo stato assessore alle politiche cimiteriali.
Abbiamo ereditato dalla giunta precedente un bel progetto di riqualificazione della cappela di San Francesco nuovo, di cui il Geometra Traniello ne è progettista: si costruiranno 1300 loculi e 1400 cellette ossarie, il che è vanto della pasara amministrazione e del geometra su menzionato.
Il sottoscritto è solo una comparsa in questo progetto,questa amministrazione si sta attivando solo per la definizione del Bando Europeo che vedrà la luce a tempi brevi, perchè la burocrazia e Lunga, è piemontese, ma siamo sul punto di arrivo. C'è voluto del tempo, Lei sa come vanno queste cose, e la meraviglia è doppia se vengono dette da uno che ha amministrato il Niente.
Chiede le mie dimissioni? Le avrei già date se le colpe e le responsabilità fossero mie. Abbiamo in serbo dignità, quella che qualcuno non ha avuto.
Ci parla del personale, qui Le dò ragione, manca il personale.
Per salvare il posto di lavoro ai precari, questa amministrazione li ha assunti a 18 ore settimanali, quindi abbiamo dovuto restringere gli orari delle sepolture che, d'altronde, anche a Formia ed in altre città, si effettuano solo di mattina. Abbiamo ridato la possibilità ai gaetani do poter dire una preghiera ai loro cari estinti, il cimitero è aperto anche di domenica.
Cercheremo di alleviare i disagi delle sepolture, questo ci è dovuto per un senso di civiltà,non appena possibile, come stiamo cercando di alleviare la Tassa Sul Morto da Lei introdotta, riducendola e rendendola equanime per tutti.
Da 1.500.000 di lire ( 775euro, le stiamo portando a 100 euro a concessione trentennale con pagamento da parte di tutti gli aventi i loculi di 15 euro all'anno. La proposta è stata portata in commissione Sanità e Ambiente, e i partiti, tra i quali il Suo, si sono detti d'accordo, con qualche modifica da apportare.

Antonio Ciano
Ass.- Al Demanio e alle politiche cimiteriali
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Ricevo e posto da Antonio Ciano, Assessore al Demanio e alle politiche cimiteriali del Comune di Gaeta, questo comunicato stampa:


Al Sig. Nicola Ciaramaglia
ex assessore alla Sanità e alle politiche Cimiteriali.


Sig. Ciaramaglia,
ho letto con costernazione la Sua lettera sullo stato del cimitero di via Garibaldi.
Ha proprio ragione!
E' in uno stato di fatiscenza muraria, dovuta ad anni di incuria.
E' dagli anni ''70 che quel cimitero è stato abbandonato per vicende che Lei conosce meglio di altri essendo stato responsabile, solo in parte di quello sfacelo. Il cimitero doveva essere spostato ai 25 ponti, era stato finanziato, dovevano attivarlo entro pochi anni, poi è stato deciso che non poteva nascere lì, nonostante la comunità vi avesse speso qualche milioncino, addirittura vi sono pendenti ancora 350 mila euro non utilizzati dal Suo assessorato, mutuo pagato per intero e mai speso.
Li spenderemo per dare sicurezza alla fatiscente chiesa del cimitero e per la dare decoro alle cappelle dei nobili di questa città " Orazione e Morte" e quella dei" Santi Cosma e Damiano vecchio" chiusa da venti anni per motivi che Lei ben conosce.
Mi chiedo, ma Lei dov'era?
Vorrebbe scaricare le Sue colpe sul sottoscritto?
Un amministratore quale Lei è stato deve prendersi meriti e colpe, e questa è una sua colpa grave che, l'assessore Erbinucci, nella passata amministrazione, ha cercato di risolvere, ma, che, per mancanza di tempo non ha potuto.
Il sottoscritto ha ereditato una situazione da terremoto, Venga con me a visitare le cappelle, i loculi, vedrebbe uno spettacolo di cui Lei dovrebbe vergognarsi, avendo amministrato questa città ed essendo stato assessore alle politiche cimiteriali.
Abbiamo ereditato dalla giunta precedente un bel progetto di riqualificazione della cappela di San Francesco nuovo, di cui il Geometra Traniello ne è progettista: si costruiranno 1300 loculi e 1400 cellette ossarie, il che è vanto della pasara amministrazione e del geometra su menzionato.
Il sottoscritto è solo una comparsa in questo progetto,questa amministrazione si sta attivando solo per la definizione del Bando Europeo che vedrà la luce a tempi brevi, perchè la burocrazia e Lunga, è piemontese, ma siamo sul punto di arrivo. C'è voluto del tempo, Lei sa come vanno queste cose, e la meraviglia è doppia se vengono dette da uno che ha amministrato il Niente.
Chiede le mie dimissioni? Le avrei già date se le colpe e le responsabilità fossero mie. Abbiamo in serbo dignità, quella che qualcuno non ha avuto.
Ci parla del personale, qui Le dò ragione, manca il personale.
Per salvare il posto di lavoro ai precari, questa amministrazione li ha assunti a 18 ore settimanali, quindi abbiamo dovuto restringere gli orari delle sepolture che, d'altronde, anche a Formia ed in altre città, si effettuano solo di mattina. Abbiamo ridato la possibilità ai gaetani do poter dire una preghiera ai loro cari estinti, il cimitero è aperto anche di domenica.
Cercheremo di alleviare i disagi delle sepolture, questo ci è dovuto per un senso di civiltà,non appena possibile, come stiamo cercando di alleviare la Tassa Sul Morto da Lei introdotta, riducendola e rendendola equanime per tutti.
Da 1.500.000 di lire ( 775euro, le stiamo portando a 100 euro a concessione trentennale con pagamento da parte di tutti gli aventi i loculi di 15 euro all'anno. La proposta è stata portata in commissione Sanità e Ambiente, e i partiti, tra i quali il Suo, si sono detti d'accordo, con qualche modifica da apportare.

Antonio Ciano
Ass.- Al Demanio e alle politiche cimiteriali

Radio Mafiopoli-18a puntata : Cani boss e boss cani




Tanto va il mafiuso al lardo che ci lascia lo zampino. A Mafiopoli ti giri un secondo e casca il mondo, casca la terra e tutti giù per terra. Settimana di boss che sparano ai cani, di onorevoli pizzi squartariati e soprattutto di boss cani. Ma andiamo con ordine:
A Partinico-Borgetto, provincia di Mafiopoli, zampettava e saltellava felice il Salto Nicolò con Antonio e Alessandro. I Salto a Mafiopoli sono famiglia ballerina, come si evince dal cognome. Nicolò Salto è l'Higlander della provincia, come se fosse il Cristopher Lambert di Cosa Nostra, come se fosse l'uomo tutto buchi, come se fosse Antani: colpito in pieno centro da quattro spari appena uscito dalla villeggiatura carceraria non morì morto sparato come gli umani ma resuscitò senza nemmeno aspettare il terzo giorno.


- Come avrà fatto? (chiedono i benigni) Avrà usato preghiere particolari? Avrà comprato medicinali speciali?
Eh sì, insieme ai Salto saltano i fratelli Bacarella ( dal nome del baco in testa e la strizza nelle mutande), La Puma e Musso, che di nome fa pure Santo, Francesco e Giuseppe D'Amico (degli amici), e poi Nania, Brugnano il boss Giambrone e per finire in bellezza Salvatore Corrao; che almeno, dicono i Mafiopoli, almeno per finirci con la rima a Pietro Rao. Evviva, evviva, bum bum. Mafiopolitani doc che per esercitare la pistola e il neurone giocavano a guardie e ladri con i loro simili e tutti contenti sparavano ai cani. Cani che sparano ai cani, come nei cartoni giapponesi ma alla mafiopolitana. E tutti intorno all'inchino per rispetto e amore per i boss cani che sparano ai cani boss. Con la rima pure qui.
Pizzo felice anche dalle zone di Caltanissetta, dove spadroneggiano i madonnari dei Madonìa felici e contenti come cani non sparati. Qualcuno sussurra che il presidente della Provincia che di nome e di cognome mica per niente fa' Giuseppe e Federico tanto per mischiare le carte. A fare il tramite Gaetano che di cognome è Palermo anche se sta dalle parti di Caltanisetta, tanto per mischiare le carte. A Gaetano è apparsa a parlare di politica la Madonìa, precisamente la Madonia Maria Stella e Cometa di soprannome. E così giù a Mafiopoli spopolano le epifanie, al sud e al nord, per i voti di scambio e per gli altri Palermo più lontani che anche lombardi e in trasferta giocano alle apparizioni. Tutto il gioco giocato dal grande capo "Piddu" che il 41 bis gli fa' un baffo.
E poi la chiusa della settimana con Maria Concetta Riina figlia di Totò che chiude in posa di annunciatrice dell'annunciazione televisiva. Ci dice che Totò e buono, che Totò è generoso, che Totò è alto, che Totò è bello, che Totò è azzurro e che non trova lavoro. E le brillano gli occhi a saperlo rinchiuso.
- Almeno lui da vivo e non dentro il legno. Dicono i maligni…
Ma Concetta non ascolta, Concetta si esibisce, parla fiera di suo padre che non parla.
- Almeno lui da vivo e non dentro il legno. Dicono i maligni…
Ma Concetta non ascolta, Concetta si esibisce, parla fiera di com'è difficile vivere scappando.
E la dignità fa' un inchino, tira la corda e se ne va. Alla televisiva.

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Tanto va il mafiuso al lardo che ci lascia lo zampino. A Mafiopoli ti giri un secondo e casca il mondo, casca la terra e tutti giù per terra. Settimana di boss che sparano ai cani, di onorevoli pizzi squartariati e soprattutto di boss cani. Ma andiamo con ordine:
A Partinico-Borgetto, provincia di Mafiopoli, zampettava e saltellava felice il Salto Nicolò con Antonio e Alessandro. I Salto a Mafiopoli sono famiglia ballerina, come si evince dal cognome. Nicolò Salto è l'Higlander della provincia, come se fosse il Cristopher Lambert di Cosa Nostra, come se fosse l'uomo tutto buchi, come se fosse Antani: colpito in pieno centro da quattro spari appena uscito dalla villeggiatura carceraria non morì morto sparato come gli umani ma resuscitò senza nemmeno aspettare il terzo giorno.


- Come avrà fatto? (chiedono i benigni) Avrà usato preghiere particolari? Avrà comprato medicinali speciali?
Eh sì, insieme ai Salto saltano i fratelli Bacarella ( dal nome del baco in testa e la strizza nelle mutande), La Puma e Musso, che di nome fa pure Santo, Francesco e Giuseppe D'Amico (degli amici), e poi Nania, Brugnano il boss Giambrone e per finire in bellezza Salvatore Corrao; che almeno, dicono i Mafiopoli, almeno per finirci con la rima a Pietro Rao. Evviva, evviva, bum bum. Mafiopolitani doc che per esercitare la pistola e il neurone giocavano a guardie e ladri con i loro simili e tutti contenti sparavano ai cani. Cani che sparano ai cani, come nei cartoni giapponesi ma alla mafiopolitana. E tutti intorno all'inchino per rispetto e amore per i boss cani che sparano ai cani boss. Con la rima pure qui.
Pizzo felice anche dalle zone di Caltanissetta, dove spadroneggiano i madonnari dei Madonìa felici e contenti come cani non sparati. Qualcuno sussurra che il presidente della Provincia che di nome e di cognome mica per niente fa' Giuseppe e Federico tanto per mischiare le carte. A fare il tramite Gaetano che di cognome è Palermo anche se sta dalle parti di Caltanisetta, tanto per mischiare le carte. A Gaetano è apparsa a parlare di politica la Madonìa, precisamente la Madonia Maria Stella e Cometa di soprannome. E così giù a Mafiopoli spopolano le epifanie, al sud e al nord, per i voti di scambio e per gli altri Palermo più lontani che anche lombardi e in trasferta giocano alle apparizioni. Tutto il gioco giocato dal grande capo "Piddu" che il 41 bis gli fa' un baffo.
E poi la chiusa della settimana con Maria Concetta Riina figlia di Totò che chiude in posa di annunciatrice dell'annunciazione televisiva. Ci dice che Totò e buono, che Totò è generoso, che Totò è alto, che Totò è bello, che Totò è azzurro e che non trova lavoro. E le brillano gli occhi a saperlo rinchiuso.
- Almeno lui da vivo e non dentro il legno. Dicono i maligni…
Ma Concetta non ascolta, Concetta si esibisce, parla fiera di suo padre che non parla.
- Almeno lui da vivo e non dentro il legno. Dicono i maligni…
Ma Concetta non ascolta, Concetta si esibisce, parla fiera di com'è difficile vivere scappando.
E la dignità fa' un inchino, tira la corda e se ne va. Alla televisiva.

