giovedì 30 aprile 2009

Vi racconto Pio La Torre - 30 aprile 1982 + 30 aprile 2009


Di Vincenzo Consolo


Ero anch’io là, quella primavera del 1982, là a Comiso, all’aeroporto, dove il Governo di Spadolini aveva deciso di far installare i missili Cruise. Ero là in uno dei giorni in cui facevano il blocco davanti al cancello centrale dell’aeroporto i pacifisti giunti d’ogni dove. Erano ragazzi accovacciati a semicerchio per terra. Volevano così impedire ai camion, alle impastatrici, agli operai di entrare nel campo. Tutti avevano maglie, giacconi variopinti sopra le teste di capelli ricciuti.

Alcuni avevano tute e casacche bianche, e sul petto e le spalle dipinte grandi croci scarlatte. Le ragazze portavano giacchette indiane con ricami e specchietti o la kufia palestinese sopra le spalle. Sul muro di mattoni sovrastato dal filo spinato e da un filare di eucalipti erano scritte di calce e appesi striscioni di tela. Dicevano «Pace», «Amsterdam contra militarisme», «Testate nucleari - Carcero speciali - È questa la guerra contro i proletari», «Vogliamo vivere, Vogliamo amare - Diciamo no alla guerra nucleare». Erano ancora tutti assonnati e di più assonnati i poliziotti e i carabinieri che chissà in quali ore notturne erano stati fatti partire dalle caserme di Ragusa o Catania. Erano giovane anch’essi e schierati davanti al cancello, a fronteggiare quegli altri accovacciati per terra. M’aggiravo sullo spiazzo di terra battuta e di stoppie, da un capo all’altro, e guardavo quei visi di giovani e volevo capire chi era dell’Isola, vedere se ne riconoscevo qualcuno. Ma nessuno; mi sembravano tutti d’un luogo di cui non avevo cognizione. Fu allora che mi sentii chiamare, richiamare. E mi corsero incontro alcuni del mio paese lì alle falde del Nébrodi, figli o nipoti di vecchi amici e compagni. Erano Aldo, Antonella, Francesco, Rino, Grazia, Saro. Mi dissero che era stato là, nei giorni passati, Pio La Torre, che li aveva spronati a resistere, a opporsi a quel progetto terribile dei missili Cruise, che avrebbero dovuto essere installati anche su rampe mobili e scorazzare per tutta la Sicilia.

Arrivano quindi le impastatrici e i camion degli operai decisi a entrare. I ragazzi fecero blocco, li fermarono. Arrivava intanto altra gente, politici, preti, un abate di Roma ch’era stato sospeso dal suo ufficio. Arrivò anche il questore, un omino atticciato in giacca e cravatta. Si mise a dire che doveva entrare nel campo, che doveva telefonare a Roma. Tutti dissero no, no! e serrarono le file davanti al cancello. E si misero a scandire slogan. «Dalla Sicilia alla Scandinavia - No ai missili e al patto di Varsavia». Il questore, a un punto, si mise a urlare, a dare ordini. Si mossero subito i militari con elmi, scudi e manganelli. Picchiarono e picchiarono sopra teste, schiene nude e braccia. Urla si sentirono, lamenti e un gran polverone si levò da terra. Sparavano lacrimogeni e nel cielo si formavano nuvole. Inseguivano e picchiavano tutti, giovani e no, deputati, medici e infermieri, giornalisti e fotografi. Stavo là impietrito a guardare. E vidi Luciana Castellina scaraventata per terra e picchiata; un giovanissimo carabiniere che s’inginocchia e piange; un poliziotto che sta per sparare, quando un altro a calci nel polso gli fa cadere l’arma di mano... Vidi che afferravano per i capelli e a calci e spintoni facevano salire sui furgoni i catturati. Mi sorpresi trasognato a urlare, a chiamare i miei giovani compaesani: «Antonella, Mino, Saro...», i quali arrivarono sanguinanti, pallidi, storditi. «Scappiamo, scappiamo!» dissero. «Hanno preso Grazia» dissero «Hanno preso Francesco»... Li lasciai raccomandando loro di tornarsene a casa, ché tanto a Roma il governo aveva deciso a tener duro su Comiso, a far rispettare a ogni costo gli impegni con gli Usa.

E invece no. Per merito di Pio La Torre e del movimento dei pacifisti, i missili Cruise vennero portati via, l’aeroporto sgomberato da quella minaccia. E l’aeroporto, già intitolato al generale di Mussolini Magliocco, venne poi intitolato, nell’aprile del 2007, a Pio La Torre, ucciso dalla mafia, venticinque anni prima. Ed ora, vergognosamente, il sindaco di An di Comiso vuole restituirlo alla memoria fascista di quel generale. Vergogna e ancora vergogna!

Pio La Torre, uno dei martiri siciliani, dei combattenti contro la mafia, l’oscuro e terribile potere politico mafioso. Nel secondo dopoguerra è il combattente martire insieme a Epifanio Li Puma, Placido Rizzotto, Salvatore Carnevale... Il nome di Placido Rizzotto richiama subito quello di Pio La Torre, perché è lui, il giovane militante comunista, che a Corleone prende il posto di dirigente della Confederterra. Erano gli anni, quelli, del movimento contadino, degli scioperi e delle occupazioni delle terre incolte per l’attuazione della Riforma Agraria, per l’assegnazione ai contadini di «fazzoletti» di terra nei feudi dei Gattopardi. Eletto nel Parlamento italiano, poi La Torre decide di tornare in Sicilia. Torna perché sente che sono tre i grandi problemi che bisogna affrontare e cercare di risolvere in Sicilia: la crisi economica, la criminalità mafiosa, la minaccia della pace nel Mediterraneo per l’installazione della base missilistica americana all’aeroporto di Comiso. Col suo ritorno in Sicilia, Pio La Torre mette in allarmemolte centrali: del crimine organizzato, della destabilizzazione, della speculazione edilizia, del bellicismo. L’impegno suo nell’affrontare tutti questi problemi, e soprattutto la legge, che porta la sua firma, del sequestro dei beni dei mafiosi, fa maturare nel potere criminale la decisione di eliminarlo. La Torre viene ucciso la mattina del 30 aprile 1982 mentre è in macchina, in via Generale Turba, a Palermo, insieme al suo autista Rosario Di Salvo.

