mercoledì 31 ottobre 2012

Il Partito del Sud al 4,2% alle Comunali di Condofuri (RC) del 28 e 29 ottobre!



Il Partito del Sud Calabria ringrazia gli elettori e i componenti della lista con in testa Antonino Manti. 

Per la prima volta in una competizione elettorale in Calabria con il simbolo Partito del Sud, in una situazione obiettivamente difficile (la precedente amministrazione sciolta per infiltrazione mafiosa) il risultato ottenuto del 4,25% alle elezioni comunali di Condofuri (RC) del 28 e 29 ottobre è davvero positivo e ci fa ben sperare in prospettiva all'Assemblea Costituente di Napoli del 24 novembre, dove si aggregheranno al Partito del Sud la maggior parte dei gruppi meridionalisti e tanti singoli conterranei per una lista meridionalista autonoma per le elezioni politiche nazionali del 2013. 
Si ringrazia in modo particolare Angelo Modaffari.


Giuseppe Spadafora - Coordinatore regionale Calabria
Pasquale Mesiti - Coodinatore prov. di Reggio Calabria


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Il Partito del Sud Calabria ringrazia gli elettori e i componenti della lista con in testa Antonino Manti. 

Per la prima volta in una competizione elettorale in Calabria con il simbolo Partito del Sud, in una situazione obiettivamente difficile (la precedente amministrazione sciolta per infiltrazione mafiosa) il risultato ottenuto del 4,25% alle elezioni comunali di Condofuri (RC) del 28 e 29 ottobre è davvero positivo e ci fa ben sperare in prospettiva all'Assemblea Costituente di Napoli del 24 novembre, dove si aggregheranno al Partito del Sud la maggior parte dei gruppi meridionalisti e tanti singoli conterranei per una lista meridionalista autonoma per le elezioni politiche nazionali del 2013. 
Si ringrazia in modo particolare Angelo Modaffari.


Giuseppe Spadafora - Coordinatore regionale Calabria
Pasquale Mesiti - Coodinatore prov. di Reggio Calabria


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domenica 28 ottobre 2012

L'ultimo atto di Berlusconi ed il tramonto di Milano capitale IMmorale d'Italia...una nuova opportunità per il vero meridionalismo!


Le farneticanti dichiarazioni di oggi di Berlusconi, con la necessità di "restare in campo", dopo la sentenza di condanna di primo grado , per difendere il paese da una "repubblica in mano ai magistrati" , sono l'ultimo atto di una commedia tragica durata quasi un ventennio (un altro tragico c'era stato 80 anni fa...), quella della Milano da bere, la Milano del "ghe pensi mi", dei doppiopetto blu, del velinisno e della mignottocrazia e che invece doveva dare l'esempio all'intero paese di efficienza e modernità, soprattutto essere di esempio al Sud "arretrato", "assistito" e "palla al piede".

Questo infausto (per noi meridionali) periodo con la crescita del leghismo becero e razzista e con Bossi suggeritore del più potente Ministro Berlusconiano, quel Tremonti regista di varie ruberie ai danni del Sud, ha avuto anche la triste partecipazione di ascari meridionali, da Lombardo a Micciché con quest'ultimo addirittura con la delega al CIPE quando ci sono stati scippati i fondi FAS che erano destinati in gran parte al Sud e sono stati dirottati per i traghetti del Lago di Garda o per le forme di parmigiano invendute o per sovvenzionare gli allevatori e i vaccari padani.

A questi ascari si sono spesso accodati i soliti accattoni delle nostre parti, chi ha provato a leccare prima Lombardo e poi Iannaccone di Noi Sud, chi con finte liste civiche alleate stranamente sempre con il centro-destra...tristi giullari che con molta faccia tosta strepitano ancora il loro essere "duro e puro" e che si dichiarano difensori di nazioni che non esistono più o di identità che con loro mai risorgeranno perché il loro unico e vero interesse è il solito piatto di lenticchie, rimanendo ducetti del loro piccolo movimento o proprietari della loro sigletta da 1 persona. A questi si aggiungono altri pagliacci che utilizzano parole ancora più obsolete e senza alcun senso nel XXI secolo rispetto alle vecchie distinzioni di fascismo e comunismo, per riconoscerli basta sentirli parlare di "giacobini" o di "legittimismo" o ancora di "tradizionalismo". Infine ci sono quelli dell'indipendenza unica via che invece di percorrere seriamente la loro strada, per un obiettivo che potrebbe essere nel lungo periodo pure condivisibile, non fanno altro che combattere chi prova a far crescere, quantitativamente e qualitativamente il movimento meridionalista. Tra loro c'è persino uno sconosciuto figuro che si mette a disquisire e a criticare Pino Aprile ed il suo libro "Terroni", cioè il libro che ha svegliato più coscienze rispetto alle centinaia di convegni, alle migliaia di proclami inutili in rete o alle decine di migliaia di libri che hanno venduto qualche decina di copie. Questa zavorra inutile e dannosa finalmente sta per essere spazzata via, non solo dalla storia ma anche dalla nascita e dalla crescita di un vero movimento meridionalista.

Per difendere il Sud e uscire fuori dal ghetto dell'onanismo folle e dalle trappole della "nostalgia" e del "folklore", che i De Marco vari hanno sempre pronte per chi vuole parlare di verità storica e di questione meridionale nata nel 1861 e non prima, occorre un movimento autenticamente democratico e capace di sintetizzare le migliori proposte ed istanze e raccogliere le migliori intelligenze del Sud. Bisogna imparare a darsi delle regole di confronto delle idee e rispettarle, bisogna organizzarsi e soprattutto bisogna mettere le proprie idee a disposizione del progetto complessivo piuttosto che pensare che il progetto sia coincidente con le proprie idee. E' proprio questo il tentativo che stiamo facendo come Partito del Sud, con questo spirito partecipiamo all'assemblea del 24 novembre che sarà sicuramente un'altra tappa importante, dopo la riunione di Bari, per il cammino di liberazione della nostra terra e per dare inizio alla "rivoluzione meridionale".
E diffidiamo di chi in passato è stato dalla parte dei Berlusconi, di chi le ha provate tutte per trovare il suo posticino e per poi fare oggi il rivoluzionario da tastiera, di chi in passato era un reazionario democristiano e di chi oggi vede solo Grillo come unico profeta dopo esser stato in decine di partiti e movimenti...solo dal confronto democratico usciranno le proposte migliori e quei "100 uomini di ferro" che auspicava Guido Dorso a guida della rivoluzione meridionale.

E che rivoluzione meridionale sia...anche contro le politiche sempre nord-centriche e di solo rigore del governo Monti, per un nuovo modello di politica con la P maiuscola che metta l'uomo al centro e non l'economia o la finanza, un modello mediterraneo di civiltà umanista e di scambio e convivenza tra le diverse civiltà agli antipodi del razzismo leghista con il Sud che torna al suo ruolo naturale ed originario di ponte tra civiltà ed esempio di un nuovo modello di sviluppo come lo è stato per molti secoli sia nel periodo della Magna Grecia che in certi frangenti del Regno di Sicilia, del Regno di Napoli e poi Regno delle Due Sicilie.


Enzo Riccio
Segr. Org, Nazionale
Partito del Sud



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Le farneticanti dichiarazioni di oggi di Berlusconi, con la necessità di "restare in campo", dopo la sentenza di condanna di primo grado , per difendere il paese da una "repubblica in mano ai magistrati" , sono l'ultimo atto di una commedia tragica durata quasi un ventennio (un altro tragico c'era stato 80 anni fa...), quella della Milano da bere, la Milano del "ghe pensi mi", dei doppiopetto blu, del velinisno e della mignottocrazia e che invece doveva dare l'esempio all'intero paese di efficienza e modernità, soprattutto essere di esempio al Sud "arretrato", "assistito" e "palla al piede".

Questo infausto (per noi meridionali) periodo con la crescita del leghismo becero e razzista e con Bossi suggeritore del più potente Ministro Berlusconiano, quel Tremonti regista di varie ruberie ai danni del Sud, ha avuto anche la triste partecipazione di ascari meridionali, da Lombardo a Micciché con quest'ultimo addirittura con la delega al CIPE quando ci sono stati scippati i fondi FAS che erano destinati in gran parte al Sud e sono stati dirottati per i traghetti del Lago di Garda o per le forme di parmigiano invendute o per sovvenzionare gli allevatori e i vaccari padani.

A questi ascari si sono spesso accodati i soliti accattoni delle nostre parti, chi ha provato a leccare prima Lombardo e poi Iannaccone di Noi Sud, chi con finte liste civiche alleate stranamente sempre con il centro-destra...tristi giullari che con molta faccia tosta strepitano ancora il loro essere "duro e puro" e che si dichiarano difensori di nazioni che non esistono più o di identità che con loro mai risorgeranno perché il loro unico e vero interesse è il solito piatto di lenticchie, rimanendo ducetti del loro piccolo movimento o proprietari della loro sigletta da 1 persona. A questi si aggiungono altri pagliacci che utilizzano parole ancora più obsolete e senza alcun senso nel XXI secolo rispetto alle vecchie distinzioni di fascismo e comunismo, per riconoscerli basta sentirli parlare di "giacobini" o di "legittimismo" o ancora di "tradizionalismo". Infine ci sono quelli dell'indipendenza unica via che invece di percorrere seriamente la loro strada, per un obiettivo che potrebbe essere nel lungo periodo pure condivisibile, non fanno altro che combattere chi prova a far crescere, quantitativamente e qualitativamente il movimento meridionalista. Tra loro c'è persino uno sconosciuto figuro che si mette a disquisire e a criticare Pino Aprile ed il suo libro "Terroni", cioè il libro che ha svegliato più coscienze rispetto alle centinaia di convegni, alle migliaia di proclami inutili in rete o alle decine di migliaia di libri che hanno venduto qualche decina di copie. Questa zavorra inutile e dannosa finalmente sta per essere spazzata via, non solo dalla storia ma anche dalla nascita e dalla crescita di un vero movimento meridionalista.

Per difendere il Sud e uscire fuori dal ghetto dell'onanismo folle e dalle trappole della "nostalgia" e del "folklore", che i De Marco vari hanno sempre pronte per chi vuole parlare di verità storica e di questione meridionale nata nel 1861 e non prima, occorre un movimento autenticamente democratico e capace di sintetizzare le migliori proposte ed istanze e raccogliere le migliori intelligenze del Sud. Bisogna imparare a darsi delle regole di confronto delle idee e rispettarle, bisogna organizzarsi e soprattutto bisogna mettere le proprie idee a disposizione del progetto complessivo piuttosto che pensare che il progetto sia coincidente con le proprie idee. E' proprio questo il tentativo che stiamo facendo come Partito del Sud, con questo spirito partecipiamo all'assemblea del 24 novembre che sarà sicuramente un'altra tappa importante, dopo la riunione di Bari, per il cammino di liberazione della nostra terra e per dare inizio alla "rivoluzione meridionale".
E diffidiamo di chi in passato è stato dalla parte dei Berlusconi, di chi le ha provate tutte per trovare il suo posticino e per poi fare oggi il rivoluzionario da tastiera, di chi in passato era un reazionario democristiano e di chi oggi vede solo Grillo come unico profeta dopo esser stato in decine di partiti e movimenti...solo dal confronto democratico usciranno le proposte migliori e quei "100 uomini di ferro" che auspicava Guido Dorso a guida della rivoluzione meridionale.