Il Riesame: rapporti consolidati con tutti i partiti, specie con il Pd


NAPOLI (28 gennaio) - Per quanto riguarda i legami dell'imprenditore Alfredo Romeo con il mondo della politica «consolidati appaiono i suoi rapporti con i parlamentari Rutelli e Lusetti (entrambi del Partito Democratico) e con l'on. Bocchino (del Pdl)».
Così scrivono i giudici del Tribunale del Riesame di Napoli nelle motivazioni del provvedimento che ha confermato la custodia in carcere per Romeo.
«In particolare - si legge nell'ordinanza - intensi risultano i suoi rapporti con la componente della ex Margherita del PD, tanto da configurarsi Romeo quale finanziatore del partito anche attraverso i suoi interessi nel quotidiano del PD “Europa” non può non evidenziarsi come i principali esponenti che colludono con Romeo nella città di Napoli fanno parte proprio di tale area politica».

In un passaggio il Tribunale parla anche del suo rapporto «che presenta aspetti francamente poco chiari con l'allora ministro Francesco Rutelli».
Per i giudici del Tribunale del Riesame di Napoli, «la capacità di penetrazione di Romeo negli ambienti politici, nonostante i suoi gravi trascorsi giudiziari che non gli hanno impedito di aggiudicarsi lavori presso istituzioni apicali della Repubblica senza che, evidentemente, i più si rendessero conto dell'opacità del personaggio, non può essere limitata alla città di Napoli ed alla Regione Campania, ma si estende in altre parti del territorio nazionale: in particolare nella città di Roma, ove è stato aggiudicatario di appalti di valore assai elevato sotto il profilo economico, luogo in cui intrattiene rapporti con politici di livello nazionale, in particolare del Partito Democratico».
I giudici sottolineano inoltre che «parimenti elevata è la capacità di Romeo di penetrare in diverse e importanti istituzioni: dalla magistratura alle forze dell'ordine (come si evince dal rapporto corruttivo di cui si è raggiunta la gravità indiziaria con il te.col. della Gdf Mazzucco) al Consiglio di Stato (con il riferimento al consigliere Paolo Troiano, ai ministeri (come emerge dal suo arpporto, che presenta francamente aspetti poco chiari, con l'allora ministro Francesco Rutelli». «Del resto un corruttore - osserva il Tribunale del Riesame - sotto il profilo, si intende, indiziario come Romeo, non può raggiungere siffatti livelli di potere senza l'ausilio e la copertura di quelle strutture preposte al controllo di legalità: la vicenda relativa alla fuga di notizie (che ha caratterizzato la prima fase dell'indagine, ndr) dimostra che il suo livello di penetrazione, probabilmente, è ben più ampio di quello riconducibile all'ufficiale della Guardia di Finanza il quale, non vi è dubbio, assume condotte assolutamente incompatibili, in quanto palesemente criminose, con il ruolo ricoperto».
«Intensi - scrivono i giudici - sono i rapporti anche con esponenti di primo piano del Pdl, nella specie la componente di Alleanza Nazionale, con particolare riferimento all'on. Bocchino e all'on. Laboccetta, i quali si attivano concretamente per consentire a Romeo di perseguire le proprie illecite finalità».

Fonte: Il Mattino
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NAPOLI (28 gennaio) - Per quanto riguarda i legami dell'imprenditore Alfredo Romeo con il mondo della politica «consolidati appaiono i suoi rapporti con i parlamentari Rutelli e Lusetti (entrambi del Partito Democratico) e con l'on. Bocchino (del Pdl)».
Così scrivono i giudici del Tribunale del Riesame di Napoli nelle motivazioni del provvedimento che ha confermato la custodia in carcere per Romeo.
«In particolare - si legge nell'ordinanza - intensi risultano i suoi rapporti con la componente della ex Margherita del PD, tanto da configurarsi Romeo quale finanziatore del partito anche attraverso i suoi interessi nel quotidiano del PD “Europa” non può non evidenziarsi come i principali esponenti che colludono con Romeo nella città di Napoli fanno parte proprio di tale area politica».

In un passaggio il Tribunale parla anche del suo rapporto «che presenta aspetti francamente poco chiari con l'allora ministro Francesco Rutelli».
Per i giudici del Tribunale del Riesame di Napoli, «la capacità di penetrazione di Romeo negli ambienti politici, nonostante i suoi gravi trascorsi giudiziari che non gli hanno impedito di aggiudicarsi lavori presso istituzioni apicali della Repubblica senza che, evidentemente, i più si rendessero conto dell'opacità del personaggio, non può essere limitata alla città di Napoli ed alla Regione Campania, ma si estende in altre parti del territorio nazionale: in particolare nella città di Roma, ove è stato aggiudicatario di appalti di valore assai elevato sotto il profilo economico, luogo in cui intrattiene rapporti con politici di livello nazionale, in particolare del Partito Democratico».
I giudici sottolineano inoltre che «parimenti elevata è la capacità di Romeo di penetrare in diverse e importanti istituzioni: dalla magistratura alle forze dell'ordine (come si evince dal rapporto corruttivo di cui si è raggiunta la gravità indiziaria con il te.col. della Gdf Mazzucco) al Consiglio di Stato (con il riferimento al consigliere Paolo Troiano, ai ministeri (come emerge dal suo arpporto, che presenta francamente aspetti poco chiari, con l'allora ministro Francesco Rutelli». «Del resto un corruttore - osserva il Tribunale del Riesame - sotto il profilo, si intende, indiziario come Romeo, non può raggiungere siffatti livelli di potere senza l'ausilio e la copertura di quelle strutture preposte al controllo di legalità: la vicenda relativa alla fuga di notizie (che ha caratterizzato la prima fase dell'indagine, ndr) dimostra che il suo livello di penetrazione, probabilmente, è ben più ampio di quello riconducibile all'ufficiale della Guardia di Finanza il quale, non vi è dubbio, assume condotte assolutamente incompatibili, in quanto palesemente criminose, con il ruolo ricoperto».
«Intensi - scrivono i giudici - sono i rapporti anche con esponenti di primo piano del Pdl, nella specie la componente di Alleanza Nazionale, con particolare riferimento all'on. Bocchino e all'on. Laboccetta, i quali si attivano concretamente per consentire a Romeo di perseguire le proprie illecite finalità».

Fonte: Il Mattino

È tutta colpa di Genchi!


Di Gianni Barbacetto


Silvio Berlusconi ha annunciato che sta per scoppiare lo scandalo più grave della Repubblica: migliaia di persone intercettate, ignari cittadini sotto controllo.


Il riferimento è al cosiddetto archivio Genchi, cioè ai file raccolti da Gioacchino Genchi, poliziotto in aspettativa e consulente informatico di molte procure italiane (anche di Luigi De Magistris, per le indagini che poi gli sono state sottratte).

Da tempo si stanno addensando nuvole nere attorno all'ex poliziotto, già definito, nell'autunno 2007, «Licio Genchi» dall'allora ministro Clemente Mastella, i cui tabulati erano finiti nei computer del superconsulente.


In verità Genchi non organizzava logge segrete, semmai contribuiva a smantellarle, visto che De Magistris stava indagando proprio su un gruppo informale, un comitato d'affari che, nell'ipotesi investigativa del magistrato, appariva come una vera e propria associazione segreta.

Poi l'indagine fu sottratta a De Magistris e la consulenza a Genchi.

Oggi gli investigatori sono diventati indagati e Berlusconi annuncia che sta per scoppiare il superscandalo.

Strano: erano i suoi amici della P2 (quella originale, quella di Licio Gelli) ad avere ereditato i segreti (e il relativo potere di ricatto) di quello che era finora considerato il più grave scandalo della Repubblica a base di controlli e dossier:
lo scandalo del Sifar, con migliaia di schedature illegali fatte dagli uomini del servizio segreto militare.

Strano: credevamo che, dopo quello del Sifar, fosse degno di nota lo scandalo degli spioni della Telecom di Marco Tronchetti Provera, amico di Berlusconi, che avevano anch'essi messo insieme migliaia di dossier illegali.

Oppure quello della centrale Sismi di via Nazionale, a Roma, dove Pio Pompa e Niccolò Pollari, amici di Berlusconi, dopo il 2001 si erano messi al lavoro per «disarticolare», «neutralizzare» e «dissuadere», anche con «provvedimenti» e «misure traumatiche», i nemici del leader di Forza Italia in quel momento appena tornato al governo. E invece no.

Il vero scandalo, scopriamo oggi, è il cosiddetto "archivio Genchi".
Ma che cos'è l'"archivio Genchi"?

Punto primo: qualunque cosa sia, non c'entra con le intercettazioni.
Genchi di intercettazioni non ne ha fatta neppure una.
Il lavoro in cui Genchi eccelle è quello dell'analisi e dell'incrocio dei tabulati telefonici, che permettono di sapere chi parla con chi, quanto spesso, da quali luoghi (ma non che cosa dice).

Punto secondo: Genchi queste informazioni non le ha raccolte ed elaborate in proprio, ma su richiesta e per conto delle procure della Repubblica che gli hanno regolarmente commissionato le consulenze.

Punto terzo: può essere che Genchi si sia "allargato", che i suoi rapporti alle procure andassero al di là dell'incarico tecnico, ipotizzando scenari, fornendo interpretazioni. Ma questo non è un reato; sta al magistrato, e solo a lui, decidere come utilizzare le consulenze tecniche.

Punto quarto: Genchi è andato oltre il mandato affidatogli dai magistrati, indagando sui colloqui telefonici di persone estranee alle indagini e sviluppando incroci di traffico telefonico al di fuori del controllo dei magistrato?

Oppure, punto quinto, ha accumulato nei suoi computer dati provenienti da consulenze che si sono succedute nel tempo, realizzando un archivio personale? Questo non risulta.
Tutto il lavoro di Genchi era sempre a disposizione dei magistrati che gli avevano affidato le consulenze.

Ed è certo - punto sesto - che nessun elemento raccolto è stato utilizzato se non per le indagini. Genchi non ha utilizzato i dati in suo possesso per realizzare una centrale privata di spionaggio o di ricatto, ma sempre e soltanto per arricchire le indagini dei magistrati che gli affidavano le consulenze e per contrastare le centrali di potere e ricatto.

Il punto settimo è anche la conclusione della storia. Lo "scandalo Genchi" è cavalcato ad arte da Berlusconi e dai suoi per ottenere un risultato politico: ridurre l'impiego delle intercettazioni e delle indagini sui traffici telefonici, con la scusa che saremmo tutti intercettati, tutti sotto controllo, tutti a rischio di violazione della privacy; e togliere al pubblico ministero la guida delle indagini e il controllo della polizia giudiziaria, in nome degli "abusi" fin qui commessi.

Così Berlusconi farebbe un passo da gigante verso la sua meta: annullare i controlli di legalità sui politici, rendendo il pubblico ministero un "avvocato dell'accusa", senza strumenti efficaci d'indagine, senza autonomi poteri d'inchiesta, che sarebbero concentrati nelle mani della polizia (che è organo del governo).

Ai magistrati non resterebbe che stare in ufficio ad aspettare che qualche poliziotto di buona volontà porti loro le notizie di reato da sviluppare.

Sarebbe realizzata la discrezionalità dell'azione penale, perché sarebbe in ultima analisi il governo, cioè la politica, a decidere quali reati perseguire e quali no. Piuttosto difficile pensare che sarebbero perseguiti i reati dei politici...

Difficile anche capire come i cittadini potrebbero avere più garanzie: indagini e intercettazioni sarebbero nelle mani delle polizie e dei servizi di sicurezza, senza l'immediato controllo di legalità oggi esercitato dall'autonomo potere giudiziario. Attorno allo "scandalo Genchi" si gioca dunque una battaglia decisiva per la difesa della divisione dei poteri e dello Stato di diritto.

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Di Gianni Barbacetto


Silvio Berlusconi ha annunciato che sta per scoppiare lo scandalo più grave della Repubblica: migliaia di persone intercettate, ignari cittadini sotto controllo.


Il riferimento è al cosiddetto archivio Genchi, cioè ai file raccolti da Gioacchino Genchi, poliziotto in aspettativa e consulente informatico di molte procure italiane (anche di Luigi De Magistris, per le indagini che poi gli sono state sottratte).

Da tempo si stanno addensando nuvole nere attorno all'ex poliziotto, già definito, nell'autunno 2007, «Licio Genchi» dall'allora ministro Clemente Mastella, i cui tabulati erano finiti nei computer del superconsulente.


In verità Genchi non organizzava logge segrete, semmai contribuiva a smantellarle, visto che De Magistris stava indagando proprio su un gruppo informale, un comitato d'affari che, nell'ipotesi investigativa del magistrato, appariva come una vera e propria associazione segreta.

Poi l'indagine fu sottratta a De Magistris e la consulenza a Genchi.

Oggi gli investigatori sono diventati indagati e Berlusconi annuncia che sta per scoppiare il superscandalo.