È Pio La Torre, sono tutti gli altri martiri, gli altri eroi caduti nella lotta alla mafia, sono loro l’onore di Sicilia, e di tutto questo nostro Paese. Paese oggi irriconoscibile e irriconoscente. Paese in cui l’attuale sindaco di Comiso di An Giuseppe Alfano (tanto nome!) immemore o smemorato o incosciente, vuol togliere il nome di La Torre all’aeroporto e restituirlo al generale fascista Vincenzo Magliocco. Dopo la via di Roma da intitolare as Almirante, le impronte digitali ai bambini rom, la criminalizzazione dei clandestini, dopo il lodo Alfano e tanto, tanto altro di questo onorevole Governo Berlusconi, questa è la poitica di ministri e piccoli sindaci del nostro irriconoscibile paese.


Fonte: L'Unità, 29 agosto 2008
Leggi tutto »

Di Vincenzo Consolo


Ero anch’io là, quella primavera del 1982, là a Comiso, all’aeroporto, dove il Governo di Spadolini aveva deciso di far installare i missili Cruise. Ero là in uno dei giorni in cui facevano il blocco davanti al cancello centrale dell’aeroporto i pacifisti giunti d’ogni dove. Erano ragazzi accovacciati a semicerchio per terra. Volevano così impedire ai camion, alle impastatrici, agli operai di entrare nel campo. Tutti avevano maglie, giacconi variopinti sopra le teste di capelli ricciuti.

Alcuni avevano tute e casacche bianche, e sul petto e le spalle dipinte grandi croci scarlatte. Le ragazze portavano giacchette indiane con ricami e specchietti o la kufia palestinese sopra le spalle. Sul muro di mattoni sovrastato dal filo spinato e da un filare di eucalipti erano scritte di calce e appesi striscioni di tela. Dicevano «Pace», «Amsterdam contra militarisme», «Testate nucleari - Carcero speciali - È questa la guerra contro i proletari», «Vogliamo vivere, Vogliamo amare - Diciamo no alla guerra nucleare». Erano ancora tutti assonnati e di più assonnati i poliziotti e i carabinieri che chissà in quali ore notturne erano stati fatti partire dalle caserme di Ragusa o Catania. Erano giovane anch’essi e schierati davanti al cancello, a fronteggiare quegli altri accovacciati per terra. M’aggiravo sullo spiazzo di terra battuta e di stoppie, da un capo all’altro, e guardavo quei visi di giovani e volevo capire chi era dell’Isola, vedere se ne riconoscevo qualcuno. Ma nessuno; mi sembravano tutti d’un luogo di cui non avevo cognizione. Fu allora che mi sentii chiamare, richiamare. E mi corsero incontro alcuni del mio paese lì alle falde del Nébrodi, figli o nipoti di vecchi amici e compagni. Erano Aldo, Antonella, Francesco, Rino, Grazia, Saro. Mi dissero che era stato là, nei giorni passati, Pio La Torre, che li aveva spronati a resistere, a opporsi a quel progetto terribile dei missili Cruise, che avrebbero dovuto essere installati anche su rampe mobili e scorazzare per tutta la Sicilia.

Arrivano quindi le impastatrici e i camion degli operai decisi a entrare. I ragazzi fecero blocco, li fermarono. Arrivava intanto altra gente, politici, preti, un abate di Roma ch’era stato sospeso dal suo ufficio. Arrivò anche il questore, un omino atticciato in giacca e cravatta. Si mise a dire che doveva entrare nel campo, che doveva telefonare a Roma. Tutti dissero no, no! e serrarono le file davanti al cancello. E si misero a scandire slogan. «Dalla Sicilia alla Scandinavia - No ai missili e al patto di Varsavia». Il questore, a un punto, si mise a urlare, a dare ordini. Si mossero subito i militari con elmi, scudi e manganelli. Picchiarono e picchiarono sopra teste, schiene nude e braccia. Urla si sentirono, lamenti e un gran polverone si levò da terra. Sparavano lacrimogeni e nel cielo si formavano nuvole. Inseguivano e picchiavano tutti, giovani e no, deputati, medici e infermieri, giornalisti e fotografi. Stavo là impietrito a guardare. E vidi Luciana Castellina scaraventata per terra e picchiata; un giovanissimo carabiniere che s’inginocchia e piange; un poliziotto che sta per sparare, quando un altro a calci nel polso gli fa cadere l’arma di mano... Vidi che afferravano per i capelli e a calci e spintoni facevano salire sui furgoni i catturati. Mi sorpresi trasognato a urlare, a chiamare i miei giovani compaesani: «Antonella, Mino, Saro...», i quali arrivarono sanguinanti, pallidi, storditi. «Scappiamo, scappiamo!» dissero. «Hanno preso Grazia» dissero «Hanno preso Francesco»... Li lasciai raccomandando loro di tornarsene a casa, ché tanto a Roma il governo aveva deciso a tener duro su Comiso, a far rispettare a ogni costo gli impegni con gli Usa.

E invece no. Per merito di Pio La Torre e del movimento dei pacifisti, i missili Cruise vennero portati via, l’aeroporto sgomberato da quella minaccia. E l’aeroporto, già intitolato al generale di Mussolini Magliocco, venne poi intitolato, nell’aprile del 2007, a Pio La Torre, ucciso dalla mafia, venticinque anni prima. Ed ora, vergognosamente, il sindaco di An di Comiso vuole restituirlo alla memoria fascista di quel generale. Vergogna e ancora vergogna!