E che rivoluzione meridionale sia...anche contro le politiche sempre nord-centriche e di solo rigore del governo Monti, per un nuovo modello di politica con la P maiuscola che metta l'uomo al centro e non l'economia o la finanza, un modello mediterraneo di civiltà umanista e di scambio e convivenza tra le diverse civiltà agli antipodi del razzismo leghista con il Sud che torna al suo ruolo naturale ed originario di ponte tra civiltà ed esempio di un nuovo modello di sviluppo come lo è stato per molti secoli sia nel periodo della Magna Grecia che in certi frangenti del Regno di Sicilia, del Regno di Napoli e poi Regno delle Due Sicilie.


Enzo Riccio
Segr. Org, Nazionale
Partito del Sud



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Sono schizzinoso, anzi non lo sono

di LINO PATRUNO
Fonte: Gazzetta del Mezzogiorno
L’annuncio dice “Cercasi responsabile marketing strate gico”. Ci vai e ci sono cento persone disperate, ti dicono che loro cercano varie figure, ma che si parte tutti dallo stesso livello: quale? Vendita di macchinette di caffè e similari, solo che ti devi comprare il kit che costa 1000 euro e venderne almeno 60 per cominciare a essere pagato. Niente fisso, niente rimborsi spese ma “provvigioni ad altissimo livello”. Ragazzi laureati ci mettono l’anima, arrivano a 50, poi lasciano. Ci hanno perso tempo e capitale. Intanto tanti sono andati in giro a fare pubblicità gratuita all’azienda, hanno piazzato qualche macchinetta alla nonna 90enne. 

Queste sono le offerte di lavoro dalle nostre parti. "Ma la Fornero, dove vive?". È uno fra i tanti sfoghi su Facebook dopo l’ultima uscita della ministra del lavoro, che ha invitato i ragazzi a non essere "choosy", schizzinosi, nel rapporto col loro futuro: "Lo dicevo sempre ai miei studenti, prendete la prima offerta e poi vi guardate intorno, mettetevi in gioco. Oggi certo non è più così in un mercato tanto difficile e debole, ma abbiamo visto tutti dei laureati sempre in attesa del posto ideale". 

Arduo dirlo a laureati che si adattano alle macchinette di caffè, ma la Fornero è a rischio ogni volta che ha una telecamera davanti. Fra l’altro recidiva, così come altri suoi colleghi di governo che i ragazzi li hanno trattati da "attaccati alla gonna di mamma" perché non vorrebbero cambiare città o da "sfigati" perché a 28 anni non sono ancora laureati. Gli stessi ragazzi che invece lo scomparso mago dei computer, Steve Jobs, spronava a inseguire i loro sogni, a essere "affamati" e "folli". 
Allora, inseguire i sogni o accontentarsi di ciò che passa il convento? Domanda retorica, visto che la risposta numero due non è oggi scelta ma obbligata. 

E però, un disordine c’è sotto il cielo, e chissà se è bene così come predicava il presidente cinese Mao. Quest’Italia nella quale si parla ai giovani come la Fornero, è la stessa Italia agli ultimi posti in Europa per numero di laureati e diplomati. E se la scuola è progresso, è un’Italia arretrata. Ci vogliono più laureati e diplomati. Allora, come deve comportarsi un giovane che debba decidere cosa fare da grande? Se decide che vuole essere un fisico perché gli piace essere un fisico, poi da dottore in fisica gli dicono che, sì, è bello ma per i fisici non c’è sufficiente lavoro. Se poi si iscrive a giurisprudenza senza passione ma perché così può avere vari sbocchi, dopo rischia di vagare fra i possibili sbocchi senza essere né carne né pesce. E comincia a fare master su master un po’ per diventare carne o pesce, un po’ per rinviare il momento in cui non si potrà più scherzare. 

Così abbiamo pochi laureati e diplomati, abbiamo la gioventù più masterizzata d’Europa, abbiamo la gioventù più disoccupata d’Europa. Se non si iscrive affatto all’università, o addirittura lascia dopo la scuola dell’obbligo, il nostro eroe si può mettere a fare un mestiere. Ma ne ha scarsa competenza perché le scuole professionali sono state retrocesse come una serie B in un Paese in cui il padre operaio non vuol vedere il figlio operaio ma ingegnere.
In conclusione questo giovane non sa che fare, tranne che restare al palo e vedersi anche bacchettato dalla Fornero. La quale avrebbe ragione se il problema non fosse fare gli schizzinosi verso un lavoro o l’altro, ma non poterlo neanche fare visto che non c’è né un lavoro né l’altro.

Per la verità, lavori ce ne sono. Servono cuochi, idraulici, manutentori. Servono paramedici e badanti per una popolazione che invecchia sempre più. Ma quelli sono i lavori che prendono gli immigrati stranieri perché nessuno dei nostri vuole farli. Perché i nostri sono drogati da facoltà come Scienza della comunicazione. E dalla laurea come riscatto sociale, anzi come necessità nazionale. Ma in Germania (sempre lei) già il 50 per cento degli iscritti all’università comincia a lavorare. E non a servire al bar, pur dignitosissimo. Ma se dovrà fare il biologo, frequenta i laboratori di analisi. Se dovrà fare il manager, frequenta le aziende. Insomma scelta precisa a 18 anni (si può, si può) e sforzi concentrati per non arrivare spaesati. 

In Italia avviene (anche alla scuola superiore) solo per il 10 per cento: così, a fine studi, è come se si dovesse ricominciare da zero. La famosa alternanza scuola-lavoro che da noi è come sbarcare su Urano. Ma che si può perseguire ostinatamente anche da sé. Conclusione. Ragazzi stimolati ad andare avanti con gli studi, orientati verso facoltà sbagliate, definiti se non vogliono accontentarsi dopo aver studiato. Così diventano precari non solo nel lavoro e nella vita ma nella testa. E vanno via: i meridionali al Nord, i settentrionali all’estero. 

Decenni fa c’era chi diceva che la crisi è la più grande benedizione, perché "porta progressi". Si chiamava Albert Einstein, era un genio. E stranamente era stato ciuccissimo a scuola.


Fonte: Gazzetta del Mezzogiorno

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di LINO PATRUNO
Fonte: Gazzetta del Mezzogiorno
L’annuncio dice “Cercasi responsabile marketing strate gico”. Ci vai e ci sono cento persone disperate, ti dicono che loro cercano varie figure, ma che si parte tutti dallo stesso livello: quale? Vendita di macchinette di caffè e similari, solo che ti devi comprare il kit che costa 1000 euro e venderne almeno 60 per cominciare a essere pagato. Niente fisso, niente rimborsi spese ma “provvigioni ad altissimo livello”. Ragazzi laureati ci mettono l’anima, arrivano a 50, poi lasciano. Ci hanno perso tempo e capitale. Intanto tanti sono andati in giro a fare pubblicità gratuita all’azienda, hanno piazzato qualche macchinetta alla nonna 90enne. 

Queste sono le offerte di lavoro dalle nostre parti. "Ma la Fornero, dove vive?". È uno fra i tanti sfoghi su Facebook dopo l’ultima uscita della ministra del lavoro, che ha invitato i ragazzi a non essere "choosy", schizzinosi, nel rapporto col loro futuro: "Lo dicevo sempre ai miei studenti, prendete la prima offerta e poi vi guardate intorno, mettetevi in gioco. Oggi certo non è più così in un mercato tanto difficile e debole, ma abbiamo visto tutti dei laureati sempre in attesa del posto ideale". 

Arduo dirlo a laureati che si adattano alle macchinette di caffè, ma la Fornero è a rischio ogni volta che ha una telecamera davanti. Fra l’altro recidiva, così come altri suoi colleghi di governo che i ragazzi li hanno trattati da "attaccati alla gonna di mamma" perché non vorrebbero cambiare città o da "sfigati" perché a 28 anni non sono ancora laureati. Gli stessi ragazzi che invece lo scomparso mago dei computer, Steve Jobs, spronava a inseguire i loro sogni, a essere "affamati" e "folli". 
Allora, inseguire i sogni o accontentarsi di ciò che passa il convento? Domanda retorica, visto che la risposta numero due non è oggi scelta ma obbligata. 

E però, un disordine c’è sotto il cielo, e chissà se è bene così come predicava il presidente cinese Mao. Quest’Italia nella quale si parla ai giovani come la Fornero, è la stessa Italia agli ultimi posti in Europa per numero di laureati e diplomati. E se la scuola è progresso, è un’Italia arretrata. Ci vogliono più laureati e diplomati. Allora, come deve comportarsi un giovane che debba decidere cosa fare da grande? Se decide che vuole essere un fisico perché gli piace essere un fisico, poi da dottore in fisica gli dicono che, sì, è bello ma per i fisici non c’è sufficiente lavoro. Se poi si iscrive a giurisprudenza senza passione ma perché così può avere vari sbocchi, dopo rischia di vagare fra i possibili sbocchi senza essere né carne né pesce. E comincia a fare master su master un po’ per diventare carne o pesce, un po’ per rinviare il momento in cui non si potrà più scherzare. 

Così abbiamo pochi laureati e diplomati, abbiamo la gioventù più masterizzata d’Europa, abbiamo la gioventù più disoccupata d’Europa. Se non si iscrive affatto all’università, o addirittura lascia dopo la scuola dell’obbligo, il nostro eroe si può mettere a fare un mestiere. Ma ne ha scarsa competenza perché le scuole professionali sono state retrocesse come una serie B in un Paese in cui il padre operaio non vuol vedere il figlio operaio ma ingegnere.
In conclusione questo giovane non sa che fare, tranne che restare al palo e vedersi anche bacchettato dalla Fornero. La quale avrebbe ragione se il problema non fosse fare gli schizzinosi verso un lavoro o l’altro, ma non poterlo neanche fare visto che non c’è né un lavoro né l’altro.

Per la verità, lavori ce ne sono. Servono cuochi, idraulici, manutentori. Servono paramedici e badanti per una popolazione che invecchia sempre più. Ma quelli sono i lavori che prendono gli immigrati stranieri perché nessuno dei nostri vuole farli. Perché i nostri sono drogati da facoltà come Scienza della comunicazione. E dalla laurea come riscatto sociale, anzi come necessità nazionale. Ma in Germania (sempre lei) già il 50 per cento degli iscritti all’università comincia a lavorare. E non a servire al bar, pur dignitosissimo. Ma se dovrà fare il biologo, frequenta i laboratori di analisi. Se dovrà fare il manager, frequenta le aziende. Insomma scelta precisa a 18 anni (si può, si può) e sforzi concentrati per non arrivare spaesati. 

In Italia avviene (anche alla scuola superiore) solo per il 10 per cento: così, a fine studi, è come se si dovesse ricominciare da zero. La famosa alternanza scuola-lavoro che da noi è come sbarcare su Urano. Ma che si può perseguire ostinatamente anche da sé. Conclusione. Ragazzi stimolati ad andare avanti con gli studi, orientati verso facoltà sbagliate, definiti se non vogliono accontentarsi dopo aver studiato. Così diventano precari non solo nel lavoro e nella vita ma nella testa. E vanno via: i meridionali al Nord, i settentrionali all’estero. 

Decenni fa c’era chi diceva che la crisi è la più grande benedizione, perché "porta progressi". Si chiamava Albert Einstein, era un genio. E stranamente era stato ciuccissimo a scuola.