Strano: erano i suoi amici della P2 (quella originale, quella di Licio Gelli) ad avere ereditato i segreti (e il relativo potere di ricatto) di quello che era finora considerato il più grave scandalo della Repubblica a base di controlli e dossier:
lo scandalo del Sifar, con migliaia di schedature illegali fatte dagli uomini del servizio segreto militare.

Strano: credevamo che, dopo quello del Sifar, fosse degno di nota lo scandalo degli spioni della Telecom di Marco Tronchetti Provera, amico di Berlusconi, che avevano anch'essi messo insieme migliaia di dossier illegali.

Oppure quello della centrale Sismi di via Nazionale, a Roma, dove Pio Pompa e Niccolò Pollari, amici di Berlusconi, dopo il 2001 si erano messi al lavoro per «disarticolare», «neutralizzare» e «dissuadere», anche con «provvedimenti» e «misure traumatiche», i nemici del leader di Forza Italia in quel momento appena tornato al governo. E invece no.

Il vero scandalo, scopriamo oggi, è il cosiddetto "archivio Genchi".
Ma che cos'è l'"archivio Genchi"?

Punto primo: qualunque cosa sia, non c'entra con le intercettazioni.
Genchi di intercettazioni non ne ha fatta neppure una.
Il lavoro in cui Genchi eccelle è quello dell'analisi e dell'incrocio dei tabulati telefonici, che permettono di sapere chi parla con chi, quanto spesso, da quali luoghi (ma non che cosa dice).

Punto secondo: Genchi queste informazioni non le ha raccolte ed elaborate in proprio, ma su richiesta e per conto delle procure della Repubblica che gli hanno regolarmente commissionato le consulenze.

Punto terzo: può essere che Genchi si sia "allargato", che i suoi rapporti alle procure andassero al di là dell'incarico tecnico, ipotizzando scenari, fornendo interpretazioni. Ma questo non è un reato; sta al magistrato, e solo a lui, decidere come utilizzare le consulenze tecniche.

Punto quarto: Genchi è andato oltre il mandato affidatogli dai magistrati, indagando sui colloqui telefonici di persone estranee alle indagini e sviluppando incroci di traffico telefonico al di fuori del controllo dei magistrato?

Oppure, punto quinto, ha accumulato nei suoi computer dati provenienti da consulenze che si sono succedute nel tempo, realizzando un archivio personale? Questo non risulta.
Tutto il lavoro di Genchi era sempre a disposizione dei magistrati che gli avevano affidato le consulenze.

Ed è certo - punto sesto - che nessun elemento raccolto è stato utilizzato se non per le indagini. Genchi non ha utilizzato i dati in suo possesso per realizzare una centrale privata di spionaggio o di ricatto, ma sempre e soltanto per arricchire le indagini dei magistrati che gli affidavano le consulenze e per contrastare le centrali di potere e ricatto.

Il punto settimo è anche la conclusione della storia. Lo "scandalo Genchi" è cavalcato ad arte da Berlusconi e dai suoi per ottenere un risultato politico: ridurre l'impiego delle intercettazioni e delle indagini sui traffici telefonici, con la scusa che saremmo tutti intercettati, tutti sotto controllo, tutti a rischio di violazione della privacy; e togliere al pubblico ministero la guida delle indagini e il controllo della polizia giudiziaria, in nome degli "abusi" fin qui commessi.

Così Berlusconi farebbe un passo da gigante verso la sua meta: annullare i controlli di legalità sui politici, rendendo il pubblico ministero un "avvocato dell'accusa", senza strumenti efficaci d'indagine, senza autonomi poteri d'inchiesta, che sarebbero concentrati nelle mani della polizia (che è organo del governo).

Ai magistrati non resterebbe che stare in ufficio ad aspettare che qualche poliziotto di buona volontà porti loro le notizie di reato da sviluppare.

Sarebbe realizzata la discrezionalità dell'azione penale, perché sarebbe in ultima analisi il governo, cioè la politica, a decidere quali reati perseguire e quali no. Piuttosto difficile pensare che sarebbero perseguiti i reati dei politici...

Difficile anche capire come i cittadini potrebbero avere più garanzie: indagini e intercettazioni sarebbero nelle mani delle polizie e dei servizi di sicurezza, senza l'immediato controllo di legalità oggi esercitato dall'autonomo potere giudiziario. Attorno allo "scandalo Genchi" si gioca dunque una battaglia decisiva per la difesa della divisione dei poteri e dello Stato di diritto.

Piazza Farnese 28 gennaio 2009 il "famoso" discorso di Antonio Di Pietro

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Di Pietro/Napolitano. Accuse e falsità sulla manifestazione di piazza Farnese


Di Elia Banelli

Titola il Corriere.it: "Di Pietro attacca Napolitano. E’ bufera. Il Colle: offensivo".
Repubblica.it: "Di Pietro attacca Napolitano. Colle: espressioni offensive".
L’Unità: "Di Pietro insulta Napolitano. Il silenzio è da mafiosi".
Il Giornale.it: "Giustizia, Di Pietro attacca Napolitano. Il Colle: frasi pretestuose e offensive". Giusto per agganciare la polemica alle nuove riforme condivise.
Il sistema unico dei media procede all’unisono, destra e sinistra compresi.
Bene, andiamo a rileggere il testo delle parole di Antonio Di Pietro dal palco di piazza Farnese e vediamo dove si concentra il "virulente" attacco al Quirinale.

"Signor Presidente, ancora una volta ci stanno facendo lo scherzo di Piazza Navona. Io penso che in una civile piazza dei cittadini italiani abbiano il diritto manifestare. Si può non essere d’accordo su quel che abbiamo fatto e stiamo facendo... Ma è un nostro diritto, garantito dalla Costituzione, poter dire che ciò che fanno determinate persone non ci convince?
E possiamo permetterci, signor Presidente della Repubblica, di accogliere in questa piazza anche qualcuno di noi che non è d’accordo su alcuni suoi silenzi? (applausi e fischi) Possiamo permetterci o no? O siamo degli eversivi?
Siamo dei cittadini normali che ci permettiamo di dire a lei, signor Presidente della Repubblica, che dovrebbe essere l’arbitro, che a volte il suo giudizio ci appare poco da arbitro e poco da terzi, lo possiamo dire o no? Noi la rispettiamo, noi abbiamo un senso delle istituzioni, noi vogliamo essere tranquilli".


Dopo, riferendosi allo striscione fatto levare: "Perchè non c’è possibilità di manifestare, senza bastoni, senza nulla?
Stiamo semplicemente dicendo che non siamo d’accordo sul fatto che si lasci passare il lodo Alfano, non siamo d’accordo sul fatto che si criminalizzano le persone che fanno il loro dovere, non siamo d’accordo sull’oblio che le istituzioni hanno sui familiari delle vittime (...)
Lo possiamo dire o no? Rispettosamente.
Ma il rispetto è una cosa, il silenzio un altro.
Il silenzio uccide, il silenzio è mafioso, il silenzio è un comportamento mafioso".

L’ultima frase, che è stata fatta agganciare al silenzio di Napolitano (per esempio Il Giornale, tento per citarne uno), sembrerebbe avvallare la tesi che Di Pietro avesse addirittura dato del mafioso al Presidente della Repubblica.

In realtà la parola "silenzio" è riferita alla piazza e ai cittadini. Il concetto è semplice: rispettiamo le istituzioni ma non possiamo restare zitti perchè saremmo complici.
Guardando il video traspare chiaramente qual’è il senso del discorso.

Dopo aver letto queste parole, dov’è l’attacco che i media hanno raccontato subito dopo? Perchè hanno oscurato i motivi della protesta, ovvero l’ingiustizia patita dai magistrati di Salerno per aver semplicemente svolto in modo corretto, rispettando le regole, il loro lavoro?

E’ possibile che non esista un organo di stampa che racconti con lucidità e deontologia professionale una semplice manifestazione, senza trovare il pretesto per la solita campagna di screditamento, occultamento e stravolgimento della realtà?

Fonte:Agoravox

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Di Elia Banelli

Titola il Corriere.it: "Di Pietro attacca Napolitano. E’ bufera. Il Colle: offensivo".
Repubblica.it: "Di Pietro attacca Napolitano. Colle: espressioni offensive".
L’Unità: "Di Pietro insulta Napolitano. Il silenzio è da mafiosi".
Il Giornale.it: "Giustizia, Di Pietro attacca Napolitano. Il Colle: frasi pretestuose e offensive". Giusto per agganciare la polemica alle nuove riforme condivise.
Il sistema unico dei media procede all’unisono, destra e sinistra compresi.
Bene, andiamo a rileggere il testo delle parole di Antonio Di Pietro dal palco di piazza Farnese e vediamo dove si concentra il "virulente" attacco al Quirinale.

"Signor Presidente, ancora una volta ci stanno facendo lo scherzo di Piazza Navona. Io penso che in una civile piazza dei cittadini italiani abbiano il diritto manifestare. Si può non essere d’accordo su quel che abbiamo fatto e stiamo facendo... Ma è un nostro diritto, garantito dalla Costituzione, poter dire che ciò che fanno determinate persone non ci convince?
E possiamo permetterci, signor Presidente della Repubblica, di accogliere in questa piazza anche qualcuno di noi che non è d’accordo su alcuni suoi silenzi? (applausi e fischi) Possiamo permetterci o no? O siamo degli eversivi?
Siamo dei cittadini normali che ci permettiamo di dire a lei, signor Presidente della Repubblica, che dovrebbe essere l’arbitro, che a volte il suo giudizio ci appare poco da arbitro e poco da terzi, lo possiamo dire o no? Noi la rispettiamo, noi abbiamo un senso delle istituzioni, noi vogliamo essere tranquilli".


Dopo, riferendosi allo striscione fatto levare: "Perchè non c’è possibilità di manifestare, senza bastoni, senza nulla?
Stiamo semplicemente dicendo che non siamo d’accordo sul fatto che si lasci passare il lodo Alfano, non siamo d’accordo sul fatto che si criminalizzano le persone che fanno il loro dovere, non siamo d’accordo sull’oblio che le istituzioni hanno sui familiari delle vittime (...)
Lo possiamo dire o no? Rispettosamente.
Ma il rispetto è una cosa, il silenzio un altro.
Il silenzio uccide, il silenzio è mafioso, il silenzio è un comportamento mafioso".

L’ultima frase, che è stata fatta agganciare al silenzio di Napolitano (per esempio Il Giornale, tento per citarne uno), sembrerebbe avvallare la tesi che Di Pietro avesse addirittura dato del mafioso al Presidente della Repubblica.

In realtà la parola "silenzio" è riferita alla piazza e ai cittadini. Il concetto è semplice: rispettiamo le istituzioni ma non possiamo restare zitti perchè saremmo complici.
Guardando il video traspare chiaramente qual’è il senso del discorso.

Dopo aver letto queste parole, dov’è l’attacco che i media hanno raccontato subito dopo? Perchè hanno oscurato i motivi della protesta, ovvero l’ingiustizia patita dai magistrati di Salerno per aver semplicemente svolto in modo corretto, rispettando le regole, il loro lavoro?

E’ possibile che non esista un organo di stampa che racconti con lucidità e deontologia professionale una semplice manifestazione, senza trovare il pretesto per la solita campagna di screditamento, occultamento e stravolgimento della realtà?

Fonte:Agoravox

mercoledì 28 gennaio 2009

A Gaeta strane mutazioni genetiche negli ortaggi vicino ai ripetitori di telefonia mobile...




A Gaeta, in Provincia di Latina, due agricoltori notano strane mutazioni nei prodotti della loro terra, che coltivano da generazioni.Lo strano fenomeno segue di poco l'installazione, nelle vicinanze, di alcune antenne per la telefonia mobile. Il reportage di TMO, a cura di Luigi Oliviero, mostra gli esiti sugli ortaggi di questo "strano" e imprevisto fenomeno. Strano e improvviso come la "sparizione" del segnale di TMO qualche tempo dopo.....le inchieste di TMO davano forse fastidio..?..evidentemente per l'informatia di regime bastano e avanzano RAI e Mediaset...
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A Gaeta, in Provincia di Latina, due agricoltori notano strane mutazioni nei prodotti della loro terra, che coltivano da generazioni.Lo strano fenomeno segue di poco l'installazione, nelle vicinanze, di alcune antenne per la telefonia mobile. Il reportage di TMO, a cura di Luigi Oliviero, mostra gli esiti sugli ortaggi di questo "strano" e imprevisto fenomeno. Strano e improvviso come la "sparizione" del segnale di TMO qualche tempo dopo.....le inchieste di TMO davano forse fastidio..?..evidentemente per l'informatia di regime bastano e avanzano RAI e Mediaset...

Beffa Social Card. 78% al sud, sarà caricata dopo le elezioni?