Pio La Torre, uno dei martiri siciliani, dei combattenti contro la mafia, l’oscuro e terribile potere politico mafioso. Nel secondo dopoguerra è il combattente martire insieme a Epifanio Li Puma, Placido Rizzotto, Salvatore Carnevale... Il nome di Placido Rizzotto richiama subito quello di Pio La Torre, perché è lui, il giovane militante comunista, che a Corleone prende il posto di dirigente della Confederterra. Erano gli anni, quelli, del movimento contadino, degli scioperi e delle occupazioni delle terre incolte per l’attuazione della Riforma Agraria, per l’assegnazione ai contadini di «fazzoletti» di terra nei feudi dei Gattopardi. Eletto nel Parlamento italiano, poi La Torre decide di tornare in Sicilia. Torna perché sente che sono tre i grandi problemi che bisogna affrontare e cercare di risolvere in Sicilia: la crisi economica, la criminalità mafiosa, la minaccia della pace nel Mediterraneo per l’installazione della base missilistica americana all’aeroporto di Comiso. Col suo ritorno in Sicilia, Pio La Torre mette in allarmemolte centrali: del crimine organizzato, della destabilizzazione, della speculazione edilizia, del bellicismo. L’impegno suo nell’affrontare tutti questi problemi, e soprattutto la legge, che porta la sua firma, del sequestro dei beni dei mafiosi, fa maturare nel potere criminale la decisione di eliminarlo. La Torre viene ucciso la mattina del 30 aprile 1982 mentre è in macchina, in via Generale Turba, a Palermo, insieme al suo autista Rosario Di Salvo.

È Pio La Torre, sono tutti gli altri martiri, gli altri eroi caduti nella lotta alla mafia, sono loro l’onore di Sicilia, e di tutto questo nostro Paese. Paese oggi irriconoscibile e irriconoscente. Paese in cui l’attuale sindaco di Comiso di An Giuseppe Alfano (tanto nome!) immemore o smemorato o incosciente, vuol togliere il nome di La Torre all’aeroporto e restituirlo al generale fascista Vincenzo Magliocco. Dopo la via di Roma da intitolare as Almirante, le impronte digitali ai bambini rom, la criminalizzazione dei clandestini, dopo il lodo Alfano e tanto, tanto altro di questo onorevole Governo Berlusconi, questa è la poitica di ministri e piccoli sindaci del nostro irriconoscibile paese.


Fonte: L'Unità, 29 agosto 2008

Acerra: il cancrovalorizzatore inquina come 116.000 auto

Non tre auto di media cilindrata, come dichiarò allegramente Silvio Berlusconi ma molte, molte di più: il termovalorizzatore acerrano (realizzato da Impregilo) produce l'inquinamento di 116mila auto. Per intenderci è come se da Acerra transitassero tutte le auto di Firenze. A rivelare questa verità agghiacciante, supportata da una serie di cifre contenute in una lettera inviata al sito http://www.iustitia.it/. è stato Pio Russo Krauss dell'Asl 1 di Napoli. Ovviamente, nessuno ha mai creduto all'affermazione di Berlusconi ma il risultato dello studio va oltre ogni preoccupazione.

Leggi tutto »

Non tre auto di media cilindrata, come dichiarò allegramente Silvio Berlusconi ma molte, molte di più: il termovalorizzatore acerrano (realizzato da Impregilo) produce l'inquinamento di 116mila auto. Per intenderci è come se da Acerra transitassero tutte le auto di Firenze. A rivelare questa verità agghiacciante, supportata da una serie di cifre contenute in una lettera inviata al sito http://www.iustitia.it/. è stato Pio Russo Krauss dell'Asl 1 di Napoli. Ovviamente, nessuno ha mai creduto all'affermazione di Berlusconi ma il risultato dello studio va oltre ogni preoccupazione.

SOSTEGNO FORTE ED INCONDIZIONATO A RAIMONDI SINDACO DI GAETA



Il Coordinamento Nazionale di Rete Sud
Laboratorio di Cultura, Informazione e Società




PREMESSO che la persistente inspiegabile ed immotivata frammentazione del consistente mondo meridionalista impedisce ancor oggi di raggiungere il coerente, equilibrato e razionale obiettivo di concentrare su di un unico soggetto elettorale “sudista” gli sforzi per contrastare efficacemente l’azione legislativa ed amministrativa dei partiti dell’”arco risorgimentale”.
Operazione tesa costantemente a sfruttare e danneggiare il Sud e le popolazioni meridionali. In questo combinando sapientemente l’azione di disturbo di movimenti e raggruppamenti finto-meridionalistici ed i sermoni di “orientamento” di alcuni accorsati “net-predicatori”;

CONSIDERATO che è necessario che i cittadini meridionali, ovunque residenti, abbiano una precisa indicazione di voto in senso meridionalista;

RITENUTO di poter già fornire motivatamente qualche designazione di alto profilo per le elezioni europee mentre, per le elezioni amministrative, è necessario attendere la definizione della presentazione delle liste;

VALUTATO che, venute meno le ideologie politiche (destra/sinistra) da tempo sostituite da concezioni di tipo storico-geografico (nord/sud non identificabili necessariamente con macroregioni di singoli stati), tali indicazioni devono spingere a considerare essenzialmente la persona ed i fatti realizzati da essa,

SI ESPRIME

Per l’appoggio FORTE ed INCONDIZIONATO, nelle Elezioni Europee, nei confronti di un candidato che, per la gente del sud e per il movimentismo meridionalista, è fuor di ogni dubbio l’unico amministratore ad avere avuto il coraggio di impegnarsi per riaprire il giudizio storico sui Savoia, dinastia responsabile delle devastazioni del Sud: ANTONIO RAIMONDI, sindaco del comune di Gaeta.


E’ grazie a lui (e alla sua amministrazione) che le televisioni e la stampa nazionale ed anche autorevoli giornali internazionali (Le Monde) hanno riacceso l’attenzione dell’opinione pubblica sui massacri e sulla PRIMA guerra civile della storia contemporanea, quella combattuta cioè prima, durante e dopo la caduta della stessa Gaeta.

Vogliamo sperare che su questa autorevole, limpida e trascinante candidatura tutti coloro che conoscono la VERA Storia del Sud, vogliano alfine ritrovarsi per affermare con il proprio voto che il Sud è vivo e vitale.
Che in questa occasione non si dia ascolto agli imbonitori televisivi dei partiti che hanno devastato il Sud!