Fonte: Gazzetta del Mezzogiorno

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sabato 27 ottobre 2012

Il Federalismo del Federale

di Bruno  Pappalardo

Berlusconi  lascia. Come aveva promesso : ” lascerò l’Italia nello stesso stato in cui versano le mie aziende”. Allora gli italiani erano affascinati da questo sfavillante  super-uomo su super-tacchi,  credendolo super-ricco e capace ma anche padrone di una squadra , quella del Milan che si diceva super-stellare. Sembrava per molti un buon auspicio però ignari che egli, sceglieva la politica per salvare le sue aziende nel pieno vigore  di una bufera fallimentare super-ba, ebbene, ha mantenuta la promessa.
Ma di  B., se pur lo vedremo ancora e per poche volte nei banchetti della Camera è ormai lettera morta! La sua storia di super-dominatore  assoluto su ogni cosa, il regnator della seconda repubblica forse finì quando incominciarono a spernacchiarlo nelle assise europee.  Ma è acqua passata se pur dovremo ancora sentirne il leggero sciacquio dei suoi grassatori e ancor vegeti leghisti.
Ma l’Europa, quella Europa irridente, aveva sempre appoggiato ogni iniziativa che orientasse l’Italia a modificare la propria Carta Costituzionale  perché meglio incastrasse il principio di  “federalismo”, già presente ma mai legislativamente strutturato e raggiunto. Dunque, potere assoluto anche alle istituzioni regionali. (legge Cost. 116.3 autonomia differenziata) e tutto era sotto controllo, ossia in pugno e si nominava o si sfasciava chi meglio o peggio serviva. Lo Stato non poteva e non può più intromettersi nella gestione dell’Ente Regione (Titolo V della legge cost. n. 3/2001 dall'art. 119, ed entrato in funzione con Legge 42/2009 entrata in vigore il 21 maggio del 2009) 
Ma, forse è meglio dirla tutta e bene!
Dopo i fatti passati di listini e nomine regionali ad personam, non si poteva reggere all’idea che questo governoSerio&Sobrio non si muovesse per gli assordanti scandali che stanno, ancora, sbigottendo e scombussolando la vita economica e morale degli italiani.
La percezione è questa,… basta con gli Enti Regione!
Hanno, per molti, l’aspetto e la sostanza di una strampalata orchestrina di musici di strada (tanto rispetto per costoro) rabberciati e presi da quell’angolo di un palazzo o dal cantone di quel crocevia. Senza spartito e senza la direzione di un vero maestro – che nulla mai avrebbe ricavato dalla allegra compagnia di menestrelli, ebbene, la gente pare abbia inteso che queste organizzazioni locali regionali siano a delinquere.
Le spese folli, festini e orgiette, Suv neri dovunque, indagati, arrestati perché collusi, corrotti o  corruttori, non poteva che generare negli italiani ribrezzo e insofferenza, confondendo la liceità con l’istituzione delle Regioni.
Lo dico perché non mi giunga la maledizione di credermi anti-federalista ma, a dire il vero, è stata dura! Effettivamente confesso che la mia esemplare convinzione nella nuova Italia federata  ha  avuto degli scossoni tanto grossi da flettere come una vecchia antenna con i suoi alettoni larghi a graticola e anche se non ho mai creduto ad un federalismo fiscale, solidale e sussidiario, ovverosia che la Lombardia aiuta la Calabria perché più povera, ebbene ho sempre vacillato per quel maledetto senso spietato di realismo antro-politico che mi perseguita.
La bella storia di ieri, 25 ottobre, capitata alla bicamerale che boccia il decreto del Governo che tentava di reagire alle vergogne soprattutto  dei Fiorito, Regione Lazio e Lombardia, inserendo il controllo della Corte dei Conti sulle leggi di spese relative ai tagli dei costi della politica (stipendi, vitalizi, fondi ai gruppi consiliari et cetera)  e, come previsto dal testo anche controlli preventivi, ha spaventato i deputati, i loro grassatori, peones,  ir-responsabili, prosseneti, presidenti e presidenti di  Conferenze delle Regioni smunti in volto.
Tutto lascia credere che di  questa bella favola restino solo  l’Orco cattivo e Mangiafuoco e che gli italiani stiano seriamente allontanandosi, perdendo l'interesse dell’idea federale di territori con aree che trattengono nel loro terreo corpo, conflitti e competizione, l’esatto contrario della sussidiarietà. Gli intenti dei costituzionalisti era anche quello di superare e  saldare per sempre il cruento scontro storico ideo-identitario  ed economico tra Nord e Sud che silente ma vivido come carboni ardenti  sotto le cenere, ancora brucia scuotendo il Sud esausto.
Da destra a sinistra la gente sente più accosto la propria municipalità. Ama la figura del Sindaco. E’ quello sul territorio, quello che s’accorge delle urla  dei disperati e l’odore del metano dei yacht di lusso nel porticciolo.
Sarà certo stantio, ottocentesco, pure feudalistico ma questo risorto sentimento, quasi tattile, riporta al centro dell’interesse collettivo, l’individuo e la propria relazione con il luogo, pur quando il mondo va cercando on il lanternino un unico orizzonte.
Parrebbe questa una  paradossale ma tangibile alternativa, anche sotto l’aspetto di un pragmatismo politico e del realismo efficientismo operativo e creativo.
Siamo dunque giunti a rivedere l’istituto del federalismo? O dovrà semplicemente riformarsi e riprogettare se stesso in una nuova visione riformista e valutative delle funzioni per un imperioso fare per l’uomo, il lavoro, l’ambiente e crescita della cultura? Potrebbe il federalismo  risultare una sconfitta per tutti qualora le regioni si allontanassero?
Beh, …c’è da pensarci seriamente!  

Bruno Pappalardo - Partito del Sud  Napoli 


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di Bruno  Pappalardo

Berlusconi  lascia. Come aveva promesso : ” lascerò l’Italia nello stesso stato in cui versano le mie aziende”. Allora gli italiani erano affascinati da questo sfavillante  super-uomo su super-tacchi,  credendolo super-ricco e capace ma anche padrone di una squadra , quella del Milan che si diceva super-stellare. Sembrava per molti un buon auspicio però ignari che egli, sceglieva la politica per salvare le sue aziende nel pieno vigore  di una bufera fallimentare super-ba, ebbene, ha mantenuta la promessa.
Ma di  B., se pur lo vedremo ancora e per poche volte nei banchetti della Camera è ormai lettera morta! La sua storia di super-dominatore  assoluto su ogni cosa, il regnator della seconda repubblica forse finì quando incominciarono a spernacchiarlo nelle assise europee.  Ma è acqua passata se pur dovremo ancora sentirne il leggero sciacquio dei suoi grassatori e ancor vegeti leghisti.
Ma l’Europa, quella Europa irridente, aveva sempre appoggiato ogni iniziativa che orientasse l’Italia a modificare la propria Carta Costituzionale  perché meglio incastrasse il principio di  “federalismo”, già presente ma mai legislativamente strutturato e raggiunto. Dunque, potere assoluto anche alle istituzioni regionali. (legge Cost. 116.3 autonomia differenziata) e tutto era sotto controllo, ossia in pugno e si nominava o si sfasciava chi meglio o peggio serviva. Lo Stato non poteva e non può più intromettersi nella gestione dell’Ente Regione (Titolo V della legge cost. n. 3/2001 dall'art. 119, ed entrato in funzione con Legge 42/2009 entrata in vigore il 21 maggio del 2009) 
Ma, forse è meglio dirla tutta e bene!
Dopo i fatti passati di listini e nomine regionali ad personam, non si poteva reggere all’idea che questo governoSerio&Sobrio non si muovesse per gli assordanti scandali che stanno, ancora, sbigottendo e scombussolando la vita economica e morale degli italiani.
La percezione è questa,… basta con gli Enti Regione!
Hanno, per molti, l’aspetto e la sostanza di una strampalata orchestrina di musici di strada (tanto rispetto per costoro) rabberciati e presi da quell’angolo di un palazzo o dal cantone di quel crocevia. Senza spartito e senza la direzione di un vero maestro – che nulla mai avrebbe ricavato dalla allegra compagnia di menestrelli, ebbene, la gente pare abbia inteso che queste organizzazioni locali regionali siano a delinquere.
Le spese folli, festini e orgiette, Suv neri dovunque, indagati, arrestati perché collusi, corrotti o  corruttori, non poteva che generare negli italiani ribrezzo e insofferenza, confondendo la liceità con l’istituzione delle Regioni.
Lo dico perché non mi giunga la maledizione di credermi anti-federalista ma, a dire il vero, è stata dura! Effettivamente confesso che la mia esemplare convinzione nella nuova Italia federata  ha  avuto degli scossoni tanto grossi da flettere come una vecchia antenna con i suoi alettoni larghi a graticola e anche se non ho mai creduto ad un federalismo fiscale, solidale e sussidiario, ovverosia che la Lombardia aiuta la Calabria perché più povera, ebbene ho sempre vacillato per quel maledetto senso spietato di realismo antro-politico che mi perseguita.
La bella storia di ieri, 25 ottobre, capitata alla bicamerale che boccia il decreto del Governo che tentava di reagire alle vergogne soprattutto  dei Fiorito, Regione Lazio e Lombardia, inserendo il controllo della Corte dei Conti sulle leggi di spese relative ai tagli dei costi della politica (stipendi, vitalizi, fondi ai gruppi consiliari et cetera)  e, come previsto dal testo anche controlli preventivi, ha spaventato i deputati, i loro grassatori, peones,  ir-responsabili, prosseneti, presidenti e presidenti di  Conferenze delle Regioni smunti in volto.
Tutto lascia credere che di  questa bella favola restino solo  l’Orco cattivo e Mangiafuoco e che gli italiani stiano seriamente allontanandosi, perdendo l'interesse dell’idea federale di territori con aree che trattengono nel loro terreo corpo, conflitti e competizione, l’esatto contrario della sussidiarietà. Gli intenti dei costituzionalisti era anche quello di superare e  saldare per sempre il cruento scontro storico ideo-identitario  ed economico tra Nord e Sud che silente ma vivido come carboni ardenti  sotto le cenere, ancora brucia scuotendo il Sud esausto.
Da destra a sinistra la gente sente più accosto la propria municipalità. Ama la figura del Sindaco. E’ quello sul territorio, quello che s’accorge delle urla  dei disperati e l’odore del metano dei yacht di lusso nel porticciolo.
Sarà certo stantio, ottocentesco, pure feudalistico ma questo risorto sentimento, quasi tattile, riporta al centro dell’interesse collettivo, l’individuo e la propria relazione con il luogo, pur quando il mondo va cercando on il lanternino un unico orizzonte.
Parrebbe questa una  paradossale ma tangibile alternativa, anche sotto l’aspetto di un pragmatismo politico e del realismo efficientismo operativo e creativo.
Siamo dunque giunti a rivedere l’istituto del federalismo? O dovrà semplicemente riformarsi e riprogettare se stesso in una nuova visione riformista e valutative delle funzioni per un imperioso fare per l’uomo, il lavoro, l’ambiente e crescita della cultura? Potrebbe il federalismo  risultare una sconfitta per tutti qualora le regioni si allontanassero?
Beh, …c’è da pensarci seriamente!  