Di Ivo Cappelli


Meglio forse sarebbe stato accorpare i 40 € all’assegno pensionistico per coloro che ne hanno veramente bisogno, anche se tale cifra risulta irrisoria: sono appena 1,3333 € in più al giorno. Una cifra vergognosa e che toglie dignità a queste persone "incapienti", nel mostrarla al supermercato od al bar... Una triste storia tutta italiana. Non me ne voglia il Dr. Riotta,che a quanto pare avrebbe affermato, "questa forma di giornalismo sarebbe pura aria fritta", o qualcosa di simile, come affermano importanti quotidiani nazionali.

Lasciamo perdere. Il nostro giornalismo punge,questo si! Ma è veritiero e da certamente fastidio alla casta...

Dovevano distribuirne agli "incapienti" circa 1.300.000 di queste tesserine con chip, che danno diritto a chi ne ha bisogno di effettuare una spesa mensile di € 40,00...mentre invece ne sono in giro soltanto poco più di 400 mila esemplari, molte delle quali risultano ancora non caricate. Un danno quindi oltre che una beffa, per coloro che ne hanno veramene (diritto) e bisogno per poter sopravvivere in momenti critici come questo.

Se Mario Melloni, alias Fortebraccio, fosse stato ancora vivo, avrebbe scritto un bel corsivo sull’Unità dal titolo presumibilmente così: "Danno l’illusione ai poveracci di sentirsi ricchi con una carta di credito,che aumenta solo il debito per costoro".

In effetti queste Social card,nome virtuoso, voluto forse da Tremonti, fanno solo ridere se mi è permesso, per il modo in cui sono state reclamizzate da tutti i media, in maniera "bombardevole" se questo neologismo mi viene concesso.

"Sui poveri e poveracci che aumentano sempre più nel nostro Paese, non bisogna invece ridere, ne tantomeno beffarli!! "Parola di un qualsiasi e dignitoso democratico, quale mi ritengo e credo che altrettanti la pensino come me.

Lasciamo ad Emilio Fede il compito, attraverso il suo megafono, di reclamizzare l’aria fritta, come sta facendo proprio in questi giorni e dica con tutta onestà e senza alcun ritegno che circa l’80% di queste "tessere dell’illusione" sono state distribuite in quel sud dell’Italia in cambio forse, di quello che già chiedeva Achille Lauro negli anni cinquanta, dando una scarpa prima del voto e l’altra dopo lo scrutinio, solo se lo avevi votato.Non è che il duo Tremonti-Berlusconi faccia altrettanto?

Prima danno la tesserina magnetica scarica degli Euro promessi, poi dopo il 7 giugno le fanno caricare. Tutto è possibile in casa nostra.

Fonte:Agoravox
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Di Ivo Cappelli


Meglio forse sarebbe stato accorpare i 40 € all’assegno pensionistico per coloro che ne hanno veramente bisogno, anche se tale cifra risulta irrisoria: sono appena 1,3333 € in più al giorno. Una cifra vergognosa e che toglie dignità a queste persone "incapienti", nel mostrarla al supermercato od al bar... Una triste storia tutta italiana. Non me ne voglia il Dr. Riotta,che a quanto pare avrebbe affermato, "questa forma di giornalismo sarebbe pura aria fritta", o qualcosa di simile, come affermano importanti quotidiani nazionali.

Lasciamo perdere. Il nostro giornalismo punge,questo si! Ma è veritiero e da certamente fastidio alla casta...

Dovevano distribuirne agli "incapienti" circa 1.300.000 di queste tesserine con chip, che danno diritto a chi ne ha bisogno di effettuare una spesa mensile di € 40,00...mentre invece ne sono in giro soltanto poco più di 400 mila esemplari, molte delle quali risultano ancora non caricate. Un danno quindi oltre che una beffa, per coloro che ne hanno veramene (diritto) e bisogno per poter sopravvivere in momenti critici come questo.

Se Mario Melloni, alias Fortebraccio, fosse stato ancora vivo, avrebbe scritto un bel corsivo sull’Unità dal titolo presumibilmente così: "Danno l’illusione ai poveracci di sentirsi ricchi con una carta di credito,che aumenta solo il debito per costoro".

In effetti queste Social card,nome virtuoso, voluto forse da Tremonti, fanno solo ridere se mi è permesso, per il modo in cui sono state reclamizzate da tutti i media, in maniera "bombardevole" se questo neologismo mi viene concesso.

"Sui poveri e poveracci che aumentano sempre più nel nostro Paese, non bisogna invece ridere, ne tantomeno beffarli!! "Parola di un qualsiasi e dignitoso democratico, quale mi ritengo e credo che altrettanti la pensino come me.

Lasciamo ad Emilio Fede il compito, attraverso il suo megafono, di reclamizzare l’aria fritta, come sta facendo proprio in questi giorni e dica con tutta onestà e senza alcun ritegno che circa l’80% di queste "tessere dell’illusione" sono state distribuite in quel sud dell’Italia in cambio forse, di quello che già chiedeva Achille Lauro negli anni cinquanta, dando una scarpa prima del voto e l’altra dopo lo scrutinio, solo se lo avevi votato.Non è che il duo Tremonti-Berlusconi faccia altrettanto?

Prima danno la tesserina magnetica scarica degli Euro promessi, poi dopo il 7 giugno le fanno caricare. Tutto è possibile in casa nostra.

Fonte:Agoravox

In diretta da Piazza Farnese



In diretta da Piazza Farnese a Roma, la manifestazione organizzata dall'Associazione Nazionale dei familiari delle vittime della mafia per la giustizia e a sostegno di Luigi Apicella.


Interverranno:
Serenetta Monti, Emiliano Morrone, Salvatore Borsellino, Sonia Alfano, Beppe Grillo, Antonio Di Pietro, Marco Travaglio, Carlo Vulpio.
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In diretta da Piazza Farnese a Roma, la manifestazione organizzata dall'Associazione Nazionale dei familiari delle vittime della mafia per la giustizia e a sostegno di Luigi Apicella.


Interverranno:
Serenetta Monti, Emiliano Morrone, Salvatore Borsellino, Sonia Alfano, Beppe Grillo, Antonio Di Pietro, Marco Travaglio, Carlo Vulpio.

A Roma manifestazione contro la distruzione della giustizia: l'appello di Salvatore Borsellino


Come già ricordato nei giorni scorsi oggi a Roma in piazza Farnese dalle ore 9 alle ore 14 si svolgerà la manifestazione, indetta dall'Associazione dei familiari delle vittime di mafia per testimoniare contro la distruzione della Giustizia.




"Io so che Paolo Borsellino incontrò a Roma Mancino, appena prima della sua morte, e uscì sconvolto dal colloquio.

Io so che la Seconda Repubblica è nata sulle stragi del '93 e su accordi occulti.

Io so che Luigi De Magistris è stato rimosso dai suoi incarichi a Catanzaro ed espropriato delle sue inchieste per impedire che scoppiasse una nuova Tangentopoli.

Io l'anno scorso sono stato a Catanzaro, quando l'attacco dei poteri forti era rivolto principalmente contro Luigi De Magistris, per espropriargli le inchieste "Why Not", "Poseidon", "Toghe Lucane" che poi, in effetti, gli sono state sottratte.

Allora dissi che mi recavo a Catanzaro, insieme a tanti altri giovani, come a Forte Alamo perché era per me l'ultimo baluardo della difesa della magistratura.
Purtroppo, da allora sono successe tante altre cose.
Purtroppo questo attacco alla magistratura è andato avanti senza sosta e adesso siamo arrivati addirittura all'eliminazione di un'intera procura.

Adesso siamo arrivati addirittura all'intimidazione di una procura che, legittimamente, indagava su un'altra procura. E quando questa procura legittimamente indagata si è rivoltata, il CSM purtroppo non ha saputo fare di meglio che mandare tutti a casa, senza entrare nel merito di quello che era successo.
E addirittura facendo quello che mai era successo nella storia della Repubblica: sospendere dalle funzioni e dallo stipendio un procuratore capo che non aveva fatto nient'altro che il suo dovere.

Questa è la maniera con cui oggi vengono uccisi i giudici.
Una volta i giudici come Paolo Borsellino e Giovanni Falcone... quel Paolo Borsellino che a sua volta era stato indagato dal CSM che però non aveva avuto il coraggio, di fronte alla reazione pubblica, di portare avanti questo assassinio.

Oggi purtroppo questa reazione dell'opinione pubblica sembra non esserci più, di conseguenza i poteri forti credono di poter fare quello che vogliono e hanno, obbedendo al diktat del ministro Alfano, fatto un'azione ignobile: uccidere un magistrato come Apicella, come avevano fatto con De Magistris, con Clementina Forleo.
L'hanno ucciso senza bisogno di tritolo, con le carte bollate.

Ieri c'è stata una cosa che mi ha riempito di commozione, una lettera bellissima di Gabriella Nuzzi la quale si è dimessa dall'Associazione Nazionale Magistrati, dicendo che lei può obbedire solo alla propria coscienza, alla Costituzione e continuerà a farlo nonostante le sia stata strappata la funzione di Pubblico Ministero.
E' accanto a questi giudici che noi dobbiamo stare, per questi giudici che dobbiamo scendere in piazza.

Io il 28 gennaio 2009 sarò a Roma insieme all'Associazione dei familiari delle vittime di mafia, insieme spero a tanta gente che vorrà, in questa maniera, resistere a questo regime che si sta instaurando in Italia.
Dobbiamo stare vicini ai magistrati che rappresentano l'ultimo baluardo della democrazia in Italia.
Dobbiamo impedire che altri magistrati vengano uccisi.

Io spero che ci siano tanti altri magistrati che seguano l'esempio di Gabriella Nuzzi. Io sarò vicino a questi magistrati, io sarò vicino a loro perché è così che ritengo di poter stare vicino a Paolo Borsellino e onorare la sua memoria.
Spero che tanti, tanti, tanti altri lo facciano.
Grazie."

Salvatore Borsellino
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Come già ricordato nei giorni scorsi oggi a Roma in piazza Farnese dalle ore 9 alle ore 14 si svolgerà la manifestazione, indetta dall'Associazione dei familiari delle vittime di mafia per testimoniare contro la distruzione della Giustizia.




"Io so che Paolo Borsellino incontrò a Roma Mancino, appena prima della sua morte, e uscì sconvolto dal colloquio.

Io so che la Seconda Repubblica è nata sulle stragi del '93 e su accordi occulti.

Io so che Luigi De Magistris è stato rimosso dai suoi incarichi a Catanzaro ed espropriato delle sue inchieste per impedire che scoppiasse una nuova Tangentopoli.

Io l'anno scorso sono stato a Catanzaro, quando l'attacco dei poteri forti era rivolto principalmente contro Luigi De Magistris, per espropriargli le inchieste "Why Not", "Poseidon", "Toghe Lucane" che poi, in effetti, gli sono state sottratte.

Allora dissi che mi recavo a Catanzaro, insieme a tanti altri giovani, come a Forte Alamo perché era per me l'ultimo baluardo della difesa della magistratura.
Purtroppo, da allora sono successe tante altre cose.
Purtroppo questo attacco alla magistratura è andato avanti senza sosta e adesso siamo arrivati addirittura all'eliminazione di un'intera procura.

Adesso siamo arrivati addirittura all'intimidazione di una procura che, legittimamente, indagava su un'altra procura. E quando questa procura legittimamente indagata si è rivoltata, il CSM purtroppo non ha saputo fare di meglio che mandare tutti a casa, senza entrare nel merito di quello che era successo.
E addirittura facendo quello che mai era successo nella storia della Repubblica: sospendere dalle funzioni e dallo stipendio un procuratore capo che non aveva fatto nient'altro che il suo dovere.

Questa è la maniera con cui oggi vengono uccisi i giudici.
Una volta i giudici come Paolo Borsellino e Giovanni Falcone... quel Paolo Borsellino che a sua volta era stato indagato dal CSM che però non aveva avuto il coraggio, di fronte alla reazione pubblica, di portare avanti questo assassinio.

Oggi purtroppo questa reazione dell'opinione pubblica sembra non esserci più, di conseguenza i poteri forti credono di poter fare quello che vogliono e hanno, obbedendo al diktat del ministro Alfano, fatto un'azione ignobile: uccidere un magistrato come Apicella, come avevano fatto con De Magistris, con Clementina Forleo.
L'hanno ucciso senza bisogno di tritolo, con le carte bollate.

Ieri c'è stata una cosa che mi ha riempito di commozione, una lettera bellissima di Gabriella Nuzzi la quale si è dimessa dall'Associazione Nazionale Magistrati, dicendo che lei può obbedire solo alla propria coscienza, alla Costituzione e continuerà a farlo nonostante le sia stata strappata la funzione di Pubblico Ministero.
E' accanto a questi giudici che noi dobbiamo stare, per questi giudici che dobbiamo scendere in piazza.

Io il 28 gennaio 2009 sarò a Roma insieme all'Associazione dei familiari delle vittime di mafia, insieme spero a tanta gente che vorrà, in questa maniera, resistere a questo regime che si sta instaurando in Italia.
Dobbiamo stare vicini ai magistrati che rappresentano l'ultimo baluardo della democrazia in Italia.
Dobbiamo impedire che altri magistrati vengano uccisi.