Che in questa occasione si eviti di dare importanza ai famigerati sondaggi, veri e propri pallottolieri elettorali utilizzati per stordire il cittadino indeciso!
Che in questa occasione si metta da parte l’incongruente sentimentalismo politico soprattutto in chi soffre di ritorni di “fiamma”, per esprimere il voto degli insorgenti in memoria e PER CONTO delle migliaia di soldati, di cittadini e di partigiani-briganti caduti per la loro e nostra Terra.

Il SUD ha in questo momento un’arma efficace per superare tormenti e divisioni ed avere, nel Parlamento Europeo, una persona che ha dimostrato a tutti il vero e concreto attaccamento alla Storia della propria terra.

IL NOSTRO VOTO SIA SEGNO TANGIBILE DI SOSTEGNO E GRATITUDINE PER IL SUO IMPEGNO PER IL SUD


IL Coordinatore Nazionale della Rete Sud
Francesco Laricchia


Le circoscrizioni in cui si può votare Antonio Raimondi sono:
n° 1: Lombardia, Piemonte, Liguria e Valle d'Aosta
n° 3: Lazio, Toscana, Umbria e Marche
n° 4: Puglia, Campania, Molise, Basilicata, Abruzzo e Calabria.
La lista in cui Antonio Raimondi è candidato è quella dei Liberal-Democratici di Daniela Melchiorre

siti di riferimento:


www.antonioraimondi.it
http://retesud.net/
http://www.facebook.com/home.php?#/profile.php?id=1248521159&ref=profile
Leggi tutto »


Il Coordinamento Nazionale di Rete Sud
Laboratorio di Cultura, Informazione e Società




PREMESSO che la persistente inspiegabile ed immotivata frammentazione del consistente mondo meridionalista impedisce ancor oggi di raggiungere il coerente, equilibrato e razionale obiettivo di concentrare su di un unico soggetto elettorale “sudista” gli sforzi per contrastare efficacemente l’azione legislativa ed amministrativa dei partiti dell’”arco risorgimentale”.
Operazione tesa costantemente a sfruttare e danneggiare il Sud e le popolazioni meridionali. In questo combinando sapientemente l’azione di disturbo di movimenti e raggruppamenti finto-meridionalistici ed i sermoni di “orientamento” di alcuni accorsati “net-predicatori”;

CONSIDERATO che è necessario che i cittadini meridionali, ovunque residenti, abbiano una precisa indicazione di voto in senso meridionalista;

RITENUTO di poter già fornire motivatamente qualche designazione di alto profilo per le elezioni europee mentre, per le elezioni amministrative, è necessario attendere la definizione della presentazione delle liste;

VALUTATO che, venute meno le ideologie politiche (destra/sinistra) da tempo sostituite da concezioni di tipo storico-geografico (nord/sud non identificabili necessariamente con macroregioni di singoli stati), tali indicazioni devono spingere a considerare essenzialmente la persona ed i fatti realizzati da essa,

SI ESPRIME

Per l’appoggio FORTE ed INCONDIZIONATO, nelle Elezioni Europee, nei confronti di un candidato che, per la gente del sud e per il movimentismo meridionalista, è fuor di ogni dubbio l’unico amministratore ad avere avuto il coraggio di impegnarsi per riaprire il giudizio storico sui Savoia, dinastia responsabile delle devastazioni del Sud: ANTONIO RAIMONDI, sindaco del comune di Gaeta.


E’ grazie a lui (e alla sua amministrazione) che le televisioni e la stampa nazionale ed anche autorevoli giornali internazionali (Le Monde) hanno riacceso l’attenzione dell’opinione pubblica sui massacri e sulla PRIMA guerra civile della storia contemporanea, quella combattuta cioè prima, durante e dopo la caduta della stessa Gaeta.

Vogliamo sperare che su questa autorevole, limpida e trascinante candidatura tutti coloro che conoscono la VERA Storia del Sud, vogliano alfine ritrovarsi per affermare con il proprio voto che il Sud è vivo e vitale.
Che in questa occasione non si dia ascolto agli imbonitori televisivi dei partiti che hanno devastato il Sud!

Che in questa occasione si eviti di dare importanza ai famigerati sondaggi, veri e propri pallottolieri elettorali utilizzati per stordire il cittadino indeciso!
Che in questa occasione si metta da parte l’incongruente sentimentalismo politico soprattutto in chi soffre di ritorni di “fiamma”, per esprimere il voto degli insorgenti in memoria e PER CONTO delle migliaia di soldati, di cittadini e di partigiani-briganti caduti per la loro e nostra Terra.

Il SUD ha in questo momento un’arma efficace per superare tormenti e divisioni ed avere, nel Parlamento Europeo, una persona che ha dimostrato a tutti il vero e concreto attaccamento alla Storia della propria terra.

IL NOSTRO VOTO SIA SEGNO TANGIBILE DI SOSTEGNO E GRATITUDINE PER IL SUO IMPEGNO PER IL SUD


IL Coordinatore Nazionale della Rete Sud
Francesco Laricchia


Le circoscrizioni in cui si può votare Antonio Raimondi sono:
n° 1: Lombardia, Piemonte, Liguria e Valle d'Aosta
n° 3: Lazio, Toscana, Umbria e Marche
n° 4: Puglia, Campania, Molise, Basilicata, Abruzzo e Calabria.
La lista in cui Antonio Raimondi è candidato è quella dei Liberal-Democratici di Daniela Melchiorre

siti di riferimento:


www.antonioraimondi.it
http://retesud.net/
http://www.facebook.com/home.php?#/profile.php?id=1248521159&ref=profile

Emanuele Filiberto di Savoia ubriaco



Emanuele Filiberto di Savoia ubriaco - www.guendalina.it -
Leggi tutto »


Emanuele Filiberto di Savoia ubriaco - www.guendalina.it -

Filiberto di Savoia candidato alle europee



Il rampolletto di Casa Savoia, dopo aver tifato nel 2006 per Rotondi della Democrazia Cristiana e dopo aver fondato il movimento "Valori e futuro" in occasione delle ultime politiche, viene candidato nelle file dell'UDC per le europee, nella circoscrizione Nord ovest.
Effettivamente nella sua famiglia hanno una grande esperienza coi...casini. E tanti ed aggrovigliati sono i casini nelle idee politiche del giovanotto, come potrete constatare nel filmato.
Leggi tutto »


Il rampolletto di Casa Savoia, dopo aver tifato nel 2006 per Rotondi della Democrazia Cristiana e dopo aver fondato il movimento "Valori e futuro" in occasione delle ultime politiche, viene candidato nelle file dell'UDC per le europee, nella circoscrizione Nord ovest.
Effettivamente nella sua famiglia hanno una grande esperienza coi...casini. E tanti ed aggrovigliati sono i casini nelle idee politiche del giovanotto, come potrete constatare nel filmato.