Bruno Pappalardo - Partito del Sud  Napoli 


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venerdì 26 ottobre 2012

Vito Tanzi: "Dovevamo fare gli Stati Uniti d'Italia"


Intervista a Vito Tanzi. Il Regno di Sardegna trasferì il suo debito al nuovo Paese, affossando il Sud. Se invece avesse scelto il federalismo...
Di Stefano Lorenzetto
Scrutando il Paese d'origine dall'orlo del precipizio, Vito Tanzi è giunto a una conclusione: le cose sarebbero andate in tutt'altro modo se i padri risorgimentali avessero fatto gli Stati Uniti d'Italia, anziché l'Italia unita. È la teoria che l'economista espone in Italica, il suo nuovo libro uscito con un sottotitolo, Costi e conseguenze dell'unificazione d'Italia, che rafforza la già eloquente immagine di copertina: uno Stivale ricoperto d'oro appeso per il piede, la Calabria, a un cappio.







Nessun intento antimeridionalista, se non altro perché il professor Tanzi è nato nel 1935 a Mola di Bari.
Forse l'autore non poteva giungere a una conclusione diversa, visto che dal 1956 vive negli Stati Uniti d'America ed è innamorato della sua patria adottiva. Ma le tesi esposte in Italica non hanno alcunché di passionale. Nelle 296 pagine a parlare è solo il rigore scientifico del laureato in economia alla Harvard University che per vent'anni, dal 1981 al 2000, è stato direttore del dipartimento di finanza pubblica del Fondo monetario internazionale, la più alta carica non politica del Fmi; del docente che per una vita ha insegnato alla George Washington University e all'American University; del sottosegretario all'Economia e alle Finanze chiamato a far parte dal 2001 al 2003 del secondo governo Berlusconi; del consulente che ha prestato il proprio ingegno alla Banca mondiale, alle Nazioni Unite, alla Banca centrale europea.
Tanzi approdò negli Usa da emigrante al seguito del padre («per colpa della guerra d'Etiopia aveva perso il cantiere navale aperto dai suoi avi a Mola di Bari»). Fu assunto dal Fmi nel 1974 come capo della divisione tax. Per oltre un quarto di secolo ha seguito da vicino tutti gli aspetti di finanza pubblica - imposte, debiti, spese, welfare, pensioni - dei 186 Stati aderenti al Fondo attualmente diretto da Christine Lagarde. Si devono a lui le ricette che hanno riformato il sistema fiscale in vari Paesi, dall'Argentina al Marocco.
Oggi vive a Bethesda, a 10 chilometri dalla Casa Bianca. Quando non lo chiamano a tenere conferenze in Australia o in India, fa sentire la propria voce attraverso i libri e gli editoriali, pubblicati dal Financial Times, da Italia Oggi e dal Foglio.
Come mai all'improvviso s'è appassionato al tema dei costi dell'unificazione d'Italia?
«Pura curiosità intellettuale. Volevo capire in che modo i sette Stati italiani esistiti prima del 1861, che avevano leggi e sistemi economici e tributari assai differenti, fossero riusciti da un giorno all'altro a trasformarsi in uno Stato unitario. Ho cominciato a trascorrere ore e ore nelle biblioteche, ho speso un patrimonio in libri vecchi e nuovi, sono andato persino a Londra a visitare la Library and museum of freemasonry per scovare informazioni sul ruolo della massoneria inglese nel processo di unificazione. Alla fine mi sono reso conto che i problemi odierni dell'Unione europea sono identici a quelli dell'Italia di 150 anni fa: troppe nazioni con leggi diverse, regolamenti diversi, tasse diverse, dogane diverse, lingue diverse, messe insieme a tavolino».
Italica è un'edizione scientifica di Terroni, il best seller del suo conterraneo Pino Aprile?
«No, anche se ne condivido le conclusioni: nell'unificazione il Meridione ci ha rimesso. Per evitare il contenzioso Nord-Sud che s'è trascinato fino ai nostri giorni, sarebbe bastato fare gli Stati Uniti d'Italia anziché il Regno d'Italia. In fin dei conti l'avrebbero preferito anche Cavour, Metternich, Napoleone III e Francesco Ferrara, che era il più grande economista dell'epoca: una federazione dotata di un piccolo governo centrale che si occupasse solo delle relazioni con i Paesi stranieri e di pochissime altre funzioni. Lo Stato centralizzato doveva essere la destinazione finale e non il punto di partenza. Ferrara già in un articolo scritto nel 1850 aveva profetizzato che il Piemonte non sarebbe mai riuscito ad assimilare la Sardegna, così come la Gran Bretagna non era riuscita ad assimilare l'Irlanda».
Il Regno di Sardegna evitò il fallimento trasferendo i suoi debiti all'Italia, cosicché i problemi finanziari dei piemontesi diventarono quelli degli italiani.
«Nel 1861, all'atto dell'unificazione, il 57% o forse il 64% del debito pubblico totale dell'Italia era di origini sabaude, mentre l'incidenza del passivo che derivava dal Regno delle Due Sicilie era insignificante. A differenza dei Savoia, i Borbone avevano l'avversione per i bilanci in rosso e le tasse. Il deficit italiano, oggi stratosferico, è cominciato allora. Dal 1861 al 1896 il Regno d'Italia già creava un milione di debito pubblico al giorno, nelle lire di quel periodo».
Lei scrive che la capitale degli Stati Uniti d'Italia doveva essere fissata a Napoli. Perché?
«Era la città più importante, aveva più del doppio della popolazione di qualsiasi altro centro abitato, veniva considerata la terza capitale d'Europa dopo Parigi e Londra. Disponeva già di tutte le infrastrutture per ospitare un governo centrale. Ora lei pensi invece alle uscite folli sopportate per trasferire la capitale d'Italia prima da Torino a Firenze e poi da Firenze a Roma. Ha idea di quale sia stata la spesa per edificare nella Città eterna il solo ministero delle Finanze? Io ci ho lavorato per due anni, è il palazzo più grande di Roma, dev'essere costato un occhio della testa».


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Intervista a Vito Tanzi. Il Regno di Sardegna trasferì il suo debito al nuovo Paese, affossando il Sud. Se invece avesse scelto il federalismo...
Di Stefano Lorenzetto
Scrutando il Paese d'origine dall'orlo del precipizio, Vito Tanzi è giunto a una conclusione: le cose sarebbero andate in tutt'altro modo se i padri risorgimentali avessero fatto gli Stati Uniti d'Italia, anziché l'Italia unita. È la teoria che l'economista espone in Italica, il suo nuovo libro uscito con un sottotitolo, Costi e conseguenze dell'unificazione d'Italia, che rafforza la già eloquente immagine di copertina: uno Stivale ricoperto d'oro appeso per il piede, la Calabria, a un cappio.







Nessun intento antimeridionalista, se non altro perché il professor Tanzi è nato nel 1935 a Mola di Bari.
Forse l'autore non poteva giungere a una conclusione diversa, visto che dal 1956 vive negli Stati Uniti d'America ed è innamorato della sua patria adottiva. Ma le tesi esposte in Italica non hanno alcunché di passionale. Nelle 296 pagine a parlare è solo il rigore scientifico del laureato in economia alla Harvard University che per vent'anni, dal 1981 al 2000, è stato direttore del dipartimento di finanza pubblica del Fondo monetario internazionale, la più alta carica non politica del Fmi; del docente che per una vita ha insegnato alla George Washington University e all'American University; del sottosegretario all'Economia e alle Finanze chiamato a far parte dal 2001 al 2003 del secondo governo Berlusconi; del consulente che ha prestato il proprio ingegno alla Banca mondiale, alle Nazioni Unite, alla Banca centrale europea.
Tanzi approdò negli Usa da emigrante al seguito del padre («per colpa della guerra d'Etiopia aveva perso il cantiere navale aperto dai suoi avi a Mola di Bari»). Fu assunto dal Fmi nel 1974 come capo della divisione tax. Per oltre un quarto di secolo ha seguito da vicino tutti gli aspetti di finanza pubblica - imposte, debiti, spese, welfare, pensioni - dei 186 Stati aderenti al Fondo attualmente diretto da Christine Lagarde. Si devono a lui le ricette che hanno riformato il sistema fiscale in vari Paesi, dall'Argentina al Marocco.
Oggi vive a Bethesda, a 10 chilometri dalla Casa Bianca. Quando non lo chiamano a tenere conferenze in Australia o in India, fa sentire la propria voce attraverso i libri e gli editoriali, pubblicati dal Financial Times, da Italia Oggi e dal Foglio.
Come mai all'improvviso s'è appassionato al tema dei costi dell'unificazione d'Italia?
«Pura curiosità intellettuale. Volevo capire in che modo i sette Stati italiani esistiti prima del 1861, che avevano leggi e sistemi economici e tributari assai differenti, fossero riusciti da un giorno all'altro a trasformarsi in uno Stato unitario. Ho cominciato a trascorrere ore e ore nelle biblioteche, ho speso un patrimonio in libri vecchi e nuovi, sono andato persino a Londra a visitare la Library and museum of freemasonry per scovare informazioni sul ruolo della massoneria inglese nel processo di unificazione. Alla fine mi sono reso conto che i problemi odierni dell'Unione europea sono identici a quelli dell'Italia di 150 anni fa: troppe nazioni con leggi diverse, regolamenti diversi, tasse diverse, dogane diverse, lingue diverse, messe insieme a tavolino».
Italica è un'edizione scientifica di Terroni, il best seller del suo conterraneo Pino Aprile?
«No, anche se ne condivido le conclusioni: nell'unificazione il Meridione ci ha rimesso. Per evitare il contenzioso Nord-Sud che s'è trascinato fino ai nostri giorni, sarebbe bastato fare gli Stati Uniti d'Italia anziché il Regno d'Italia. In fin dei conti l'avrebbero preferito anche Cavour, Metternich, Napoleone III e Francesco Ferrara, che era il più grande economista dell'epoca: una federazione dotata di un piccolo governo centrale che si occupasse solo delle relazioni con i Paesi stranieri e di pochissime altre funzioni. Lo Stato centralizzato doveva essere la destinazione finale e non il punto di partenza. Ferrara già in un articolo scritto nel 1850 aveva profetizzato che il Piemonte non sarebbe mai riuscito ad assimilare la Sardegna, così come la Gran Bretagna non era riuscita ad assimilare l'Irlanda».
Il Regno di Sardegna evitò il fallimento trasferendo i suoi debiti all'Italia, cosicché i problemi finanziari dei piemontesi diventarono quelli degli italiani.
«Nel 1861, all'atto dell'unificazione, il 57% o forse il 64% del debito pubblico totale dell'Italia era di origini sabaude, mentre l'incidenza del passivo che derivava dal Regno delle Due Sicilie era insignificante. A differenza dei Savoia, i Borbone avevano l'avversione per i bilanci in rosso e le tasse. Il deficit italiano, oggi stratosferico, è cominciato allora. Dal 1861 al 1896 il Regno d'Italia già creava un milione di debito pubblico al giorno, nelle lire di quel periodo».
Lei scrive che la capitale degli Stati Uniti d'Italia doveva essere fissata a Napoli. Perché?
«Era la città più importante, aveva più del doppio della popolazione di qualsiasi altro centro abitato, veniva considerata la terza capitale d'Europa dopo Parigi e Londra. Disponeva già di tutte le infrastrutture per ospitare un governo centrale. Ora lei pensi invece alle uscite folli sopportate per trasferire la capitale d'Italia prima da Torino a Firenze e poi da Firenze a Roma. Ha idea di quale sia stata la spesa per edificare nella Città eterna il solo ministero delle Finanze? Io ci ho lavorato per due anni, è il palazzo più grande di Roma, dev'essere costato un occhio della testa».