Io spero che ci siano tanti altri magistrati che seguano l'esempio di Gabriella Nuzzi. Io sarò vicino a questi magistrati, io sarò vicino a loro perché è così che ritengo di poter stare vicino a Paolo Borsellino e onorare la sua memoria.
Spero che tanti, tanti, tanti altri lo facciano.
Grazie."

Salvatore Borsellino

Addio a Mino Reitano - L'artista si è spento nella sua casa di Agrate Brianza dopo lunga malattia



Anche il sindaco di Reggio Calabria, Giuseppe Scopelliti, ha espresso il cordoglio suo personale e di tutta la comunità reggina: «Mino Reitano era un amico e un artista di Reggio Calabria che ha dato lustro alla città e all’intera regione». «Ogni volta che avevamo occasione di incontrarci o sentirci -racconta il sindaco di Reggio Calabria- faceva sempre menzione del suo attaccamento a questa terra e al suo modo di esportare la calabresità nel mondo. Sono vicino -conclude Scopelliti- alla moglie Patrizia e ai due figli per questa grave perdita che noi come calabresi, ma soprattutto come reggini, piangiamo in maniera veramente dolorosa».
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Anche il sindaco di Reggio Calabria, Giuseppe Scopelliti, ha espresso il cordoglio suo personale e di tutta la comunità reggina: «Mino Reitano era un amico e un artista di Reggio Calabria che ha dato lustro alla città e all’intera regione». «Ogni volta che avevamo occasione di incontrarci o sentirci -racconta il sindaco di Reggio Calabria- faceva sempre menzione del suo attaccamento a questa terra e al suo modo di esportare la calabresità nel mondo. Sono vicino -conclude Scopelliti- alla moglie Patrizia e ai due figli per questa grave perdita che noi come calabresi, ma soprattutto come reggini, piangiamo in maniera veramente dolorosa».

Consuma solo prodotti meridionali....



ASSOLUTAMENTE DA VEDERE!CENSURATO ANCHE DA YOUTUBE!GRILLO MOSTRA LA LISTA DEI CIBI PEROCOLOSI PER LA NOSTRA SALUTE, QUESTO VIDEO CONTIENE INFORMAZIONI DELLE QUALI SIAMO COMPLETAMENTE ALL'OSCURO.NE CONSIGLIO LA VISIONE E LA DIFFUSIONE.
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ASSOLUTAMENTE DA VEDERE!CENSURATO ANCHE DA YOUTUBE!GRILLO MOSTRA LA LISTA DEI CIBI PEROCOLOSI PER LA NOSTRA SALUTE, QUESTO VIDEO CONTIENE INFORMAZIONI DELLE QUALI SIAMO COMPLETAMENTE ALL'OSCURO.NE CONSIGLIO LA VISIONE E LA DIFFUSIONE.

martedì 27 gennaio 2009

Il dovere di ricordare. Riflessioni sulla Shoah



Moni Ovadia affronta il tema della Shoah riepilogandone i principali tratti salienti dal punto di vista storico. Cerca però soprattutto di ricostruire in modo efficace il clima culturale e sociale da cui si è potuto sviluppare lo sterminio degli ebrei, in particolare collegando quella tragedia ad atteggiamenti collettivi, come il razzismo, che continuano a esistere ancora, e che anzi sembrano rafforzarsi e diffondersi negli ultimi anni.

Oltre che un dovere verso il passato, la memoria della Shoah diviene così un modo per sorvegliare i rischi della nostra società e per fare una scommessa sul presente.
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Moni Ovadia affronta il tema della Shoah riepilogandone i principali tratti salienti dal punto di vista storico. Cerca però soprattutto di ricostruire in modo efficace il clima culturale e sociale da cui si è potuto sviluppare lo sterminio degli ebrei, in particolare collegando quella tragedia ad atteggiamenti collettivi, come il razzismo, che continuano a esistere ancora, e che anzi sembrano rafforzarsi e diffondersi negli ultimi anni.

Oltre che un dovere verso il passato, la memoria della Shoah diviene così un modo per sorvegliare i rischi della nostra società e per fare una scommessa sul presente.

Il bluff del petrolio in Basilicata

Pochi cents di sconto sulla benzina per distruggere le economie locali e la salute dei cittadini lucani. I nostri parlamentari, con il recente emendamento sulle royalty, portano a casa le lenticchie.
25 gennaio 2009 - Movimento NoScorie Trisaia

petrolio I nostri parlamentari, con il recente emendamento sulle royalty, portano a casa le lenticchie e cedono in cambio il territorio e la salute dei residenti, in una regione dove una recente indagine registra il record nazionale per le malattie tumorali.

Le trovate pubblicitarie e il markenting usato per catturare gli acquirenti sulla bontà dei prodotti è stato importato dalla politica locale, al fine di circuire voti con la promessa del buon prodotto (sconto benzina), comunicazione di alta percezione che, invece, nasconde il trucco commerciale che permetterà l'estrazione petrolifera da parte delle lobby che distruggeranno tutta la Basilicata e le economie collegate senza sborsare quasi nulla. La percezione dell'iniziativa, apparentemente, di grande effetto mediatico - in prima battuta - è destinata a sgonfiarsi, mostrando i suoi lati peggiori se la analizziamo nel dettaglio. Lo sconto sulla benzina dovrebbe realizzarsi con una copertura extra del 3% delle royalty che passano dal 7 al 10%. Bazzeccole in confronto alle royalites che percepiscono in Canada che sono del 50% o in Norvegia dove le per il territorio sono addirittura dell’80%.

La benzina a prezzo ridotto si basa su riduzione delle accise, ossia delle tasse che il Governo pone sul litro di carburante e sulla produzione di idrocarburi regionale, che terminerà nel medio periodo (in media altri 10 anni). La benzina con prezzo ridotto, quindi, non sarà corrisposta per l'eternità, ma avrà un termine legato all'esaurimento del combustibile fossile che dovrà essere estratto sempre in maggiori quantità per mantenere lo sconto. Nella Basilicata che vive di agricoltura, però, la riduzione delle accise c'é già per le attività agricole e per la pesca. Quindi, la categoria che traina l'economia regionale non potrà beneficiarne. Le imprese industriali (ormai sono tutte chiuse o in cassa integrazione) avranno poco ristoro e figuriamoci se per pochi spiccioli altre imprese verranno in Basilicata. I privati che percorrono in media 20000 Km/anno con una vettura economica che fa 15Km/lt (ammesso che si toglieranno 10 cents/lt) avranno un risparmio medio che non arriverà neanche ai 130 euro/anno a famiglia. Parte della popolazione lucana (pari a 125.000 abitanti) è sui 65 anni, difficilmente percorre Km e non usufruirà dello sconto. Per il gas abbiamo già visto che la platea di chi usufruisce degli sconti regionali è molto limitata e di nuovo sono proprio escluse le aziende agricole (le più penalizzate dall’inquinamento petrolifero).

Ben poca cosa in confronto agli 80 cents su un dollaro sul valore delle estrazioni che già dal 2000 percepisce il territorio dell’Alaska e dei suoi abitanti che hanno un reddito pro capite grazie alle sovvenzioni del petrolio medio di 64.000 dollari/anno, pari a 50.000 euro/anno attuali, mentre prima erano i popoli a più basso reddito dell’America.

In Alaska le estrazioni petrolifere al contrario della Basilicata sono monitorate costantemente dalle istituzioni per tutti gli inquinanti e i livelli di emissioni e di inquinamento sono 6000 volte inferiori a quelle italiane (vedi idrogeno solforato da 0,005 ppm in America - secondo - l’OMS a 30 ppm in Italia per l’industria petrolifera). Negli Stati uniti inoltre è proibito trivellare vicino ai bacini idrici, ai centri abitati ed è vietato estrarre petrolio nei parchi e vicino alle coste.

Lo sconto sulla benzina ha un prezzo da pagare:

Abbiamo già perso i fondi Obbiettivo 1 per il PIL drogato dal petrolio (stimati in circa 350 mil.euro).

Danni ambientali, danni alle economie locali, danni alle acque, costi sociali per la salute e per lo spopolamento del territorio che non potrà più autosostenersi per le misure federaliste messe in atto perchè a petrolio estratto le economie locali saranno distrutte.

L'inquinamento delle acque, del suolo, del mare e dell'aria distrugge le economie locali come l'agricoltura e il turismo. Nel solo Metapontino ci sono 10.000 addetti in agricoltura (che non hanno chiuso per cassa integrazione come fa la Fiat di Melfi). L'agricoltura in Val d'Agri sta scomparendo per far posto all'inquinamento, dove sono finite le mele della Val d'Agri che riempivano gli ipermercati di Bologna e dove finiranno i fagioli di Sarconi (ossia il cosiddetto caviale delle leguminose)? L'acqua che soddisfa due regioni, quanto vale? E le persone che si ammalano e che devono affrontare i viaggi della speranza per i quali non bastano i mutui ipotecari?

E quali sono i costi sociali che dovrà sostenere la comunità in termini di monitoraggi e controlli ambientali? E quelli legati alle cure mediche negli ospedali, i servizi e all'assistenza a seguito dell'esponenziale aumento di tumori in Basilicata che porta la regione ai primi posti in Italia come una recente indagine conferma?

Spopolamento della regione:

Normalmente tra vent'anni se si mantengono le statistiche attuali i 593.00 abitanti della Basilicata diventeranno 388.000, considerando i 12500 abitanti ultra 65 che non ci saranno più e i 4000 che in 20 anni diventeranno 80000 (593.000-125.000-80.000=388.000). Con l'aggravio che dei 388.000 i 2/3, pari a circa 260000 persone, saranno nella categoria degli ultra 60enni (ossia una regione di vecchi). Se il processo è accelerato dalla distruzione delle economie locali, provocato dall’inquinamento la popolazione potrebbe ridursi addirittura in 10-15 anni e non più in venti come prospettato.

Chi ci guadagna realmente:

La lobby petrolifera (politica-imprese) per continuare a trivellare indisturbata in Basilicata, che non ha un interesse nazionale come qualcuno vuol farci credere, ma esclusivamente societario collegato alle Srl e alle Spa nazionali ed internazionali (Shell, Total, Eni ecc.). La classe politica lucana bipartisan per mantenere il proprio status (visto che non avrà più fondi perché il federalismo gli taglierà le entrate). Gli industriali dei rifiuti che vogliono fare altri businnes in Basilicata con i rifiuti petroliferi e i rifiuti tossici provenienti da fuori regione. Chi pensa che la Basilicata sia un territorio da sfruttare e non valorizzare.

Fonte:Peacelink

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Pochi cents di sconto sulla benzina per distruggere le economie locali e la salute dei cittadini lucani. I nostri parlamentari, con il recente emendamento sulle royalty, portano a casa le lenticchie.
25 gennaio 2009 - Movimento NoScorie Trisaia

petrolio I nostri parlamentari, con il recente emendamento sulle royalty, portano a casa le lenticchie e cedono in cambio il territorio e la salute dei residenti, in una regione dove una recente indagine registra il record nazionale per le malattie tumorali.

Le trovate pubblicitarie e il markenting usato per catturare gli acquirenti sulla bontà dei prodotti è stato importato dalla politica locale, al fine di circuire voti con la promessa del buon prodotto (sconto benzina), comunicazione di alta percezione che, invece, nasconde il trucco commerciale che permetterà l'estrazione petrolifera da parte delle lobby che distruggeranno tutta la Basilicata e le economie collegate senza sborsare quasi nulla. La percezione dell'iniziativa, apparentemente, di grande effetto mediatico - in prima battuta - è destinata a sgonfiarsi, mostrando i suoi lati peggiori se la analizziamo nel dettaglio. Lo sconto sulla benzina dovrebbe realizzarsi con una copertura extra del 3% delle royalty che passano dal 7 al 10%. Bazzeccole in confronto alle royalites che percepiscono in Canada che sono del 50% o in Norvegia dove le per il territorio sono addirittura dell’80%.

La benzina a prezzo ridotto si basa su riduzione delle accise, ossia delle tasse che il Governo pone sul litro di carburante e sulla produzione di idrocarburi regionale, che terminerà nel medio periodo (in media altri 10 anni). La benzina con prezzo ridotto, quindi, non sarà corrisposta per l'eternità, ma avrà un termine legato all'esaurimento del combustibile fossile che dovrà essere estratto sempre in maggiori quantità per mantenere lo sconto. Nella Basilicata che vive di agricoltura, però, la riduzione delle accise c'é già per le attività agricole e per la pesca. Quindi, la categoria che traina l'economia regionale non potrà beneficiarne. Le imprese industriali (ormai sono tutte chiuse o in cassa integrazione) avranno poco ristoro e figuriamoci se per pochi spiccioli altre imprese verranno in Basilicata. I privati che percorrono in media 20000 Km/anno con una vettura economica che fa 15Km/lt (ammesso che si toglieranno 10 cents/lt) avranno un risparmio medio che non arriverà neanche ai 130 euro/anno a famiglia. Parte della popolazione lucana (pari a 125.000 abitanti) è sui 65 anni, difficilmente percorre Km e non usufruirà dello sconto. Per il gas abbiamo già visto che la platea di chi usufruisce degli sconti regionali è molto limitata e di nuovo sono proprio escluse le aziende agricole (le più penalizzate dall’inquinamento petrolifero).