Il prossimo 22 maggio ricorre il centocinquantesimo anniversario della scomparsa di S.M. il Re Ferdinando II di Borbone.


Il prossimo 22 maggio ricorre il centocinquantesimo anniversario della scomparsa di S.M. il Re Ferdinando II di Borbone.


l’Editoriale Il Giglio e il Movimento Neoborbonico organizzano una manifestazione, nel suggestivo scenario di Villa San Gennariello, antica fagianeria della Reggia di Portici, per ricordare il grande Sovrano, il cui regno durato circa trent'anni fu tra i più prosperi ed innovativi periodi della storia delle Due Sicilie, per ricchezza, cultura, arte, primati scientifici e tecnologici, prestigio internazionale.


Ferdinando II lasciò questo mondo ed il trono a causa di una malattia rimasta misteriosa, che ancora suggerisce inquietanti dubbi, proprio alla vigilia dell'invasione straniera e dei tragici eventi che segnarono i Popoli delle Due Sicilie.


La sua morte cambiò il destino del Regno, così come lo aveva cambiato la sua vita.


L’Editoriale Il Giglio è lieta di invitarla.



Programma


Ferdinando II di Borbone

un grande Re, un grande Napoletano








Venerdì 22 maggio 2009, ore 18.00

Portici, Villa San Gennariello*


Commemorazione di S. M. il Re Ferdinando II di Borbone Due Sicilie

Gennaro De Crescenzo

Presidente Movimento Neoborbonico


Concerto: La musica del Re con esecuzione cantata dell’ Inno delle Due Sicilie


Cena à clicca qui


Sabato 23 maggio 2009, ore 16.30

Napoli, Palazzo Reale


Cambio della Guardia e Picchetto d'Onore


ore 18.00

Chiesa di San Ferdinando di Palazzo


Missa de Angelis in suffragio di S.M. il Re Ferdinando II di Borbone Due Sicilie

S. Messa in rito romano antico accompagnata da canto gregoriano ed esecuzione cantata dell’Inno del Re


------------------------------------------------

Villa San Gennariello (Via Madonnelle, 5 – Portici, tel. 081 7761220) è un bed&breakfast che dispone di camere per il pernottamento e di parcheggio interno, riservato a coloro che partecipano alla cena. Ai Soci del Giglio sarà praticato lo sconto del 15%.

Leggi tutto »

Il prossimo 22 maggio ricorre il centocinquantesimo anniversario della scomparsa di S.M. il Re Ferdinando II di Borbone.


l’Editoriale Il Giglio e il Movimento Neoborbonico organizzano una manifestazione, nel suggestivo scenario di Villa San Gennariello, antica fagianeria della Reggia di Portici, per ricordare il grande Sovrano, il cui regno durato circa trent'anni fu tra i più prosperi ed innovativi periodi della storia delle Due Sicilie, per ricchezza, cultura, arte, primati scientifici e tecnologici, prestigio internazionale.


Ferdinando II lasciò questo mondo ed il trono a causa di una malattia rimasta misteriosa, che ancora suggerisce inquietanti dubbi, proprio alla vigilia dell'invasione straniera e dei tragici eventi che segnarono i Popoli delle Due Sicilie.


La sua morte cambiò il destino del Regno, così come lo aveva cambiato la sua vita.


L’Editoriale Il Giglio è lieta di invitarla.



Programma


Ferdinando II di Borbone

un grande Re, un grande Napoletano








Venerdì 22 maggio 2009, ore 18.00

Portici, Villa San Gennariello*


Commemorazione di S. M. il Re Ferdinando II di Borbone Due Sicilie

Gennaro De Crescenzo

Presidente Movimento Neoborbonico


Concerto: La musica del Re con esecuzione cantata dell’ Inno delle Due Sicilie


Cena à clicca qui


Sabato 23 maggio 2009, ore 16.30

Napoli, Palazzo Reale


Cambio della Guardia e Picchetto d'Onore


ore 18.00

Chiesa di San Ferdinando di Palazzo


Missa de Angelis in suffragio di S.M. il Re Ferdinando II di Borbone Due Sicilie

S. Messa in rito romano antico accompagnata da canto gregoriano ed esecuzione cantata dell’Inno del Re


------------------------------------------------

Villa San Gennariello (Via Madonnelle, 5 – Portici, tel. 081 7761220) è un bed&breakfast che dispone di camere per il pernottamento e di parcheggio interno, riservato a coloro che partecipano alla cena. Ai Soci del Giglio sarà praticato lo sconto del 15%.

Benigni prende di mira i Savoia

Leggi tutto »

mercoledì 29 aprile 2009

Arrivano i soldi per il terremoto, dai poveri e dal Sud....



All’Abruzzo per ora arriverà un miliardo e 100 milioni. L’anno prossimo 539 milioni. Il resto degli 8 miliardi annunciati arriverà tra il 2011 al 2033, con stanziamenti progressivi (330 milioni nel 20011; 468 l’anno dopo, 500 nel 2013) che a un certo punto decrescono, fino a toccare 2,9 milioni di euro tra 20 anni.

Come dire: chi vivrà vedrà.

Non è l’unica beffa contenuta nel decreto per la ricostruzione, firmato martedì dal presidente della Repubblica.
Agli stanziamenti, infatti, si provvede con corrispondenti tagli al Fas (fondo aree sottoutilizzate), al bonus famiglia (300 milioni), alla spesa farmaceutica e grazie a nuove entrate garantite da lotterie e slot machines.

Insomma, pagano i poveri e il sud.