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giovedì 25 ottobre 2012

Conferenza Stampa a Napoli per la querela alla Rai per l'offensivo servizio del TgR Piemonte...


stamani, Giovedì 25 Ottobre 2012, c/o lo storico Caffè Gambrinus di Napoli, s'è tenuta la Conferenza Stampa per la presentazione della querela alla Rai (con richiesta risarcimento danni) per l'offensivo servizio del TgR Piemonte in occasione dell'incontro Juventus - Napoli di Sabato u.s.
Il tavolo della Conferenza era presieduto da Francesco Borrelli (Assessore dei Verdi al Comune di S. Giorgio a Cremano - Na), con la partecipazione di Carmine Attanasio (Consigliere dei Verdi al Comune di Napoli), Angelo Durazzo (titolare di "Napolimanìa"), l'avvocato Angelo Pisani (estensore e legale dei querelanti), e il Consigliere provinciale all'ambiente Perrelli.
Presenti e firmatari, a titolo personale e per conto del Partito del Sud, il co/segretario nazionale Andrea Balìa, e il prof. Giovanni Cutolo, Membro del CDN.
L'amico Francesco Borrelli ha evidenziato e ringraziato pubblicamente la presenza del Partito del Sud e dei suoi dirigenti anche per l'adesione all'iniziativa.
Alla Rai sarà inviata una scatola di "Aria di Napoli" nella storica confezione da anni prodotta da "Napolimania".


il tavolo dei conferenzieri :
da sinistra Carmine Attanasio, Enrico Durazzo, Francesco Borrelli, Angelo Pisani e Perrelli


la querela alla Rai 
(il modulo a firma Andrea Balìa per il Partito del Sud)





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stamani, Giovedì 25 Ottobre 2012, c/o lo storico Caffè Gambrinus di Napoli, s'è tenuta la Conferenza Stampa per la presentazione della querela alla Rai (con richiesta risarcimento danni) per l'offensivo servizio del TgR Piemonte in occasione dell'incontro Juventus - Napoli di Sabato u.s.
Il tavolo della Conferenza era presieduto da Francesco Borrelli (Assessore dei Verdi al Comune di S. Giorgio a Cremano - Na), con la partecipazione di Carmine Attanasio (Consigliere dei Verdi al Comune di Napoli), Angelo Durazzo (titolare di "Napolimanìa"), l'avvocato Angelo Pisani (estensore e legale dei querelanti), e il Consigliere provinciale all'ambiente Perrelli.
Presenti e firmatari, a titolo personale e per conto del Partito del Sud, il co/segretario nazionale Andrea Balìa, e il prof. Giovanni Cutolo, Membro del CDN.
L'amico Francesco Borrelli ha evidenziato e ringraziato pubblicamente la presenza del Partito del Sud e dei suoi dirigenti anche per l'adesione all'iniziativa.
Alla Rai sarà inviata una scatola di "Aria di Napoli" nella storica confezione da anni prodotta da "Napolimania".


il tavolo dei conferenzieri :
da sinistra Carmine Attanasio, Enrico Durazzo, Francesco Borrelli, Angelo Pisani e Perrelli


la querela alla Rai 
(il modulo a firma Andrea Balìa per il Partito del Sud)





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martedì 23 ottobre 2012

#Gramellini Vs #Saviano, la guerra del bidet

La storia inizia con il pessimo servizio giornalistico mandato in onda dal TG3 Piemonte dopo la partita Juventus-Napoli e che indigna buona parte dell'italia.

A questo servizio, in cui il giornalista Amandola mette in bocca ad un tifoso juventino che i "napoletani puzzano", fa seguito la risposta di Saviano su twitter: "Quando i piemontesi videro il bidet nella reggia di Caserta lo definirono “oggetto sconosciuto a forma di chitarra”.

Caso chiuso? neanche per sogno. 
La sera stessa, nel bel'intervento di Gramellini a che tempo che fa di Fabio Fazio, parlando di quel prefetto che rimprovera il prete anticamorra per non essersi rivolto in modo adeguato alla sua ospite, lo bolla come burocrate borbonico.

Caso chiuso? neanche per sogno.
Nell'editoriale di questa mattina Gramellini, ancora evidentemente piccato dal twitt di Saviano, rincara la dose: "Vero: in Piemonte all’epoca non avevano i bidet. Però avevano le fogne. Mentre i rimpianti Borbone, per potersi pulire le loro terga nel bidet, tenevano la gran parte della popolazione nella melma. Ora, che agli eredi diretti di Franceschiello dispiaccia di non potersi più pulire le terga nel bidet in esclusiva, posso capirlo. Ma che i pronipoti di quelli che venivano tenuti nella melma vivano l’arrivo dei piemontesi come una degradazione, mi pare esagerato. "

Ora, tralasciando l'ignoranza storica del buon Gramellini che poverino non sa che Napoli fu la prima città in italia ad avere un sistema fognario avanzato, in questa affermazione possiamo leggere lo stesso becero razzismo che ha contraddistinto il servizio di Amaldola.

Che tipo di messaggio contiene l'editoriale di Gramellini? Per come la vedo io, un messaggio ben più pericoloso di quello nel servizio di Amandola. I napoletani non si devono permettere di parlar male di un piemontese, ok è vero, a Napoli c'era il bidet ma a Torino c'erano le fogne. In pratica voi stavate nella melma e noi no.

Conclusione? chi stà nella melma puzza
 Il leitmotif è sempre quello, Gramellini e Amandola seppur con toni e modi diversi, danno lo stesso messaggio.

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La storia inizia con il pessimo servizio giornalistico mandato in onda dal TG3 Piemonte dopo la partita Juventus-Napoli e che indigna buona parte dell'italia.

A questo servizio, in cui il giornalista Amandola mette in bocca ad un tifoso juventino che i "napoletani puzzano", fa seguito la risposta di Saviano su twitter: "Quando i piemontesi videro il bidet nella reggia di Caserta lo definirono “oggetto sconosciuto a forma di chitarra”.

Caso chiuso? neanche per sogno. 
La sera stessa, nel bel'intervento di Gramellini a che tempo che fa di Fabio Fazio, parlando di quel prefetto che rimprovera il prete anticamorra per non essersi rivolto in modo adeguato alla sua ospite, lo bolla come burocrate borbonico.

Caso chiuso? neanche per sogno.
Nell'editoriale di questa mattina Gramellini, ancora evidentemente piccato dal twitt di Saviano, rincara la dose: "Vero: in Piemonte all’epoca non avevano i bidet. Però avevano le fogne. Mentre i rimpianti Borbone, per potersi pulire le loro terga nel bidet, tenevano la gran parte della popolazione nella melma. Ora, che agli eredi diretti di Franceschiello dispiaccia di non potersi più pulire le terga nel bidet in esclusiva, posso capirlo. Ma che i pronipoti di quelli che venivano tenuti nella melma vivano l’arrivo dei piemontesi come una degradazione, mi pare esagerato. "

Ora, tralasciando l'ignoranza storica del buon Gramellini che poverino non sa che Napoli fu la prima città in italia ad avere un sistema fognario avanzato, in questa affermazione possiamo leggere lo stesso becero razzismo che ha contraddistinto il servizio di Amaldola.

Che tipo di messaggio contiene l'editoriale di Gramellini? Per come la vedo io, un messaggio ben più pericoloso di quello nel servizio di Amandola. I napoletani non si devono permettere di parlar male di un piemontese, ok è vero, a Napoli c'era il bidet ma a Torino c'erano le fogne. In pratica voi stavate nella melma e noi no.

Conclusione? chi stà nella melma puzza
 Il leitmotif è sempre quello, Gramellini e Amandola seppur con toni e modi diversi, danno lo stesso messaggio.

De Magistris contro Tgr Piemonte la Rai sospende il giornalista !


A proposito del servizio dell'emittente piemontese sulla partita con al Juve, in cui il giornalista parlava di napoletani "che puzzano"."Quando l'ho visto mi sono indignato: invito quel giornalista a visitare la nostra città e apprezzarne la bellezza". Intanto la Rai sospende l'autore del servizio e il direttore dell'azienda si scusa con il sindaco. Arrivano anche le scuse del giornalista.


"Questo stereotipo continuo sui napoletani e sul Sud è inaccettabile". Così il sindaco Luigi de Magistris commenta il servizio del Tgr Piemonte andato in onda sabato scorso sul prepartita di Juventus-Napoli, nel quale il giornalista chiede ai tifosi bianconeri se riconoscono i napoletani "dalla puzza".  Nel frattempo la Rai, dopo il putiferio suscitato dalle parole del servizio,  ha sospeso l'autore del servizio del Tgr Piemonte.

"Quando ho visto il servizio - racconta de Magistris - ho avuto un sussulto di indignazione....
"Lo stereotipo continuo sui napoletani e sul Sud - aggiunge il sindaco di Napoli - è inaccettabile...

Il direttore generale della Rai Luigi Gubitosi "si è scusato personalmente e a nome dell'intera azienda con il sindaco Luigi de Magistris." La Rai è e sarà  sempre in prima fila nella lotta contro ogni forma di razzismo e la stupidità che l'accompagna".

"E' evidente che quel che è avvenuto alla Tgr Piemonte debba essere oggetto di una valutazione nella sede propria, cioè la commissione di Vigilanza". E' la richiesta di Nello Formisano (Idv), componente della bicamerale, a proposito del servizio su Juventus-Napoli."Investirò tempestivamente il presidente Zavoli - sottolinea Formisano in una nota - affinché si chiarisca come sia possibile che nel 2012 avvengano ancora cose del genere nel servizio pubblico, ed ovviamente chiederò alla stessa commissione, oltrè al presidente, di sanzionare tale vicenda, secondo quanto prevede la legge".

"Ciò che abbiamo sentito durante il servizio del Tgr Piemonte a margine della partita Juventus Napoli è quanto mai razzista e atroce": lo sostiene Mao Calliano, Segretario Provinciale PdCI di Torino.

"Bene ha fatto la Rai a sospenderlo. Bene l'Ordine del Piemonte ad avviare la procedura disciplinare nei confronti del giornalista Giampiero Amandola". Lo dichiara Ottavio Lucarelli, presidente dell'Ordine dei giornalisti della Campania. "Gli insulti di Amandola verso i napoletani, verso tutti i napoletani sono inaccettabili e ingiustificabili. Ringrazio i giornalisti e i cittadini che si sono mobilitati e che ci stanno inviando segnalazioni e denunce che stiamo trasmettendo all'Ordine del Piemonte. Non bastano le scuse, non serve dire di essere dispiaciuto. Le frasi irriguardose di Amandola vanno punite in modo esemplare".

Fonte : www.repubblicanapoli.it
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A proposito del servizio dell'emittente piemontese sulla partita con al Juve, in cui il giornalista parlava di napoletani "che puzzano"."Quando l'ho visto mi sono indignato: invito quel giornalista a visitare la nostra città e apprezzarne la bellezza". Intanto la Rai sospende l'autore del servizio e il direttore dell'azienda si scusa con il sindaco. Arrivano anche le scuse del giornalista.