Ben poca cosa in confronto agli 80 cents su un dollaro sul valore delle estrazioni che già dal 2000 percepisce il territorio dell’Alaska e dei suoi abitanti che hanno un reddito pro capite grazie alle sovvenzioni del petrolio medio di 64.000 dollari/anno, pari a 50.000 euro/anno attuali, mentre prima erano i popoli a più basso reddito dell’America.

In Alaska le estrazioni petrolifere al contrario della Basilicata sono monitorate costantemente dalle istituzioni per tutti gli inquinanti e i livelli di emissioni e di inquinamento sono 6000 volte inferiori a quelle italiane (vedi idrogeno solforato da 0,005 ppm in America - secondo - l’OMS a 30 ppm in Italia per l’industria petrolifera). Negli Stati uniti inoltre è proibito trivellare vicino ai bacini idrici, ai centri abitati ed è vietato estrarre petrolio nei parchi e vicino alle coste.

Lo sconto sulla benzina ha un prezzo da pagare:

Abbiamo già perso i fondi Obbiettivo 1 per il PIL drogato dal petrolio (stimati in circa 350 mil.euro).

Danni ambientali, danni alle economie locali, danni alle acque, costi sociali per la salute e per lo spopolamento del territorio che non potrà più autosostenersi per le misure federaliste messe in atto perchè a petrolio estratto le economie locali saranno distrutte.

L'inquinamento delle acque, del suolo, del mare e dell'aria distrugge le economie locali come l'agricoltura e il turismo. Nel solo Metapontino ci sono 10.000 addetti in agricoltura (che non hanno chiuso per cassa integrazione come fa la Fiat di Melfi). L'agricoltura in Val d'Agri sta scomparendo per far posto all'inquinamento, dove sono finite le mele della Val d'Agri che riempivano gli ipermercati di Bologna e dove finiranno i fagioli di Sarconi (ossia il cosiddetto caviale delle leguminose)? L'acqua che soddisfa due regioni, quanto vale? E le persone che si ammalano e che devono affrontare i viaggi della speranza per i quali non bastano i mutui ipotecari?

E quali sono i costi sociali che dovrà sostenere la comunità in termini di monitoraggi e controlli ambientali? E quelli legati alle cure mediche negli ospedali, i servizi e all'assistenza a seguito dell'esponenziale aumento di tumori in Basilicata che porta la regione ai primi posti in Italia come una recente indagine conferma?

Spopolamento della regione:

Normalmente tra vent'anni se si mantengono le statistiche attuali i 593.00 abitanti della Basilicata diventeranno 388.000, considerando i 12500 abitanti ultra 65 che non ci saranno più e i 4000 che in 20 anni diventeranno 80000 (593.000-125.000-80.000=388.000). Con l'aggravio che dei 388.000 i 2/3, pari a circa 260000 persone, saranno nella categoria degli ultra 60enni (ossia una regione di vecchi). Se il processo è accelerato dalla distruzione delle economie locali, provocato dall’inquinamento la popolazione potrebbe ridursi addirittura in 10-15 anni e non più in venti come prospettato.

Chi ci guadagna realmente:

La lobby petrolifera (politica-imprese) per continuare a trivellare indisturbata in Basilicata, che non ha un interesse nazionale come qualcuno vuol farci credere, ma esclusivamente societario collegato alle Srl e alle Spa nazionali ed internazionali (Shell, Total, Eni ecc.). La classe politica lucana bipartisan per mantenere il proprio status (visto che non avrà più fondi perché il federalismo gli taglierà le entrate). Gli industriali dei rifiuti che vogliono fare altri businnes in Basilicata con i rifiuti petroliferi e i rifiuti tossici provenienti da fuori regione. Chi pensa che la Basilicata sia un territorio da sfruttare e non valorizzare.

Fonte:Peacelink

Appello Tele Monte Orlando TMO GAETA

Le incredibili peripezie di TMO Gaeta, prima telestreet italiana, oscurata malgrado le sentenze favorevoli della magistratura. La libera informazione:una vera e propria emergenza nazionale, in un paese dove ormai la democrazia diventa un ricordo sempre più sbiadito.

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Le incredibili peripezie di TMO Gaeta, prima telestreet italiana, oscurata malgrado le sentenze favorevoli della magistratura. La libera informazione:una vera e propria emergenza nazionale, in un paese dove ormai la democrazia diventa un ricordo sempre più sbiadito.

Reggio Emilia: Il Pianista - ovvero sceneggiata democratica (?) in Consiglio comunale



Esclusivo video di ReggioNelWeb sul voto di Matteo Riva che si sostituisce all'assente Ferrigno. Il Presiedente del Consiglio Rinaldi prima decreta il numero legale, poi, incalzato dall’opposizione riconta e il numero 21 diventa 20: la seduta è sospesa per mancanza del numero legale.

ReggioNelWeb.it n. 302 del 27/01/2009

Di Matteo Incerti

Rataplan. Il consigliere e Cavaliere della Republica Matteo Riva fa il “pianista” per il Consigliere assente Alberto Ferrigno occupato a farsi intervistare e salta il Consiglio Comunale.

E’ accaduto ieri sera intorno alle 18 in Sala del Tricolore, quando è mancato per l’ennesima volta il numero legale ed è saltata la seduta dedicata in particolare all’approvazione del nuovo regolamento sulle Circoscrizioni e alle dichiarazioni del Sindaco Delrio sulla fusione Enìa-Iride.

Questa volta il numero legale non è saltato a causa di un’azione di protesta politica delle opposizioni, ma a causa dell’assenza di alcuni Consiglieri di maggioranza, in primis Alberto Ferrigno (Prc) che al momento del voto su un emendamento di Giacomo Giovannini (Lega) -relativamente al regolamento delle Circoscrizioni- era fuori dall’aula occupato in un’intervista con un collega, mentre Matteo Riva (ex Pdci oggi Democratici a Sinistra) votava al suo posto.

Si rivelava poi vano il tentativo del Capogruppo del Pd Luca Vecchi che si precipitava a ‘recuperare’ Ferrigno. Vecchi, una volta uscito dall’aula e trovato il Consigliere di Rifondazione, lo spronava a rientrare come un generale farebbe con un soldato restio ad uscire dalle trincee, ma quando Ferrigno si accingeva ad entrare in aula…tic-tac…tic-tac… il tempo era ormai scaduto. Matteo Riva (ex Pdci) votava al suo posto divenendo colui che nel gergo politico viene definito in questi casi il ‘pianista’.

Ma non è finita.

Ferrigno veniva dichiarato non presente e il suo voto che avrebbe assicurato il numero legale è nullo.

Scoppiava quindi la bagarre in aula.

Il presidente Nando Rinaldi cercava d’imporsi urlando con forza: “Basta!”, mentre dai banchi delle opposizioni piovevano sfottò e critiche.

Il Consigliere Ferrigno a quel punto, come un fanciullo sorpreso con le mani nella marmellata, tentava di giustificarsi: “Ero appena lì, a tre metri, lì dalla porta…”.

“Ma lei ha dichiarato che non era in aula!” lo richiamava severo il Presidente del Consiglio Rinaldi.

“Ma ero a tre metri dal banco e ho chiesto a Riva di votare al mio posto com’è capitato altre volte… lo fanno tutti, anche le destre” diceva Ferrigno.

Insorgeva quindi a quel punto il Capogruppo di An-PDL Marco Eboli “No, no!”.

“Come no? Lo abbiamo fatto tutti!” replicava Ferrigno, dando una giustificazione “morale” alla cosa.

Nel bel mezzo della ruffa politica intanto il consigliere Riva si divertiva a mimare il gesto del “pianista” con le mani come se fosse stato tutto un gioco.

La seduta stava per essere annullata con conseguenze per le tasche dei cittadini pari a qualche migliaio di euro e ad un ulteriore slittamento di altre questioni urgenti.

“Rinaldi controlli i votanti ed i presenti” chiedeva Mario Monducci (Gente di Reggio). Rinaldi controllava e dichiarava ufficialmente all’Assemblea: “Il consigliere Riva ha votato al posto del consigliere Ferrigno”.

Nuovo caos in aula. Con Ferrigno esausto che si siede, Riva che battibecca con le opposizioni e il Presidente Rinaldi che ripete: “Consigliere, lei non era presente!”. Poi Rinaldi iniziava la conta. “Presenti 21, votanti 20 per avere il numero legale ci vogliono 21 consiglieri votanti”.

“No Rinaldi, i presenti sono 20, controlli! Lei sta facendo un falso!” urlava Marco Eboli. A quel punto il Presidente del Consiglio controllava ulteriormente e alla fine decretava la sconfitta (dei cittadini che hanno pagato per avere gli eletti ai loro posti): “Il Consigliere Ferrigno non era presente in aula al momento del voto; lo ha dichiarato lui stesso e mi assumo la responsabilità di sciogliere la seduta”.

Tutti a casa quindi, fra gli applausi sarcastici dell’opposizione e i musi lunghi di una maggioranza che probabilmente non risparmierà critiche a Ferrigno che era fuori dall’aula, al pianista Riva che ha votato per lui e al Presidente Rinaldi che forse avrebbe potuto rendere più opinabile il numero 20 facendolo diventare 21…

Fonte: Reggionelweb
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Esclusivo video di ReggioNelWeb sul voto di Matteo Riva che si sostituisce all'assente Ferrigno. Il Presiedente del Consiglio Rinaldi prima decreta il numero legale, poi, incalzato dall’opposizione riconta e il numero 21 diventa 20: la seduta è sospesa per mancanza del numero legale.

ReggioNelWeb.it n. 302 del 27/01/2009

Di Matteo Incerti

Rataplan. Il consigliere e Cavaliere della Republica Matteo Riva fa il “pianista” per il Consigliere assente Alberto Ferrigno occupato a farsi intervistare e salta il Consiglio Comunale.

E’ accaduto ieri sera intorno alle 18 in Sala del Tricolore, quando è mancato per l’ennesima volta il numero legale ed è saltata la seduta dedicata in particolare all’approvazione del nuovo regolamento sulle Circoscrizioni e alle dichiarazioni del Sindaco Delrio sulla fusione Enìa-Iride.

Questa volta il numero legale non è saltato a causa di un’azione di protesta politica delle opposizioni, ma a causa dell’assenza di alcuni Consiglieri di maggioranza, in primis Alberto Ferrigno (Prc) che al momento del voto su un emendamento di Giacomo Giovannini (Lega) -relativamente al regolamento delle Circoscrizioni- era fuori dall’aula occupato in un’intervista con un collega, mentre Matteo Riva (ex Pdci oggi Democratici a Sinistra) votava al suo posto.

Si rivelava poi vano il tentativo del Capogruppo del Pd Luca Vecchi che si precipitava a ‘recuperare’ Ferrigno. Vecchi, una volta uscito dall’aula e trovato il Consigliere di Rifondazione, lo spronava a rientrare come un generale farebbe con un soldato restio ad uscire dalle trincee, ma quando Ferrigno si accingeva ad entrare in aula…tic-tac…tic-tac… il tempo era ormai scaduto. Matteo Riva (ex Pdci) votava al suo posto divenendo colui che nel gergo politico viene definito in questi casi il ‘pianista’.

Ma non è finita.

Ferrigno veniva dichiarato non presente e il suo voto che avrebbe assicurato il numero legale è nullo.

Scoppiava quindi la bagarre in aula.

Il presidente Nando Rinaldi cercava d’imporsi urlando con forza: “Basta!”, mentre dai banchi delle opposizioni piovevano sfottò e critiche.

Il Consigliere Ferrigno a quel punto, come un fanciullo sorpreso con le mani nella marmellata, tentava di giustificarsi: “Ero appena lì, a tre metri, lì dalla porta…”.

“Ma lei ha dichiarato che non era in aula!” lo richiamava severo il Presidente del Consiglio Rinaldi.

“Ma ero a tre metri dal banco e ho chiesto a Riva di votare al mio posto com’è capitato altre volte… lo fanno tutti, anche le destre” diceva Ferrigno.

Insorgeva quindi a quel punto il Capogruppo di An-PDL Marco Eboli “No, no!”.

“Come no? Lo abbiamo fatto tutti!” replicava Ferrigno, dando una giustificazione “morale” alla cosa.

Nel bel mezzo della ruffa politica intanto il consigliere Riva si divertiva a mimare il gesto del “pianista” con le mani come se fosse stato tutto un gioco.

