domenica 29 giugno 2008

A tribute to italians borbonics confederate soldiers

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Per un´Italia Impunita, sostenete Silvio Berlusconi


Di Desiree Grimaldi


Oramai non sa più di che inventarsi, è giunto al limite del suo bagaglio di menzogne e l'attacco illegittimo alla magistratura sembra essere diventato uno slogan da campagna elettorale.
Nondimeno, di lui non c'è di che meravigliarsi: della sua vita passata e delle sue vicende giudiziarie ne sappiamo a volontà e continuare a ripetere "ciò che è stato" e "ciò che è" realmente quest'uomo contribuirebbe soltanto a regalargli quella popolarità da "Grande Impunito"di cui continua a giovarsi, anche grazie ai contributi di un'informazione manipolata.
Ieri, durante l'assemblea nazionale della Confesercenti, ha definito i giudici quali "metastasi della nostra democrazia"; su questo ha ragione, nessuna obiezione a riguardo, considerando i giudici "suoi amici" e in primis fra tutti il giudice Renato Squillante.

Tuttavia ci tengo a fare un precisazione, forse dimenticata dal caro Presidente: le metastasi non si originano mai da sè, ma si sviluppano da un qualcosa di più grande, da un qualcosa di primitivo e forse questo cancro che sta alle origini di tutto è rappresentato proprio da quella classe politica che si pone in contiguità palese e incontrastata con gli ambienti della criminalità organizzata, quella classe politica di cui lui stesso non ha mai smentito effettivamente di farne parte.

Ma la questione che più mi lascia esterrefatta è la reazione - o meglio non reazione - dei suoi alleati; a dire il vero di Gianfranco Fini e degli ex sostenitori di Alleanza nazionale ora tutti convergenti nel Popolo delle Libertà, non mi stupisco; sappiamo tutti oramai che l'attuale Presidente della Camera si è specializzato da tempo nell'arte del playback: non ha bisogno di far sentire la sua voce per affermare quello che pensa e vuole Silvio Berlusconi.
Mi stupiscono piuttosto alcuni dei militanti della Lega Nord, i quali sono sempre pronti a braccare "fucili e cannoni" e a partire con l'esercito delle "Camicie Verdi" per difendere l'onore esclusivo della Padania, tuttavia si piegano impotenti e placidi quando il richiamo all'ordine sopraggiunge da Roma; e poi disconoscono l'essere Italiani, ma allo stesso tempo occupano le "poltrone romane" e contribuiscono, non opponendosi ai voleri del Capo del Governo ,a favorire quel sistema marcio che sta ammazzando il nostro Paese.
E poi sopraggiunge Walter Veltroni che dopo aver dichiarato, ai suoi, qualche giorno addietro di voler scendere in piazza ad autunno, ieri, rivolgendosi al Premier, ha dato sfogo alla sua rabbia che sa di miele.
Ma per nostra fortuna esistono ancora dissidenti come Nando Dalla Chiesa, che non scendono in piazza per portare una bandiera simbolo del proprio Partito piuttosto che dell'altro, loro sanno distinguere la "politica per l'interesse del Paese" dalla
"politica degli interessi personali".
Infine, per offrire ai nostri lettori uno sguardo oggettivo al problema del decreto blocca-processi,riporto un elenco dei reati stilato in maniera esaustiva da Marco Travaglio durante la trasmissione Passaparola del 24 giugno, quei reati che proprio perchè puniti con pena inferiore a 10 anni, saranno sospesi:
- aborto clandestino
- abuso d’ufficio
- adulterazione di sostanze alimentari
- associazione per delinquere
- bancarotta fraudolenta
- calunnia
- circonvenzione di incapace
- corruzione
- corruzione giudiziaria – è quella per cui Silvio Berlusconi ha fatto questo decreto
- detenzione di documenti falsi per l’espatrio
- detenzione di materiale pedo-pornografico
- estorsione
- falsificazione di documenti pubblici
- frodi fiscali
- furto con strappo
- furto in appartamento
-immigrazione clandestina (“pensate, dopo tutte le menate che fanno con la storia dell’immigrazione clandestina, adesso sospendono i processi” – Marco Travaglio)
- incendio e incendio boschivo
- intercettazioni illecite
- maltrattamenti in famiglia
- molestie
- omicidio colposo per colpa medica
- omicidio colposo per norme sulla circolazione stradale vietata (“tutti quelli che stendono la gente per la strada ubriachi, bene quelli non li si processa” – Marco Travaglio)
- peculato
- porto e detenzione di armi anche clandestine
- rapina
- reati informatici
- ricettazione
- rivelazioni di segreti d’ufficio
- sequestro di persona
- sfruttamento della prostituzione
- somministrazione di reati pericolosi
- stupro e violenza sessuale
- traffico di rifiuti
- truffa alla Comunità Europea
- usura
- vendita di prodotti con marchi contraffatti
- violenza privata


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Di Desiree Grimaldi


Oramai non sa più di che inventarsi, è giunto al limite del suo bagaglio di menzogne e l'attacco illegittimo alla magistratura sembra essere diventato uno slogan da campagna elettorale.
Nondimeno, di lui non c'è di che meravigliarsi: della sua vita passata e delle sue vicende giudiziarie ne sappiamo a volontà e continuare a ripetere "ciò che è stato" e "ciò che è" realmente quest'uomo contribuirebbe soltanto a regalargli quella popolarità da "Grande Impunito"di cui continua a giovarsi, anche grazie ai contributi di un'informazione manipolata.
Ieri, durante l'assemblea nazionale della Confesercenti, ha definito i giudici quali "metastasi della nostra democrazia"; su questo ha ragione, nessuna obiezione a riguardo, considerando i giudici "suoi amici" e in primis fra tutti il giudice Renato Squillante.

Tuttavia ci tengo a fare un precisazione, forse dimenticata dal caro Presidente: le metastasi non si originano mai da sè, ma si sviluppano da un qualcosa di più grande, da un qualcosa di primitivo e forse questo cancro che sta alle origini di tutto è rappresentato proprio da quella classe politica che si pone in contiguità palese e incontrastata con gli ambienti della criminalità organizzata, quella classe politica di cui lui stesso non ha mai smentito effettivamente di farne parte.

Ma la questione che più mi lascia esterrefatta è la reazione - o meglio non reazione - dei suoi alleati; a dire il vero di Gianfranco Fini e degli ex sostenitori di Alleanza nazionale ora tutti convergenti nel Popolo delle Libertà, non mi stupisco; sappiamo tutti oramai che l'attuale Presidente della Camera si è specializzato da tempo nell'arte del playback: non ha bisogno di far sentire la sua voce per affermare quello che pensa e vuole Silvio Berlusconi.
Mi stupiscono piuttosto alcuni dei militanti della Lega Nord, i quali sono sempre pronti a braccare "fucili e cannoni" e a partire con l'esercito delle "Camicie Verdi" per difendere l'onore esclusivo della Padania, tuttavia si piegano impotenti e placidi quando il richiamo all'ordine sopraggiunge da Roma; e poi disconoscono l'essere Italiani, ma allo stesso tempo occupano le "poltrone romane" e contribuiscono, non opponendosi ai voleri del Capo del Governo ,a favorire quel sistema marcio che sta ammazzando il nostro Paese.
E poi sopraggiunge Walter Veltroni che dopo aver dichiarato, ai suoi, qualche giorno addietro di voler scendere in piazza ad autunno, ieri, rivolgendosi al Premier, ha dato sfogo alla sua rabbia che sa di miele.
Ma per nostra fortuna esistono ancora dissidenti come Nando Dalla Chiesa, che non scendono in piazza per portare una bandiera simbolo del proprio Partito piuttosto che dell'altro, loro sanno distinguere la "politica per l'interesse del Paese" dalla
"politica degli interessi personali".
Infine, per offrire ai nostri lettori uno sguardo oggettivo al problema del decreto blocca-processi,riporto un elenco dei reati stilato in maniera esaustiva da Marco Travaglio durante la trasmissione Passaparola del 24 giugno, quei reati che proprio perchè puniti con pena inferiore a 10 anni, saranno sospesi:
- aborto clandestino
- abuso d’ufficio
- adulterazione di sostanze alimentari
- associazione per delinquere
- bancarotta fraudolenta
- calunnia
- circonvenzione di incapace
- corruzione
- corruzione giudiziaria – è quella per cui Silvio Berlusconi ha fatto questo decreto
- detenzione di documenti falsi per l’espatrio
- detenzione di materiale pedo-pornografico
- estorsione
- falsificazione di documenti pubblici
- frodi fiscali
- furto con strappo
- furto in appartamento
-immigrazione clandestina (“pensate, dopo tutte le menate che fanno con la storia dell’immigrazione clandestina, adesso sospendono i processi” – Marco Travaglio)
- incendio e incendio boschivo
- intercettazioni illecite
- maltrattamenti in famiglia
- molestie
- omicidio colposo per colpa medica
- omicidio colposo per norme sulla circolazione stradale vietata (“tutti quelli che stendono la gente per la strada ubriachi, bene quelli non li si processa” – Marco Travaglio)
- peculato
- porto e detenzione di armi anche clandestine
- rapina
- reati informatici
- ricettazione
- rivelazioni di segreti d’ufficio
- sequestro di persona
- sfruttamento della prostituzione
- somministrazione di reati pericolosi
- stupro e violenza sessuale
- traffico di rifiuti
- truffa alla Comunità Europea
- usura
- vendita di prodotti con marchi contraffatti
- violenza privata


I nativi americani si ricomprano la terra con i profitti dei casinò


Il volto nero di fuliggine, Victoria Ranua procede sul pendio di una collina nella contea di Scott, dipingendola col fuoco. Quello che comincia come una bassa striscia sottile di colore giallo, lasciata dalla sua torcia, dietro di lei s'innalza immediatamente in un'enorme barriera di fiamme danzanti, che corre sulla secca erba della prateria.
Il processo, spiega Ranua, aiuta le piante autoctone a sopravvivere contro specie invasive.
“Sapete, gli europei non sono venuti qui solo come popolo,” dice. “Hanno portato le loro piante e i loro animali ed hanno cambiato molto di ciò che stava qui.”
Ranua lavora per la comunità Sioux Shakopee Mdewakanton che, resa ricca dai casinò, sta recuperando, acro per acro, parte della terra nell'area del sud-ovest che i loro antenati persero un tempo per mano dei coloni europei, e meticolosamente la restituisce ad aspetto ed usi antichissimi.
Ma gli acquisti terrieri della tribù, che aumentano grazie al calo del prezzo della terra, stanno provocando preoccupazioni nella contea di Scott. I leader municipali in Shakopee dicono che la velocità e la modalità degli acquisti di terra della tribù – ha speso più di 100 milioni di dollari – stanno facendo della pianificazione un incubo logistico nella comunità in rapida crescita.
E si domandano se la tribù sia impegnata in un astuta partita a scacchi per bloccare i piani di sviluppo di Shakopee, per poi uscire in aperta campagna per cominciare a riacquistare ampi appezzamenti di terra ancestrale. È una domanda che emerge da New York alla California poichè le tribù che si stanno arricchendo con i profitti dei casinò hanno cominciato a spendere quella ricchezza per riaffermare il proprio controllo su quella terra ancestrale.
Nella stessa Shakopee, ha detto il sindaco John Schmitt, “sembra che siano impegnati a raccogliere tutto ciò che possono ottenere, dovunque possano ottenerlo. E hanno i mezzi per farlo.”
Da parte sua, tuttavia, Stan Ellison, il responsabile della terra della tribù, indica una pila di mappe storiche come ricordo di chi, storicamente, ha interferito con chi.
“Questa terra,” dice, “è stata presa con le armi - e noi la stiamo ricomprando con i dollari americani.”

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Il volto nero di fuliggine, Victoria Ranua procede sul pendio di una collina nella contea di Scott, dipingendola col fuoco. Quello che comincia come una bassa striscia sottile di colore giallo, lasciata dalla sua torcia, dietro di lei s'innalza immediatamente in un'enorme barriera di fiamme danzanti, che corre sulla secca erba della prateria.
Il processo, spiega Ranua, aiuta le piante autoctone a sopravvivere contro specie invasive.
“Sapete, gli europei non sono venuti qui solo come popolo,” dice. “Hanno portato le loro piante e i loro animali ed hanno cambiato molto di ciò che stava qui.”
Ranua lavora per la comunità Sioux Shakopee Mdewakanton che, resa ricca dai casinò, sta recuperando, acro per acro, parte della terra nell'area del sud-ovest che i loro antenati persero un tempo per mano dei coloni europei, e meticolosamente la restituisce ad aspetto ed usi antichissimi.
Ma gli acquisti terrieri della tribù, che aumentano grazie al calo del prezzo della terra, stanno provocando preoccupazioni nella contea di Scott. I leader municipali in Shakopee dicono che la velocità e la modalità degli acquisti di terra della tribù – ha speso più di 100 milioni di dollari – stanno facendo della pianificazione un incubo logistico nella comunità in rapida crescita.
E si domandano se la tribù sia impegnata in un astuta partita a scacchi per bloccare i piani di sviluppo di Shakopee, per poi uscire in aperta campagna per cominciare a riacquistare ampi appezzamenti di terra ancestrale. È una domanda che emerge da New York alla California poichè le tribù che si stanno arricchendo con i profitti dei casinò hanno cominciato a spendere quella ricchezza per riaffermare il proprio controllo su quella terra ancestrale.
Nella stessa Shakopee, ha detto il sindaco John Schmitt, “sembra che siano impegnati a raccogliere tutto ciò che possono ottenere, dovunque possano ottenerlo. E hanno i mezzi per farlo.”
Da parte sua, tuttavia, Stan Ellison, il responsabile della terra della tribù, indica una pila di mappe storiche come ricordo di chi, storicamente, ha interferito con chi.
“Questa terra,” dice, “è stata presa con le armi - e noi la stiamo ricomprando con i dollari americani.”

sabato 28 giugno 2008

SUD "SVEGLIATI"




Ricevo condivido e posto da Due Sicilie:





SUD "SVEGLIATI"!



Vogliono fare il "federalismo fiscale", sul "modello LOMBARDIA", proposto dalla LEGA NORD. Tale "modello" prevede che il 15% dell'Irpef e l’80% dell'Iva e le sovratasse su tabacchi e giochi restino nelle Regioni dove sono riscosse.
È evidente che alla Lombardia, che non incassa nemmeno 1 Euro di "tasse portuali", NON AVENDO ALCUN PORTO, non gliene "frega niente" delle "tasse portuali"!!!
Alle Regioni Meridionali e Siciliane che hanno una percentuale elevata di "tasse portuali" (oltre 8 miliardi di Euro all'anno!!!), questo tipo di "federalismo"
NON PUÒ ANDARE BENE!

È assolutamente indispensabile che TUTTO il SUD possa trattenere anche l'80% di TUTTE le tasse portuali riscosse nei propri Porti
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Ricevo condivido e posto da Due Sicilie:





SUD "SVEGLIATI"!



Vogliono fare il "federalismo fiscale", sul "modello LOMBARDIA", proposto dalla LEGA NORD. Tale "modello" prevede che il 15% dell'Irpef e l’80% dell'Iva e le sovratasse su tabacchi e giochi restino nelle Regioni dove sono riscosse.
È evidente che alla Lombardia, che non incassa nemmeno 1 Euro di "tasse portuali", NON AVENDO ALCUN PORTO, non gliene "frega niente" delle "tasse portuali"!!!
Alle Regioni Meridionali e Siciliane che hanno una percentuale elevata di "tasse portuali" (oltre 8 miliardi di Euro all'anno!!!), questo tipo di "federalismo"
NON PUÒ ANDARE BENE!

È assolutamente indispensabile che TUTTO il SUD possa trattenere anche l'80% di TUTTE le tasse portuali riscosse nei propri Porti

VALUTA VERA O FALSA: FA DIFFERENZA ?


DI MARCO GIACINTO PELLIFRONI

trucioli savonesi


La notte tra il 9 e il 10 luglio 1943 la Sicilia subì un massiccio attacco da parte delle truppe americane, che in un mese riuscirono ad occupare l’intera isola. Dalla Sicilia sarebbe partita l’operazione per la conquista dell’Italia: un’operazione durata quasi due anni. In questo lasso di tempo gli americani invasero, o liberarono, a seconda dei punti di vista, la penisola; ma all’invasione militare aggiunsero anche quella monetaria. I primi due aerei carichi di AM lire partirono dagli USA nel luglio 1943 alla volta dell’Italia e il generale Alexander, Comandante in capo della campagna militare italiana, emise un proclama in cui imponeva la circolazione forzosa delle AM lire (Allied Military Currency), che chiunque era tenuto ad accettare per qualsiasi pagamento. L’Italia fu in seguito inondata da questa moneta estranea alla sua economia per un totale di ben 130 miliardi di lire, che, per il periodo considerato, era davvero una montagna di soldi. Le AM lire continuarono ad avere corso legale fino al 30 giugno 1950. Ma gli americani non si limitarono alle AM lire: introdussero anche, sempre con lo stesso corso forzoso, un’imprecisata quantità di dollari col sigillo giallo, anziché blu, come quello dei dollari americani (ciò allo scopo di poterli dichiarare fuori corso nel caso ingenti quantitativi fossero caduti in mani nemiche). Essi furono dichiarati valuta legale dal governo Badoglio il 24 settembre 1943. Per inciso, si noti la scritta che ne certifica la copertura in argento, “pagabile su richiesta al portatore”. Bei tempi, verrebbe da dire, visto che oggi il dollaro, come d’altronde tutte le maggiori valute, ha a Fort Knox oro o argento per lo 0,00….% (e ufficialmente neppure questo, dal 15 agosto 1971!). Credo comunque che nessun italiano abbia mai potuto pretendere argento in cambio di questi dollari “italiani”, ma solo scambiarli per merce prodotta in Italia, col lavoro italiano; e questo fino al 31 luglio 1945, quando furono dichiarati fuori corso, ossia carta straccia.Le AM lire erano state stampate senza quelle sofisticazioni e accorgimenti usati per la valuta corrente, per cui parecchi falsari, specie a Napoli, si dettero a riprodurne in quantità.La domanda che io ora pongo è: agli effetti del danno prodotto all’economia italiana, già stremata da anni di guerra, anche civile, faceva qualche differenza che le AM lire (o i dollari col sigillo giallo) fossero quelle “genuine”, stampate dalle tipografie americane, o quelle stampate in qualche scantinato napoletano?La mia risposta è: no. Infatti, ogniqualvolta la moneta di una nazione viene stampata da un ente che non rispetta la proporzione che la nuova moneta deve avere con la crescita di ricchezza della nazione in cui viene fatta circolare, quella moneta non fa che far lievitare l’inflazione, riducendo il potere d’acquisto della moneta circolante. Che poi venga definita falsa o meno è solo una questione semantica. Le truppe americane dovevano finanziare le loro operazioni belliche e, emettendo AM lire e dollari “italiani”, ne addossavano un carico corrispondente, in termini di inflazione, sulle spalle del popolo italiano. Del pari facevano i falsari, che ponevano in circolo moneta per fini propri, gravando anch’essi sul resto della popolazione.Finora abbiamo considerato due esempi che espongono, in tutta evidenza, il loro scopo parassitario, e cioè l’appropriazione di ricchezza altrui tramite la forzosa o clandestina diffusione di moneta aliena all’economia nazionale. Ma che dire di un club di banchieri privati che, grazie alle leggi di governi a loro subalterni, compiono la medesima stampa di moneta, successivamente imposta nel Paese? L’operazione è simile a quella delle AM lire e dei dollari “gialli” sotto il profilo della forzosità -che ovviamente non vale per la valuta falsa-, ma entrambe non si discostano da quella di chi stampa per proprio esclusivo lucro. Guardiamo la tabella in fondo all’articolo (in Pdf Qui). Come possiamo notare, tutte le maggiori nazioni, ad esclusione di Giappone e Svizzera, annualmente stampano valuta e concedono credito in volumi decisamente superiori alla crescita del loro PIL. La differenza corrisponde a moneta o crediti creati senza una corrispondente produzione di ricchezza. Le loro valute dovrebbero svalutarsi in proporzione a tale differenza, e i liberi rapporti di cambio evidenziano la caduta, non in termini assoluti, ma relativi: ad es. il rublo si svaluta a velocità doppia dell’euro, ma entrambi si svalutano comunque, e la loro svalutazione appare sotto forma di perdita di potere d’acquisto, circa doppia in Russia rispetto all’Eurozona.I casi anomali sono quelli di Svizzera e Giappone, per motivi ben diversi: la prima per il suo speciale e forse unico status di nazione a base prettamente finanziaria con un’immagine di stabilità secolare: una cassaforte che non necessita di attirare i capitali stranieri remunerandoli con alti tassi di interesse; il secondo per la scarsa propensione alla spesa e al consumo dei giapponesi, indifferenti all’offerta di denaro a basso costo. Di conseguenza entrambi i paesi sono stati oggetto di quel particolare tipo di speculazione che è il carry trading, ossia la presa in prestito di yen e franchi svizzeri per impiegarli in nazioni a più alto rendimento dei capitali.In un precedente articolo avevo fatto riferimento al capitolo de Il Milione di Marco Polo dove tratta del particolare sistema di prelievo di ricchezza effettuato dal Gran Khan a spese dei suoi sudditi: la moneta legale circolante nel suo impero erano foglietti di carta ottenuta dalla scorza del gelso (la pianta che fornisce il nutrimento ai bachi da seta), vidimati col sigillo dell’imperatore e dichiarati l’unica forma di pagamento ammissibile, pena la morte. Anche in quel caso si verificava sottrazione della ricchezza prodotta dal popolo col proprio lavoro da parte di qualcun altro: il sovrano, che se ne dichiarava proprietario. All’epoca era praticamente impossibile per le autorità calcolare quello che oggi chiamiamo PIL, per cui la quantità di moneta cartacea in circolazione veniva prodotta in base al corrispondente ammontare di beni solidi che i cittadini dovevano consegnare al sovrano in cambio di quella moneta cartacea per i loro successivi pagamenti, essendo vietato il baratto. In questo modo il Gran Khan diveniva fisicamente proprietario di tutti i beni dell’impero. Oggi le banche centrali fanno esattamente lo stesso, in quanto tutta la moneta in circolazione, sia essa cartacea o scritturale, è stata dalle stesse banche originariamente prestata alla collettività, in cambio dei beni da essa prodotti, con un meccanismo identico, anche se meno palese, di quello adottato dal Gran Khan o dal generale Alexander. Tuttavia, ciò che differenzia i regimi nei quali il sovrano si identifica con il produttore di moneta e quelli in cui tale funzione è svolta da una lobby di banchieri, cui sottosta, di fatto, il potere politico e legislativo, è che nel primo caso si staglia ben nitida la figura della persona responsabile sotto il profilo sia politico che economico-finanziario, mentre nel secondo governa la lobby bancaria dietro il paravento di un Parlamento, per cui i veri responsabili della gestione della cosa pubblica non sono identificabili, stanno nell’ombra. Insomma, è venuta meno la responsabilità personale. Il signore che perdeva la guerra perdeva spesso anche la testa. Oggi, possono cadere una o cento teste politiche (in Italia siamo comunque più prossimi all’una, e comunque la caduta è solo simbolica), ma i veri governanti, che nessuno vede, si tramandano il potere di secolo in secolo, come le dinastie d’altri tempi, ma con rischi pressoché nulli.