"Questo stereotipo continuo sui napoletani e sul Sud è inaccettabile". Così il sindaco Luigi de Magistris commenta il servizio del Tgr Piemonte andato in onda sabato scorso sul prepartita di Juventus-Napoli, nel quale il giornalista chiede ai tifosi bianconeri se riconoscono i napoletani "dalla puzza".  Nel frattempo la Rai, dopo il putiferio suscitato dalle parole del servizio,  ha sospeso l'autore del servizio del Tgr Piemonte.

"Quando ho visto il servizio - racconta de Magistris - ho avuto un sussulto di indignazione....
"Lo stereotipo continuo sui napoletani e sul Sud - aggiunge il sindaco di Napoli - è inaccettabile...

Il direttore generale della Rai Luigi Gubitosi "si è scusato personalmente e a nome dell'intera azienda con il sindaco Luigi de Magistris." La Rai è e sarà  sempre in prima fila nella lotta contro ogni forma di razzismo e la stupidità che l'accompagna".

"E' evidente che quel che è avvenuto alla Tgr Piemonte debba essere oggetto di una valutazione nella sede propria, cioè la commissione di Vigilanza". E' la richiesta di Nello Formisano (Idv), componente della bicamerale, a proposito del servizio su Juventus-Napoli."Investirò tempestivamente il presidente Zavoli - sottolinea Formisano in una nota - affinché si chiarisca come sia possibile che nel 2012 avvengano ancora cose del genere nel servizio pubblico, ed ovviamente chiederò alla stessa commissione, oltrè al presidente, di sanzionare tale vicenda, secondo quanto prevede la legge".

"Ciò che abbiamo sentito durante il servizio del Tgr Piemonte a margine della partita Juventus Napoli è quanto mai razzista e atroce": lo sostiene Mao Calliano, Segretario Provinciale PdCI di Torino.

"Bene ha fatto la Rai a sospenderlo. Bene l'Ordine del Piemonte ad avviare la procedura disciplinare nei confronti del giornalista Giampiero Amandola". Lo dichiara Ottavio Lucarelli, presidente dell'Ordine dei giornalisti della Campania. "Gli insulti di Amandola verso i napoletani, verso tutti i napoletani sono inaccettabili e ingiustificabili. Ringrazio i giornalisti e i cittadini che si sono mobilitati e che ci stanno inviando segnalazioni e denunce che stiamo trasmettendo all'Ordine del Piemonte. Non bastano le scuse, non serve dire di essere dispiaciuto. Le frasi irriguardose di Amandola vanno punite in modo esemplare".

Fonte : www.repubblicanapoli.it

Un genocidio nascosto: femminicidio

Riceviamo e postiamo con condivisione:

Di Bruno Pappalardo


La violenza maschile assestata alle donne è in Italia la prima causa di morte delle donne. Vale per tutta l’Europa. E’ un genocidio nascosto!

Si potrà dire anche residuo del passato e che sia solo per quello? E’ fondamentale saperlo, definirlo. 

Questa costante e perpetuante sgretolamento della dignità delle donne, questo respingere razionalmente o non accettare - anche inconsciamente - la loro parola, la loro rappresentazione culturale individuale e dunque, la loro personalità, è la matrice fenomenologica dell’aggressione sulle loro persone.
 E’ verissimo che la violenza abita questa società, è verissimo che perdura una dimensione sociale d’aggressività ma il fatto che la stragrande maggioranza degli eventi brutali si manifestino proprio all’interno della famiglia è sequenziale alla relazionalità con i suoi componenti.
Quindi, personaggi generalmente normali e appartenenti ad ogni genere di professione e livello culturale, dimostra tuttavia che sia per le complesse connessioni familiari che, in maniera altrettanto estesa e generica, degli uomini provano ad assalire la personalità, l’intelligenza e la dignità delle loro compagne.
Bisognerebbe chiedersi perché provano, riuscendoci, a schiacciarla? La reazione violenta sulle donne, è riferito ad una qualsivoglia colpa (vale per tutti) d’esse? 
La violenza s’origina in un’esplosione maschile di ferocia, spesso sanguinaria perché generatosi dalle proprie insoddisfazioni o frustrazioni. Troppo poco o esauriente!
Riguarda intime motivazioni culturali, riferimenti di modelli nel rapporto tra i sessi, tra le persone conseguenza di arcaismi. E’ la volontà sempre, in qualsiasi forma essa si manifesta, del tentativo di cercare il modo per recuperare un ruolo smarrito e che risultava dominante a cui erano associati benefici e immunità?
 Il punto di domanda che dobbiamo mettere al centro della violenza che non è residuale!
 E’ la crisi di identità tra uomini. Occorre una nuova semantica dei rapporti.   Esiste una crollo dell’essere nella relazione dei sentimenti e del sesso. Davanti alla nuova donna, l’uomo entra in una dimensione di fossilizzazione e sospende la difficile ricerca e conferma di sé come nuova identità maschile capace di relazionarsi. E’ proprio lì il problema! La instabilità moderna di tutti i ruoli. Ciò esclude la residualità della violenza e gli arcaismi ma spinge a credere nella sperimentazione di una acquisizione di nuove responsabilità davanti allo Stato, alla collettività alla propria coscienza civile. Un forte sforzo di crescita culturale e consapevolezza del rispetto dei diritti delle nuove donne ma che deve tramutarsi in azione perché nuova è anche la violenza.
 Ricordate quante cose ci siamo detti sulla violenza silente delle morti bianche somministrati a tutti senza distinzione di sesso. Una nuova violenza sommersa. Mentre le “piccole donne crescono” e lavorano allontanandosi dalla “idea di casa” appropriandosi di un proprio “protagonismo” nella società, ebbene, aumentano i rischi per la sicurezza.
Avvenne anche per i contadini quando si scontrarono con i tralicci delle torri in acciaio nelle fabbriche metallurgiche. Fu una violenza diversa da cui emersero preoccupanti le letale socio- depressioni un insieme di sintomi cognitivi, comportamentali critici che compromettevano la funzionalità del’individuo. Le donne uccise per mano del loro marito o partner è quella furia bruta frastornante come “la tratta delle bianche” o gli stupri etnici ma nel bene del clamore mediatico sovrastano quella silenziosa e se pur rinchiusa nelle stanze delle disfunzioni dell’esistenzialismo moderno, lotta Il nostro mondo, tuttavia, vive contrasti stridenti tra lontani matrifocalismi e patriarcalismi con l’offerta di libertà e l’eccesso relazionale ma da ciò, e da altre complesse matrici esplodono nuove violenze
Il Centro-Nord risulta il più colpito; (il numero delle donne che lavorano e lasciano la casa per la consapevolezza dei propri diritti, sono superiori a quelle del meridione) Sono, tuttavia, equidistanti dal Sud che nasconde, invece e ancora, tra le mura sconquassate delle case, la stessa violenza. Queste elemento purtroppo è sempre più agente nelle nostra società e non lascia quietamente nessun territorio. L’Unione d’ Italia, questa volta, o quasi sempre, si cementa sul dolore delle sue donne. Ma esiste la legge sullo Stalking e santiddio, fortifichiamola!
Che le forze dell’ordine richiamino il denunciato, potenziare la legge e nuovi piani anti-violenza con numerosi “centri” e che siano oltre quelli d’”ascolto” anche di “terapia del rabbia” Il “Femminicidio” deve essere trattato alla stregua di un terremoto. Un’ “Emergenza Nazionale”.
 E’ come lasciare vivi e senza ascolto le urla d’aiuto, sotto le macerie dell’ ignoranza dell’ipocrisia, soprattutto mediatica( perché fa meno notizia) queste donne che hanno la colpa solo di volere essere tali e rispettate come tali La nuova legge elettorale, qualunque sia, porterà al parlamento la nuova politica. Dimostri di farla!

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Di Bruno Pappalardo


La violenza maschile assestata alle donne è in Italia la prima causa di morte delle donne. Vale per tutta l’Europa. E’ un genocidio nascosto!

Si potrà dire anche residuo del passato e che sia solo per quello? E’ fondamentale saperlo, definirlo. 

Questa costante e perpetuante sgretolamento della dignità delle donne, questo respingere razionalmente o non accettare - anche inconsciamente - la loro parola, la loro rappresentazione culturale individuale e dunque, la loro personalità, è la matrice fenomenologica dell’aggressione sulle loro persone.
 E’ verissimo che la violenza abita questa società, è verissimo che perdura una dimensione sociale d’aggressività ma il fatto che la stragrande maggioranza degli eventi brutali si manifestino proprio all’interno della famiglia è sequenziale alla relazionalità con i suoi componenti.
Quindi, personaggi generalmente normali e appartenenti ad ogni genere di professione e livello culturale, dimostra tuttavia che sia per le complesse connessioni familiari che, in maniera altrettanto estesa e generica, degli uomini provano ad assalire la personalità, l’intelligenza e la dignità delle loro compagne.
Bisognerebbe chiedersi perché provano, riuscendoci, a schiacciarla? La reazione violenta sulle donne, è riferito ad una qualsivoglia colpa (vale per tutti) d’esse? 
La violenza s’origina in un’esplosione maschile di ferocia, spesso sanguinaria perché generatosi dalle proprie insoddisfazioni o frustrazioni. Troppo poco o esauriente!
Riguarda intime motivazioni culturali, riferimenti di modelli nel rapporto tra i sessi, tra le persone conseguenza di arcaismi. E’ la volontà sempre, in qualsiasi forma essa si manifesta, del tentativo di cercare il modo per recuperare un ruolo smarrito e che risultava dominante a cui erano associati benefici e immunità?
 Il punto di domanda che dobbiamo mettere al centro della violenza che non è residuale!
 E’ la crisi di identità tra uomini. Occorre una nuova semantica dei rapporti.   Esiste una crollo dell’essere nella relazione dei sentimenti e del sesso. Davanti alla nuova donna, l’uomo entra in una dimensione di fossilizzazione e sospende la difficile ricerca e conferma di sé come nuova identità maschile capace di relazionarsi. E’ proprio lì il problema! La instabilità moderna di tutti i ruoli. Ciò esclude la residualità della violenza e gli arcaismi ma spinge a credere nella sperimentazione di una acquisizione di nuove responsabilità davanti allo Stato, alla collettività alla propria coscienza civile. Un forte sforzo di crescita culturale e consapevolezza del rispetto dei diritti delle nuove donne ma che deve tramutarsi in azione perché nuova è anche la violenza.
 Ricordate quante cose ci siamo detti sulla violenza silente delle morti bianche somministrati a tutti senza distinzione di sesso. Una nuova violenza sommersa. Mentre le “piccole donne crescono” e lavorano allontanandosi dalla “idea di casa” appropriandosi di un proprio “protagonismo” nella società, ebbene, aumentano i rischi per la sicurezza.
Avvenne anche per i contadini quando si scontrarono con i tralicci delle torri in acciaio nelle fabbriche metallurgiche. Fu una violenza diversa da cui emersero preoccupanti le letale socio- depressioni un insieme di sintomi cognitivi, comportamentali critici che compromettevano la funzionalità del’individuo. Le donne uccise per mano del loro marito o partner è quella furia bruta frastornante come “la tratta delle bianche” o gli stupri etnici ma nel bene del clamore mediatico sovrastano quella silenziosa e se pur rinchiusa nelle stanze delle disfunzioni dell’esistenzialismo moderno, lotta Il nostro mondo, tuttavia, vive contrasti stridenti tra lontani matrifocalismi e patriarcalismi con l’offerta di libertà e l’eccesso relazionale ma da ciò, e da altre complesse matrici esplodono nuove violenze
Il Centro-Nord risulta il più colpito; (il numero delle donne che lavorano e lasciano la casa per la consapevolezza dei propri diritti, sono superiori a quelle del meridione) Sono, tuttavia, equidistanti dal Sud che nasconde, invece e ancora, tra le mura sconquassate delle case, la stessa violenza. Queste elemento purtroppo è sempre più agente nelle nostra società e non lascia quietamente nessun territorio. L’Unione d’ Italia, questa volta, o quasi sempre, si cementa sul dolore delle sue donne. Ma esiste la legge sullo Stalking e santiddio, fortifichiamola!
Che le forze dell’ordine richiamino il denunciato, potenziare la legge e nuovi piani anti-violenza con numerosi “centri” e che siano oltre quelli d’”ascolto” anche di “terapia del rabbia” Il “Femminicidio” deve essere trattato alla stregua di un terremoto. Un’ “Emergenza Nazionale”.
 E’ come lasciare vivi e senza ascolto le urla d’aiuto, sotto le macerie dell’ ignoranza dell’ipocrisia, soprattutto mediatica( perché fa meno notizia) queste donne che hanno la colpa solo di volere essere tali e rispettate come tali La nuova legge elettorale, qualunque sia, porterà al parlamento la nuova politica. Dimostri di farla!