La seduta stava per essere annullata con conseguenze per le tasche dei cittadini pari a qualche migliaio di euro e ad un ulteriore slittamento di altre questioni urgenti.

“Rinaldi controlli i votanti ed i presenti” chiedeva Mario Monducci (Gente di Reggio). Rinaldi controllava e dichiarava ufficialmente all’Assemblea: “Il consigliere Riva ha votato al posto del consigliere Ferrigno”.

Nuovo caos in aula. Con Ferrigno esausto che si siede, Riva che battibecca con le opposizioni e il Presidente Rinaldi che ripete: “Consigliere, lei non era presente!”. Poi Rinaldi iniziava la conta. “Presenti 21, votanti 20 per avere il numero legale ci vogliono 21 consiglieri votanti”.

“No Rinaldi, i presenti sono 20, controlli! Lei sta facendo un falso!” urlava Marco Eboli. A quel punto il Presidente del Consiglio controllava ulteriormente e alla fine decretava la sconfitta (dei cittadini che hanno pagato per avere gli eletti ai loro posti): “Il Consigliere Ferrigno non era presente in aula al momento del voto; lo ha dichiarato lui stesso e mi assumo la responsabilità di sciogliere la seduta”.

Tutti a casa quindi, fra gli applausi sarcastici dell’opposizione e i musi lunghi di una maggioranza che probabilmente non risparmierà critiche a Ferrigno che era fuori dall’aula, al pianista Riva che ha votato per lui e al Presidente Rinaldi che forse avrebbe potuto rendere più opinabile il numero 20 facendolo diventare 21…

Fonte: Reggionelweb

Federalismo fiscale: un pastrocchio incostituzionale


Lo statuto siciliano è parte integrante della Costituzione italiana e come tale, anche per precise disposizioni costituzionali, non può essere modificato dalla riforma così detta “federalismo-fiscale” che deriva da una legge ordinaria.

E’ deprimente e avvilente come la casta della monarchia politica siciliana, vassalla di Roma capitale, non conosca le norme costituzionali quando parlano di statuto.
Bravo Bossi e bravi i deputati della Lega Nord ad imporre la propria linea politica al governo che potrebbe essere tranquillamente definito “I governo Bossi”. Ma anche loro avrebbero dovuto studiarsi la Costituzione e lo Statuto siciliano, perchè, a meno di una nuova sentenza “politica ed incostituzionale”, della Corte Costituzionale che da decenni ha perso credibilità, la legge ordinaria del federalismo fiscale non può essere “imposta” alla Regione Siciliana.

Il presidente della Regione Siciliana, Raffaele Lombardo, strenuo difensore di questo pastrocchio incostituzionale, e che afferma trionfante “Le prerogative dello Statuto siciliano? Bisognerà difenderle, non ci illudiamo che la nostra autonomia speciale sia, soprattutto al Nord, gradita o tollerata. Adesso si tratta di farci valere, anche se credo che la Regione siciliana la sua parte l’abbia già fatta alla grande. Certamente questa legge non è una delega in bianco: quando si passerà ai decreti attuativi la palla passerà al governo ma anche a noi che, sul piano politico e sul piano sociale, dobbiamo acquisire la coscienza della delicatezza del momento. Se in questa fase i parlamentari del Sud, al di là dello schieramento cui appartengono, sapranno unirsi e lavorare insieme, credo che tutte le nostre aspettative potranno essere tutelate e sostenute“, non sa o fa finta di non sapere, che le norme del federalismo fiscale, che “modificano” l’impianto costituzionale dello Statuto, sono incostituzionali.

Non meno barbina è la figura che hanno fatto i deputati del Partito Democratico che hanno sparato al vento la loro richiesta di inserire nel disegno di legge (non costituzionale) una clausola di salvaguardia dell’autonomia siciliana.

Non sanno di che cosa parlano e siedono sugli scranni di Sala D’Ercole a Palazzo Reale.

«Conosciamo molto bene - a dichiarato il presidente del F.N.S Giuseppe Scianò - il doppiogiochismo di quasi tutti i partiti politici italiani, che, in Sicilia, fingono di volere difendere lo Statuto di Autonomia, mentre a Roma fanno prevalere, in modo concreto, gli interessi ed i privilegi del Nord; riforma “fiscal-federalista” compresa» che ha aggiunto: «La riforma federalista sarà quella che la Lega Nord ha voluto. Non a caso Bossi ha ringraziato tutti e soprattutto la Sinistra Italiana, che con la propria astensione ha legittimato maggiormente la “proposta padana”».

Nessuno può “sanare” la illegittimità delle mutilazioni che sono state fatte al testo dello Statuto Speciale di Autonomia» ha puntualizzato Scianò.

Queste affermazioni avremmo voluto sentirli dire dal Presidente della Regione Siciliana e dai deputati siciliani ma purtroppo, ancora una volta, abbiamo assistito alla solita sceneggiata che vede protagonista la casta politica siciliana.

La propaganda sembra l’unica arte che i deputati siciliani, “duri e puri”, e che difendono i loro privilegi e benefit, conoscono bene.

La gente siciliana non capisce, lo aveva detto proprio Raffale Lombardo a Bari nel 2005. “Ci chiamerebbero ASCARI se ci schierassimo a destra o a sinistra”. Si è schierato con la destra berlusconiana, quindi, per sua stessa definizione è un ascaro, e grazie ad un governo a guida di un ascaro, la Sicilia sta subendo un’altro schiaffo costituzionale.

Fonte:
Osservatorio Sicilia
Leggi tutto »

Lo statuto siciliano è parte integrante della Costituzione italiana e come tale, anche per precise disposizioni costituzionali, non può essere modificato dalla riforma così detta “federalismo-fiscale” che deriva da una legge ordinaria.

E’ deprimente e avvilente come la casta della monarchia politica siciliana, vassalla di Roma capitale, non conosca le norme costituzionali quando parlano di statuto.
Bravo Bossi e bravi i deputati della Lega Nord ad imporre la propria linea politica al governo che potrebbe essere tranquillamente definito “I governo Bossi”. Ma anche loro avrebbero dovuto studiarsi la Costituzione e lo Statuto siciliano, perchè, a meno di una nuova sentenza “politica ed incostituzionale”, della Corte Costituzionale che da decenni ha perso credibilità, la legge ordinaria del federalismo fiscale non può essere “imposta” alla Regione Siciliana.

Il presidente della Regione Siciliana, Raffaele Lombardo, strenuo difensore di questo pastrocchio incostituzionale, e che afferma trionfante “Le prerogative dello Statuto siciliano? Bisognerà difenderle, non ci illudiamo che la nostra autonomia speciale sia, soprattutto al Nord, gradita o tollerata. Adesso si tratta di farci valere, anche se credo che la Regione siciliana la sua parte l’abbia già fatta alla grande. Certamente questa legge non è una delega in bianco: quando si passerà ai decreti attuativi la palla passerà al governo ma anche a noi che, sul piano politico e sul piano sociale, dobbiamo acquisire la coscienza della delicatezza del momento. Se in questa fase i parlamentari del Sud, al di là dello schieramento cui appartengono, sapranno unirsi e lavorare insieme, credo che tutte le nostre aspettative potranno essere tutelate e sostenute“, non sa o fa finta di non sapere, che le norme del federalismo fiscale, che “modificano” l’impianto costituzionale dello Statuto, sono incostituzionali.

Non meno barbina è la figura che hanno fatto i deputati del Partito Democratico che hanno sparato al vento la loro richiesta di inserire nel disegno di legge (non costituzionale) una clausola di salvaguardia dell’autonomia siciliana.

Non sanno di che cosa parlano e siedono sugli scranni di Sala D’Ercole a Palazzo Reale.

«Conosciamo molto bene - a dichiarato il presidente del F.N.S Giuseppe Scianò - il doppiogiochismo di quasi tutti i partiti politici italiani, che, in Sicilia, fingono di volere difendere lo Statuto di Autonomia, mentre a Roma fanno prevalere, in modo concreto, gli interessi ed i privilegi del Nord; riforma “fiscal-federalista” compresa» che ha aggiunto: «La riforma federalista sarà quella che la Lega Nord ha voluto. Non a caso Bossi ha ringraziato tutti e soprattutto la Sinistra Italiana, che con la propria astensione ha legittimato maggiormente la “proposta padana”».

Nessuno può “sanare” la illegittimità delle mutilazioni che sono state fatte al testo dello Statuto Speciale di Autonomia» ha puntualizzato Scianò.

Queste affermazioni avremmo voluto sentirli dire dal Presidente della Regione Siciliana e dai deputati siciliani ma purtroppo, ancora una volta, abbiamo assistito alla solita sceneggiata che vede protagonista la casta politica siciliana.

La propaganda sembra l’unica arte che i deputati siciliani, “duri e puri”, e che difendono i loro privilegi e benefit, conoscono bene.

La gente siciliana non capisce, lo aveva detto proprio Raffale Lombardo a Bari nel 2005. “Ci chiamerebbero ASCARI se ci schierassimo a destra o a sinistra”. Si è schierato con la destra berlusconiana, quindi, per sua stessa definizione è un ascaro, e grazie ad un governo a guida di un ascaro, la Sicilia sta subendo un’altro schiaffo costituzionale.

Fonte:
Osservatorio Sicilia

Politici di Gaeta al Servizio dell'economia del Nord


Ricevo e posto:



Nell'avvicinarsi della presentazione del progetto AVIR alla città si stanno scatenando i servi del regime partitocratico del Nord.

Forza Italia, partito nordista del Padrone Berlusconi è capofila di questa fronda immonda. Questo partito, lo sa tutto il mondo, arrivato al potere grazie ai bombardieri televisivi che possiede impropriamente, dopo aver bombardato le menti degli italiani,a Gaeta, con una informazione mercenaria a pagamento
( ma dove li prendono tutti questi soldi?) sono contro la libertà d'impresa, contro l'Avir, contro le imprese del Sud,contro La Gaim, impresa napoletana che sta investendo a Gaeta.

Ne abbiamo sentito di tutti i colori in questi giorni: addirittura che questa società sarebbe finanziata dalla camorra( vorremmo sapere da chi sono state finanziate le scatole cinesi della Fininvest).

Il partito del Sud è, per statuto, contro le organizzazioni criminali che i vari governi non hanno voluto debellare per un tornaconto scientifico.

Garibaldi entrò in Napoli da triofatore, accompagnato sulla carrozza da Don Liborio Romano e da Tore 'e Crescienzo, capo della camorra napoletana.

Il Comune di Fondi, un paese a noi vicino è stato rovistato dalla Commissione di Accesso voluta dal Prefetto di Latina dott. Bruno Frattasi, è ancora in piedi, il governo del Nord, il cui Ministro degli Interni è il leghista Maroni, non ha il coraggio di sciogliere il consiglio comunale di quella realtà.
A come si dice, la camorra sembra essersi appropriato del tessuto di quella città ma niente si muove .

A Gaeta la giunta Raimondi ha chiesto allo Stato l'assegnazione dei beni requisiti alla camorra dalla Magistratura.

Oggi, ben 25 mila metri quadri di terreni della camorra sono stati assegnati al Comune di Gaeta e saranno utilizzati a scopi sociali, come ha ottenuto 100 mila euro con bando regionale, per la ristrutturazione di una casa insistente su quei terreni, sarà utilizzata per fini sociali da associazioni, anziani, ragazzi che non hanno la possibilità di socializzare.

A Gaeta, Forza Italia, è un partito asservito al Senatore Claudio Fazzone di Fondi, è un partito asservito all'economia padana, è contro lo svliluppo delle imprese del Sud, è contro Gaeta, è contro Fondi, è contro il Meridione.

Il Sud è diventato mercato del Nord dal 13 febbraio del 1861, hanno massacrato un milione di contadini chiamati briganti perchè difendevano la loro terra dagli usurpatori piemontesi, difendevano la dignità del Sud, e la loro libertà.
Il partito che ha voluto ciò è stato il Partito Liberale di Cavour che mandò nel Sud un esercito di 150 mila soldati.

Oggi il Partito Liberale di Berlusconi e la Lega con il decreto chiamato "Anti crisi" sta rubando al sud i fondi FAS, circa 10 milioni di Euro che dovevano servire alla costruzione di infrastrutture ( Ospedali, strade, scuole, ferrovie), serviranno a salvare imprese del Nord, a finanzire Malpensa, e la fiera di Milano.

Il Sud è stato massacrato di Nuovo da questi buffoni dellla libera impresa del Nord.

I servi gaetani del partito liberale padano stanno dimostrando la loro pochezza mentale, il loro servilismo al padrone fondano e padano, sono contro la libera impresa, contro il libero mercato.

I nostri giovani sono costretti ad una emigrazione senza soluzione di continuità, chiedono lavoro, lavoro e poi ancora lavoro.