P.S. Dopo aver scritto quanto sopra leggo della raffica di arresti di disinvolti gestori di hedge funds e investment banks d’oltreoceano. I rischi cominciano ora a scostarsi da zero, almeno negli USA. Qui da noi, invece, nonostante le ripetute violazioni delle norme, anche fiscali, le banche, nostrane o straniere, sembrano dormire sonni tranquilli; il che fa nascere il sospetto che le si voglia lasciare in pace, visto che non ci vogliono dei geni finanziari per capire i trucchi contabili adottati per ridurre ai minimi termini le tasse dovute, in particolare non computando all’attivo il denaro prestato, ma solo gli interessi; o truffando lo Stato italiano con la richiesta di rimborsi di crediti d’imposta non dovuti. Autori: le solite investment banks, Goldman Sachs (all’epoca dei fatti presieduta da Mario Draghi), JP Morgan, Lehman Bros. Chi avesse dei dubbi si legga il più volte citato “€uroschiavi” di Marco Della Luna e “La Repubblica delle Banche”, in uscita in questi giorni, scritto da Elio Lannutti, fondatore 20 anni fa dell’Adusbef, associazione di difesa dei consumatori, in particolare proprio dai soprusi bancari (www.adusbef.it). Dopo le AM lire e i dollari “gialli”, il Bel Paese è dunque ancora terra di conquista per la grande finanza americana.


Marco Giacinto PellifroniFonte: http://www.truciolisavonesi.it/
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DI MARCO GIACINTO PELLIFRONI

trucioli savonesi


La notte tra il 9 e il 10 luglio 1943 la Sicilia subì un massiccio attacco da parte delle truppe americane, che in un mese riuscirono ad occupare l’intera isola. Dalla Sicilia sarebbe partita l’operazione per la conquista dell’Italia: un’operazione durata quasi due anni. In questo lasso di tempo gli americani invasero, o liberarono, a seconda dei punti di vista, la penisola; ma all’invasione militare aggiunsero anche quella monetaria. I primi due aerei carichi di AM lire partirono dagli USA nel luglio 1943 alla volta dell’Italia e il generale Alexander, Comandante in capo della campagna militare italiana, emise un proclama in cui imponeva la circolazione forzosa delle AM lire (Allied Military Currency), che chiunque era tenuto ad accettare per qualsiasi pagamento. L’Italia fu in seguito inondata da questa moneta estranea alla sua economia per un totale di ben 130 miliardi di lire, che, per il periodo considerato, era davvero una montagna di soldi. Le AM lire continuarono ad avere corso legale fino al 30 giugno 1950. Ma gli americani non si limitarono alle AM lire: introdussero anche, sempre con lo stesso corso forzoso, un’imprecisata quantità di dollari col sigillo giallo, anziché blu, come quello dei dollari americani (ciò allo scopo di poterli dichiarare fuori corso nel caso ingenti quantitativi fossero caduti in mani nemiche). Essi furono dichiarati valuta legale dal governo Badoglio il 24 settembre 1943. Per inciso, si noti la scritta che ne certifica la copertura in argento, “pagabile su richiesta al portatore”. Bei tempi, verrebbe da dire, visto che oggi il dollaro, come d’altronde tutte le maggiori valute, ha a Fort Knox oro o argento per lo 0,00….% (e ufficialmente neppure questo, dal 15 agosto 1971!). Credo comunque che nessun italiano abbia mai potuto pretendere argento in cambio di questi dollari “italiani”, ma solo scambiarli per merce prodotta in Italia, col lavoro italiano; e questo fino al 31 luglio 1945, quando furono dichiarati fuori corso, ossia carta straccia.Le AM lire erano state stampate senza quelle sofisticazioni e accorgimenti usati per la valuta corrente, per cui parecchi falsari, specie a Napoli, si dettero a riprodurne in quantità.La domanda che io ora pongo è: agli effetti del danno prodotto all’economia italiana, già stremata da anni di guerra, anche civile, faceva qualche differenza che le AM lire (o i dollari col sigillo giallo) fossero quelle “genuine”, stampate dalle tipografie americane, o quelle stampate in qualche scantinato napoletano?La mia risposta è: no. Infatti, ogniqualvolta la moneta di una nazione viene stampata da un ente che non rispetta la proporzione che la nuova moneta deve avere con la crescita di ricchezza della nazione in cui viene fatta circolare, quella moneta non fa che far lievitare l’inflazione, riducendo il potere d’acquisto della moneta circolante. Che poi venga definita falsa o meno è solo una questione semantica. Le truppe americane dovevano finanziare le loro operazioni belliche e, emettendo AM lire e dollari “italiani”, ne addossavano un carico corrispondente, in termini di inflazione, sulle spalle del popolo italiano. Del pari facevano i falsari, che ponevano in circolo moneta per fini propri, gravando anch’essi sul resto della popolazione.Finora abbiamo considerato due esempi che espongono, in tutta evidenza, il loro scopo parassitario, e cioè l’appropriazione di ricchezza altrui tramite la forzosa o clandestina diffusione di moneta aliena all’economia nazionale. Ma che dire di un club di banchieri privati che, grazie alle leggi di governi a loro subalterni, compiono la medesima stampa di moneta, successivamente imposta nel Paese? L’operazione è simile a quella delle AM lire e dei dollari “gialli” sotto il profilo della forzosità -che ovviamente non vale per la valuta falsa-, ma entrambe non si discostano da quella di chi stampa per proprio esclusivo lucro. Guardiamo la tabella in fondo all’articolo (in Pdf Qui). Come possiamo notare, tutte le maggiori nazioni, ad esclusione di Giappone e Svizzera, annualmente stampano valuta e concedono credito in volumi decisamente superiori alla crescita del loro PIL. La differenza corrisponde a moneta o crediti creati senza una corrispondente produzione di ricchezza. Le loro valute dovrebbero svalutarsi in proporzione a tale differenza, e i liberi rapporti di cambio evidenziano la caduta, non in termini assoluti, ma relativi: ad es. il rublo si svaluta a velocità doppia dell’euro, ma entrambi si svalutano comunque, e la loro svalutazione appare sotto forma di perdita di potere d’acquisto, circa doppia in Russia rispetto all’Eurozona.I casi anomali sono quelli di Svizzera e Giappone, per motivi ben diversi: la prima per il suo speciale e forse unico status di nazione a base prettamente finanziaria con un’immagine di stabilità secolare: una cassaforte che non necessita di attirare i capitali stranieri remunerandoli con alti tassi di interesse; il secondo per la scarsa propensione alla spesa e al consumo dei giapponesi, indifferenti all’offerta di denaro a basso costo. Di conseguenza entrambi i paesi sono stati oggetto di quel particolare tipo di speculazione che è il carry trading, ossia la presa in prestito di yen e franchi svizzeri per impiegarli in nazioni a più alto rendimento dei capitali.In un precedente articolo avevo fatto riferimento al capitolo de Il Milione di Marco Polo dove tratta del particolare sistema di prelievo di ricchezza effettuato dal Gran Khan a spese dei suoi sudditi: la moneta legale circolante nel suo impero erano foglietti di carta ottenuta dalla scorza del gelso (la pianta che fornisce il nutrimento ai bachi da seta), vidimati col sigillo dell’imperatore e dichiarati l’unica forma di pagamento ammissibile, pena la morte. Anche in quel caso si verificava sottrazione della ricchezza prodotta dal popolo col proprio lavoro da parte di qualcun altro: il sovrano, che se ne dichiarava proprietario. All’epoca era praticamente impossibile per le autorità calcolare quello che oggi chiamiamo PIL, per cui la quantità di moneta cartacea in circolazione veniva prodotta in base al corrispondente ammontare di beni solidi che i cittadini dovevano consegnare al sovrano in cambio di quella moneta cartacea per i loro successivi pagamenti, essendo vietato il baratto. In questo modo il Gran Khan diveniva fisicamente proprietario di tutti i beni dell’impero. Oggi le banche centrali fanno esattamente lo stesso, in quanto tutta la moneta in circolazione, sia essa cartacea o scritturale, è stata dalle stesse banche originariamente prestata alla collettività, in cambio dei beni da essa prodotti, con un meccanismo identico, anche se meno palese, di quello adottato dal Gran Khan o dal generale Alexander. Tuttavia, ciò che differenzia i regimi nei quali il sovrano si identifica con il produttore di moneta e quelli in cui tale funzione è svolta da una lobby di banchieri, cui sottosta, di fatto, il potere politico e legislativo, è che nel primo caso si staglia ben nitida la figura della persona responsabile sotto il profilo sia politico che economico-finanziario, mentre nel secondo governa la lobby bancaria dietro il paravento di un Parlamento, per cui i veri responsabili della gestione della cosa pubblica non sono identificabili, stanno nell’ombra. Insomma, è venuta meno la responsabilità personale. Il signore che perdeva la guerra perdeva spesso anche la testa. Oggi, possono cadere una o cento teste politiche (in Italia siamo comunque più prossimi all’una, e comunque la caduta è solo simbolica), ma i veri governanti, che nessuno vede, si tramandano il potere di secolo in secolo, come le dinastie d’altri tempi, ma con rischi pressoché nulli.


P.S. Dopo aver scritto quanto sopra leggo della raffica di arresti di disinvolti gestori di hedge funds e investment banks d’oltreoceano. I rischi cominciano ora a scostarsi da zero, almeno negli USA. Qui da noi, invece, nonostante le ripetute violazioni delle norme, anche fiscali, le banche, nostrane o straniere, sembrano dormire sonni tranquilli; il che fa nascere il sospetto che le si voglia lasciare in pace, visto che non ci vogliono dei geni finanziari per capire i trucchi contabili adottati per ridurre ai minimi termini le tasse dovute, in particolare non computando all’attivo il denaro prestato, ma solo gli interessi; o truffando lo Stato italiano con la richiesta di rimborsi di crediti d’imposta non dovuti. Autori: le solite investment banks, Goldman Sachs (all’epoca dei fatti presieduta da Mario Draghi), JP Morgan, Lehman Bros. Chi avesse dei dubbi si legga il più volte citato “€uroschiavi” di Marco Della Luna e “La Repubblica delle Banche”, in uscita in questi giorni, scritto da Elio Lannutti, fondatore 20 anni fa dell’Adusbef, associazione di difesa dei consumatori, in particolare proprio dai soprusi bancari (www.adusbef.it). Dopo le AM lire e i dollari “gialli”, il Bel Paese è dunque ancora terra di conquista per la grande finanza americana.


Marco Giacinto PellifroniFonte: http://www.truciolisavonesi.it/

VERSO L'AGGREGAZIONE ?


Si rende noto che il giorno 28/06/2008. alle ore 10,30, presso l'Hotel delle Terme di Agnano (Napoli) i rappresentanti del : partito per il SUD, Partito del SUD, Lega SUD Ausonia, l'Altra Sicilia, SUD libero, terranno una Conferenza Programmatica con lo scopo di promuovere un primo documento riassuntivo di alcune proposte di legge necessarie al rilancio dell'economia del SUD Italia e a tutelare il suo Costituzionale Diritto allo sviluppo. Per informazioni telefonare al 3384146300.
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Si rende noto che il giorno 28/06/2008. alle ore 10,30, presso l'Hotel delle Terme di Agnano (Napoli) i rappresentanti del : partito per il SUD, Partito del SUD, Lega SUD Ausonia, l'Altra Sicilia, SUD libero, terranno una Conferenza Programmatica con lo scopo di promuovere un primo documento riassuntivo di alcune proposte di legge necessarie al rilancio dell'economia del SUD Italia e a tutelare il suo Costituzionale Diritto allo sviluppo. Per informazioni telefonare al 3384146300.

venerdì 27 giugno 2008

Il Congresso del Partito del Sud sulla stampa


Giro in rete una prima rassegna stampa relativa alle decisione assunte nel corso del 1° Congresso del Partito del Sud il 20 e 21 giugno a Gaeta.

Nel corso dello stesso Congresso i delegati hanno approvato la creazione della Rete Sud con obiettivi socio-culturali e, come prima iniziativa della stessa Rete Sud, è stata avviata una sottoscrizione per la realizzazione, a Gaeta, di un monumento a Francesco II, Maria Sofia e ai soldati caduti sugli spalti della cittadina in difesa del Regno. Il progetto, che coinvolgerà le scuole superiori gaetane, prevede l'inserimento, alla base dell'opera, di mattoni con i nomi di tutti coloro che avranno inviato il proprio contributo. L'iniziativa, i cui particolari saranno comunicati con la presentazione del progetto nelle scuole di Gaeta, si inserisce nel quadro delle manifestazioni che segneranno il gemellaggio storico tra le citta di Bitonto e Gaeta.

Saluti

Francesco Laricchia



Nel mirino dei meridionalisti il Trattato di Lisbona


IL PARTITO DEL SUD VUOLE UN REFERENDUM SULL'UE


Di Anna Galise


Gaeta- Il I Congresso nazionale del Partito del Sud, coordinato da Antonio Ciano, svoltosi a Gaeta presso l'hotel Serapo dal 20-21 giugno scorsi, su proposta del coordinatore nazionale organizzativo, Francesco Laricchia, ha deciso, all'unanimità, di avviare la costituzione di un comitato volto alla richiesta di un referendum consultivo sul cosiddetto Tratto di Lisbona; " trattato nel quale - si legge in premessa della delibera - sono state riproposte le norme che disciplinano la Costituzione europea già respinta nel 2006". La decisione prende le mosse dal fatto che lo scorso 12 giugno, con una consultazione popolare, l'Irlanda ha bocciato lo stesso Trattato, i cui effetti incideranno su milioni di persone del continente europeo, debba essere compreso, valutato ed eventualmente accettato da coloro i quali vi si dovranno attenere - affermano gli esponenti del partito del Sud - non può essere lasciato all'approvazione di un ristretto numero di cittadini - parlamentari, peraltro eletti in liste bloccate realizzate dalle segreterie di partito, il coordinamento nazionale del partito si impegna ad avviare contatti con gli altri movimenti identitari meridionali, europei ed extraeuropei, finalizzati all'ampliamento del Comitato che consenta il raggiungimento dell'obiettivo referendario".Quanti volessero aderire possono farlo inviando una mail a retesud@gmail.com.


Il Congresso si è concluso con la relazione del riconfermato coordinatore nazionale Antonio Ciano, il quale ha proposto però ai delegati di rinviare a settembre la definizione dell'organigramma." Ho accettato la carica ma con riserva - spiega l'assessore comunale ad demanio. Largo ai giovani".Il 28 giugno le forze meridionaliste si incontreranno a Napoli.


IL TEMPO Lunedì 23 giugno 2008


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Giro in rete una prima rassegna stampa relativa alle decisione assunte nel corso del 1° Congresso del Partito del Sud il 20 e 21 giugno a Gaeta.

Nel corso dello stesso Congresso i delegati hanno approvato la creazione della Rete Sud con obiettivi socio-culturali e, come prima iniziativa della stessa Rete Sud, è stata avviata una sottoscrizione per la realizzazione, a Gaeta, di un monumento a Francesco II, Maria Sofia e ai soldati caduti sugli spalti della cittadina in difesa del Regno. Il progetto, che coinvolgerà le scuole superiori gaetane, prevede l'inserimento, alla base dell'opera, di mattoni con i nomi di tutti coloro che avranno inviato il proprio contributo. L'iniziativa, i cui particolari saranno comunicati con la presentazione del progetto nelle scuole di Gaeta, si inserisce nel quadro delle manifestazioni che segneranno il gemellaggio storico tra le citta di Bitonto e Gaeta.

Saluti

Francesco Laricchia



Nel mirino dei meridionalisti il Trattato di Lisbona


IL PARTITO DEL SUD VUOLE UN REFERENDUM SULL'UE


Di Anna Galise


Gaeta- Il I Congresso nazionale del Partito del Sud, coordinato da Antonio Ciano, svoltosi a Gaeta presso l'hotel Serapo dal 20-21 giugno scorsi, su proposta del coordinatore nazionale organizzativo, Francesco Laricchia, ha deciso, all'unanimità, di avviare la costituzione di un comitato volto alla richiesta di un referendum consultivo sul cosiddetto Tratto di Lisbona; " trattato nel quale - si legge in premessa della delibera - sono state riproposte le norme che disciplinano la Costituzione europea già respinta nel 2006". La decisione prende le mosse dal fatto che lo scorso 12 giugno, con una consultazione popolare, l'Irlanda ha bocciato lo stesso Trattato, i cui effetti incideranno su milioni di persone del continente europeo, debba essere compreso, valutato ed eventualmente accettato da coloro i quali vi si dovranno attenere - affermano gli esponenti del partito del Sud - non può essere lasciato all'approvazione di un ristretto numero di cittadini - parlamentari, peraltro eletti in liste bloccate realizzate dalle segreterie di partito, il coordinamento nazionale del partito si impegna ad avviare contatti con gli altri movimenti identitari meridionali, europei ed extraeuropei, finalizzati all'ampliamento del Comitato che consenta il raggiungimento dell'obiettivo referendario".Quanti volessero aderire possono farlo inviando una mail a retesud@gmail.com.


Il Congresso si è concluso con la relazione del riconfermato coordinatore nazionale Antonio Ciano, il quale ha proposto però ai delegati di rinviare a settembre la definizione dell'organigramma." Ho accettato la carica ma con riserva - spiega l'assessore comunale ad demanio. Largo ai giovani".Il 28 giugno le forze meridionaliste si incontreranno a Napoli.


IL TEMPO Lunedì 23 giugno 2008


UN PONTE DI GUERRA


DI ANTONIO MAZZEO Rekombinant

Opporsi alla realizzazione del Ponte sullo Stretto non risponde solo a obiettivi di difesa del territorio e dell’ambiente o di lotta ai modelli socioeconomici e trasportistici di stampo neoliberista. Attorno al progetto ruotano infatti gli interessi dei Signori delle guerre che insanguinano il pianeta. A promuovere il Ponte c’è il capitale transnazionale che controlla l’industria bellica e le imprese impegnate nelle costruzione delle basi militari. L’eventuale costruzione del Ponte sarà inoltre l’occasione per dare impulso ai processi di militarizzazione del Sud Italia.