Il ministro Giulio Tremonti si era vantato che non avrebbe messo le mani nelle tasche degli italiani. «Nessuna nuova tassa», aveva declamato rassicurando Confindustria. E visto che c’era ha pensato di mettere le mani nelle tasche (semi-vuote) dei più poveri.
C’è un altro combinato disposto, poi, che rischia di trasformare l’operazione Abruzzo in una vera manovra in favore dei «protetti». Presentando le misure, infatti, Tremonti non ha escluso l’eventualità di un’altra sanatoria fiscale: quella sul rientro dei capitali illegalmente esportati.

Risorse frutto di riciclaggio, di corruzione e di evasione, «ripulite» con un obolo alleggerito.
È destinato ai più bisognosi, ai nuclei in difficoltà, a chi ha un figlio handicappato a carico, o un anziano. Quello strumento (il primo a considerare il reddito familiare, e non del singolo, e per questo contrabbandato come inizio del quoziente familiare tanto caro alle formazioni cattoliche). Era pensato per una platea di 6,45 milioni di famiglie, che potevano aspirare a un contributo tra i 100 e i mille euro, per una spesa complessiva di quasi due miliardi.

Come mai sono «avanzati» 300 milioni? Come mai è bastato un miliardo e 700 milioni invece dei due stimati? Ci sono meno poveri del previsto (anche in tempo di crisi) o hanno sbagliato i calcoli all’inizio? La verità, purtroppo, è un’altra, e somiglia molto alle vicende legate alla social card (ancora i poveri).

Per ottenere quel bonus, infatti, è stato costruito un percorso con tali e tanti ostacoli, che ottenerlo equivale a vincere un terno al lotto. Nel sito www.nelmerito.it l’economista Franco Osculati lo definisce «lunare». Prima di tutto è a richiesta (non automatico).

La domanda è a carico del datore di lavoro che «eroga il beneficio, secondo l’ordine di presentazione delle richieste nei limiti del monte ritenute e contributi nel mese di febbraio 2009. - spiega Osculati - Nel caso i sostituti d’imposta non provvedano, per insufficienza di tale "monte", gli interessati potranno ri–presentare istanza entro giugno all’agenzia delle entrate. In aggiunta, a cura dei sostituti, delle domande dovrà rimanere traccia nei modelli 770, dovrà essere data informazione, entro aprile, all’Agenzia delle entrate e dovrà essere conservata copia per tre anni». Una vera gimcana, che dovrebbe essere ancora in corso. ma siccome del bonus non parla più nessuno, si suppone che le richieste termineranno. Senza domande, scompaiono anche i poveri e le emergenze.


Una buona fetta delle risorse da utilizzare subito proviene dai giochi (500 milioni). Anche qui il rischio è che si sfruttino i poveri, di solito dipendenti dal vizio delle scommesse.

Il ministero prevede «nuove lotterie ad estrazione istantanea», «ulteriori modalità del gioco del lotto», «l’apertura delle tabaccherie anche nei giorni festivi». Il decreto fa cenno anche all’ipotesi di giochi da attuare nei supermercati. È prevista infatti «l’attivazione di nuovi giochi di sorte legati ai consumi». Ma il grande affare arriverà con le nuove slot machines e con nuove possibilità di poker on line. L’introduzione di macchine di nuova generazione, con il collegamento diretto all’anagrafe, consentirà di incassare per ogni macchinario cambiato una una tantum di 15mila euro: pr attrarre più giocatori, potrebbe abbassarsi la giocata minima a 50 centesimi (oggi è 3 euro) e alzarsi la vincita massima da 10 a 50mila euro.


Fonte: L'Unità 28 aprile 2009
Leggi tutto »


All’Abruzzo per ora arriverà un miliardo e 100 milioni. L’anno prossimo 539 milioni. Il resto degli 8 miliardi annunciati arriverà tra il 2011 al 2033, con stanziamenti progressivi (330 milioni nel 20011; 468 l’anno dopo, 500 nel 2013) che a un certo punto decrescono, fino a toccare 2,9 milioni di euro tra 20 anni.

Come dire: chi vivrà vedrà.

Non è l’unica beffa contenuta nel decreto per la ricostruzione, firmato martedì dal presidente della Repubblica.
Agli stanziamenti, infatti, si provvede con corrispondenti tagli al Fas (fondo aree sottoutilizzate), al bonus famiglia (300 milioni), alla spesa farmaceutica e grazie a nuove entrate garantite da lotterie e slot machines.

Insomma, pagano i poveri e il sud.


Il ministro Giulio Tremonti si era vantato che non avrebbe messo le mani nelle tasche degli italiani. «Nessuna nuova tassa», aveva declamato rassicurando Confindustria. E visto che c’era ha pensato di mettere le mani nelle tasche (semi-vuote) dei più poveri.
C’è un altro combinato disposto, poi, che rischia di trasformare l’operazione Abruzzo in una vera manovra in favore dei «protetti». Presentando le misure, infatti, Tremonti non ha escluso l’eventualità di un’altra sanatoria fiscale: quella sul rientro dei capitali illegalmente esportati.

Risorse frutto di riciclaggio, di corruzione e di evasione, «ripulite» con un obolo alleggerito.
È destinato ai più bisognosi, ai nuclei in difficoltà, a chi ha un figlio handicappato a carico, o un anziano. Quello strumento (il primo a considerare il reddito familiare, e non del singolo, e per questo contrabbandato come inizio del quoziente familiare tanto caro alle formazioni cattoliche). Era pensato per una platea di 6,45 milioni di famiglie, che potevano aspirare a un contributo tra i 100 e i mille euro, per una spesa complessiva di quasi due miliardi.

Come mai sono «avanzati» 300 milioni? Come mai è bastato un miliardo e 700 milioni invece dei due stimati? Ci sono meno poveri del previsto (anche in tempo di crisi) o hanno sbagliato i calcoli all’inizio? La verità, purtroppo, è un’altra, e somiglia molto alle vicende legate alla social card (ancora i poveri).

Per ottenere quel bonus, infatti, è stato costruito un percorso con tali e tanti ostacoli, che ottenerlo equivale a vincere un terno al lotto. Nel sito www.nelmerito.it l’economista Franco Osculati lo definisce «lunare». Prima di tutto è a richiesta (non automatico).