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lunedì 22 ottobre 2012

I nostri lettori ci scrivono: Mail di protesta alla Redazione del TG3 Piemonte in merito al servizio di sabato sera..

Fra le tante mail dai toni indignati che ci stanno arrivando da parte di simpatizzanti e amici in merito alla vicenda dell'infelice servizio del Tg 3 Piemonte di sabato sera abbiamo scelto, per rappresentarle tutte, questa di Marenza De Michele che postiamo con condivisione:



Ho appena inviato questa mail alla redazione del TG3 in merito al servizio di sabato sera.
Forse è tardi per protestare, ma non è mai tardi per riflettere...ho preferito evitare l'impulsività di una risposta immediata e darmi il tempo di cogliere il senso di quanto stava succedendo.


Gentile direttore e redazione tutta,
Scrivo per esprimere il mio disappunto sul servizio andato in onda ieri e nello stesso tempo proporre alcune riflessioni.
So che avete già ricevuto molta posta in merito, alcuni testi li ho già letti e ho notato che la parola ricorrente è ‘vergogna’ … che parola antica … noi uomini di oggi l’abbiamo ormai neutralizzata spogliandola di ogni significato.
Leggo anche appena adesso che il giornalista in questione è stato sospeso … provvedimento credo che si sia reso necessario anche alla luce delle numerose proteste.
Non sono napoletana, sono di origini pugliesi, meridionale anch’io del resto, ma le posso assicurare che sarei stata qui a scriverle anche se fossi nata ad Ivrea, in Svezia, in India o nelle lontane Americhe … scrivo a nome di tutta quella società civile che non ne può più di aggressività tradotta in affermazioni razziste legate all’etnia e /o alla terra di provenienza … una terra, come quella di Napoli, peraltro bellissima, e un popolo civilissimo, che sopporta da decenni una vessazione mediatica e non assolutamente ingiustificata.
Trovo che appoggiare o fomentare affermazioni razziste, fosse anche solo per superficiale negligenza, sia un comportamento anacronistico e controproducente: viviamo in una società che vuole e deve definirsi interculturale, a stretto contatto con uomini e donne dalle differenti etnie … e ci fossilizziamo ancora sull’’odore’?
Nel mio lavoro –sono psicologa e psicoterapeuta- focalizzo i miei sforzi nello sviluppare l’unico concetto chiave che a mio parere ci consente oggi il giusto adattamento all’ambiente … la ‘flessibilità’. Insegno ai giovani e ai meno giovani a mantenere la loro mente ‘fluida’, presento la diversità come un valore che non va azzerato o negato, ma riconosciuto e apprezzato perchè in grado di produrre un arricchimento di cui abbiamo bisogno.
Visto che oramai oggigiorno ognuno a suo modo è un ‘diverso’ perchè ha la piena libertà di fare scelte di vita anche controcorrente, dobbiamo imparare a rispettare la sua diversità perchè rispettando l’altro diverso rispettiamo e chiediamo uguale rispetto per la nostra diversità. E’ un gioco che ci favorisce, non ci sminuisce.
Vi chiedo quindi di non vanificare il mio e l’altrui lavoro con affermazioni a dir poco sciocche, superficiali, dietro cui si nasconde però una realtà carica di sinistro significato.
Se speriamo tutti in un futuro migliore, e me lo auguro, se vogliamo lasciare ai nostri figli un mondo anche solo vivibile, dobbiamo concertare le nostre forze perchè vadano nella stessa direzione … quella che riservi a chiunque giudizio e trattamento in relazione a ciò che è e che vuole essere, e non in relazione al suo gruppo di appartenenza … altrimenti rischiamo, in ultima analisi, di far ridere.
Chiedo quindi più attenzione e consapevolezza nel formulare i messaggi che con il vostro strumento televisivo lanciate … attenzione soprattutto alle giovani menti e consapevolezza delle vostre e nostre responsabilità nel mondo e per il mondo.


Grazie dell’attenzione.
Marenza De Michele











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Fra le tante mail dai toni indignati che ci stanno arrivando da parte di simpatizzanti e amici in merito alla vicenda dell'infelice servizio del Tg 3 Piemonte di sabato sera abbiamo scelto, per rappresentarle tutte, questa di Marenza De Michele che postiamo con condivisione:



Ho appena inviato questa mail alla redazione del TG3 in merito al servizio di sabato sera.
Forse è tardi per protestare, ma non è mai tardi per riflettere...ho preferito evitare l'impulsività di una risposta immediata e darmi il tempo di cogliere il senso di quanto stava succedendo.


Gentile direttore e redazione tutta,
Scrivo per esprimere il mio disappunto sul servizio andato in onda ieri e nello stesso tempo proporre alcune riflessioni.
So che avete già ricevuto molta posta in merito, alcuni testi li ho già letti e ho notato che la parola ricorrente è ‘vergogna’ … che parola antica … noi uomini di oggi l’abbiamo ormai neutralizzata spogliandola di ogni significato.
Leggo anche appena adesso che il giornalista in questione è stato sospeso … provvedimento credo che si sia reso necessario anche alla luce delle numerose proteste.
Non sono napoletana, sono di origini pugliesi, meridionale anch’io del resto, ma le posso assicurare che sarei stata qui a scriverle anche se fossi nata ad Ivrea, in Svezia, in India o nelle lontane Americhe … scrivo a nome di tutta quella società civile che non ne può più di aggressività tradotta in affermazioni razziste legate all’etnia e /o alla terra di provenienza … una terra, come quella di Napoli, peraltro bellissima, e un popolo civilissimo, che sopporta da decenni una vessazione mediatica e non assolutamente ingiustificata.
Trovo che appoggiare o fomentare affermazioni razziste, fosse anche solo per superficiale negligenza, sia un comportamento anacronistico e controproducente: viviamo in una società che vuole e deve definirsi interculturale, a stretto contatto con uomini e donne dalle differenti etnie … e ci fossilizziamo ancora sull’’odore’?
Nel mio lavoro –sono psicologa e psicoterapeuta- focalizzo i miei sforzi nello sviluppare l’unico concetto chiave che a mio parere ci consente oggi il giusto adattamento all’ambiente … la ‘flessibilità’. Insegno ai giovani e ai meno giovani a mantenere la loro mente ‘fluida’, presento la diversità come un valore che non va azzerato o negato, ma riconosciuto e apprezzato perchè in grado di produrre un arricchimento di cui abbiamo bisogno.
Visto che oramai oggigiorno ognuno a suo modo è un ‘diverso’ perchè ha la piena libertà di fare scelte di vita anche controcorrente, dobbiamo imparare a rispettare la sua diversità perchè rispettando l’altro diverso rispettiamo e chiediamo uguale rispetto per la nostra diversità. E’ un gioco che ci favorisce, non ci sminuisce.
Vi chiedo quindi di non vanificare il mio e l’altrui lavoro con affermazioni a dir poco sciocche, superficiali, dietro cui si nasconde però una realtà carica di sinistro significato.
Se speriamo tutti in un futuro migliore, e me lo auguro, se vogliamo lasciare ai nostri figli un mondo anche solo vivibile, dobbiamo concertare le nostre forze perchè vadano nella stessa direzione … quella che riservi a chiunque giudizio e trattamento in relazione a ciò che è e che vuole essere, e non in relazione al suo gruppo di appartenenza … altrimenti rischiamo, in ultima analisi, di far ridere.
Chiedo quindi più attenzione e consapevolezza nel formulare i messaggi che con il vostro strumento televisivo lanciate … attenzione soprattutto alle giovani menti e consapevolezza delle vostre e nostre responsabilità nel mondo e per il mondo.


Grazie dell’attenzione.
Marenza De Michele











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Valanga di proteste per il servizio razzista del TGR Piemonte...





In occasione della partita Juventus - Napoli di Sabato 20/10/2012 il Tgr Piemonte ha mandato in onda un servizio di interviste e commenti fuori lo stadio dove il suo inviato, tale Amendola, si è esibito nei soliti giudizi di stampo razzista nei confronti dei napoletani, addirittura accennando alla "puzza" come metodo identificativo per riconoscerli... 
Stendiamo un velo pietoso sul perpetrarsi di questi metodi e tipo di linguaggio ostile, irriguardoso, razzista e antiunitario che continua, tra l'altro, con i soliti triti e ritriti slogan antimeridionali urlati dagli spalti di gran parte degli stadi del Nord senza che la Federazione Gioco Calcio italiana intervenga una volta e per tutte. Quest'ultimo episodio ha scatenato una valanga di e mail di proteste a cui la redazione Rai di Torino ha risposto con un modesto e morbido comunicato di scuse. Come dice Marco Esposito "a noi le scuse non bastano", e, giustamente, si chiede l'allontanamento dal servizio di questo pseudo giornalista, come provvedimento esemplare Riportiamo, tra le tante, la e mail del nostro Segretario Organizzativo Nazionale Enzo Riccio :


Egregi Signori,

a seguito del servizio sulla partita Juventus-Napoli mandato in onda in data 20.10.2012 nell'edizione del TG Piemonte delle ore 19:30, vi manifesto il mio disgusto e la mia rabbia 
per l'offesa recata al popolo napoletano, da parte mia e di tutto il Partito del Sud di cui 
sono Segretario organizzativo nazionale.
Non ci bastano le scuse, esigiamo il licenziamento del vostro giornalista Amendola che col suo servizio poteva essere al servizio di Goebbels quando parlava degli ebrei.
Da tifoso del Napoli posso accettare la sconfitta sul campo ma non il razzismo contro i napoletani, specialmente da parte dei piemontesi già storicamente colpevoli di tanti crimini storici contro i napoletani e tutti i meridionali.
In un paese di "fratelli d'Italia" non ci sarebbero cori razzisti allo stadio di Torino come in tutti quelli del Nord, ma visto che fratelli non siamo e forse non lo saremo mai, chiediamo semplicemente il rispetto delle regole e del buon senso. In un qualsiasi paese civile, chi si occupa di informazione e sbaglia in modo così grossolano con un servizio che incita alla violenza e al razzismo, paga....e Amendola deve pagare ed essere un esempio ed un monito per quest'italietta intera.