Verso la militarizzazione dello Stretto di Messina

Intervenendo ad un convegno pro-Ponte organizzato nel 2005 dalla CISL, l’allora presidente della Commissione parlamentare antimafia, sen. Roberto Centaro (AN), si soffermava sui rischi d’infiltrazione mafiosa nella gestione degli appalti per la realizzazione dell’opera, preannunciando le “contromisure” che il governo intendeva adottare. “I servizi segreti saranno operativi – ha affermato Centaro – e se necessario non si esiterà ad attuare un’operazione sullo stile dei Vespri Siciliani, anche se rinunciare alla militarizzazione sarebbe una prova di forza da parte delle istituzioni”. Uomini dei servizi e militari dunque per presidiare i cantieri del Ponte sullo Stretto, in una riproposizione della sventurata stagione post-stragista del 1992, quando l’allora governo Amato inviò in Sicilia i reparti dell’Esercito del Centro-Nord per presidiare strade, porti, ponti, infrastrutture produttive, finanche abitazioni private. Un’operazione di “controllo del territorio” che contribuì al processo di militarizzazione dell’isola fornendo un’occasione unica e irripetibile alle forze armate per sperimentare ruoli di controllo “interno” e di “ordine pubblico”, funzioni poi esportate nei principali scacchieri di guerra, dalla Somalia alla ex Jugoslavia, sino alle recenti missioni in Afghanistan ed Iraq.(1 ) Per assicurare la “pax sociale” nell’area dello Stretto di Messina, il nuovo governo Berlusconi si avvarrà così dello strumento predisposto dal ministro Ignazio la Russa (AN), quei 3.000 volontari super specializzati delle forze armate pronti a presidiare i “punti sensibili” del territorio nazionale (discariche e megainceneritori, vecchie e nuove centrali nucleari, cantieri delle grandi opere, ecc.). Meno noto ma certamente più costoso sarà invece il dispositivo armamentistico che dovrà essere predisposto per la difesa vera e propria della megainfrastruttura. Come denunciato da anni dai pacifisti locali, l’eventuale realizzazione del Ponte di Messina genererà una vera e propria rivoluzione dell’assetto militare nel Mezzogiorno d’Italia. Nella seconda metà degli anni ’80, il ministero della Difesa presentò un rapporto segreto (denominato “Coefficiente D”), in cui venivano analizzati gli interventi necessari per un eventuale utilizzo dell’infrastruttura per esigenze di tipo militare e per assicurare la protezione del manufatto in caso di crisi internazionale, minacce terroristiche o di vero e proprio conflitto armato. Sin da allora il tema della “difesa del ponte” apparve agli strateghi uno dei problemi più complessi da affrontare. Il generale Gualtiero Corsini, in un suo intervento su una rivista specializzata delle forze armate, parlò di “grossi problemi di vulnerabilità del ponte”, data la sua sovraesposizione “ad ogni tipo di attacco con navi, aerei o missili”. Secondo il generale Corsini, il ponte sullo Stretto era destinato a diventare “punto sensibile di dimensione strategica probabilmente non comparabile con alcun altro obiettivo esistente in Italia”. “Il risultato di un’azione offensiva contro una tale opera – aggiungeva il militare - sarebbe in ogni caso “eccezionale” specie per i contenuti di “simbolo”, politici e psicologici, che un attentato all’infrastruttura verrebbero ad assumere”. Osservazioni quasi profetiche, considerando gli scenari internazionali apertisi dopo l’11 settembre 2001 con l’attacco aereo alle Torre Gemelle di New York. Nel suo intervento il generale Corsini non si sbilanciava a quantificare gli oneri finanziari per la difesa militare del Ponte, anche se li definiva “altissimi” in quanto si sarebbero dovuti approntare “una molteplicità di sistemi aerei, missilistici e artigliereschi con base a terra e su mezzi navali”. (2) Contemporaneamente all’inizio dei lavori per il Ponte sullo Stretto e allo sbarco dei nuovi “Vespri Siciliani” è dunque ipotizzabile l’installazione di sistemi di missili terra-aria tra Scilla e Cariddi, l’utilizzo degli scali “civili” di Reggio Calabria e Lamezia Terme per il rischiaramento di cacciaintercettori e bombardieri, l’ennesimo potenziamento della base aeronavale di Sigonella (dove stanno per giungere i velivoli senza pilota Global Hawk) e dei porti militari di Messina ed Augusta, la “cessione” alla NATO del porto di Gioia Tauro, la predisposizione di una “cintura navale” nel Basso Tirreno e nello Ionio magari utilizzando l’arcipelago delle Eolie ed i porti di Milazzo, Giardini-Naxos, Giarre-Riposto e Catania (come avvenuto durante le crisi USA-Libia e la prima Guerra del Golfo).(3)

Dalle basi Usa al Ponte

Analizzando alcune delle società impegnate nella progettazione e realizzazione della megaopera nello Stretto di Messina, è possibile individuare un ulteriore aspetto del rapporto Ponte-militarizzazione. Esse, infatti, sono contestualmente tra le protagoniste nella costruzione e ampliamento delle principali basi USA e NATO in Italia. E non solo.
Impregilo, ad esempio, capofila dell’associazione temporanea d’imprese general contractor per i lavori del Ponte, nel 2006 ha concluso i lavori di ammodernamento dell’aeroporto militare di Capodichino (Napoli), a disposizione delle forze aeree della US Navy e della NATO operanti nel Mediterraneo e nello scacchiere mediorientale. Sino al giugno del 2006, la stessa Impregilo, tramite la controllata Impregilo Edilizia e Servizi, deteneva il 60% delle quote sociali di “Gricignano 3”, società attiva nei servizi di facility management presso l’ospedale della Marina militare americana di Gricignano d’Aversa (Caserta).(4 ) Dalla Colombia al Guatemala, dalla Nigeria al Kurdistan, dal Lesotho all’Islanda, la società ha inoltre firmato alcune delle opere infrastrutturali più devastanti dal punto di vista ambientale e sociale.(5) Attualmente Impregilo è impegnata in Italia nel completamento di due tratte dell’Alta Velocità ferroviaria a maggiore impatto socioambientale, la Bologna-Firenze e la Novara-Milano, nonché nella costruzione del passante autostradale di Mestre. In cordata con Impregilo per i lavori del Ponte c’è poi l’azienda leader della Lega delle Cooperative, la CMC – Cooperativa Muratori Cementisti di Ravenna, che arriverà nello Stretto con i manager ed i mezzi che operano ininterrottamente da dodici anni nella base nucleare di Sigonella, trampolino di lancio di tutte le operazioni di guerra degli Stati Uniti in Africa e Golfo Persico. Lo scalo aeronavale di Sigonella sorge a pochi chilometri dalla città di Catania. La base è al centro di un vasto programma di potenziamento infrastrutturale. Nel gennaio 2008 si sono conclusi i lavori del cosiddetto “Mega IV Multiple Buildings Naval Air Station”, con la realizzazione di una scuola all’interno di NAS1 (la zona adibita a centro residenziale per i militari americani) e di altri sette edifici con varie destinazioni d’uso, prevalentemente uffici ed officine, nell’area operativa di NAS 2 (lo scalo aeroportuale con i depositi di armi e gli hangar per cacciabombardieri e pattugliatori). L’intero ammontare dei lavori, per un valore di 59,5 milioni di euro, sono stati appannaggio della CMC. Nella base Sigonella, la cooperativa di Ravenna ha pure portato a termine le opere del Piano Mega III, finanziati nel 2001 dal Dipartimento della Marina degli Stati Uniti. Con il Mega III sono stati realizzati strade, parcheggi, piazze, aree attrezzate a verde, sei edifici polifunzionali, un centro commerciale ed un complesso sportivo e ricreativo per le truppe USA. Ancora più sostanzioso il valore di questo programma: alla CMC sono andati infatti 76,3 milioni di euro. Altri 80 miliardi di vecchie lire erano finiti invece alla “coop” nel 1996 per il Piano Mega II (la realizzazione di alloggi per i sottufficiali americani ed altre sei palazzine adibite a uffici e centri operativi). La cooperativa “rossa” compare poi nel consorzio che dovrà realizzare la galleria di circa 10 chilometri a Venaus, in Val di Susa, nell’ambito dei lavori per l’Alta Velocità ferroviaria Torino-Lione. E, come se non bastasse, nel marzo 2008 le forze armate USA hanno sottoscritto con la CMC un contratto per 245 milioni di euro per la costruzione delle infrastrutture che ospiteranno nell’aeroporto Dal Molin di Vicenza, i militari in forza alla 173^ Brigata Aerotrasportata dell’US Army, attualmente operativa dalle basi di Camp Ederle (Vicenza), Bamberg e Scweinfurt (Germania).(6 ) Al banchetto di guerra, la CMC di Ravenna parteciperà insieme al CCC - Consorzio Cooperative Costruzioni di Bologna, il colosso della Lega delle Cooperative di cui la stessa CMC è socia. (7 ) Tornando in Sicilia, merita segnalare il ruolo pro-Ponte e pro-basi di importanti società di costruzioni locali. La Demoter di Messina, ad esempio, azienda leader nella movimentazione terra, affermatasi pure in Trentino Alto Adige, Toscana e Calabria, è stata la subappaltatrice del consorzio Ferrofir (Astaldi-Di Penta-Impregilo) nella realizzazione della lunga galleria dei Peloritani tra Villafranca Tirrena e Messina, predisposta in vista del costruendo passante ferroviario del Ponte sullo Stretto. Nel maggio 2005, la Demoter ha inoltre rilevato gli ultimi lotti per il completamento, sulla A-20 Messina-Palermo, degli svincoli ai quartieri di Giostra e Annunziata, previsti come penetrazione autostradale verso Capo Peloro e la futura torre siciliana del Ponte. Per questi lavori, la Demoter si è associata con la veneta Cordioli e C. e con A.I.A. Costruzioni di Catania, società che ha realizzato un edificio “per la gestione delle munizioni” nella base aerea USA di Aviano, l’air terminal per passeggeri e merci della base NATO di Napoli Capodichino e alcuni alloggi per i militari statunitensi di stanza in quest’ultima infrastruttura militare. L’A.I.A Costruzioni ha inoltre partecipato alla realizzazione del nuovo aeroporto di Catania Fontanossa (utilizzato periodicamente da velivoli militari delle forze armate italiane e statunitensi); dell’albergo “Navy Lodge”, dell’ospedale “Med-Dental” e di un complesso scolastico della base USA di Sigonella. La società messinese Demoter ha pure eseguito lavori per 5,2 milioni di euro per il completamento del cosiddetto “Residence Mineo” che ospita, nel territorio dell’omonimo comune siciliano, quattrocento alloggi familiari per il personale americano in forza a Sigonella. Si è trattato di un intervento realizzato per conto della Pizzarotti Parma, altro colosso italiano delle costruzioni che ha partecipato alla gara per il general contractor del Ponte in cordata con il gruppo Astaldi di Roma. La stessa Pizzarotti ha realizzato in Sicilia il complesso “Belpasso Housing” che ospita 526 alloggi indipendenti per il personale USA di Sigonella. L’azienda di Parma è una dei maggiori leader nella realizzazione di basi militari in Italia. Nel 1979 le fu affidata la realizzazione di una serie di infrastrutture all’interno della Stazione aeronavale di Sigonella quando la base fu scelta dagli strateghi di Washington come baricentro dei nuovi piani di penetrazione militare nel Mediterraneo orientale e in Medio Oriente e come base avanzata in Europa della Rapid Deployment Force, la Forza d’Intervento Rapido delle forze armate USA. A metà anni ’80 la Pizzarotti ha poi partecipato alla costruzione di numerose infrastrutture nella base di Comiso (Ragusa), utilizzata dalla US Air Force per l’installazione di 112 missili a testata nucleare.(8 ) Più recentemente (anno 2003), il “Department of the US Navy” ha assegnato alla Pizzarotti i lavori di costruzione di un complesso di edifici da adibire a residenze per 300 marines, nella base di “Camp Ederle”, Vicenza, per un importo di oltre 20 milioni di euro. La società di Parma ha poi eseguito i lavori di ristrutturazione e di ampliamento delle banchine della base navale USA di Santo Stefano (arcipelago de La Maddalena), utilizzata sino a qualche tempo fa come base appoggio per i sottomarini nucleari i stanza nel Mediterraneo. Un’altra partner d’Impregilo e CMC nella progettazione e costruzione del Ponte, Società Italiana per le Condotte d’Acqua, a fine anni ’80 partecipò ai lavori di realizzazione dello stabilimento Alenia Aeronautica di Nola (Caserta). Allora la società era di proprietà del gruppo IRI ed era presieduta dal generale Mario de Sena, ex comandante dell’Arma dei Carabinieri. Nel 1994 Condotte passò poi sotto il controllo di Iritecna che in quegli anni era pure azionista della Stretto di Messina Spa.(9) Lo stabilimento Alenia di Nola è utilizzato oggi per la costruzione e l’assemblaggio di componenti destinati a velivoli civili e militari. L’attività produttiva di Alenia Aeronautica comprende, tra gli altri, il C-27J, aereo da trasporto tattico, o gli ATR42MP e ATR72ASW, velivoli appositamente sviluppati per missioni di pattugliamento marittimo. Alenia riveste inoltre un ruolo chiave in alcuni dei programmi militari internazionali più importanti, come l’Eurofighter Typhoon, il Joint Strike Fighter F-35 e il dimostratore UCAV europeo Neuron.

Mercanti di morte


Ancora meno noto come la Società Stretto di Messina, concessionaria pubblica per la realizzazione del Ponte, abbia avuto nel proprio consiglio d’amministrazione alcuni dei rappresentanti più significativi del complesso militare industriale italiano.
Giuseppe Zamberletti, Presidente della Stretto di Messina, è stato uno dei politici particolarmente attivi nella campagna orchestrata dalle grandi imprese militar-industriali per la modifica della legge 185 del 1990 che regola l’export di armi, a favore della piena “liberalizzazione” in materia. “Siamo contro le norme, introdotte dall’area parlamentare più utopistica e massimalista, realmente assurde, come quelle relative ai paesi in via di sviluppo”, ha dichiarato lo stesso Zamberletti, in occasione di un seminario organizzato nella primavera del 1999 dall’Istituto ricerche e informazioni difesa (Istrid), insieme alle maggiori aziende belliche nazionali.(10) Il nome di Giuseppe Zamberletti fu inserito nella lista del governo ultraconservatore che doveva essere insediato dopo il cosiddetto “golpe bianco” dell’ex partigiano Edgardo Sogno, previsto per l’agosto 1974, al culmine di una lunga stagione di sangue e di bombe neofasciste. Il governissimo per la restaurazione dell’“ordine sociale”, il cui programma presentava sorprendenti analogie con il Piano di Rinascita Democratica di Licio Gelli e della P2, prevedeva la presidenza di Randolfo Pacciardi, ministro della difesa Edgardo Sogno e dell’industria, appunto, Giuseppe Zamberletti. Emmanuele Emanuele, sino all’aprile 2005 nel consiglio d’amministrazione della società concessionaria per il Ponte, è consigliere dell’Agusta S.p.A., una delle protagoniste del mercato mondiale degli elicotteri da guerra (un fatturato di oltre 2,5 miliardi di euro ed un portafoglio ordini per oltre 7,6 miliardi). L’Agusta opera in joint venture con la britannica Westland ed è controllata da Finmeccanica, la holding a capitale pubblico che ha assorbito le maggiori aziende italiane operanti nel settore militare, aerospaziale e dell’energia nucleare. Oltre ad Agusta, Finmeccanica controlla Alenia Aeronautica, Selenia Communications, Ama, Aermacchi, Galileo Avionica, AnsaldoBreda ed Ansaldo Energia. Casualità vuole che l’odierno presidente del consiglio d’amministrazione di Impregilo sia Massimo Ponzellini, manager cresciuto all’ombra dell’ex presidente del consiglio Romano Prodi. Dopo aver ricoperto l’incarico di direttore generale del centro studi Nomisma e dirigente superiore dell’IRI, Ponzellini passò a sedere nel consiglio d’amministrazione di Finmeccanica. Da vicepresidente della BEI (la Banca Europea per gli Investimenti), nel 2001 Massimo Ponzellini aveva espresso la disponibilità del suo istituto a “sostenere fino al 50% il finanziamento del Ponte sullo Stretto”.(11) Amministratore delegato della holding di controllo del complesso militare industriale italiano è stato Alberto Lina, sino allo scorso anno amministratore delegato di Impregilo. Altro ex consigliere d’amministrazione di Finmeccanica è stato pure il dott. Pietro Ciucci, odierno amministratore delegato della Società Stretto di Messina, ma soprattutto presidente di ANAS, l’ente che è ormai l’azionista di riferimento della concessionaria pubblica per la realizzazione del Ponte. Del Cda di Finmeccanica è stato pure membro il professor Ernesto Monti, presidente del Gruppo Astaldi, grande sconfitto nella gara per il general contractor del Ponte. Del penultimo consiglio d’amministrazione della Stretto di Messina S.p.A., hanno fatto parte due uomini che ricopriranno poi un ruolo determinante nel cosiddetto processo di “ricostruzione” delle infrastrutture distrutte dai bombardamenti USA in Iraq: l’on. Vito Riggio, e l’ex manager Montedison, Lino Cardarelli. Vito Riggio è uno dei consiglieri d’amministrazione del “Consorzio italiano infrastrutture e trasporti per l’Iraq”, con sede legale a Roma e soci ANAS, Ferrovie dello Stato, Italferr, Ente nazionale per l’aviazione civile ed ENAV. Al consorzio è stata affidata l’attuazione del piano generale dei trasporti iracheno dalla CPA, l’Amministrazione della coalizione occupante (il governo provvisorio guidato dagli Stati Uniti e dagli “alleati”). Organo della CPA è il PMO (Program management office), l’organismo delle forze d’occupazione che coordina gli aspetti economici, finanziari e industriali della ricostruzione e di cui è stato nominato vicedirettore, appunto, Lino Cardarelli.

Transnazionali del Terrore

Il Program Management Office ha distribuito milioni di dollari ai general contractor chiamati alla ricostruzione di aeroporti, porti, reti stradali e infrastrutture petrolifere iracheni. Le società, ovviamente, sono in buona parte statunitensi; tra esse spiccano innanzitutto Bechtel, Luois Berger e Parsons, tutte concorrenti all’affare del Ponte sullo Stretto.
Bechtel è forse il maggior colosso militare-industriale-nucleare mondiale, ma esercita un ruolo predominante anche nel settore energetico, dei servizi e del controllo privato delle risorse idriche. Con sede a San Francisco (California) e un fatturato annuale di oltre 15.000 milioni di dollari, Bechtel è profondamente radicato nelle forze armate e nell’establishment politico repubblicano degli Stati Uniti. Il vice presidente di Bechtel Corporation, Jack Sheehan, è stato sino al 1998 generale dell’U.S. Marine Corps, e ha ricoperto pure l’incarico di responsabile del NATO’s Supreme Allied Commander Atlantic, e comandante in capo dell’U.S. Atlantic Command. Del consiglio d’amministrazione di Bechtel ha fatto parte per un lungo periodo George Shultz, potente ex segretario di stato degli Stati Uniti d’America durante la presidenza di Richard Nixon. Consulente legale di Bechtel è stato pure l’ex segretario della difesa, Caspar Weinberg, mentre Kenneth Devis, odierno vicepresidente del gruppo californiano, ha occupato l’incarico di vicesegretario per l’Energia dell’amministrazione di Gorge Bush padre. Gorge W. Bush figlio ha invece nominato il presidente del board esecutivo, Riley P. Bechtel, quale membro del proprio Consiglio di Presidenza per le Esportazioni. Bechtel ha progettato il Canale della Manica, tra le realizzazioni più fallimentari della storia dei trasporti. La società, inoltre, è stata tra le prime nel 1997 ad offrire alla Stretto di Messina la disponibilità alla partecipazione progettuale ed esecutiva del Ponte; nello stesso anno i suoi manager incontravano a Messina i vertici della Società Stretto e l’allora presidente, oggi onorario, Nino Calarco.(12 ) Nonostante Bechtel International Inc. sia stata presente alla fase di pre-qualifica per l’individuazione del cosiddetto “Project Management Consultant” (PMC), che avrà il compito di svolgere le attività di controllo e verifica della progettazione definitiva, esecutiva e della realizzazione dell’opera da parte del Contraente Generale, il gruppo californiano non ha presentato un’offerta alla gara effettuata a fine 2005. Probabilmente alcuni degli innumerevoli impegni assunti con l’amministrazione Bush avranno indotto il management della società a ritenere meno vantaggioso il rapporto costi-benefici del Ponte. Bechtel, infatti, oltre a contratti per milioni di dollari in Iraq, è impegnata con la Lockheed Martin nel nuovo programma di potenziamento del sistema missilistico nucleare e di sorveglianza spaziale avviato nell’atollo Kwajalein (“Reagan Test Site”), Isole Marshall per conto dell’U.S. Army Space and Missile Defense Command. Altri appalti per circa 5 miliardi di dollari sono stati ottenuti dal Dipartimento per l’Energia degli Stati Uniti per sviluppare gli impianti di processamento di uranio per la fabbricazione di testate nucleari di Oak Ridge, Tennessee. Bechtel Corporation gestisce inoltre la stazione per i test nucleari del Nevada, dove vengono eseguiti in profondità e con cadenza periodica i cosiddetti “esperimenti subcritici” (dal costo di circa 20 milioni di dollari l’uno).(13) Anche il gruppo Louis Berger, società d’ingegneria con sede in New Jersey, ha concorso, senza successo, al bando di gara per il Project Management Consulting (PMC) del Ponte sullo Stretto. Oltre che in Iraq, Louis Berger è presente nella ricostruzione di importanti infrastrutture nell’Afghanistan sotto occupazione internazionale. La gara per il PMC è stata invece vinta da Parsons Transportation Group che così seguirà la progettazione definitiva del Ponte sullo Stretto di Messina. Colosso statunitense del settore d’ingegneria e costruzioni, Parsons ha sede a Pasadena (California) e filiali in oltre 80 paesi del mondo. In Iraq, il Program Management Office della coalizione militare internazionale occupante, ha affidato al gruppo Parsons contratti per milioni di dollari per la ricostruzione di decine d’infrastrutture civili e militari. Parsons Transportation Group, che per il regime di Saddam Hussein aveva realizzato il ponte “14 luglio” sul Tigri e la megacentrale elettrica di alimentazione della città di Bagdad, nonché progettato la metropolitana sotterranea della capitale, è stato inoltre contrattato dal Corpo d’Ingegneria dell’Esercito USA per lo “sminamento e la distruzione di armi” ed il recupero delle maggiori reti petrolifere e dei gasdotti irakeni. Per conto dell’US Air Force, il gruppo Parsons ha riabilitato le infrastrutture della base aerea di Taji, oggi una delle più importanti aree operative delle forze armate della coalizione alleata. La società statunitense è infine subappaltatrice del colosso Bechtel International Inc. per la realizzazione di un megaprogramma infrastrutturale (sistemi idrici, ospedali, centri educativi, caserme, stazioni di polizia e prigioni) coordinato dal PMO e finanziato in parte da USAID, l’agenzia di cooperazione USA. In Iraq, contratti complessivi per 200 milioni di dollari sono finiti invece alle imprese italiane “amiche” del Ponte, principalmente Snamprogetti e Tecnimont (in gara per il Project Management Consultant dell’opera) e Techint della famiglia italo-argentina dei Rocca, a capo dell’impero internazionale dell’acciaio e azionista di riferimento di Impregilo sino alla primavera del 2007. La stessa Impregilo continua ad aspirare ad importanti commesse civili nel martoriato paese arabo. La società di Sesto San Giovanni è del resto di casa nello scacchiere mediorientale: nel piccolo emirato di Abu Dhabi, Impregilo ha realizzato numerosi dissalatori e la più grande moschea del mondo. Ancora ad Abu Dhabi, Giuseppe Zappia, l’imprenditore italo-canadese che avrebbe operato per conto di Cosa Nostra per finanziare il Ponte sullo Stretto, ha progettato un acquedotto di oltre 400 chilometri ed ottenuto ben otto contratti di costruzioni civili. Negli Emirati Arabi Zappia ha anche lavorato alla realizzazione di campi base utilizzati dalle forze armate USA per sferrare i suoi attacchi all’Iraq durante le due più recenti Guerre del Golfo. Il Ponte è certamente un mostro del capitalismo senza alcuna parvenza umana.
Antonio Mazzeo