La domanda è a carico del datore di lavoro che «eroga il beneficio, secondo l’ordine di presentazione delle richieste nei limiti del monte ritenute e contributi nel mese di febbraio 2009. - spiega Osculati - Nel caso i sostituti d’imposta non provvedano, per insufficienza di tale "monte", gli interessati potranno ri–presentare istanza entro giugno all’agenzia delle entrate. In aggiunta, a cura dei sostituti, delle domande dovrà rimanere traccia nei modelli 770, dovrà essere data informazione, entro aprile, all’Agenzia delle entrate e dovrà essere conservata copia per tre anni». Una vera gimcana, che dovrebbe essere ancora in corso. ma siccome del bonus non parla più nessuno, si suppone che le richieste termineranno. Senza domande, scompaiono anche i poveri e le emergenze.


Una buona fetta delle risorse da utilizzare subito proviene dai giochi (500 milioni). Anche qui il rischio è che si sfruttino i poveri, di solito dipendenti dal vizio delle scommesse.

Il ministero prevede «nuove lotterie ad estrazione istantanea», «ulteriori modalità del gioco del lotto», «l’apertura delle tabaccherie anche nei giorni festivi». Il decreto fa cenno anche all’ipotesi di giochi da attuare nei supermercati. È prevista infatti «l’attivazione di nuovi giochi di sorte legati ai consumi». Ma il grande affare arriverà con le nuove slot machines e con nuove possibilità di poker on line. L’introduzione di macchine di nuova generazione, con il collegamento diretto all’anagrafe, consentirà di incassare per ogni macchinario cambiato una una tantum di 15mila euro: pr attrarre più giocatori, potrebbe abbassarsi la giocata minima a 50 centesimi (oggi è 3 euro) e alzarsi la vincita massima da 10 a 50mila euro.


Fonte: L'Unità 28 aprile 2009

ENRICO LUCCI - EMANUELE FILIBERTO DI SAVOIA (2009)

Leggi tutto »

Il velino e il Sud


Ricevo e posto:


Il "velino" Emanuele Filiberto di Savoia, reduce dal successo di “ballando sotto le stelle” si candida nelle liste dell'Udc.
Il principino dei cetrioli si presenta “in nome dei valori della famiglia e cristiani” e, quanto alla sua dote politica dice “conosco la metà dei capi di stato europei e l'altra metà sono miei parenti”. Questo è l'e-mail dell'UDC nazionale:


Scrivete all'udc ed esprimete il vostro pensiero.

Avvertite anche i vostri amici. Io l'ho già fatto.


Antonio Pagano
Leggi tutto »

Ricevo e posto:


Il "velino" Emanuele Filiberto di Savoia, reduce dal successo di “ballando sotto le stelle” si candida nelle liste dell'Udc.
Il principino dei cetrioli si presenta “in nome dei valori della famiglia e cristiani” e, quanto alla sua dote politica dice “conosco la metà dei capi di stato europei e l'altra metà sono miei parenti”. Questo è l'e-mail dell'UDC nazionale:


Scrivete all'udc ed esprimete il vostro pensiero.

Avvertite anche i vostri amici. Io l'ho già fatto.


Antonio Pagano

Principi, nani e ballerine.


Di Enzo Riccio



Alla derelitta politica italiana mancava solo la perla della candidatura del principe Emanuele Filiberto, ora il circo e' al completo!

Anni fa, in pieno craxismo, si parlava di "nani e ballerine", ma facevano da contorno, ora invece si presentano in prima persona e più la notorietà viene da trasmissioni televisive insulse, più c'e' la voglia dei partiti di accappararsi queste tristi figure.
Mentre in casa Berlusconi c'e' una telenovela in corso, l'UDC ha ufficializzato la candidatura del principe dei cetriolini alle elezioni europee, un principe che si e' distinto per le sue qualità di ballerino (?) ad una recente trasmissione televisiva, ovviamente viene da pensare che tutte queste apparizioni, così qualificate, educative ed importanti, facevano parte di una strategia per l'ingresso in politica.

E' vero che oggi nessuno ha alti requisiti morali da mostrare, ne' il centro-destra delle veline e delle soubrette e del presidente tuttofare che oramai sembra più totòtruffa (e che il vero principe De Curtis mi perdoni...), nè il centro-sinistra impantanato ancora in Campania nella gestione della rete clientelare Bassoliniana e della sua pesante eredità per la gestione della crisi dei rifiuti, una cosa che da la possibilità perfino ad un esponente del centro-destra in odor di camorra (il suo nome risulta insieme a quello di Cosentino nei verbali dei pentiti nei processi contro i casalesi...) di avere speranze di vittoria alle prossime provinciali.

Ma l'ingresso di un erede di casa Savoia per noi del meridionalismo identitario è una cosa ancora più grave, riapre ferite ancora aperte e sanguinose e ci ricorda che dobbiamo continuare a subire oltre la colonizzazione del Centro-Nord anche l'umiliazione della dinastia più nefasta per la nostra storia.
L'erede di quel "re galantuomo" che invase uno stato libero ed indipendente senza una dichiarazione di guerra nel 1860, che decise per la repressione con centinaia di migliaia di morti nella guerra civile (chiamata ignobilmente "brigantaggio" invece che "resistenza"), per i lager dei soldati napoletani e siciliani a Fenestrelle e nel canavese, per gli eccidi e le stragi di Cialdini e La Marmora, generali bravissimi a sparare sulla folla inerme e codardi di fronte un nemico vero ed organizzato.

Non posso non condividere pienamente il nostro comunicato e la nota del nostro segretario nazionale Antonio Ciano che dovrebbe essere condivisa da tutte le formazioni meridionaliste, neoborboniche, duosiciliane etc etc...


Leggi tutto »

Di Enzo Riccio



Alla derelitta politica italiana mancava solo la perla della candidatura del principe Emanuele Filiberto, ora il circo e' al completo!