Cordiali Saluti

Enzo Riccio
Segr. Org. Nazionale
Partito de Sud


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In occasione della partita Juventus - Napoli di Sabato 20/10/2012 il Tgr Piemonte ha mandato in onda un servizio di interviste e commenti fuori lo stadio dove il suo inviato, tale Amendola, si è esibito nei soliti giudizi di stampo razzista nei confronti dei napoletani, addirittura accennando alla "puzza" come metodo identificativo per riconoscerli... 
Stendiamo un velo pietoso sul perpetrarsi di questi metodi e tipo di linguaggio ostile, irriguardoso, razzista e antiunitario che continua, tra l'altro, con i soliti triti e ritriti slogan antimeridionali urlati dagli spalti di gran parte degli stadi del Nord senza che la Federazione Gioco Calcio italiana intervenga una volta e per tutte. Quest'ultimo episodio ha scatenato una valanga di e mail di proteste a cui la redazione Rai di Torino ha risposto con un modesto e morbido comunicato di scuse. Come dice Marco Esposito "a noi le scuse non bastano", e, giustamente, si chiede l'allontanamento dal servizio di questo pseudo giornalista, come provvedimento esemplare Riportiamo, tra le tante, la e mail del nostro Segretario Organizzativo Nazionale Enzo Riccio :


Egregi Signori,

a seguito del servizio sulla partita Juventus-Napoli mandato in onda in data 20.10.2012 nell'edizione del TG Piemonte delle ore 19:30, vi manifesto il mio disgusto e la mia rabbia 
per l'offesa recata al popolo napoletano, da parte mia e di tutto il Partito del Sud di cui 
sono Segretario organizzativo nazionale.
Non ci bastano le scuse, esigiamo il licenziamento del vostro giornalista Amendola che col suo servizio poteva essere al servizio di Goebbels quando parlava degli ebrei.
Da tifoso del Napoli posso accettare la sconfitta sul campo ma non il razzismo contro i napoletani, specialmente da parte dei piemontesi già storicamente colpevoli di tanti crimini storici contro i napoletani e tutti i meridionali.
In un paese di "fratelli d'Italia" non ci sarebbero cori razzisti allo stadio di Torino come in tutti quelli del Nord, ma visto che fratelli non siamo e forse non lo saremo mai, chiediamo semplicemente il rispetto delle regole e del buon senso. In un qualsiasi paese civile, chi si occupa di informazione e sbaglia in modo così grossolano con un servizio che incita alla violenza e al razzismo, paga....e Amendola deve pagare ed essere un esempio ed un monito per quest'italietta intera.


Cordiali Saluti

Enzo Riccio
Segr. Org. Nazionale
Partito de Sud


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Giornalista della Rai: “E voi i napoletani li distinguete dalla puzza”

Scritto da Walter Giannò

I napoletani sono dovunque. Come i cinesi“, dice un tifoso ad un giornalista della Rai del Piemonte, Giampiero Amandola, pochi minuti prima del big match di sabato corso tra la Juventus e il Napoli. Ed il commento del cronista è sconcertante: “E voi li distinguete dalla puzza, con grande signorilità“.
Questo è successo in un servizio andato in onda sul TG regionale della Rai che ha naturalmente e legittimamente scatenato dure reazioni. Come si legge sul Corriere.it, “il presidente dell’Ordine dei Giornalisti, Enzo Iacopino, ha subito inviato una segnalazione all’ordine di Torino. E mentre si dissocia anche il sito di supporters bianconeri, Canale Juve, il Cdr della Rai torinese ha subito cercato di smorzare le polemiche: È stato un incidente, chiediamo scusa“.


Una giustificazione troppo superficiale, però, quella proveniente dalla Tv di Stato che, in quanto tale, dovrebbe tutelare la dignità di ogni cittadino del Paese, a prescindere che sia di Bolzano o di Lampedusa.
Il razzismo palesato dal giornalista Amandola, inoltre, contiene in sé anche altre responsabilità: come quelle di chi ha montato il servizio e di chi ha dato il beneplacito per la pubblicazione.

Come succede in questi casi, infine, la protesta sta montando web ed i tifosi del Napoli stanno inviando migliaia di e-mail alla redazione piemontese della Rai per manifestare la propria rabbia.

Fonte: ilmoderatore.it
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Scritto da Walter Giannò

I napoletani sono dovunque. Come i cinesi“, dice un tifoso ad un giornalista della Rai del Piemonte, Giampiero Amandola, pochi minuti prima del big match di sabato corso tra la Juventus e il Napoli. Ed il commento del cronista è sconcertante: “E voi li distinguete dalla puzza, con grande signorilità“.
Questo è successo in un servizio andato in onda sul TG regionale della Rai che ha naturalmente e legittimamente scatenato dure reazioni. Come si legge sul Corriere.it, “il presidente dell’Ordine dei Giornalisti, Enzo Iacopino, ha subito inviato una segnalazione all’ordine di Torino. E mentre si dissocia anche il sito di supporters bianconeri, Canale Juve, il Cdr della Rai torinese ha subito cercato di smorzare le polemiche: È stato un incidente, chiediamo scusa“.


Una giustificazione troppo superficiale, però, quella proveniente dalla Tv di Stato che, in quanto tale, dovrebbe tutelare la dignità di ogni cittadino del Paese, a prescindere che sia di Bolzano o di Lampedusa.
Il razzismo palesato dal giornalista Amandola, inoltre, contiene in sé anche altre responsabilità: come quelle di chi ha montato il servizio e di chi ha dato il beneplacito per la pubblicazione.

Come succede in questi casi, infine, la protesta sta montando web ed i tifosi del Napoli stanno inviando migliaia di e-mail alla redazione piemontese della Rai per manifestare la propria rabbia.

Fonte: ilmoderatore.it

Ecco la lista del Partito del Sud alle prossime elezioni comunali di Condofuri (RC) del 28 e 29 ottobre!!!

Riportiamo un articolo di CalabriaOnLine che presenta le liste dei candidati alle prossime elezioni comunali di Condofuri (RC), comune calabrese del Reggino la cui amministrazione è stata sciolta per infiltrazioni mafiose. Tra queste liste c'è il Partito del Sud, autonoma dagli schieramenti tradizionali ed il suo candidato sindaco Nino Manti. Dove c'è da combattere mafia e malaffare, a difesa della nostra terra...noi ci siamo NEI FATTI!

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Elezioni 2012: Condofuri, i nomi dei candidati alle comunali
Alle prossime elezioni comunali a Condofuri (RC) che si svolgeranno il 28 e 29 ottobre 2012 si sfideranno per la poltrona di primo cittadino 5 candidati. Ecco i nomi dei candidati alla carica di sindaco e del consiglio comunale di Condofuri.
Impegno per Condofuri 
CANDIDATO A SINDACO SALVATORE MAFRICI
1 Giulia Naimo
2 Giuseppina Stilo
3 Giuseppe Barreca
4 Giuseppe Borgheggiano
5 Rocco Ermidio
6 Giuseppe Foti
7 Antonio Gurnari
8 Domenico Mafrici
9 Salvatore Trapani
10 Domenico Michele Nucera
Democrazia è Libertà
CANDIDATO A SINDACO MAISANO BRUNO
1 Chilà Giuseppe
2 Clemensi Pietro
3 Ferrante Filippo Giovanni
4 Marino Carmelo
5 Moschella Fabiana
6 Nucera Antonio
7 Nucera Massimo Antonio
8 Nucera Sebastiano Santo
9 Scordo Giovanna Consolata
10 Zito Antonio
Pace Condofuri
CANDIDATO A SINDACO IARIA TOMMASO
1 Caridi Filippo
2 Catania Monte Giuseppe
3 Iorianni Maria Elisabetta
4 Laurenzano Maria Orsola
5 Manti Vincenzo
6 Marino Domenica
7 Moscato Palmina
8 Palamara Carmelo
9 Rodà Raffaele
Partito del Sud
CANDIDATO A SINDACO MANTI ANTONINO
1 Nucera Antonino
2 Iaria Domenico
3 Laganà Domenico
4 Catalano Annunziata
5 Toscano Domenico Giusep.
6 Manti Guido
7 Larnè Antonio
8 Nucera Agostino Candeloro
9 Violi Leone
Credere insieme condofuri migliore
CANDIDATO A SINDACO VADALÀ ANTONINO
1 Parisi Sonia
2 Foti Carmelo
3 Nucera Fortunato
4 Modaffari Antonio Carmelo
5 Zampaglione Caterina
6 Tuscano Elisa
7 Lucarà Fortunato
8 Zindato Giuseppe

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Riportiamo un articolo di CalabriaOnLine che presenta le liste dei candidati alle prossime elezioni comunali di Condofuri (RC), comune calabrese del Reggino la cui amministrazione è stata sciolta per infiltrazioni mafiose. Tra queste liste c'è il Partito del Sud, autonoma dagli schieramenti tradizionali ed il suo candidato sindaco Nino Manti. Dove c'è da combattere mafia e malaffare, a difesa della nostra terra...noi ci siamo NEI FATTI!

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Elezioni 2012: Condofuri, i nomi dei candidati alle comunali
Alle prossime elezioni comunali a Condofuri (RC) che si svolgeranno il 28 e 29 ottobre 2012 si sfideranno per la poltrona di primo cittadino 5 candidati. Ecco i nomi dei candidati alla carica di sindaco e del consiglio comunale di Condofuri.
Impegno per Condofuri 
CANDIDATO A SINDACO SALVATORE MAFRICI
1 Giulia Naimo
2 Giuseppina Stilo
3 Giuseppe Barreca
4 Giuseppe Borgheggiano
5 Rocco Ermidio
6 Giuseppe Foti
7 Antonio Gurnari
8 Domenico Mafrici
9 Salvatore Trapani
10 Domenico Michele Nucera
Democrazia è Libertà
CANDIDATO A SINDACO MAISANO BRUNO
1 Chilà Giuseppe
2 Clemensi Pietro
3 Ferrante Filippo Giovanni
4 Marino Carmelo
5 Moschella Fabiana
6 Nucera Antonio
7 Nucera Massimo Antonio
8 Nucera Sebastiano Santo
9 Scordo Giovanna Consolata
10 Zito Antonio
Pace Condofuri
CANDIDATO A SINDACO IARIA TOMMASO
1 Caridi Filippo
2 Catania Monte Giuseppe
3 Iorianni Maria Elisabetta
4 Laurenzano Maria Orsola
5 Manti Vincenzo
6 Marino Domenica
7 Moscato Palmina
8 Palamara Carmelo
9 Rodà Raffaele
Partito del Sud
CANDIDATO A SINDACO MANTI ANTONINO
1 Nucera Antonino
2 Iaria Domenico
3 Laganà Domenico
4 Catalano Annunziata
5 Toscano Domenico Giusep.
6 Manti Guido
7 Larnè Antonio
8 Nucera Agostino Candeloro
9 Violi Leone
Credere insieme condofuri migliore
CANDIDATO A SINDACO VADALÀ ANTONINO
1 Parisi Sonia
2 Foti Carmelo
3 Nucera Fortunato
4 Modaffari Antonio Carmelo
5 Zampaglione Caterina
6 Tuscano Elisa
7 Lucarà Fortunato
8 Zindato Giuseppe

 
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