Fonte: http://www.rekombinant.org/
Link: http://liste.rekombinant.org/wws/arc/rekombinant/2008-06/msg00063.html 22.06.08
Note
1 A. Mangano, A. Mazzeo, Il mostro sullo Stretto. Sette ottimi motivi per non costruire il Ponte, Edizioni Punto L, Ragusa, 2006, p. 91. 2 Cfr. G. Messina “Quale difesa per il ponte”, Giornale di Sicilia, 1 aprile 1988. 3 A. Mazzeo, “Forze armate missili e 007 a difesa Ponte sullo Stretto”, www.terrelibere.org./noponte/oss.php, 21 novembre 2004. 4 Impregilo ha inoltre concorso, senza fortuna, alle diverse gare d’appalto indette dal Dipartimento della Difesa USA per il potenziamento dello scalo aeronavale di Sigonella (Sicilia). 5 A. Mazzeo, A. Trifirò, Colombia. Conflitto armato, ruolo delle multinazionali, violazione dei diritti indigeni, Palombi Editore, Roma, 2001. 6 K. Harris, “U.S. awards Dal Molin construction contract”, Stars and Stripes, European edition, March 30, 2008. 7 Il Consorzio Cooperative Costruzioni di Bologna ha partecipato alla gara preliminare per il general contractor del Ponte sullo Stretto in cordata con il gruppo Astaldi di Roma, e dunque come avversaria della “socia” CMC. Inverosimilmente, la cooperativa bolognese si ritirò però alla vigilia dell’apertura delle buste di gara, dopo che il sito Terrelibere.org, il WWF e la parlamentare verde Anna Donati avevano ipotizzato la violazione delle normative in materia di appalti che escludono espressamente la partecipazione ad una gara di imprese che “si trovino fra di loro in una delle situazioni di controllo”. 8 A. Mazzeo, La Mega Sigonella, paper, Campagna per la smilitarizzazione di Sigonella, Catania, maggio 2004. 9 Tre anni più tardi la Società Italiana per le Condotte d’Acqua fu definitivamente acquisita dalla finanziaria Ferfina della famiglia Bruno. 10 G. Meroni, “La lobby italiana delle armi”, Vita Magazine, 14 gennaio 2005. 11 Il Sole 24 Ore, 20 aprile 2001. 12 Nino Calarco è anche direttore della Gazzetta del Sud, il principale quotidiano in Calabria e nella provincia di Messina, caratterizzatosi come principale portavoce dei “Signori del Ponte”. 13 Relativamente alla stazione del Nevada e agli esperimenti subcritici nucleari si veda: P. Farinella, Gli esperimenti “subcritici” del Nevada: non sono test nucleari ma…, Unione Scienziati per il disarmo (USPID), http://www.uspid.dsi.unimi.it/doc/subcrit.html.
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DI ANTONIO MAZZEO Rekombinant

Opporsi alla realizzazione del Ponte sullo Stretto non risponde solo a obiettivi di difesa del territorio e dell’ambiente o di lotta ai modelli socioeconomici e trasportistici di stampo neoliberista. Attorno al progetto ruotano infatti gli interessi dei Signori delle guerre che insanguinano il pianeta. A promuovere il Ponte c’è il capitale transnazionale che controlla l’industria bellica e le imprese impegnate nelle costruzione delle basi militari. L’eventuale costruzione del Ponte sarà inoltre l’occasione per dare impulso ai processi di militarizzazione del Sud Italia.

Verso la militarizzazione dello Stretto di Messina

Intervenendo ad un convegno pro-Ponte organizzato nel 2005 dalla CISL, l’allora presidente della Commissione parlamentare antimafia, sen. Roberto Centaro (AN), si soffermava sui rischi d’infiltrazione mafiosa nella gestione degli appalti per la realizzazione dell’opera, preannunciando le “contromisure” che il governo intendeva adottare. “I servizi segreti saranno operativi – ha affermato Centaro – e se necessario non si esiterà ad attuare un’operazione sullo stile dei Vespri Siciliani, anche se rinunciare alla militarizzazione sarebbe una prova di forza da parte delle istituzioni”. Uomini dei servizi e militari dunque per presidiare i cantieri del Ponte sullo Stretto, in una riproposizione della sventurata stagione post-stragista del 1992, quando l’allora governo Amato inviò in Sicilia i reparti dell’Esercito del Centro-Nord per presidiare strade, porti, ponti, infrastrutture produttive, finanche abitazioni private. Un’operazione di “controllo del territorio” che contribuì al processo di militarizzazione dell’isola fornendo un’occasione unica e irripetibile alle forze armate per sperimentare ruoli di controllo “interno” e di “ordine pubblico”, funzioni poi esportate nei principali scacchieri di guerra, dalla Somalia alla ex Jugoslavia, sino alle recenti missioni in Afghanistan ed Iraq.(1 ) Per assicurare la “pax sociale” nell’area dello Stretto di Messina, il nuovo governo Berlusconi si avvarrà così dello strumento predisposto dal ministro Ignazio la Russa (AN), quei 3.000 volontari super specializzati delle forze armate pronti a presidiare i “punti sensibili” del territorio nazionale (discariche e megainceneritori, vecchie e nuove centrali nucleari, cantieri delle grandi opere, ecc.). Meno noto ma certamente più costoso sarà invece il dispositivo armamentistico che dovrà essere predisposto per la difesa vera e propria della megainfrastruttura. Come denunciato da anni dai pacifisti locali, l’eventuale realizzazione del Ponte di Messina genererà una vera e propria rivoluzione dell’assetto militare nel Mezzogiorno d’Italia. Nella seconda metà degli anni ’80, il ministero della Difesa presentò un rapporto segreto (denominato “Coefficiente D”), in cui venivano analizzati gli interventi necessari per un eventuale utilizzo dell’infrastruttura per esigenze di tipo militare e per assicurare la protezione del manufatto in caso di crisi internazionale, minacce terroristiche o di vero e proprio conflitto armato. Sin da allora il tema della “difesa del ponte” apparve agli strateghi uno dei problemi più complessi da affrontare. Il generale Gualtiero Corsini, in un suo intervento su una rivista specializzata delle forze armate, parlò di “grossi problemi di vulnerabilità del ponte”, data la sua sovraesposizione “ad ogni tipo di attacco con navi, aerei o missili”. Secondo il generale Corsini, il ponte sullo Stretto era destinato a diventare “punto sensibile di dimensione strategica probabilmente non comparabile con alcun altro obiettivo esistente in Italia”. “Il risultato di un’azione offensiva contro una tale opera – aggiungeva il militare - sarebbe in ogni caso “eccezionale” specie per i contenuti di “simbolo”, politici e psicologici, che un attentato all’infrastruttura verrebbero ad assumere”. Osservazioni quasi profetiche, considerando gli scenari internazionali apertisi dopo l’11 settembre 2001 con l’attacco aereo alle Torre Gemelle di New York. Nel suo intervento il generale Corsini non si sbilanciava a quantificare gli oneri finanziari per la difesa militare del Ponte, anche se li definiva “altissimi” in quanto si sarebbero dovuti approntare “una molteplicità di sistemi aerei, missilistici e artigliereschi con base a terra e su mezzi navali”. (2) Contemporaneamente all’inizio dei lavori per il Ponte sullo Stretto e allo sbarco dei nuovi “Vespri Siciliani” è dunque ipotizzabile l’installazione di sistemi di missili terra-aria tra Scilla e Cariddi, l’utilizzo degli scali “civili” di Reggio Calabria e Lamezia Terme per il rischiaramento di cacciaintercettori e bombardieri, l’ennesimo potenziamento della base aeronavale di Sigonella (dove stanno per giungere i velivoli senza pilota Global Hawk) e dei porti militari di Messina ed Augusta, la “cessione” alla NATO del porto di Gioia Tauro, la predisposizione di una “cintura navale” nel Basso Tirreno e nello Ionio magari utilizzando l’arcipelago delle Eolie ed i porti di Milazzo, Giardini-Naxos, Giarre-Riposto e Catania (come avvenuto durante le crisi USA-Libia e la prima Guerra del Golfo).(3)

Dalle basi Usa al Ponte

Analizzando alcune delle società impegnate nella progettazione e realizzazione della megaopera nello Stretto di Messina, è possibile individuare un ulteriore aspetto del rapporto Ponte-militarizzazione. Esse, infatti, sono contestualmente tra le protagoniste nella costruzione e ampliamento delle principali basi USA e NATO in Italia. E non solo.
Impregilo, ad esempio, capofila dell’associazione temporanea d’imprese general contractor per i lavori del Ponte, nel 2006 ha concluso i lavori di ammodernamento dell’aeroporto militare di Capodichino (Napoli), a disposizione delle forze aeree della US Navy e della NATO operanti nel Mediterraneo e nello scacchiere mediorientale. Sino al giugno del 2006, la stessa Impregilo, tramite la controllata Impregilo Edilizia e Servizi, deteneva il 60% delle quote sociali di “Gricignano 3”, società attiva nei servizi di facility management presso l’ospedale della Marina militare americana di Gricignano d’Aversa (Caserta).(4 ) Dalla Colombia al Guatemala, dalla Nigeria al Kurdistan, dal Lesotho all’Islanda, la società ha inoltre firmato alcune delle opere infrastrutturali più devastanti dal punto di vista ambientale e sociale.(5) Attualmente Impregilo è impegnata in Italia nel completamento di due tratte dell’Alta Velocità ferroviaria a maggiore impatto socioambientale, la Bologna-Firenze e la Novara-Milano, nonché nella costruzione del passante autostradale di Mestre. In cordata con Impregilo per i lavori del Ponte c’è poi l’azienda leader della Lega delle Cooperative, la CMC – Cooperativa Muratori Cementisti di Ravenna, che arriverà nello Stretto con i manager ed i mezzi che operano ininterrottamente da dodici anni nella base nucleare di Sigonella, trampolino di lancio di tutte le operazioni di guerra degli Stati Uniti in Africa e Golfo Persico. Lo scalo aeronavale di Sigonella sorge a pochi chilometri dalla città di Catania. La base è al centro di un vasto programma di potenziamento infrastrutturale. Nel gennaio 2008 si sono conclusi i lavori del cosiddetto “Mega IV Multiple Buildings Naval Air Station”, con la realizzazione di una scuola all’interno di NAS1 (la zona adibita a centro residenziale per i militari americani) e di altri sette edifici con varie destinazioni d’uso, prevalentemente uffici ed officine, nell’area operativa di NAS 2 (lo scalo aeroportuale con i depositi di armi e gli hangar per cacciabombardieri e pattugliatori). L’intero ammontare dei lavori, per un valore di 59,5 milioni di euro, sono stati appannaggio della CMC. Nella base Sigonella, la cooperativa di Ravenna ha pure portato a termine le opere del Piano Mega III, finanziati nel 2001 dal Dipartimento della Marina degli Stati Uniti. Con il Mega III sono stati realizzati strade, parcheggi, piazze, aree attrezzate a verde, sei edifici polifunzionali, un centro commerciale ed un complesso sportivo e ricreativo per le truppe USA. Ancora più sostanzioso il valore di questo programma: alla CMC sono andati infatti 76,3 milioni di euro. Altri 80 miliardi di vecchie lire erano finiti invece alla “coop” nel 1996 per il Piano Mega II (la realizzazione di alloggi per i sottufficiali americani ed altre sei palazzine adibite a uffici e centri operativi). La cooperativa “rossa” compare poi nel consorzio che dovrà realizzare la galleria di circa 10 chilometri a Venaus, in Val di Susa, nell’ambito dei lavori per l’Alta Velocità ferroviaria Torino-Lione. E, come se non bastasse, nel marzo 2008 le forze armate USA hanno sottoscritto con la CMC un contratto per 245 milioni di euro per la costruzione delle infrastrutture che ospiteranno nell’aeroporto Dal Molin di Vicenza, i militari in forza alla 173^ Brigata Aerotrasportata dell’US Army, attualmente operativa dalle basi di Camp Ederle (Vicenza), Bamberg e Scweinfurt (Germania).(6 ) Al banchetto di guerra, la CMC di Ravenna parteciperà insieme al CCC - Consorzio Cooperative Costruzioni di Bologna, il colosso della Lega delle Cooperative di cui la stessa CMC è socia. (7 ) Tornando in Sicilia, merita segnalare il ruolo pro-Ponte e pro-basi di importanti società di costruzioni locali. La Demoter di Messina, ad esempio, azienda leader nella movimentazione terra, affermatasi pure in Trentino Alto Adige, Toscana e Calabria, è stata la subappaltatrice del consorzio Ferrofir (Astaldi-Di Penta-Impregilo) nella realizzazione della lunga galleria dei Peloritani tra Villafranca Tirrena e Messina, predisposta in vista del costruendo passante ferroviario del Ponte sullo Stretto. Nel maggio 2005, la Demoter ha inoltre rilevato gli ultimi lotti per il completamento, sulla A-20 Messina-Palermo, degli svincoli ai quartieri di Giostra e Annunziata, previsti come penetrazione autostradale verso Capo Peloro e la futura torre siciliana del Ponte. Per questi lavori, la Demoter si è associata con la veneta Cordioli e C. e con A.I.A. Costruzioni di Catania, società che ha realizzato un edificio “per la gestione delle munizioni” nella base aerea USA di Aviano, l’air terminal per passeggeri e merci della base NATO di Napoli Capodichino e alcuni alloggi per i militari statunitensi di stanza in quest’ultima infrastruttura militare. L’A.I.A Costruzioni ha inoltre partecipato alla realizzazione del nuovo aeroporto di Catania Fontanossa (utilizzato periodicamente da velivoli militari delle forze armate italiane e statunitensi); dell’albergo “Navy Lodge”, dell’ospedale “Med-Dental” e di un complesso scolastico della base USA di Sigonella. La società messinese Demoter ha pure eseguito lavori per 5,2 milioni di euro per il completamento del cosiddetto “Residence Mineo” che ospita, nel territorio dell’omonimo comune siciliano, quattrocento alloggi familiari per il personale americano in forza a Sigonella. Si è trattato di un intervento realizzato per conto della Pizzarotti Parma, altro colosso italiano delle costruzioni che ha partecipato alla gara per il general contractor del Ponte in cordata con il gruppo Astaldi di Roma. La stessa Pizzarotti ha realizzato in Sicilia il complesso “Belpasso Housing” che ospita 526 alloggi indipendenti per il personale USA di Sigonella. L’azienda di Parma è una dei maggiori leader nella realizzazione di basi militari in Italia. Nel 1979 le fu affidata la realizzazione di una serie di infrastrutture all’interno della Stazione aeronavale di Sigonella quando la base fu scelta dagli strateghi di Washington come baricentro dei nuovi piani di penetrazione militare nel Mediterraneo orientale e in Medio Oriente e come base avanzata in Europa della Rapid Deployment Force, la Forza d’Intervento Rapido delle forze armate USA. A metà anni ’80 la Pizzarotti ha poi partecipato alla costruzione di numerose infrastrutture nella base di Comiso (Ragusa), utilizzata dalla US Air Force per l’installazione di 112 missili a testata nucleare.(8 ) Più recentemente (anno 2003), il “Department of the US Navy” ha assegnato alla Pizzarotti i lavori di costruzione di un complesso di edifici da adibire a residenze per 300 marines, nella base di “Camp Ederle”, Vicenza, per un importo di oltre 20 milioni di euro. La società di Parma ha poi eseguito i lavori di ristrutturazione e di ampliamento delle banchine della base navale USA di Santo Stefano (arcipelago de La Maddalena), utilizzata sino a qualche tempo fa come base appoggio per i sottomarini nucleari i stanza nel Mediterraneo. Un’altra partner d’Impregilo e CMC nella progettazione e costruzione del Ponte, Società Italiana per le Condotte d’Acqua, a fine anni ’80 partecipò ai lavori di realizzazione dello stabilimento Alenia Aeronautica di Nola (Caserta). Allora la società era di proprietà del gruppo IRI ed era presieduta dal generale Mario de Sena, ex comandante dell’Arma dei Carabinieri. Nel 1994 Condotte passò poi sotto il controllo di Iritecna che in quegli anni era pure azionista della Stretto di Messina Spa.(9) Lo stabilimento Alenia di Nola è utilizzato oggi per la costruzione e l’assemblaggio di componenti destinati a velivoli civili e militari. L’attività produttiva di Alenia Aeronautica comprende, tra gli altri, il C-27J, aereo da trasporto tattico, o gli ATR42MP e ATR72ASW, velivoli appositamente sviluppati per missioni di pattugliamento marittimo. Alenia riveste inoltre un ruolo chiave in alcuni dei programmi militari internazionali più importanti, come l’Eurofighter Typhoon, il Joint Strike Fighter F-35 e il dimostratore UCAV europeo Neuron.