I giovani devono reagire, cacciare dal nostro terirtorio i servi e i lacchè del Nord che albergano nel Partito di Forza Italia ed in altre formazioni politiche di destra e di sinistra, tutti al servizio del governo padano.

Qualche nostro albergatore ha parlato di speculazione edilizia nell'AVIR, ma si sono guardati in faccia?
I loro alberghi sono annoverati tra i primi dieci MONSTRUM d'Italia.

Noi diciamo che questi personaggi, amanti del loro mercato, non vogliono lo sviluppo della nostra città, non amano la libertà di impresa, sono contro il libero mercato. Il baraccone AVIR sta in quelle condizioni da 28 anni, perchè? Chiediamocelo.

Oggi l'amministrazione Raimondi sta debellando la retorica partitica assevita ai poteri forti, asservita ai partiti illiberali venuti dal Nord.

Il governo di Forza Italia, nella passata amministrazione, ha permesso che Via Garibaldi, alle spalle del Cimitero, diventasse un vero obbrobio, una speculazione mortale per quella zona, con la costruzione di distributori e funghi che tolgono anche la vista di Serapo, ed oggi hanno il coraggio di parlare?

Hanno svenduto il porto a Civitavecchia, e non solo, anche il Waterfront che, il 27 marzo, ritornerà alla nostra città grazie all'azione della giunta Raimondi.

Non sappiamo da dove provengono i soldi delle imprese che investono a Gaeta, questo è compito della Guardia di Finanza che svolge il suo lavoro egregiamente, ma se solo avessimo sentore di qualcosa di illecito, denunceremmo alla procura della repubblica i fatti, sia chiaro.

Se questi signori hanno prove, sentori di traffici illeciti, hanno a disposizione le istituzioni della Stato preposte, saremmo al loro fianco.
Se hanno sentori di tangenti, che parlassero, andremmo con loro a denunciare corrotti e corruttori.

A Gaeta vi è una giunta che sta operando, che sta lavorando allo spasimo, si sta rivoluzionando l'essetto economico della città.
Abbiamo posto le basi per il Polo internazionale della Nautica assieme al Consind, è venuto il presidente Marrazzo a mettere la prima pietra per la costruzione di quattro capannoni industriali.

Le imprese del settore cantieristico stanno finanziando l'opera con 50 milioni di euro, soldi di imprenditori privati, o anche quelli sono macchiati di camorra? Noi pensiamo di no.

Si creeranno un centinaio di posti di lavoro, e così è per l'Avir che dovrebbe, a lavori conclusi, assorbire una manodopera di oltre duecento persone.

I giovani di Gaeta hanno bisogno di lavoro, non di chiacchiere, hanno bisogno di certezze, non vogliono più emigrare.

Loro, i gaglioffi di questi partiti, si sono tutti sistemati, con posti statali.
Chi nel comune di Fondi, chi nella Provincia, chi nei vari Enti, chi nelle banche. Noi non permetteremo più che ciò accada, nessuna clientela, vogliamo solo infondere nella gente fiducia e dare lavoro ai nostri giovani..

La città è in cammino. Fuori da Gaeta e dal Sud le forze politiche filopadane, i cui politici sono, per noi del Partito del Sud, solo degli ascari al loro servizio.


Partito del Sud
Sezione "Cosmo Ciaramaglia.
Via Rimini 13- Gaeta
Leggi tutto »

Ricevo e posto:



Nell'avvicinarsi della presentazione del progetto AVIR alla città si stanno scatenando i servi del regime partitocratico del Nord.

Forza Italia, partito nordista del Padrone Berlusconi è capofila di questa fronda immonda. Questo partito, lo sa tutto il mondo, arrivato al potere grazie ai bombardieri televisivi che possiede impropriamente, dopo aver bombardato le menti degli italiani,a Gaeta, con una informazione mercenaria a pagamento
( ma dove li prendono tutti questi soldi?) sono contro la libertà d'impresa, contro l'Avir, contro le imprese del Sud,contro La Gaim, impresa napoletana che sta investendo a Gaeta.

Ne abbiamo sentito di tutti i colori in questi giorni: addirittura che questa società sarebbe finanziata dalla camorra( vorremmo sapere da chi sono state finanziate le scatole cinesi della Fininvest).

Il partito del Sud è, per statuto, contro le organizzazioni criminali che i vari governi non hanno voluto debellare per un tornaconto scientifico.

Garibaldi entrò in Napoli da triofatore, accompagnato sulla carrozza da Don Liborio Romano e da Tore 'e Crescienzo, capo della camorra napoletana.

Il Comune di Fondi, un paese a noi vicino è stato rovistato dalla Commissione di Accesso voluta dal Prefetto di Latina dott. Bruno Frattasi, è ancora in piedi, il governo del Nord, il cui Ministro degli Interni è il leghista Maroni, non ha il coraggio di sciogliere il consiglio comunale di quella realtà.
A come si dice, la camorra sembra essersi appropriato del tessuto di quella città ma niente si muove .

A Gaeta la giunta Raimondi ha chiesto allo Stato l'assegnazione dei beni requisiti alla camorra dalla Magistratura.

Oggi, ben 25 mila metri quadri di terreni della camorra sono stati assegnati al Comune di Gaeta e saranno utilizzati a scopi sociali, come ha ottenuto 100 mila euro con bando regionale, per la ristrutturazione di una casa insistente su quei terreni, sarà utilizzata per fini sociali da associazioni, anziani, ragazzi che non hanno la possibilità di socializzare.

A Gaeta, Forza Italia, è un partito asservito al Senatore Claudio Fazzone di Fondi, è un partito asservito all'economia padana, è contro lo svliluppo delle imprese del Sud, è contro Gaeta, è contro Fondi, è contro il Meridione.

Il Sud è diventato mercato del Nord dal 13 febbraio del 1861, hanno massacrato un milione di contadini chiamati briganti perchè difendevano la loro terra dagli usurpatori piemontesi, difendevano la dignità del Sud, e la loro libertà.
Il partito che ha voluto ciò è stato il Partito Liberale di Cavour che mandò nel Sud un esercito di 150 mila soldati.

Oggi il Partito Liberale di Berlusconi e la Lega con il decreto chiamato "Anti crisi" sta rubando al sud i fondi FAS, circa 10 milioni di Euro che dovevano servire alla costruzione di infrastrutture ( Ospedali, strade, scuole, ferrovie), serviranno a salvare imprese del Nord, a finanzire Malpensa, e la fiera di Milano.

Il Sud è stato massacrato di Nuovo da questi buffoni dellla libera impresa del Nord.

I servi gaetani del partito liberale padano stanno dimostrando la loro pochezza mentale, il loro servilismo al padrone fondano e padano, sono contro la libera impresa, contro il libero mercato.

I nostri giovani sono costretti ad una emigrazione senza soluzione di continuità, chiedono lavoro, lavoro e poi ancora lavoro.

I giovani devono reagire, cacciare dal nostro terirtorio i servi e i lacchè del Nord che albergano nel Partito di Forza Italia ed in altre formazioni politiche di destra e di sinistra, tutti al servizio del governo padano.

Qualche nostro albergatore ha parlato di speculazione edilizia nell'AVIR, ma si sono guardati in faccia?
I loro alberghi sono annoverati tra i primi dieci MONSTRUM d'Italia.

Noi diciamo che questi personaggi, amanti del loro mercato, non vogliono lo sviluppo della nostra città, non amano la libertà di impresa, sono contro il libero mercato. Il baraccone AVIR sta in quelle condizioni da 28 anni, perchè? Chiediamocelo.

Oggi l'amministrazione Raimondi sta debellando la retorica partitica assevita ai poteri forti, asservita ai partiti illiberali venuti dal Nord.

Il governo di Forza Italia, nella passata amministrazione, ha permesso che Via Garibaldi, alle spalle del Cimitero, diventasse un vero obbrobio, una speculazione mortale per quella zona, con la costruzione di distributori e funghi che tolgono anche la vista di Serapo, ed oggi hanno il coraggio di parlare?

Hanno svenduto il porto a Civitavecchia, e non solo, anche il Waterfront che, il 27 marzo, ritornerà alla nostra città grazie all'azione della giunta Raimondi.

Non sappiamo da dove provengono i soldi delle imprese che investono a Gaeta, questo è compito della Guardia di Finanza che svolge il suo lavoro egregiamente, ma se solo avessimo sentore di qualcosa di illecito, denunceremmo alla procura della repubblica i fatti, sia chiaro.

Se questi signori hanno prove, sentori di traffici illeciti, hanno a disposizione le istituzioni della Stato preposte, saremmo al loro fianco.
Se hanno sentori di tangenti, che parlassero, andremmo con loro a denunciare corrotti e corruttori.

A Gaeta vi è una giunta che sta operando, che sta lavorando allo spasimo, si sta rivoluzionando l'essetto economico della città.
Abbiamo posto le basi per il Polo internazionale della Nautica assieme al Consind, è venuto il presidente Marrazzo a mettere la prima pietra per la costruzione di quattro capannoni industriali.

Le imprese del settore cantieristico stanno finanziando l'opera con 50 milioni di euro, soldi di imprenditori privati, o anche quelli sono macchiati di camorra? Noi pensiamo di no.

Si creeranno un centinaio di posti di lavoro, e così è per l'Avir che dovrebbe, a lavori conclusi, assorbire una manodopera di oltre duecento persone.

I giovani di Gaeta hanno bisogno di lavoro, non di chiacchiere, hanno bisogno di certezze, non vogliono più emigrare.

Loro, i gaglioffi di questi partiti, si sono tutti sistemati, con posti statali.
Chi nel comune di Fondi, chi nella Provincia, chi nei vari Enti, chi nelle banche. Noi non permetteremo più che ciò accada, nessuna clientela, vogliamo solo infondere nella gente fiducia e dare lavoro ai nostri giovani..

La città è in cammino. Fuori da Gaeta e dal Sud le forze politiche filopadane, i cui politici sono, per noi del Partito del Sud, solo degli ascari al loro servizio.


Partito del Sud
Sezione "Cosmo Ciaramaglia.
Via Rimini 13- Gaeta

SCHEDATURA DI MASSA: OPERAZIONE FACEBOOK?


C’è qualcosa di molto importante che dovreste sapere!

Forse non avete mai sentito parlare di un’organizzazione che si chiama In-Q-Tel.


Traduco dal loro stesso sito web, alla pagina soprastante:

“In-Q-Tel è un’impresa indipendente, privata, fondata dalla CIA.

Lanciata nel 1999, la missione di In-Q-Tel è di identificare e investire in compagnie, sviluppando tecnologie informatiche d’avanguardia che servono gli interessi di sicurezza nazionale degli Stati Uniti d’America”. (”In-Q-Tel is a private, independent, enterprise funded by the CIA.

Launched in 1999, In-Q-Tel’s mission is to identify and invest in companies developing cutting-edge information technologies that serve United States national security interests”)

Il loro motto sul sito recita: “Accelerare l’innovazione per la comunità dell’intelligence” (”Accelerating Innovation for the intelligence community”)

Chi sono i clienti di questa enigmatica società, che servono i nobili scopi di una maggiore sicurezza statunitense?

Uno è certamente Facebook, come si può chiaramente vedere in questa pagina:
https://www.iqt.org/technology-portfolio/index-app.html

Ora la domanda è: la schedatura informatica e volontaria di milioni di persone nel mondo può servire agli scopi dell’intelligence statunitense, per una maggiore sicurezza nazionale?

Naturalmente spero che lo faccia, tutti noi vogliamo che lo faccia, non è vero?

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C’è qualcosa di molto importante che dovreste sapere!

Forse non avete mai sentito parlare di un’organizzazione che si chiama In-Q-Tel.


Traduco dal loro stesso sito web, alla pagina soprastante:

“In-Q-Tel è un’impresa indipendente, privata, fondata dalla CIA.

Lanciata nel 1999, la missione di In-Q-Tel è di identificare e investire in compagnie, sviluppando tecnologie informatiche d’avanguardia che servono gli interessi di sicurezza nazionale degli Stati Uniti d’America”. (”In-Q-Tel is a private, independent, enterprise funded by the CIA.

Launched in 1999, In-Q-Tel’s mission is to identify and invest in companies developing cutting-edge information technologies that serve United States national security interests”)

Il loro motto sul sito recita: “Accelerare l’innovazione per la comunità dell’intelligence” (”Accelerating Innovation for the intelligence community”)

Chi sono i clienti di questa enigmatica società, che servono i nobili scopi di una maggiore sicurezza statunitense?

Uno è certamente Facebook, come si può chiaramente vedere in questa pagina:
https://www.iqt.org/technology-portfolio/index-app.html

Ora la domanda è: la schedatura informatica e volontaria di milioni di persone nel mondo può servire agli scopi dell’intelligence statunitense, per una maggiore sicurezza nazionale?

Naturalmente spero che lo faccia, tutti noi vogliamo che lo faccia, non è vero?

 
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