Mercanti di morte


Ancora meno noto come la Società Stretto di Messina, concessionaria pubblica per la realizzazione del Ponte, abbia avuto nel proprio consiglio d’amministrazione alcuni dei rappresentanti più significativi del complesso militare industriale italiano.
Giuseppe Zamberletti, Presidente della Stretto di Messina, è stato uno dei politici particolarmente attivi nella campagna orchestrata dalle grandi imprese militar-industriali per la modifica della legge 185 del 1990 che regola l’export di armi, a favore della piena “liberalizzazione” in materia. “Siamo contro le norme, introdotte dall’area parlamentare più utopistica e massimalista, realmente assurde, come quelle relative ai paesi in via di sviluppo”, ha dichiarato lo stesso Zamberletti, in occasione di un seminario organizzato nella primavera del 1999 dall’Istituto ricerche e informazioni difesa (Istrid), insieme alle maggiori aziende belliche nazionali.(10) Il nome di Giuseppe Zamberletti fu inserito nella lista del governo ultraconservatore che doveva essere insediato dopo il cosiddetto “golpe bianco” dell’ex partigiano Edgardo Sogno, previsto per l’agosto 1974, al culmine di una lunga stagione di sangue e di bombe neofasciste. Il governissimo per la restaurazione dell’“ordine sociale”, il cui programma presentava sorprendenti analogie con il Piano di Rinascita Democratica di Licio Gelli e della P2, prevedeva la presidenza di Randolfo Pacciardi, ministro della difesa Edgardo Sogno e dell’industria, appunto, Giuseppe Zamberletti. Emmanuele Emanuele, sino all’aprile 2005 nel consiglio d’amministrazione della società concessionaria per il Ponte, è consigliere dell’Agusta S.p.A., una delle protagoniste del mercato mondiale degli elicotteri da guerra (un fatturato di oltre 2,5 miliardi di euro ed un portafoglio ordini per oltre 7,6 miliardi). L’Agusta opera in joint venture con la britannica Westland ed è controllata da Finmeccanica, la holding a capitale pubblico che ha assorbito le maggiori aziende italiane operanti nel settore militare, aerospaziale e dell’energia nucleare. Oltre ad Agusta, Finmeccanica controlla Alenia Aeronautica, Selenia Communications, Ama, Aermacchi, Galileo Avionica, AnsaldoBreda ed Ansaldo Energia. Casualità vuole che l’odierno presidente del consiglio d’amministrazione di Impregilo sia Massimo Ponzellini, manager cresciuto all’ombra dell’ex presidente del consiglio Romano Prodi. Dopo aver ricoperto l’incarico di direttore generale del centro studi Nomisma e dirigente superiore dell’IRI, Ponzellini passò a sedere nel consiglio d’amministrazione di Finmeccanica. Da vicepresidente della BEI (la Banca Europea per gli Investimenti), nel 2001 Massimo Ponzellini aveva espresso la disponibilità del suo istituto a “sostenere fino al 50% il finanziamento del Ponte sullo Stretto”.(11) Amministratore delegato della holding di controllo del complesso militare industriale italiano è stato Alberto Lina, sino allo scorso anno amministratore delegato di Impregilo. Altro ex consigliere d’amministrazione di Finmeccanica è stato pure il dott. Pietro Ciucci, odierno amministratore delegato della Società Stretto di Messina, ma soprattutto presidente di ANAS, l’ente che è ormai l’azionista di riferimento della concessionaria pubblica per la realizzazione del Ponte. Del Cda di Finmeccanica è stato pure membro il professor Ernesto Monti, presidente del Gruppo Astaldi, grande sconfitto nella gara per il general contractor del Ponte. Del penultimo consiglio d’amministrazione della Stretto di Messina S.p.A., hanno fatto parte due uomini che ricopriranno poi un ruolo determinante nel cosiddetto processo di “ricostruzione” delle infrastrutture distrutte dai bombardamenti USA in Iraq: l’on. Vito Riggio, e l’ex manager Montedison, Lino Cardarelli. Vito Riggio è uno dei consiglieri d’amministrazione del “Consorzio italiano infrastrutture e trasporti per l’Iraq”, con sede legale a Roma e soci ANAS, Ferrovie dello Stato, Italferr, Ente nazionale per l’aviazione civile ed ENAV. Al consorzio è stata affidata l’attuazione del piano generale dei trasporti iracheno dalla CPA, l’Amministrazione della coalizione occupante (il governo provvisorio guidato dagli Stati Uniti e dagli “alleati”). Organo della CPA è il PMO (Program management office), l’organismo delle forze d’occupazione che coordina gli aspetti economici, finanziari e industriali della ricostruzione e di cui è stato nominato vicedirettore, appunto, Lino Cardarelli.

Transnazionali del Terrore

Il Program Management Office ha distribuito milioni di dollari ai general contractor chiamati alla ricostruzione di aeroporti, porti, reti stradali e infrastrutture petrolifere iracheni. Le società, ovviamente, sono in buona parte statunitensi; tra esse spiccano innanzitutto Bechtel, Luois Berger e Parsons, tutte concorrenti all’affare del Ponte sullo Stretto.
Bechtel è forse il maggior colosso militare-industriale-nucleare mondiale, ma esercita un ruolo predominante anche nel settore energetico, dei servizi e del controllo privato delle risorse idriche. Con sede a San Francisco (California) e un fatturato annuale di oltre 15.000 milioni di dollari, Bechtel è profondamente radicato nelle forze armate e nell’establishment politico repubblicano degli Stati Uniti. Il vice presidente di Bechtel Corporation, Jack Sheehan, è stato sino al 1998 generale dell’U.S. Marine Corps, e ha ricoperto pure l’incarico di responsabile del NATO’s Supreme Allied Commander Atlantic, e comandante in capo dell’U.S. Atlantic Command. Del consiglio d’amministrazione di Bechtel ha fatto parte per un lungo periodo George Shultz, potente ex segretario di stato degli Stati Uniti d’America durante la presidenza di Richard Nixon. Consulente legale di Bechtel è stato pure l’ex segretario della difesa, Caspar Weinberg, mentre Kenneth Devis, odierno vicepresidente del gruppo californiano, ha occupato l’incarico di vicesegretario per l’Energia dell’amministrazione di Gorge Bush padre. Gorge W. Bush figlio ha invece nominato il presidente del board esecutivo, Riley P. Bechtel, quale membro del proprio Consiglio di Presidenza per le Esportazioni. Bechtel ha progettato il Canale della Manica, tra le realizzazioni più fallimentari della storia dei trasporti. La società, inoltre, è stata tra le prime nel 1997 ad offrire alla Stretto di Messina la disponibilità alla partecipazione progettuale ed esecutiva del Ponte; nello stesso anno i suoi manager incontravano a Messina i vertici della Società Stretto e l’allora presidente, oggi onorario, Nino Calarco.(12 ) Nonostante Bechtel International Inc. sia stata presente alla fase di pre-qualifica per l’individuazione del cosiddetto “Project Management Consultant” (PMC), che avrà il compito di svolgere le attività di controllo e verifica della progettazione definitiva, esecutiva e della realizzazione dell’opera da parte del Contraente Generale, il gruppo californiano non ha presentato un’offerta alla gara effettuata a fine 2005. Probabilmente alcuni degli innumerevoli impegni assunti con l’amministrazione Bush avranno indotto il management della società a ritenere meno vantaggioso il rapporto costi-benefici del Ponte. Bechtel, infatti, oltre a contratti per milioni di dollari in Iraq, è impegnata con la Lockheed Martin nel nuovo programma di potenziamento del sistema missilistico nucleare e di sorveglianza spaziale avviato nell’atollo Kwajalein (“Reagan Test Site”), Isole Marshall per conto dell’U.S. Army Space and Missile Defense Command. Altri appalti per circa 5 miliardi di dollari sono stati ottenuti dal Dipartimento per l’Energia degli Stati Uniti per sviluppare gli impianti di processamento di uranio per la fabbricazione di testate nucleari di Oak Ridge, Tennessee. Bechtel Corporation gestisce inoltre la stazione per i test nucleari del Nevada, dove vengono eseguiti in profondità e con cadenza periodica i cosiddetti “esperimenti subcritici” (dal costo di circa 20 milioni di dollari l’uno).(13) Anche il gruppo Louis Berger, società d’ingegneria con sede in New Jersey, ha concorso, senza successo, al bando di gara per il Project Management Consulting (PMC) del Ponte sullo Stretto. Oltre che in Iraq, Louis Berger è presente nella ricostruzione di importanti infrastrutture nell’Afghanistan sotto occupazione internazionale. La gara per il PMC è stata invece vinta da Parsons Transportation Group che così seguirà la progettazione definitiva del Ponte sullo Stretto di Messina. Colosso statunitense del settore d’ingegneria e costruzioni, Parsons ha sede a Pasadena (California) e filiali in oltre 80 paesi del mondo. In Iraq, il Program Management Office della coalizione militare internazionale occupante, ha affidato al gruppo Parsons contratti per milioni di dollari per la ricostruzione di decine d’infrastrutture civili e militari. Parsons Transportation Group, che per il regime di Saddam Hussein aveva realizzato il ponte “14 luglio” sul Tigri e la megacentrale elettrica di alimentazione della città di Bagdad, nonché progettato la metropolitana sotterranea della capitale, è stato inoltre contrattato dal Corpo d’Ingegneria dell’Esercito USA per lo “sminamento e la distruzione di armi” ed il recupero delle maggiori reti petrolifere e dei gasdotti irakeni. Per conto dell’US Air Force, il gruppo Parsons ha riabilitato le infrastrutture della base aerea di Taji, oggi una delle più importanti aree operative delle forze armate della coalizione alleata. La società statunitense è infine subappaltatrice del colosso Bechtel International Inc. per la realizzazione di un megaprogramma infrastrutturale (sistemi idrici, ospedali, centri educativi, caserme, stazioni di polizia e prigioni) coordinato dal PMO e finanziato in parte da USAID, l’agenzia di cooperazione USA. In Iraq, contratti complessivi per 200 milioni di dollari sono finiti invece alle imprese italiane “amiche” del Ponte, principalmente Snamprogetti e Tecnimont (in gara per il Project Management Consultant dell’opera) e Techint della famiglia italo-argentina dei Rocca, a capo dell’impero internazionale dell’acciaio e azionista di riferimento di Impregilo sino alla primavera del 2007. La stessa Impregilo continua ad aspirare ad importanti commesse civili nel martoriato paese arabo. La società di Sesto San Giovanni è del resto di casa nello scacchiere mediorientale: nel piccolo emirato di Abu Dhabi, Impregilo ha realizzato numerosi dissalatori e la più grande moschea del mondo. Ancora ad Abu Dhabi, Giuseppe Zappia, l’imprenditore italo-canadese che avrebbe operato per conto di Cosa Nostra per finanziare il Ponte sullo Stretto, ha progettato un acquedotto di oltre 400 chilometri ed ottenuto ben otto contratti di costruzioni civili. Negli Emirati Arabi Zappia ha anche lavorato alla realizzazione di campi base utilizzati dalle forze armate USA per sferrare i suoi attacchi all’Iraq durante le due più recenti Guerre del Golfo. Il Ponte è certamente un mostro del capitalismo senza alcuna parvenza umana.
Antonio Mazzeo

Fonte: http://www.rekombinant.org/
Link: http://liste.rekombinant.org/wws/arc/rekombinant/2008-06/msg00063.html 22.06.08
Note
1 A. Mangano, A. Mazzeo, Il mostro sullo Stretto. Sette ottimi motivi per non costruire il Ponte, Edizioni Punto L, Ragusa, 2006, p. 91. 2 Cfr. G. Messina “Quale difesa per il ponte”, Giornale di Sicilia, 1 aprile 1988. 3 A. Mazzeo, “Forze armate missili e 007 a difesa Ponte sullo Stretto”, www.terrelibere.org./noponte/oss.php, 21 novembre 2004. 4 Impregilo ha inoltre concorso, senza fortuna, alle diverse gare d’appalto indette dal Dipartimento della Difesa USA per il potenziamento dello scalo aeronavale di Sigonella (Sicilia). 5 A. Mazzeo, A. Trifirò, Colombia. Conflitto armato, ruolo delle multinazionali, violazione dei diritti indigeni, Palombi Editore, Roma, 2001. 6 K. Harris, “U.S. awards Dal Molin construction contract”, Stars and Stripes, European edition, March 30, 2008. 7 Il Consorzio Cooperative Costruzioni di Bologna ha partecipato alla gara preliminare per il general contractor del Ponte sullo Stretto in cordata con il gruppo Astaldi di Roma, e dunque come avversaria della “socia” CMC. Inverosimilmente, la cooperativa bolognese si ritirò però alla vigilia dell’apertura delle buste di gara, dopo che il sito Terrelibere.org, il WWF e la parlamentare verde Anna Donati avevano ipotizzato la violazione delle normative in materia di appalti che escludono espressamente la partecipazione ad una gara di imprese che “si trovino fra di loro in una delle situazioni di controllo”. 8 A. Mazzeo, La Mega Sigonella, paper, Campagna per la smilitarizzazione di Sigonella, Catania, maggio 2004. 9 Tre anni più tardi la Società Italiana per le Condotte d’Acqua fu definitivamente acquisita dalla finanziaria Ferfina della famiglia Bruno. 10 G. Meroni, “La lobby italiana delle armi”, Vita Magazine, 14 gennaio 2005. 11 Il Sole 24 Ore, 20 aprile 2001. 12 Nino Calarco è anche direttore della Gazzetta del Sud, il principale quotidiano in Calabria e nella provincia di Messina, caratterizzatosi come principale portavoce dei “Signori del Ponte”. 13 Relativamente alla stazione del Nevada e agli esperimenti subcritici nucleari si veda: P. Farinella, Gli esperimenti “subcritici” del Nevada: non sono test nucleari ma…, Unione Scienziati per il disarmo (USPID), http://www.uspid.dsi.unimi.it/doc/subcrit.html.

CATALOGNA:LA DETERMINAZIONE DI ESSERCI


STORIA DELLLA CATALOGNA
La Catalogna è un Paese europeo piccolo, diverso, antico.

Una delle nazioni più antiche d'Europa ubicato nel Nordest della Penisola Iberica, con una superficie di 32.000 Km2 e una popolazione di 6 milioni di abitanti.Questa terra è stata profondamente romanizzata, e ciò le ha conferito un marcato carattere latino. La mescolanza dei popoli autoctoni con la civiltà che giunse da Roma diede origine alla lingua catalana e al popolo catalano, che da allora diventerà un costante ricettore di popoli e culture. La Catalogna nacque politicamente più di mille anni fa, terra libera fra gli arabi della Penisola Iberica e i Franchi del Nord.Nel Medio Evo la Catalogna si consolida come nazione, fungendo da ponte fra due civiltà: l'Islam e il Cristianesimo. La sua espansione giunge all'Occitania, fino alla Provenza a nord, l'Aragona a ovest, le Baleari, la Sardegna e la Corsica a est, Valenza al sud, e più in là, la Sicilia, Napoli, il Nord Africa e l'Oriente. È un'epoca di potenza economica e culturale. Il commercio catalano domina il Mediterraneo e sviluppa leggi e tecniche. La poesia, la filosofia, l'arte romanica e quella gotica conoscono in Catalogna momenti di splendore universale. La Catalogna diede impulso al sistema federale e democratico, e le sue istituzioni medievali furono le antesignare delle moderne democrazie.Nel Rinascimento la dinstia catalana non ebbe discendenza e una nuova dinastia reale, proveniente dalla Castiglia, sali al trono, benché la Catalogna conservasse l'independenza politica. La Catalogna non partecipò con Castiglia alla conquista dell'America, e poco a poco perse importanza nel Medterraneo. Nel 1640 la Catalogna divenne la vittima della guerra fra la Castiglia e la Francia, fra le quali fu spartita; essa conservò le sue constituzioni e i suoi diritti ma entrò in decadenza, mentre nel frattempo il Portogallo raggiungeva l'indipendenza. Il centralismo e lo spirito colonizzatore della Castiglia nei confronti della Catalogna si intensificarono fino a che, nel 1714, durante la Guerra di Successione, la Castiglia e la Francia, alleate, sconfissero la Catalogna, l'Inghilterra e l'Austria. La Castiglia si impadroni di tutti i suoi territori per diritto di conquista. Tutti i diritti catalani furono aboliti, venne bandita la lingua catalan e la disfattta nazionale e culturale fu completa.Ma mentre la Spagna viveva della rendita delle colonie, la Catalogna, con il suo spirito intraprendente, divenne la zona più industrializzata e ricca della Peninsola Iberica.Per più de 100 anni la Catalogna cercò di recuperare i propi tratti differenziali. A partire dalla metà del socolo scorso, la Catalogna si organizza poco a poco. Il catalnismo politico accompagna il crescente sviluppo economico della fine del XIX secolo e la Catalogna torna a vivere uno splendore culturale fino al primo terzo del XX secolo. Il Modernismo, il Novecentismo o l'Avanguardismo di pittori, letterati e architetti colllocano la Catalogna di nuovo alla testa dei movimenti europei più avanzati.Ciò avviene parallelamente anche nell'organizzazione politica del Paese, che recupera le sue istituzioni politiche fino a che la sciagurata Guerra Civile del 1936 conduce a 40 anni di dittatura e la Catalogna viene di nuovo annichilata. La Catalogna venne di nuovo annichilata, la sua lingua venne proibita e la sua cultura perseguitata. Venne avviato un brutale processo di repressione che portò persino al fucilamento del Presidente della Generalitat dell'epoca.
LA CATALOGNA, VOLONTÀ DI ESSERE
La Catalogna è, soprattutto il risultato di una volontà di essere. La logica della storia sembrava condurre la realtà nazionale catalana a una posizione di pura rappresentanza o addrittura alla sua scomparsa. Ma la forza, la volontà e il patriottismo dei catalani hanno reso possibile la sopravvivenza della Catalogna come nazione, malgrado la nostra debolezza demografica e malgrado i tentativi, nel corso dei secoli, della Spagna e della Francia di farci scomparire come popolo. Ed è oggi, nel quadro della futura unione politica europea, che noi catalani vogliamo prendervi parte direttamente, senza intermediari, come un popolo libero fra altri popoli liberi d'Europa. Ed è per questo che chiediamo per la Catalogna lo stesso diritto di altre nazioni del continente; il diritto a essere, il diritto a decidere liberamente e democraticamente, attraverso l'esercizio del diritto all'autodeterminazione, il nostro futuro.L'Europa sappia che mentre c'è anche un solo catalano vivo, la realtà nazionale catalana esisterà, e che noi catalani ci rifiutiamo di accettare che siano la fatalità della storia e la volontà del più forte a decidere quali popoli abbiano diritto ad esistere pienamente e quali no.
LA CATALOGNA OGGI
La Catalogna si trova situata nella zona nord-ovest della penisola Iberica. Il territorio comprende un triangolo di 32.000 Km2 con una popolazione di 6 milioni di abitanti.In termini strettamente economici, la popolazione attiva catalana equivale ad un 15,9% del totale spagnolo. Il reddito per abitante è più alto della media spagnola di un 24% e genera approssimativamente un 20% del prodotto interno lordo.La lingua propria della Catalogna è il catalano, e gode, allo stesso modo ed insieme allo spagnolo castigliano, della categoria di lingua ufficiale di questa comunità autonoma. Le altre zone geografiche che compartono quella catalana come lingua e cultura propria sono la comunità di Valencia, le isole Baleari, la frangia orientale della comunità di Aragona, il Principato di Andorra, il nord della Catalogna (che appartiene alla Francia dal 1659) e la città di Alghero, in Sardegna. Questo territorio comprende una popolazione complessiva di 10 milioni di abitanti.Barcellona, la capitale della Catalogna, è anche una importante città europea. Situata tra il mare e la montagna, ha una storia che risale a circa 2000 anni di antichità e dispone di uno dei più importanti porti del Mediterraneo.Barcellona fu la sede dei giochi olimpici del 1992.
LA DETERMINAZIONE DI ESISTERE
Noi catalani vogliamo affermare la nostra volontà di partecipare direttamente e senza intermediazioni nel contesto della futura unione politica europea, come una qualunque nazione europea. È per questo, quindi, che vogliamo reclamare per la Catalogna gli stessi diritti delle altre nazioni del continente europeo: il diritto di esistere ed il diritto di decidere del nostro futuro, per mezzo dell'esercizio dell'autogoverno libero e democratico.
http://rarika-radice.blogspot.com/
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STORIA DELLLA CATALOGNA
La Catalogna è un Paese europeo piccolo, diverso, antico.

Una delle nazioni più antiche d'Europa ubicato nel Nordest della Penisola Iberica, con una superficie di 32.000 Km2 e una popolazione di 6 milioni di abitanti.Questa terra è stata profondamente romanizzata, e ciò le ha conferito un marcato carattere latino. La mescolanza dei popoli autoctoni con la civiltà che giunse da Roma diede origine alla lingua catalana e al popolo catalano, che da allora diventerà un costante ricettore di popoli e culture. La Catalogna nacque politicamente più di mille anni fa, terra libera fra gli arabi della Penisola Iberica e i Franchi del Nord.Nel Medio Evo la Catalogna si consolida come nazione, fungendo da ponte fra due civiltà: l'Islam e il Cristianesimo. La sua espansione giunge all'Occitania, fino alla Provenza a nord, l'Aragona a ovest, le Baleari, la Sardegna e la Corsica a est, Valenza al sud, e più in là, la Sicilia, Napoli, il Nord Africa e l'Oriente. È un'epoca di potenza economica e culturale. Il commercio catalano domina il Mediterraneo e sviluppa leggi e tecniche. La poesia, la filosofia, l'arte romanica e quella gotica conoscono in Catalogna momenti di splendore universale. La Catalogna diede impulso al sistema federale e democratico, e le sue istituzioni medievali furono le antesignare delle moderne democrazie.Nel Rinascimento la dinstia catalana non ebbe discendenza e una nuova dinastia reale, proveniente dalla Castiglia, sali al trono, benché la Catalogna conservasse l'independenza politica. La Catalogna non partecipò con Castiglia alla conquista dell'America, e poco a poco perse importanza nel Medterraneo. Nel 1640 la Catalogna divenne la vittima della guerra fra la Castiglia e la Francia, fra le quali fu spartita; essa conservò le sue constituzioni e i suoi diritti ma entrò in decadenza, mentre nel frattempo il Portogallo raggiungeva l'indipendenza. Il centralismo e lo spirito colonizzatore della Castiglia nei confronti della Catalogna si intensificarono fino a che, nel 1714, durante la Guerra di Successione, la Castiglia e la Francia, alleate, sconfissero la Catalogna, l'Inghilterra e l'Austria. La Castiglia si impadroni di tutti i suoi territori per diritto di conquista. Tutti i diritti catalani furono aboliti, venne bandita la lingua catalan e la disfattta nazionale e culturale fu completa.Ma mentre la Spagna viveva della rendita delle colonie, la Catalogna, con il suo spirito intraprendente, divenne la zona più industrializzata e ricca della Peninsola Iberica.Per più de 100 anni la Catalogna cercò di recuperare i propi tratti differenziali. A partire dalla metà del socolo scorso, la Catalogna si organizza poco a poco. Il catalnismo politico accompagna il crescente sviluppo economico della fine del XIX secolo e la Catalogna torna a vivere uno splendore culturale fino al primo terzo del XX secolo. Il Modernismo, il Novecentismo o l'Avanguardismo di pittori, letterati e architetti colllocano la Catalogna di nuovo alla testa dei movimenti europei più avanzati.Ciò avviene parallelamente anche nell'organizzazione politica del Paese, che recupera le sue istituzioni politiche fino a che la sciagurata Guerra Civile del 1936 conduce a 40 anni di dittatura e la Catalogna viene di nuovo annichilata. La Catalogna venne di nuovo annichilata, la sua lingua venne proibita e la sua cultura perseguitata. Venne avviato un brutale processo di repressione che portò persino al fucilamento del Presidente della Generalitat dell'epoca.
LA CATALOGNA, VOLONTÀ DI ESSERE
La Catalogna è, soprattutto il risultato di una volontà di essere. La logica della storia sembrava condurre la realtà nazionale catalana a una posizione di pura rappresentanza o addrittura alla sua scomparsa. Ma la forza, la volontà e il patriottismo dei catalani hanno reso possibile la sopravvivenza della Catalogna come nazione, malgrado la nostra debolezza demografica e malgrado i tentativi, nel corso dei secoli, della Spagna e della Francia di farci scomparire come popolo. Ed è oggi, nel quadro della futura unione politica europea, che noi catalani vogliamo prendervi parte direttamente, senza intermediari, come un popolo libero fra altri popoli liberi d'Europa. Ed è per questo che chiediamo per la Catalogna lo stesso diritto di altre nazioni del continente; il diritto a essere, il diritto a decidere liberamente e democraticamente, attraverso l'esercizio del diritto all'autodeterminazione, il nostro futuro.L'Europa sappia che mentre c'è anche un solo catalano vivo, la realtà nazionale catalana esisterà, e che noi catalani ci rifiutiamo di accettare che siano la fatalità della storia e la volontà del più forte a decidere quali popoli abbiano diritto ad esistere pienamente e quali no.
LA CATALOGNA OGGI
La Catalogna si trova situata nella zona nord-ovest della penisola Iberica. Il territorio comprende un triangolo di 32.000 Km2 con una popolazione di 6 milioni di abitanti.In termini strettamente economici, la popolazione attiva catalana equivale ad un 15,9% del totale spagnolo. Il reddito per abitante è più alto della media spagnola di un 24% e genera approssimativamente un 20% del prodotto interno lordo.La lingua propria della Catalogna è il catalano, e gode, allo stesso modo ed insieme allo spagnolo castigliano, della categoria di lingua ufficiale di questa comunità autonoma. Le altre zone geografiche che compartono quella catalana come lingua e cultura propria sono la comunità di Valencia, le isole Baleari, la frangia orientale della comunità di Aragona, il Principato di Andorra, il nord della Catalogna (che appartiene alla Francia dal 1659) e la città di Alghero, in Sardegna. Questo territorio comprende una popolazione complessiva di 10 milioni di abitanti.Barcellona, la capitale della Catalogna, è anche una importante città europea. Situata tra il mare e la montagna, ha una storia che risale a circa 2000 anni di antichità e dispone di uno dei più importanti porti del Mediterraneo.Barcellona fu la sede dei giochi olimpici del 1992.
LA DETERMINAZIONE DI ESISTERE
Noi catalani vogliamo affermare la nostra volontà di partecipare direttamente e senza intermediazioni nel contesto della futura unione politica europea, come una qualunque nazione europea. È per questo, quindi, che vogliamo reclamare per la Catalogna gli stessi diritti delle altre nazioni del continente europeo: il diritto di esistere ed il diritto di decidere del nostro futuro, per mezzo dell'esercizio dell'autogoverno libero e democratico.
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giovedì 26 giugno 2008

SABATO 28/06/2008 A VERONA


Ringraziamo per le preziose segnalazioni,Orazio Vasta:
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Ringraziamo per le preziose segnalazioni,Orazio Vasta:

ABBA LIBERA!


Abbanoa? AbbaLìbera! Sardi uniti nell'autoriduzione.“Non una goccia d’acqua al mare se prima non abbia fecondato la terra”, era lo slogan degli anni '50, quando in Sardegna si dava avvio alla razionalizzazione dell'assetto idrico. Nessuno si accorgeva di come si andavano a modificare pian piano i rapporti tra le istituzioni e i cittadini.Ciò che di visibile oggi resta, sono le bollette di Abbanoa, sono 57 dighe di cui 4 in costruzione, 2 non invasabili, 32 collaudate di cui 7 a invaso ridotto o nullo, 19 in corso di collaudo. Di visibile resta un paesaggio malamente alterato nella morfologìa e nella mentalità, soprattutto quella di gruppi di potere e clientele che della sacralità dell'acqua hanno perso coscienza per farne libero arbitrio sulle nostre spalle. In questi anni iRS indipendèntzia Repùbrica de Sardigna, ha più volte denunciato le gravi connessioni tra politica e affari in tema di risorse idriche in Sardegna.iRS si è attivamente pronunciata con l'occupazione del Teatro Lirico di Cagliari nel 2006 mentre si festeggiavano i 60 anni dell'E.A.F., Ente Autonomo del Flumendosa (ente strumentale della Regione) il quale, per uscire dai limiti territoriali definiti per statuto dentro il Campidano di Cagliari, si trasformava in E.R.I.S. per estendere le competenze territoriali in tutta l’isola e due mesi dopo in EN.A.S. per ingiustificate ambizioni di prestigio ancora, con la classe politica sarda votante all'unanimità: tutti collusi! Oggi la Regione mantiene le concessioni dell'acqua, che viene gestita dall’En.a.s. per venderla alla fallimentare Abbanoa spa che compra e mantiene la bocca chiusa visto che nelle finanziarie trova agevolazioni per 20milioni di euro nel 2007 e nel 2008 si vedrà, e intanto l'Autorità d'Ambito controlla. Ma i conti non quadrano: l'Autorità d'Ambito con il suo consorzio di Comuni e Provincie, incorpora tutta la Sardegna e doveva nascere secondo l'italiana Legge Galli ('94) attraverso lo studio dei territori da parte delle Provincie. La Regione Sardegna però, col fatto che bisognava fare in fretta per non perdere i finanziamenti europei, come si evince da un'interrogazione del consigliere Gavino Sale in Provincia a Sassari, ha estromesso le Provincie stesse.Il piano era preordinato. In questa storia l'Europa non c'entra, è stato stabilito solo che ogni paese nelle questioni acqua deve vigilare perchè non sia inquinata, stabilendo che chi inquina, paga. Per il resto ci sono nazioni europee dove l'acqua resta pubblica e le famiglie non conoscono il caro bolletta come da noi. Ma i conti non quadrano: l'Autorità d'Ambito si mantiene con le quote dei Comuni e con le tariffe e impone il gestore unico Abbanoa di cui paradossalmente il Presidente è anche Direttore dell'Assessorato ai Lavori Pubblici. Per legge l’Assessorato dovrebbe intervenire ripristinando la legalità in caso di inadempienze dell'Autorità d'Ambito verso il gestore Abbanoa. In pratica dovrebbe monitorare se stesso. E' un pò come la deriva dei Continenti: fino alla collisione! E’ recente l’intervento dell’Authority dei lavori pubblici che ha aperto un’indagine su 64 Autorità d’Ambito in tutta Italia: nel mirino c’è anche l’Ato della Sardegna e Abbanoa, perché ci sarebbe una sovrapposizione tra controllore e controllato. La gestione dell'acqua nella nostra terra è un fatto di illegalità, tuttavia i responsabili mantengono un basso profilo, ad alcuni bollette insostenibili ad altri normali, così pensano che a lungo andare ci abitueremo a queste trappole istituzionali e a questi soprusi. E poi da noi i decreti legislativi modificano continuamente il quadro normativo di riferimento, ecco quindi comparire la facoltà per i paesi delle comunità montane sino a 1000 abitanti di mantenersi la gestione dell'acqua: in 137 potrebbero autogestirsi (legge152), "previo consenso dell'Autorità D'Ambito"!!!!. Una valanga d'ipocrisìe. Intanto è sotto gli occhi di tutti lo squilibrio a nostro carico: il 90% del costo del servizio idrico ricade sul popolo sardo, il 10% sui proprietari delle seconde case non residenti che però utilizzano il 50% del servizio, questo è impostato per quattro milioni di abitanti considerate le presenze estive, ma le strutture devono essere mantenute efficienti tutto l'anno.Sono circa 1800 i lavoratori che a diverso titolo operano nel settore idrico, chiedono assorbimento e un salario dignitoso, ma questo di mantenere il lamento delle classi deboli è un arte dei padroni del sistema per continuare nel gioco perverso che più si “scassa” più c’è da speculare!. Intanto come sentinelle le bollette da pagare stanno lì a ricordarci che i conti non tornano. Ora i cittadini si difendono come possono con l'autoriduzione per sopraggiunte difficoltà economiche, iRS è con loro fino alla disobbedienza civile, perchè l'acqua è monopolio naturale, un bene comune, un consumo obbligatorio insostituibile, la fonte di vita, un diritto umano universale e proprietà di nessuno perchè non è una merce.Sono presenti in questa conferenza stampa come primo coordinamento, il Presidente del Comitato popolare di Sedini Bustianu Mureu, con 250 ricevute di autoriduzione su 400 utenze, la Presidente del Comitato Popolare di Ulassai Linda Puddu, l’ex sindaco del Comune commissariato di Fluminimaggiore Mauro Carta, il Presidente di Acqua Gravità Pier Luigi Floris, Tore Ventroni del Sindacadu de sa Nazione Sarda responsabile di Abba Libera, la docente Dolores Lai e il suo caso di autoriduzione a Cagliari, Gavino Sale e Bettina Pitzurra.iRS qui propone le misure da adottare per il ripristino della trasparenza nella gestione dell'acqua in Sardegna:1) abolizione dell’ Agenzia regionale per l’acqua, dell’En.a.s., dell'Autorità d'Ambito e di Abbanoa e creazione di un Ministero dell'acqua a sè stante, con reggenza superpartes fuori dai partiti, in carica per dieci anni con elezione popolare e verifica popolare ogni due anni2) il Ministero dell'acqua dovrebbe dare indirizzi e non gestire il bene vitale3) la gestione verrebbe restituita ai Comuni con assemblee a gestione volontaria diretta dell'acqua perchè hanno le fonti, consorziati con altri Comuni fin dove l'intelligenza del risparmio sta nella caduta a forza gravitazionale4) il Ministero dovrebbe controllare gli sprechi d'acqua perenni esercitati dalle derivazioni idroelettriche: il Gennargentu perde in mare 100 milioni di mc l'anno e a Tortolì solo da oggi? hanno l’acqua potabile nei rubinetti5) l'acqua misurata senza tariffe per uso domestico, un tributo equo per le strutture di distribuzione e la loro manutenzione a carico della fiscalità generale controllata6) ripresa dell'acquedotto metropolitano di Donori, baricentro di distribuzione per Cagliari e hinterland dove risiede metà della popolazione sarda 7) riapertura delle fonti pubbliche8) introduzione del biologo come responsabile della gestione sull'uso delle acque9) gestione comunale dell'acqua per i grandi impianti turistici 10) Tributo vitale alto per piscine, industrie civili e militari, campi da golf e villaggi vacanze11) stabilizzazione dei lavoratori dell'acqua per il coinvolgimento totale nella manutenzione. E’ ora che i Sardi prendano una posizione coraggiosa per il ripristino soprattutto della dignità e il recupero di una lunga storia di rispetto verso ciò che è senza fine, Fonte della Vita originaria: l’ACQUA.Cagliari, lunedì 26 maggio 2008

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Abbanoa? AbbaLìbera! Sardi uniti nell'autoriduzione.“Non una goccia d’acqua al mare se prima non abbia fecondato la terra”, era lo slogan degli anni '50, quando in Sardegna si dava avvio alla razionalizzazione dell'assetto idrico. Nessuno si accorgeva di come si andavano a modificare pian piano i rapporti tra le istituzioni e i cittadini.Ciò che di visibile oggi resta, sono le bollette di Abbanoa, sono 57 dighe di cui 4 in costruzione, 2 non invasabili, 32 collaudate di cui 7 a invaso ridotto o nullo, 19 in corso di collaudo. Di visibile resta un paesaggio malamente alterato nella morfologìa e nella mentalità, soprattutto quella di gruppi di potere e clientele che della sacralità dell'acqua hanno perso coscienza per farne libero arbitrio sulle nostre spalle. In questi anni iRS indipendèntzia Repùbrica de Sardigna, ha più volte denunciato le gravi connessioni tra politica e affari in tema di risorse idriche in Sardegna.iRS si è attivamente pronunciata con l'occupazione del Teatro Lirico di Cagliari nel 2006 mentre si festeggiavano i 60 anni dell'E.A.F., Ente Autonomo del Flumendosa (ente strumentale della Regione) il quale, per uscire dai limiti territoriali definiti per statuto dentro il Campidano di Cagliari, si trasformava in E.R.I.S. per estendere le competenze territoriali in tutta l’isola e due mesi dopo in EN.A.S. per ingiustificate ambizioni di prestigio ancora, con la classe politica sarda votante all'unanimità: tutti collusi! Oggi la Regione mantiene le concessioni dell'acqua, che viene gestita dall’En.a.s. per venderla alla fallimentare Abbanoa spa che compra e mantiene la bocca chiusa visto che nelle finanziarie trova agevolazioni per 20milioni di euro nel 2007 e nel 2008 si vedrà, e intanto l'Autorità d'Ambito controlla. Ma i conti non quadrano: l'Autorità d'Ambito con il suo consorzio di Comuni e Provincie, incorpora tutta la Sardegna e doveva nascere secondo l'italiana Legge Galli ('94) attraverso lo studio dei territori da parte delle Provincie. La Regione Sardegna però, col fatto che bisognava fare in fretta per non perdere i finanziamenti europei, come si evince da un'interrogazione del consigliere Gavino Sale in Provincia a Sassari, ha estromesso le Provincie stesse.Il piano era preordinato. In questa storia l'Europa non c'entra, è stato stabilito solo che ogni paese nelle questioni acqua deve vigilare perchè non sia inquinata, stabilendo che chi inquina, paga. Per il resto ci sono nazioni europee dove l'acqua resta pubblica e le famiglie non conoscono il caro bolletta come da noi. Ma i conti non quadrano: l'Autorità d'Ambito si mantiene con le quote dei Comuni e con le tariffe e impone il gestore unico Abbanoa di cui paradossalmente il Presidente è anche Direttore dell'Assessorato ai Lavori Pubblici. Per legge l’Assessorato dovrebbe intervenire ripristinando la legalità in caso di inadempienze dell'Autorità d'Ambito verso il gestore Abbanoa. In pratica dovrebbe monitorare se stesso. E' un pò come la deriva dei Continenti: fino alla collisione! E’ recente l’intervento dell’Authority dei lavori pubblici che ha aperto un’indagine su 64 Autorità d’Ambito in tutta Italia: nel mirino c’è anche l’Ato della Sardegna e Abbanoa, perché ci sarebbe una sovrapposizione tra controllore e controllato. La gestione dell'acqua nella nostra terra è un fatto di illegalità, tuttavia i responsabili mantengono un basso profilo, ad alcuni bollette insostenibili ad altri normali, così pensano che a lungo andare ci abitueremo a queste trappole istituzionali e a questi soprusi. E poi da noi i decreti legislativi modificano continuamente il quadro normativo di riferimento, ecco quindi comparire la facoltà per i paesi delle comunità montane sino a 1000 abitanti di mantenersi la gestione dell'acqua: in 137 potrebbero autogestirsi (legge152), "previo consenso dell'Autorità D'Ambito"!!!!. Una valanga d'ipocrisìe. Intanto è sotto gli occhi di tutti lo squilibrio a nostro carico: il 90% del costo del servizio idrico ricade sul popolo sardo, il 10% sui proprietari delle seconde case non residenti che però utilizzano il 50% del servizio, questo è impostato per quattro milioni di abitanti considerate le presenze estive, ma le strutture devono essere mantenute efficienti tutto l'anno.Sono circa 1800 i lavoratori che a diverso titolo operano nel settore idrico, chiedono assorbimento e un salario dignitoso, ma questo di mantenere il lamento delle classi deboli è un arte dei padroni del sistema per continuare nel gioco perverso che più si “scassa” più c’è da speculare!. Intanto come sentinelle le bollette da pagare stanno lì a ricordarci che i conti non tornano. Ora i cittadini si difendono come possono con l'autoriduzione per sopraggiunte difficoltà economiche, iRS è con loro fino alla disobbedienza civile, perchè l'acqua è monopolio naturale, un bene comune, un consumo obbligatorio insostituibile, la fonte di vita, un diritto umano universale e proprietà di nessuno perchè non è una merce.Sono presenti in questa conferenza stampa come primo coordinamento, il Presidente del Comitato popolare di Sedini Bustianu Mureu, con 250 ricevute di autoriduzione su 400 utenze, la Presidente del Comitato Popolare di Ulassai Linda Puddu, l’ex sindaco del Comune commissariato di Fluminimaggiore Mauro Carta, il Presidente di Acqua Gravità Pier Luigi Floris, Tore Ventroni del Sindacadu de sa Nazione Sarda responsabile di Abba Libera, la docente Dolores Lai e il suo caso di autoriduzione a Cagliari, Gavino Sale e Bettina Pitzurra.iRS qui propone le misure da adottare per il ripristino della trasparenza nella gestione dell'acqua in Sardegna:1) abolizione dell’ Agenzia regionale per l’acqua, dell’En.a.s., dell'Autorità d'Ambito e di Abbanoa e creazione di un Ministero dell'acqua a sè stante, con reggenza superpartes fuori dai partiti, in carica per dieci anni con elezione popolare e verifica popolare ogni due anni2) il Ministero dell'acqua dovrebbe dare indirizzi e non gestire il bene vitale3) la gestione verrebbe restituita ai Comuni con assemblee a gestione volontaria diretta dell'acqua perchè hanno le fonti, consorziati con altri Comuni fin dove l'intelligenza del risparmio sta nella caduta a forza gravitazionale4) il Ministero dovrebbe controllare gli sprechi d'acqua perenni esercitati dalle derivazioni idroelettriche: il Gennargentu perde in mare 100 milioni di mc l'anno e a Tortolì solo da oggi? hanno l’acqua potabile nei rubinetti5) l'acqua misurata senza tariffe per uso domestico, un tributo equo per le strutture di distribuzione e la loro manutenzione a carico della fiscalità generale controllata6) ripresa dell'acquedotto metropolitano di Donori, baricentro di distribuzione per Cagliari e hinterland dove risiede metà della popolazione sarda 7) riapertura delle fonti pubbliche8) introduzione del biologo come responsabile della gestione sull'uso delle acque9) gestione comunale dell'acqua per i grandi impianti turistici 10) Tributo vitale alto per piscine, industrie civili e militari, campi da golf e villaggi vacanze11) stabilizzazione dei lavoratori dell'acqua per il coinvolgimento totale nella manutenzione. E’ ora che i Sardi prendano una posizione coraggiosa per il ripristino soprattutto della dignità e il recupero di una lunga storia di rispetto verso ciò che è senza fine, Fonte della Vita originaria: l’ACQUA.Cagliari, lunedì 26 maggio 2008

Mentre si muore di fame, verdure e globalizzazione vanno al macero


Di Lucia Venturi


ROMA. Qualche settimana fa dal vertice Fao di Roma veniva lanciato l’allarme della necessità di trovare i rimedi per sfamare i milioni di persone che si aggiungono a quelli che storicamente non arrivano alla vecchiaia (e spesso nemmeno alla pubertà) per mancanza di cibo: erano 800 milioni gli affamati della terra nel 1996 quando fu annunciato l’obiettivo del Millennium goal di ridurre alla metà questa cifra entro il 2015, oggi non solo l’obiettivo è lontano ma a questi se ne sono aggiunti altri 50 milioni e sono destinati ad aumentare. Serve più cibo, si è detto a quel vertice, bisogna produrre di più ricorrendo anche alle coltivazioni Ogm. Anche l’Europa non potrà più permettersi di mettere al bando le sementi modificate, per far fronte ad una crisi alimentare con dimensioni planetarie.Oggi l’allarme viene dai produttori agricoli italiani della Cia, che denunciano di essere costretti a lasciare marcire frutta e verdura nei campi e nei frutteti perché i prezzi di vendita non riescono a coprire le spese di raccolto. Dinamiche di mercato che si avvitano su stesse e portano alla conseguenza che ogni anno ben 1,5 milioni di tonnellate di prodotti alimentari vadano al macero e 4 miliardi di euro in fumo. Mentre aumentano i costi al mercato per i consumatori, e quelli per gli agricoltori- spiega la Cia - che stanno diventando i più poveri d’Europa. Colpa di una filiera che allunga la catena e comprime i profitti, che sconta speculazioni internazionali e rincari delle materie prime. Le imprese riportano a casa le fabbriche che avevano delocalizzato, perché l’aumento dei prezzi del carburante non ripaga il risparmio nei costi sulla manodopera e sulle spese ambientali, che si potevano evitare in altri paesi. Paradossi di un sistema economico che ormai fa acqua da tutte le parti. Paradossi di un modello economico dell’abbondanza che ha invece alimentato la povertà. Che è arrivato al punto di ripiegarsi su stesso. La globalizzazione si de-globalizza, si frammenta.«La situazione è tragica ma non è seria» avrebbe detto Ennio Flaiano. Che sia tragica ci sono i numeri e le notizie quotidiane a metterlo in evidenza: aumentano i poveri, aumentano le popolazioni affamate, aumentano i segnali di un cambiamento climatico che non è più un argomento di dibattito per salotti d’elite, aumenta la paura del presente e del futuro, l’economia globale vive una crisi finanziaria duratura con un prorompente effetto domino sull’economia reale.Che non è seria è dato dal fatto che la globalizzazione è ormai ricusata da parte di chi l’ha promossa, esaltata, letta come salvifica per un sistema economico che viveva la crisi dei mercati. E che adesso vorrebbe frenare, e tentare il dietro front. Buttando via il bambino assieme all’acqua sporca. Illudendosi che basta mettere i paletti e costruire muri e barricate per rimanere protetti da un sistema che non ci va più a genio. Che rischia di mettere in discussione il benessere che ancora ci appartiene. Convinti che basta chiudersi all’interno dei propri confini per evitare di essere coinvolti nelle crisi planetarie, cambiamenti climatici in testa con tutte le conseguenze al seguito. Nell´ingenua illusione che la globalizzazione possa essere reversibile in tutto. Per questo la situazione è tragica ma non è seria, perché non è serio il modo di affrontarla.Perché le risposte non sono all’altezza del problema ma sottodimensionate alla sua gravità.Perché ancora una volta l’homo faber pensa di rimettere a posto le cose che ha incrinato, con gli stessi strumenti che lo hanno portato a romperle. Ma l’effetto moviola (dispiace deluderlo) non è dato in questi casi.

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Di Lucia Venturi


ROMA. Qualche settimana fa dal vertice Fao di Roma veniva lanciato l’allarme della necessità di trovare i rimedi per sfamare i milioni di persone che si aggiungono a quelli che storicamente non arrivano alla vecchiaia (e spesso nemmeno alla pubertà) per mancanza di cibo: erano 800 milioni gli affamati della terra nel 1996 quando fu annunciato l’obiettivo del Millennium goal di ridurre alla metà questa cifra entro il 2015, oggi non solo l’obiettivo è lontano ma a questi se ne sono aggiunti altri 50 milioni e sono destinati ad aumentare. Serve più cibo, si è detto a quel vertice, bisogna produrre di più ricorrendo anche alle coltivazioni Ogm. Anche l’Europa non potrà più permettersi di mettere al bando le sementi modificate, per far fronte ad una crisi alimentare con dimensioni planetarie.Oggi l’allarme viene dai produttori agricoli italiani della Cia, che denunciano di essere costretti a lasciare marcire frutta e verdura nei campi e nei frutteti perché i prezzi di vendita non riescono a coprire le spese di raccolto. Dinamiche di mercato che si avvitano su stesse e portano alla conseguenza che ogni anno ben 1,5 milioni di tonnellate di prodotti alimentari vadano al macero e 4 miliardi di euro in fumo. Mentre aumentano i costi al mercato per i consumatori, e quelli per gli agricoltori- spiega la Cia - che stanno diventando i più poveri d’Europa. Colpa di una filiera che allunga la catena e comprime i profitti, che sconta speculazioni internazionali e rincari delle materie prime. Le imprese riportano a casa le fabbriche che avevano delocalizzato, perché l’aumento dei prezzi del carburante non ripaga il risparmio nei costi sulla manodopera e sulle spese ambientali, che si potevano evitare in altri paesi. Paradossi di un sistema economico che ormai fa acqua da tutte le parti. Paradossi di un modello economico dell’abbondanza che ha invece alimentato la povertà. Che è arrivato al punto di ripiegarsi su stesso. La globalizzazione si de-globalizza, si frammenta.«La situazione è tragica ma non è seria» avrebbe detto Ennio Flaiano. Che sia tragica ci sono i numeri e le notizie quotidiane a metterlo in evidenza: aumentano i poveri, aumentano le popolazioni affamate, aumentano i segnali di un cambiamento climatico che non è più un argomento di dibattito per salotti d’elite, aumenta la paura del presente e del futuro, l’economia globale vive una crisi finanziaria duratura con un prorompente effetto domino sull’economia reale.Che non è seria è dato dal fatto che la globalizzazione è ormai ricusata da parte di chi l’ha promossa, esaltata, letta come salvifica per un sistema economico che viveva la crisi dei mercati. E che adesso vorrebbe frenare, e tentare il dietro front. Buttando via il bambino assieme all’acqua sporca. Illudendosi che basta mettere i paletti e costruire muri e barricate per rimanere protetti da un sistema che non ci va più a genio. Che rischia di mettere in discussione il benessere che ancora ci appartiene. Convinti che basta chiudersi all’interno dei propri confini per evitare di essere coinvolti nelle crisi planetarie, cambiamenti climatici in testa con tutte le conseguenze al seguito. Nell´ingenua illusione che la globalizzazione possa essere reversibile in tutto. Per questo la situazione è tragica ma non è seria, perché non è serio il modo di affrontarla.Perché le risposte non sono all’altezza del problema ma sottodimensionate alla sua gravità.Perché ancora una volta l’homo faber pensa di rimettere a posto le cose che ha incrinato, con gli stessi strumenti che lo hanno portato a romperle. Ma l’effetto moviola (dispiace deluderlo) non è dato in questi casi.

LA CRISI PETROLIFERA METTE IN PERICOLO LA VAL D'AGRI.


Non bastava il rischio di dover ospitare la discarica di scorie nucleari che ancora pende sull'area del metapontino, che ecco una nuova minaccia che si abbatte sul nostro territorio. Il Ministro Scajola annuncia che bisogna semplificare le procedure per lo sfruttamento dei giacimenti di idrocarburi nazionali. In effetti le compagnie petrolifere ne hanno proprio bisogno, così non dovranno più continuare a fare ricerche, e aprire pozzi senza permessi,o a nascondere incidenti di vario genere. Potranno operare in libertà con il benestare del governo. "Lo sfruttamento delle risorse nazionali di idrocarburi, stimabili in 100 miliardi di euro, ha trovato fino ad ora un formidabile ostacolo sia nella complessita' delle procedure di autorizzazione, sia nell'opposizione riscontrata a livello locale: queste situazioni di stallo non possono essere ulteriormente tollerate". E' il messaggio lanciato dal ministro dello Sviluppo Economico, Claudio Scajola, nel suo intervento video trasmesso all'assemblea dell'Unione Petrolifera. In particolare, il Ministro ha citato ad esempio "le vicende dei giacimenti nell'alto Adriatico, del delta del Po e della Basilicata". "Nell'ambito della Strategia energetica nazionale (che sara' varata entro il 30 giugno 2009) saranno messe a punto misure per il rilancio delle attivita' di ricerca e produzione di idrocarburi, per la diversificazione dell'approvvigionamento, per l'ammodernamento delle attivita' di rastinazione per la liberalizzazione della distribuzione dei carburanti", ha sottolineato il ministro. "Gia' a partire dal Consiglio dei Ministri di oggi - ha aggiunto - saranno adotatte alcune disposizioni che semplificano le procedure e rimuovono vincoli, nel rispetto delleesigenze di tutela dell'ambiente e della salute delle popolazioni".Queste sono le priorità del governo, quando la gente aspetta ancora risposte sugli effetti dell'estrazioni sulla salute e sul territorio, quando i cittadini ancora si interrogano, e non capiscono cosa in realtà ci abbiano guadagnato loro con questo petrolio. Dobbiamo tenere gli occhi ben aperti perché con l'inasprirsi della crisi dei carburanti , cari concittadini Lucani, rischiamo di venir cacciati a pedate dalle nostre case in nome del Dio Petrolio.

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Non bastava il rischio di dover ospitare la discarica di scorie nucleari che ancora pende sull'area del metapontino, che ecco una nuova minaccia che si abbatte sul nostro territorio. Il Ministro Scajola annuncia che bisogna semplificare le procedure per lo sfruttamento dei giacimenti di idrocarburi nazionali. In effetti le compagnie petrolifere ne hanno proprio bisogno, così non dovranno più continuare a fare ricerche, e aprire pozzi senza permessi,o a nascondere incidenti di vario genere. Potranno operare in libertà con il benestare del governo. "Lo sfruttamento delle risorse nazionali di idrocarburi, stimabili in 100 miliardi di euro, ha trovato fino ad ora un formidabile ostacolo sia nella complessita' delle procedure di autorizzazione, sia nell'opposizione riscontrata a livello locale: queste situazioni di stallo non possono essere ulteriormente tollerate". E' il messaggio lanciato dal ministro dello Sviluppo Economico, Claudio Scajola, nel suo intervento video trasmesso all'assemblea dell'Unione Petrolifera. In particolare, il Ministro ha citato ad esempio "le vicende dei giacimenti nell'alto Adriatico, del delta del Po e della Basilicata". "Nell'ambito della Strategia energetica nazionale (che sara' varata entro il 30 giugno 2009) saranno messe a punto misure per il rilancio delle attivita' di ricerca e produzione di idrocarburi, per la diversificazione dell'approvvigionamento, per l'ammodernamento delle attivita' di rastinazione per la liberalizzazione della distribuzione dei carburanti", ha sottolineato il ministro. "Gia' a partire dal Consiglio dei Ministri di oggi - ha aggiunto - saranno adotatte alcune disposizioni che semplificano le procedure e rimuovono vincoli, nel rispetto delleesigenze di tutela dell'ambiente e della salute delle popolazioni".Queste sono le priorità del governo, quando la gente aspetta ancora risposte sugli effetti dell'estrazioni sulla salute e sul territorio, quando i cittadini ancora si interrogano, e non capiscono cosa in realtà ci abbiano guadagnato loro con questo petrolio. Dobbiamo tenere gli occhi ben aperti perché con l'inasprirsi della crisi dei carburanti , cari concittadini Lucani, rischiamo di venir cacciati a pedate dalle nostre case in nome del Dio Petrolio.

Una battaglia in sintesi


Di Ida Magli


La mia battaglia contro l’unione europea è cominciata molti anni fa; per essere più precisi è cominciata da quando è stato firmato il trattato di Maastricht. Mi resi conto, studiandolo, della volontà dei governanti di ridurre all’uguaglianza i costumi, i valori, la cultura, la “personalità di base” dei cittadini d’Europa attraverso il condizionamento di uguali programmi scolastici e di uguali leggi. Feci allora molte cose: giri di conferenze nelle città e nei paesi dal sud al nord d’Italia; contatti con i più importanti esponenti politici sia italiani che stranieri; scrissi il libro Contro l’Europa nel quale indicavo i maggiori pericoli insiti nella realizzazione del progetto di Maastricht; cercai la collaborazione con i movimenti esistenti all’estero contro l’unione europea. Questi movimenti venivano chiamati, con sovrana irrisione, “euroscettici” in quanto si poteva accettare che qualcuno avesse dei dubbi sulla fattibilità del progetto ma era ritenuto impensabile, o meglio nefando e inammissibile, che qualcuno si dichiarasse “contro”. Mi era rimasta soltanto una persona da interpellare e dalla quale ricevere l’ennesimo no: il Presidente della Repubblica. Scrissi allora una lettera a Scalfaro. Mi rispose subito molto gentilmente che non avevo motivo di preoccuparmi perché “l’Europa è ormai nel sangue degli italiani ”.Sono passati oltre dieci anni. Diversi presidenti della Repubblica si sono succeduti da allora. Ma la loro convinzione che l’Europa sia nel sangue degli Italiani è rimasta sempre la stessa.Il dubbio che si potesse o si dovesse chiederne agli Italiani la conferma, non li ha mai sfiorati.


LETTERA AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICAOSCAR LUIGI SCALFARO
Roma, 2 Aprile 1998

Gentile Presidente,
se mi rivolgo a lei con una semplice lettera da cittadino italiano al Presidente della Repubblica, è perché non posso e non voglio lasciare nulla di intentato, davanti alla mia coscienza e alla sua, davanti ai miei concittadini di oggi e davanti a quelli di domani e alla Storia. Lei è il custode della Costituzione ma anche un magistrato. Dunque sa, e può capire meglio di molti altri, quale dialettica ci sia fra forma e contenuto, lettera e spirito, nell’amministrazione della giustizia nella verità, e che è la “finzione” il loro maggiore pericolo. Il trattato di Maastricht è questa finzione . Non “politica estera” ma trasformazione radicale dell’assetto di vita degli italiani, ossia il tradimento della Costituzione. La perdita di tutti i punti fermi politici dai quali i cittadini credono, attraverso la Costituzione, di essere tutelati e ai quali obbediscono. La perdita della libertà, della democrazia, del territorio, della patria, della lingua… In altri paesi dell’Unione si stanno presentando eccezioni alle Corti Costituzionali. Io ho fatto, viceversa, parlando, incontrando gran parte di coloro che dirigono il nostro paese, un’esperienza terribile, dalla quale ho tratto questa conclusione: in Italia c’è oggi lo stesso muro di silenzio, di ottusità, di esaltazione di simboli privi di realtà che ha fatto dire ai tedeschi, dopo la guerra, che essi “ non sapevano”. Per questo le scrivo questa lettera: perché nessuno possa dire domani che “non sapeva”.

Grazie
Ida Magli
Roma, 2 Aprile 1998

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Di Ida Magli


La mia battaglia contro l’unione europea è cominciata molti anni fa; per essere più precisi è cominciata da quando è stato firmato il trattato di Maastricht. Mi resi conto, studiandolo, della volontà dei governanti di ridurre all’uguaglianza i costumi, i valori, la cultura, la “personalità di base” dei cittadini d’Europa attraverso il condizionamento di uguali programmi scolastici e di uguali leggi. Feci allora molte cose: giri di conferenze nelle città e nei paesi dal sud al nord d’Italia; contatti con i più importanti esponenti politici sia italiani che stranieri; scrissi il libro Contro l’Europa nel quale indicavo i maggiori pericoli insiti nella realizzazione del progetto di Maastricht; cercai la collaborazione con i movimenti esistenti all’estero contro l’unione europea. Questi movimenti venivano chiamati, con sovrana irrisione, “euroscettici” in quanto si poteva accettare che qualcuno avesse dei dubbi sulla fattibilità del progetto ma era ritenuto impensabile, o meglio nefando e inammissibile, che qualcuno si dichiarasse “contro”. Mi era rimasta soltanto una persona da interpellare e dalla quale ricevere l’ennesimo no: il Presidente della Repubblica. Scrissi allora una lettera a Scalfaro. Mi rispose subito molto gentilmente che non avevo motivo di preoccuparmi perché “l’Europa è ormai nel sangue degli italiani ”.Sono passati oltre dieci anni. Diversi presidenti della Repubblica si sono succeduti da allora. Ma la loro convinzione che l’Europa sia nel sangue degli Italiani è rimasta sempre la stessa.Il dubbio che si potesse o si dovesse chiederne agli Italiani la conferma, non li ha mai sfiorati.


LETTERA AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICAOSCAR LUIGI SCALFARO
Roma, 2 Aprile 1998

Gentile Presidente,
se mi rivolgo a lei con una semplice lettera da cittadino italiano al Presidente della Repubblica, è perché non posso e non voglio lasciare nulla di intentato, davanti alla mia coscienza e alla sua, davanti ai miei concittadini di oggi e davanti a quelli di domani e alla Storia. Lei è il custode della Costituzione ma anche un magistrato. Dunque sa, e può capire meglio di molti altri, quale dialettica ci sia fra forma e contenuto, lettera e spirito, nell’amministrazione della giustizia nella verità, e che è la “finzione” il loro maggiore pericolo. Il trattato di Maastricht è questa finzione . Non “politica estera” ma trasformazione radicale dell’assetto di vita degli italiani, ossia il tradimento della Costituzione. La perdita di tutti i punti fermi politici dai quali i cittadini credono, attraverso la Costituzione, di essere tutelati e ai quali obbediscono. La perdita della libertà, della democrazia, del territorio, della patria, della lingua… In altri paesi dell’Unione si stanno presentando eccezioni alle Corti Costituzionali. Io ho fatto, viceversa, parlando, incontrando gran parte di coloro che dirigono il nostro paese, un’esperienza terribile, dalla quale ho tratto questa conclusione: in Italia c’è oggi lo stesso muro di silenzio, di ottusità, di esaltazione di simboli privi di realtà che ha fatto dire ai tedeschi, dopo la guerra, che essi “ non sapevano”. Per questo le scrivo questa lettera: perché nessuno possa dire domani che “non sapeva”.

Grazie
Ida Magli
Roma, 2 Aprile 1998

mercoledì 25 giugno 2008

CORNUTI E MONNEZZIATI




Di Mariano Maugeri




L'ultima su Napoli:si teme una rivolta popolare contro la Tarsu,la tassa sui rifiuti solidi urbani.Diecimila ricorsi negli ultimi sei mesi.E gli azzeccagarbugli prevedono che nel 2008 pagherà il tributo solo un napoletano su quattro.Con conseguenza disastrose sul traballante bilancio comunale.Le strade sono una discarica a cielo aperto,dicono i cittadini.In cambio di quale servizio il Comune ci chiede di pagare? Buone ragioni che potrebbero far valere anche davanti a un giudice. Invece di potenziare il servizio di raccolta, a Palazzo San Giacomo s'ingegnano con una pensata da economia di guerra: cambiamo il regolamento della Tarsu."Caro cittadino,per esigere il pagamento è sufficiente che si rimuova la monnezza dalla strada dove abiti solo una volta al mese". Avete capito bene: una volta al mese. Letto, firmato, sottoscritto e approvato dal Consiglio comunale (sempre di bocca buona ) il 12 giugno. Con un codicillo che, tanto per non guastare, rende il provvedimento retroattivo al primo di gennaio.

Come si dice a Napoli: cornuti e monnezziati.



Il Sole 24 ore del 25/06/2008 (Prima pagina)
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Di Mariano Maugeri




L'ultima su Napoli:si teme una rivolta popolare contro la Tarsu,la tassa sui rifiuti solidi urbani.Diecimila ricorsi negli ultimi sei mesi.E gli azzeccagarbugli prevedono che nel 2008 pagherà il tributo solo un napoletano su quattro.Con conseguenza disastrose sul traballante bilancio comunale.Le strade sono una discarica a cielo aperto,dicono i cittadini.In cambio di quale servizio il Comune ci chiede di pagare? Buone ragioni che potrebbero far valere anche davanti a un giudice. Invece di potenziare il servizio di raccolta, a Palazzo San Giacomo s'ingegnano con una pensata da economia di guerra: cambiamo il regolamento della Tarsu."Caro cittadino,per esigere il pagamento è sufficiente che si rimuova la monnezza dalla strada dove abiti solo una volta al mese". Avete capito bene: una volta al mese. Letto, firmato, sottoscritto e approvato dal Consiglio comunale (sempre di bocca buona ) il 12 giugno. Con un codicillo che, tanto per non guastare, rende il provvedimento retroattivo al primo di gennaio.

Come si dice a Napoli: cornuti e monnezziati.



Il Sole 24 ore del 25/06/2008 (Prima pagina)

La politica ai raggi x


Di Antonio Iannaccone

Forse non tutti sanno, o a qualcuno è sfuggito, che i sistemi politici odierni sono facciate o parallelismi di quell’organizzazione invisibile che si chiama Massoneria. Essa non è altro che una società di società con un intento puramente economico, ma dirette ad un controllo di fondo della politica mondiale per una totale gestione dell’intera umanità. Fin dal XVIII secolo si sono sviluppate massonerie nazionali un pò d’ovunque in Europa e nel mondo, ma la penisola italiana era frammentata da vari staterelli per poterne generare una, e così nacque la Carboneria a Napoli e la P1(propaganda 1) detta anche Giovine Italia al nord per mano del massone Mazzini unendo gli adepti nell’ideale di uno stato italiano. Queste società non facevano altro che gli interessi della più grande società massonica inglese, a cui loro facevano capo, e quella inglese era sempre più succube della preponderante società massonica ebraica di gran lunga più potente economicamente e ora lo stava diventando anche politicamente.
La direttiva era di distruggere il Papato(organizzazione uscente per il controllo delle masse), e tutti gli stati cattolici che giravano nella sfera romana.Dal 1860 al 1918 tutto si avverò secondo i piani, ma non essendo riusciti ad inventare una nazione italiana, perché una parte del popolo rimase fedelmente cattolica e l’altra si convertì al laicismo, la nuova Italia si divise in due correnti massoniche politicamente di destra e una di sinistra, ideologicamente cattolica e l’altra laica-ateista. Oggi ci sono in Italia la corporazione delle massonerie dette di Palazzo Giustiniani e l’altra organizzazione massonica detta di Piazza del Gesù.
Ora, mentre fino a qualche decennio fa, le massonerie controllavano la politica italiana dal di fuori, (Licio Gelli ha spiegato bene come nominavano i ministri), dopo l’operazione Mani Pulite(architettata dalla massoneria) e la cancellazione del vecchio sistema politico, nasce la seconda repubblica in cui scende a fare politica in prima persona la massoneria stessa, così come negli altri stati; di conseguenza, il potere in Italia mentre pensava di fare una cosa, poi faceva esattamente l’opposto, perché la massoneria italiana era sì in linea con la massoneria internazionale, ma su due strade diverse e per risolvere il problema hanno spazzato via la vecchia classe politica e decidere direttamente in prima persona; ma la frammentazione partitica è stata d’impaccio per le manovre criminose dell’organizzazione, e allora si mette su il teatrino della riforma elettorale per creare il centro-destra e il centro-sinistra, la massoneria di Piazza del Gesù e quella di Palazzo Giustiniani, Berlusconi e Veltroni, i quali sono cresciuti nella massoneria e la prova è che hanno dei sistemi di comunicazione propri atti al controllo delle masse, in poche parole siamo arrivati a quella che decantano come terza repubblica.
Chi oggi non ha un canale mediatico d’informazione non può essere nella politica a meno che non diventi massone con delle chiare idee.
Si è sempre detto che la pubblicità è l’anima del commercio, ebbene, la propaganda è il segreto vincente della politica e della massoneria.
La controffensiva napolitana
In questa ‘chiara’ analisi politica e storica può farsi spazio una nuova idea popolare come quella dell’Indipendenza di Napoli e della Napolitania? Con una situazione come questa è ovvio che per noi mortali che crediamo nella Napolitania, sembra impossibile spuntarla in questo muro impenetrabile di rete politico-massonica. A questo punto, scartando la prima ipotesi che senza l’appoggio massonico il nostro sogno non è realizzabile, vogliamo optare senza indugio per la seconda ipotesi di picconare il muro per farci breccia e conquistarci quel posto che ci spetta. Ma ahimé, il muro è duro e noi stiamo a picconare con scalpellini e cacciaviti.Mi spiego: tutti questi movimenti e partiti che stanno proliferando al grido di autonomia, indipendenza, libertà del SUD, inneggiando a Tizio o a Caio, per carità si rispettino appieno le loro idee e prese di coscienza, ma è l’unione che fa la forza e non la frammentazione di un ideale, altrimenti il popolo non capisce da che parte stare e può prenderla come una burla o un accaparramento di poltrone.
Gesù Cristo che la sapeva lunga su noi umili esseri umani, disse nel Vangelo di Marco 3:24 che ‘un regno diviso in parti contrarie non può durare’, quindi è destinato a scomparire, e la storia ci ha tramandato questo insegnamento, vedi la Grecia antica con le proprie Polis, la fine dell’Impero Romano dopo la suddivisione territoriale, e quel che più ci interessa da vicino la resistenza all’invasione piemontese del Regno delle Due Sicilie, formata da bande di partigiani che però combattevano per proprio conto, tranne alcune sporadiche volte. In quella occasione i nostri avi non capirono che non era come contro i francesi 50 anni prima, quando comunque combatterono uniti in una marcia su Napoli agli ordini del Cardinale Ruffo, ma adesso avevano a che fare con la più potente massoneria contro la quale si schierarono divisi e quindi deboli e prevedibili.
Oggi, a distanza di un secolo e mezzo, ci accingiamo a combattere politicamente di nuovo quella guerra di liberazione, e pur sapendo chi abbiamo di fronte, rifacciamo gli stessi errori ripercorrendo le stesse tappe, anche se alcune importanti, comunque di significato limitato ad un piccolo territorio, come fu allora la conquista di Melfi si può oggi paragonare la conquista politica di Gaeta.
Ci vogliamo fermare qui?Vogliamo veramente riconquistare la nostra terra? Chi vuole davvero il bene della Napolitania non deve fare altro che diventare parte integrante di una nuova azione compatta in cui tutti i cittadini che si sentono Napolitani possano identificarsi con orgoglio; è tempo di agire e di unirci in un'unica forza politica; si formi un direttorio che abbia un indirizzo prioritario sull’Indipendenza; via i vari simboli e diciture; io proporrei come soggetto politico l’“Azione Napolitana”, e che adotti il simbolo del Giglio da poter un giorno incastonare nella futura bandiera Napolitana, tra le bande di colore bianco, rosso e giallo; il Bianco sta per il colore Monarchico dei Borbone che ha contraddistinto la classica Bandiera delle Due Sicilie, il Rosso e il Giallo, di derivazione Spagnola e prettamente radicata nel casato Borbonico, sono presenti in molti simboli e gonfaloni di regioni, province e comuni e quindi di facile riconoscimento.
Capisco che la cosa non è facile, ma neanche impossibile; è una questione di buona volontà e amore per la propria terra. Un amico ha scritto “Il tempo è maturo”.
Signori, è tempo di unirci, è tempo d’insorgenza. E’ tempo d’Indipendenza. Picconiamo il grande muro tutti insieme contemporaneamente con il grande piccone dell’ “Azione Napolitana”.

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Di Antonio Iannaccone

Forse non tutti sanno, o a qualcuno è sfuggito, che i sistemi politici odierni sono facciate o parallelismi di quell’organizzazione invisibile che si chiama Massoneria. Essa non è altro che una società di società con un intento puramente economico, ma dirette ad un controllo di fondo della politica mondiale per una totale gestione dell’intera umanità. Fin dal XVIII secolo si sono sviluppate massonerie nazionali un pò d’ovunque in Europa e nel mondo, ma la penisola italiana era frammentata da vari staterelli per poterne generare una, e così nacque la Carboneria a Napoli e la P1(propaganda 1) detta anche Giovine Italia al nord per mano del massone Mazzini unendo gli adepti nell’ideale di uno stato italiano. Queste società non facevano altro che gli interessi della più grande società massonica inglese, a cui loro facevano capo, e quella inglese era sempre più succube della preponderante società massonica ebraica di gran lunga più potente economicamente e ora lo stava diventando anche politicamente.
La direttiva era di distruggere il Papato(organizzazione uscente per il controllo delle masse), e tutti gli stati cattolici che giravano nella sfera romana.Dal 1860 al 1918 tutto si avverò secondo i piani, ma non essendo riusciti ad inventare una nazione italiana, perché una parte del popolo rimase fedelmente cattolica e l’altra si convertì al laicismo, la nuova Italia si divise in due correnti massoniche politicamente di destra e una di sinistra, ideologicamente cattolica e l’altra laica-ateista. Oggi ci sono in Italia la corporazione delle massonerie dette di Palazzo Giustiniani e l’altra organizzazione massonica detta di Piazza del Gesù.
Ora, mentre fino a qualche decennio fa, le massonerie controllavano la politica italiana dal di fuori, (Licio Gelli ha spiegato bene come nominavano i ministri), dopo l’operazione Mani Pulite(architettata dalla massoneria) e la cancellazione del vecchio sistema politico, nasce la seconda repubblica in cui scende a fare politica in prima persona la massoneria stessa, così come negli altri stati; di conseguenza, il potere in Italia mentre pensava di fare una cosa, poi faceva esattamente l’opposto, perché la massoneria italiana era sì in linea con la massoneria internazionale, ma su due strade diverse e per risolvere il problema hanno spazzato via la vecchia classe politica e decidere direttamente in prima persona; ma la frammentazione partitica è stata d’impaccio per le manovre criminose dell’organizzazione, e allora si mette su il teatrino della riforma elettorale per creare il centro-destra e il centro-sinistra, la massoneria di Piazza del Gesù e quella di Palazzo Giustiniani, Berlusconi e Veltroni, i quali sono cresciuti nella massoneria e la prova è che hanno dei sistemi di comunicazione propri atti al controllo delle masse, in poche parole siamo arrivati a quella che decantano come terza repubblica.
Chi oggi non ha un canale mediatico d’informazione non può essere nella politica a meno che non diventi massone con delle chiare idee.
Si è sempre detto che la pubblicità è l’anima del commercio, ebbene, la propaganda è il segreto vincente della politica e della massoneria.
La controffensiva napolitana
In questa ‘chiara’ analisi politica e storica può farsi spazio una nuova idea popolare come quella dell’Indipendenza di Napoli e della Napolitania? Con una situazione come questa è ovvio che per noi mortali che crediamo nella Napolitania, sembra impossibile spuntarla in questo muro impenetrabile di rete politico-massonica. A questo punto, scartando la prima ipotesi che senza l’appoggio massonico il nostro sogno non è realizzabile, vogliamo optare senza indugio per la seconda ipotesi di picconare il muro per farci breccia e conquistarci quel posto che ci spetta. Ma ahimé, il muro è duro e noi stiamo a picconare con scalpellini e cacciaviti.Mi spiego: tutti questi movimenti e partiti che stanno proliferando al grido di autonomia, indipendenza, libertà del SUD, inneggiando a Tizio o a Caio, per carità si rispettino appieno le loro idee e prese di coscienza, ma è l’unione che fa la forza e non la frammentazione di un ideale, altrimenti il popolo non capisce da che parte stare e può prenderla come una burla o un accaparramento di poltrone.
Gesù Cristo che la sapeva lunga su noi umili esseri umani, disse nel Vangelo di Marco 3:24 che ‘un regno diviso in parti contrarie non può durare’, quindi è destinato a scomparire, e la storia ci ha tramandato questo insegnamento, vedi la Grecia antica con le proprie Polis, la fine dell’Impero Romano dopo la suddivisione territoriale, e quel che più ci interessa da vicino la resistenza all’invasione piemontese del Regno delle Due Sicilie, formata da bande di partigiani che però combattevano per proprio conto, tranne alcune sporadiche volte. In quella occasione i nostri avi non capirono che non era come contro i francesi 50 anni prima, quando comunque combatterono uniti in una marcia su Napoli agli ordini del Cardinale Ruffo, ma adesso avevano a che fare con la più potente massoneria contro la quale si schierarono divisi e quindi deboli e prevedibili.
Oggi, a distanza di un secolo e mezzo, ci accingiamo a combattere politicamente di nuovo quella guerra di liberazione, e pur sapendo chi abbiamo di fronte, rifacciamo gli stessi errori ripercorrendo le stesse tappe, anche se alcune importanti, comunque di significato limitato ad un piccolo territorio, come fu allora la conquista di Melfi si può oggi paragonare la conquista politica di Gaeta.
Ci vogliamo fermare qui?Vogliamo veramente riconquistare la nostra terra? Chi vuole davvero il bene della Napolitania non deve fare altro che diventare parte integrante di una nuova azione compatta in cui tutti i cittadini che si sentono Napolitani possano identificarsi con orgoglio; è tempo di agire e di unirci in un'unica forza politica; si formi un direttorio che abbia un indirizzo prioritario sull’Indipendenza; via i vari simboli e diciture; io proporrei come soggetto politico l’“Azione Napolitana”, e che adotti il simbolo del Giglio da poter un giorno incastonare nella futura bandiera Napolitana, tra le bande di colore bianco, rosso e giallo; il Bianco sta per il colore Monarchico dei Borbone che ha contraddistinto la classica Bandiera delle Due Sicilie, il Rosso e il Giallo, di derivazione Spagnola e prettamente radicata nel casato Borbonico, sono presenti in molti simboli e gonfaloni di regioni, province e comuni e quindi di facile riconoscimento.
Capisco che la cosa non è facile, ma neanche impossibile; è una questione di buona volontà e amore per la propria terra. Un amico ha scritto “Il tempo è maturo”.
Signori, è tempo di unirci, è tempo d’insorgenza. E’ tempo d’Indipendenza. Picconiamo il grande muro tutti insieme contemporaneamente con il grande piccone dell’ “Azione Napolitana”.

martedì 24 giugno 2008

Il Fronte Meridionalista e la casa di vetro


Di Natale Cuccurese


A pochi giorni dalla chiusura del 1° Congresso del PdSUD si pone l'obbligo di un'analisi di quanto è stato deciso e di quanto si è impostato.

Credo che due cose spicchino principalmente ,fra altre interessanti proposte, per gli sviluppi futuri che ci auguriamo la nostra azione possa avere.

La prima è la netta e favorevole presa di posizione del PdSUD nei riguardi della possibile aggregazione dei Partiti Meridionalisti.

Il Partito infatti si è espresso unanimemente a favore di questa ipotesi, nessuna voce contraria si è levata,a conferma di una prospettiva non personalistica da parte di tutti i partecipanti, ma anzi di una visione improntata a coagulare attorno ad un progetto serio tutti i popoli meridionali, per raggiungere finalmente una massa critica tale da potere rendere ineludibili le nostre richieste in sede romana ed europea.

Quando parliamo di popoli meridionali intendiamo il popolo Napolitano e il popolo Siciliano.
Quando parliamo di un progetto serio intendiamo un progetto di aggregazione finalizzato al mantenimento di una forte impronta identitaria indipendente da qualsiasi forma partitocratica esistente.Troppi in questi centocinquanta anni i tradimenti, gli ascarismi, la commistione con le varie mafie che hanno martirizzato i nostri territori in questo lungo periodo di eclissi della giustizia e della Provvidenza.Il nostro popolo sicuramente non è disponibile a dare fiducia a chi, per troppe volte, ha tradito la sua sete di giustizia e di progresso.Quindi si impone l'obbligo di non scendere a compromessi di qualsivoglia natura con l'attuale sistema partitocratico italiano, causa principale dell'attuale degrado morale, economico ,culturale e d'immagine del nostro territorio.

Nessuna risposta è venuta in questi anni alle richieste d'aiuto dei nostri popoli dai partiti della casta,hanno solo pensato a sfruttare in tutti i modi la colonia interna, hanno arraffato a più non posso a beneficio esclusivo loro e della economia tosco-padana.
Hanno interesse ad arruolarci solo per perpetrare,a nostro danno, il loro inganno.
E' d'obbligo quindi non assecondarli e metterli alla porta!

In quest'ottica si deve interdere l'importante accordo federativo che è stato stipulato in sede congressuale con Insorgenza Civile, accordo di notevole significato, in quanto certifica che i Partiti e i Movimenti Meridionali stanno già convergendo verso una "pangea meridionalista" che speriamo cresca sempre di più nei prossimi mesi.

In Europa si cercherà analogamente l'aggregazione con altre formazioni politiche rappresentanti le richieste di popoli oppressi come i nostri.

In questo senso va l'importante iniziativa presa dal Congresso di costituire un "Comitato per Lisbona",volto alla richiesta di un referendum consultivo che consenta ai cittadini italiani, ed eventualmente di altre nazioni europee, di esprimere, in piena democrazia, il proprio voto sulle norme dello stesso trattato.

Il secondo aspetto che riteniamo rappresenti una novità assoluta in Congressi Partitici Meridionalisti è l'assoluta trasparenza che il Partito ha voluto dare ai suoi lavori permettendo al nostro blog di seguire e postare in assoluta libertà informativa, gli sviluppi e le decisioni congressuali,permettendo così a tutti gli interessati di seguire in tempo reale ogni sviluppo del Congresso. Fino ad un recentissimo passato bisognava spesso affidarsi a stringati comunicati che, a volte dopo giorni , informavano dell'andamento di convegni o congressi, oppure, ancora peggio, al passaparola. Nell'epoca di internet , skype e della comunicazione immediata siamo contenti di aver "sdoganato"al nostro mondo questo modo di informare sulla "nostra" politica , penso che su questa strada dovremo insistere anche perchè,come testimoniano in questi giorni le tante mail che ci stanno giungendo da compatrioti di tutto il mondo, grati dell'iniziativa, questo è quello che ci chiedono i nostri tanti simpatizzanti.

Internet può essere per le nostre tesi, normalmente oscurate dai media tradizionali, una grande opportunità, dobbiamo attrezzarci per poterla sfruttare in pieno.

Lavorare quindi in una casa di vetro,senza nascondere nulla ai propri compatrioti, senza bizantinismi e sofismi, senza sorprese, può essere un' ottimo argomento nei confronti dei nostri popoli per iniziare a costruire un'unico,compatto, Fronte Meridionalista Unitario.
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Di Natale Cuccurese


A pochi giorni dalla chiusura del 1° Congresso del PdSUD si pone l'obbligo di un'analisi di quanto è stato deciso e di quanto si è impostato.

Credo che due cose spicchino principalmente ,fra altre interessanti proposte, per gli sviluppi futuri che ci auguriamo la nostra azione possa avere.

La prima è la netta e favorevole presa di posizione del PdSUD nei riguardi della possibile aggregazione dei Partiti Meridionalisti.

Il Partito infatti si è espresso unanimemente a favore di questa ipotesi, nessuna voce contraria si è levata,a conferma di una prospettiva non personalistica da parte di tutti i partecipanti, ma anzi di una visione improntata a coagulare attorno ad un progetto serio tutti i popoli meridionali, per raggiungere finalmente una massa critica tale da potere rendere ineludibili le nostre richieste in sede romana ed europea.

Quando parliamo di popoli meridionali intendiamo il popolo Napolitano e il popolo Siciliano.
Quando parliamo di un progetto serio intendiamo un progetto di aggregazione finalizzato al mantenimento di una forte impronta identitaria indipendente da qualsiasi forma partitocratica esistente.Troppi in questi centocinquanta anni i tradimenti, gli ascarismi, la commistione con le varie mafie che hanno martirizzato i nostri territori in questo lungo periodo di eclissi della giustizia e della Provvidenza.Il nostro popolo sicuramente non è disponibile a dare fiducia a chi, per troppe volte, ha tradito la sua sete di giustizia e di progresso.Quindi si impone l'obbligo di non scendere a compromessi di qualsivoglia natura con l'attuale sistema partitocratico italiano, causa principale dell'attuale degrado morale, economico ,culturale e d'immagine del nostro territorio.

Nessuna risposta è venuta in questi anni alle richieste d'aiuto dei nostri popoli dai partiti della casta,hanno solo pensato a sfruttare in tutti i modi la colonia interna, hanno arraffato a più non posso a beneficio esclusivo loro e della economia tosco-padana.
Hanno interesse ad arruolarci solo per perpetrare,a nostro danno, il loro inganno.
E' d'obbligo quindi non assecondarli e metterli alla porta!

In quest'ottica si deve interdere l'importante accordo federativo che è stato stipulato in sede congressuale con Insorgenza Civile, accordo di notevole significato, in quanto certifica che i Partiti e i Movimenti Meridionali stanno già convergendo verso una "pangea meridionalista" che speriamo cresca sempre di più nei prossimi mesi.

In Europa si cercherà analogamente l'aggregazione con altre formazioni politiche rappresentanti le richieste di popoli oppressi come i nostri.

In questo senso va l'importante iniziativa presa dal Congresso di costituire un "Comitato per Lisbona",volto alla richiesta di un referendum consultivo che consenta ai cittadini italiani, ed eventualmente di altre nazioni europee, di esprimere, in piena democrazia, il proprio voto sulle norme dello stesso trattato.

Il secondo aspetto che riteniamo rappresenti una novità assoluta in Congressi Partitici Meridionalisti è l'assoluta trasparenza che il Partito ha voluto dare ai suoi lavori permettendo al nostro blog di seguire e postare in assoluta libertà informativa, gli sviluppi e le decisioni congressuali,permettendo così a tutti gli interessati di seguire in tempo reale ogni sviluppo del Congresso. Fino ad un recentissimo passato bisognava spesso affidarsi a stringati comunicati che, a volte dopo giorni , informavano dell'andamento di convegni o congressi, oppure, ancora peggio, al passaparola. Nell'epoca di internet , skype e della comunicazione immediata siamo contenti di aver "sdoganato"al nostro mondo questo modo di informare sulla "nostra" politica , penso che su questa strada dovremo insistere anche perchè,come testimoniano in questi giorni le tante mail che ci stanno giungendo da compatrioti di tutto il mondo, grati dell'iniziativa, questo è quello che ci chiedono i nostri tanti simpatizzanti.

Internet può essere per le nostre tesi, normalmente oscurate dai media tradizionali, una grande opportunità, dobbiamo attrezzarci per poterla sfruttare in pieno.

Lavorare quindi in una casa di vetro,senza nascondere nulla ai propri compatrioti, senza bizantinismi e sofismi, senza sorprese, può essere un' ottimo argomento nei confronti dei nostri popoli per iniziare a costruire un'unico,compatto, Fronte Meridionalista Unitario.

 
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