Anni fa, in pieno craxismo, si parlava di "nani e ballerine", ma facevano da contorno, ora invece si presentano in prima persona e più la notorietà viene da trasmissioni televisive insulse, più c'e' la voglia dei partiti di accappararsi queste tristi figure.
Mentre in casa Berlusconi c'e' una telenovela in corso, l'UDC ha ufficializzato la candidatura del principe dei cetriolini alle elezioni europee, un principe che si e' distinto per le sue qualità di ballerino (?) ad una recente trasmissione televisiva, ovviamente viene da pensare che tutte queste apparizioni, così qualificate, educative ed importanti, facevano parte di una strategia per l'ingresso in politica.

E' vero che oggi nessuno ha alti requisiti morali da mostrare, ne' il centro-destra delle veline e delle soubrette e del presidente tuttofare che oramai sembra più totòtruffa (e che il vero principe De Curtis mi perdoni...), nè il centro-sinistra impantanato ancora in Campania nella gestione della rete clientelare Bassoliniana e della sua pesante eredità per la gestione della crisi dei rifiuti, una cosa che da la possibilità perfino ad un esponente del centro-destra in odor di camorra (il suo nome risulta insieme a quello di Cosentino nei verbali dei pentiti nei processi contro i casalesi...) di avere speranze di vittoria alle prossime provinciali.

Ma l'ingresso di un erede di casa Savoia per noi del meridionalismo identitario è una cosa ancora più grave, riapre ferite ancora aperte e sanguinose e ci ricorda che dobbiamo continuare a subire oltre la colonizzazione del Centro-Nord anche l'umiliazione della dinastia più nefasta per la nostra storia.
L'erede di quel "re galantuomo" che invase uno stato libero ed indipendente senza una dichiarazione di guerra nel 1860, che decise per la repressione con centinaia di migliaia di morti nella guerra civile (chiamata ignobilmente "brigantaggio" invece che "resistenza"), per i lager dei soldati napoletani e siciliani a Fenestrelle e nel canavese, per gli eccidi e le stragi di Cialdini e La Marmora, generali bravissimi a sparare sulla folla inerme e codardi di fronte un nemico vero ed organizzato.

Non posso non condividere pienamente il nostro comunicato e la nota del nostro segretario nazionale Antonio Ciano che dovrebbe essere condivisa da tutte le formazioni meridionaliste, neoborboniche, duosiciliane etc etc...


Lettera a Franceschini





Caro Franceschini,


tu dici che come meridionale devo urlare Roma ladrona, in quanto il governo Berlusconi nulla ha fatto verso la mia terra, e, partendo da questa tua frase ad Eboli, io ti chiedo: cosa hanno fatto gli altri governi per il "Meridione"?


Cosa ha fatto il progressista Prodi più del conservatore Berlusconi o del fascista Mussolini o dei vari primi ministri sabaudi da Cavour a Giolitti da Ricasoli a La Marmora a tutti gli altri?


Nulla e' mai stato fatto per far progredire la mia terra da circa 150 anni di colonizzazione, tutto e stato fatto per derubarla e succhiargli la linfa vitale.


E ora dovrei scimiottare quei leghisti che urlano "Roma ladrona", gli stessi che hanno scritto sui muri delle loro città forza Vesuvio o forza Etna, dovrei insultare una città e un popolo che dopo l'invasione piemontese (senza dichiarazione di guerra) diede rifugio alla Corte del Regno di NAPOLI e DELLE DUE SICILIE, dando aiuto anche alle migliaia di profughi che scappavano dalla barbarie dei massacri dell'invasione savoiarda.


A Roma, dal 1861 in poi, a piazza Farnese i nostri Partigiani (infamati dagli scrittori prezzolati col marchio di "briganti") venivano per rifornirsi e ripartivano per la guerriglia di liberazione.


Caro Franceschini, ti chiedo di pensare alla tua gente e se vuoi insultare qualcuno come in questo caso fallo in prima persona, non coinvolgere altri, noi meridionali sappiamo bene di chi sono le colpe della nostra arretratezza economica e del dissesto morale passato e presente.


Solo un idiota può pensare di immettere il virus del razzismo in un popolo erede della grande civiltà della MAGNA GRECIA, ti chiedo ufficialmente come MERIDIONALE e come esponente del Partito del Sud di non parlare più in mio nome e della mia gente, tu non hai i requisiti ne' quelli geografici ne' quelli morali.


Tu sei un esponente della politica coloniale italiana nei confronti della mia terra, nulla ti differenzia da Silvio, siete entrambi parassiti che succhiano le nostre risorse e la scelta tra destra e sinistra è solo la scelta del nostro carnefice.


No "Roma ladrona" ma diciamo "governo del nord ladrone", come lo è l'opposizione, anch'essa del Nord e che difende gli interessi dell'economia tosco-padana.




Giuseppe Lipari, Partito del SUD - sezione "Lucio Barone" Roma







.
Leggi tutto »




Caro Franceschini,


tu dici che come meridionale devo urlare Roma ladrona, in quanto il governo Berlusconi nulla ha fatto verso la mia terra, e, partendo da questa tua frase ad Eboli, io ti chiedo: cosa hanno fatto gli altri governi per il "Meridione"?


Cosa ha fatto il progressista Prodi più del conservatore Berlusconi o del fascista Mussolini o dei vari primi ministri sabaudi da Cavour a Giolitti da Ricasoli a La Marmora a tutti gli altri?


Nulla e' mai stato fatto per far progredire la mia terra da circa 150 anni di colonizzazione, tutto e stato fatto per derubarla e succhiargli la linfa vitale.


E ora dovrei scimiottare quei leghisti che urlano "Roma ladrona", gli stessi che hanno scritto sui muri delle loro città forza Vesuvio o forza Etna, dovrei insultare una città e un popolo che dopo l'invasione piemontese (senza dichiarazione di guerra) diede rifugio alla Corte del Regno di NAPOLI e DELLE DUE SICILIE, dando aiuto anche alle migliaia di profughi che scappavano dalla barbarie dei massacri dell'invasione savoiarda.


A Roma, dal 1861 in poi, a piazza Farnese i nostri Partigiani (infamati dagli scrittori prezzolati col marchio di "briganti") venivano per rifornirsi e ripartivano per la guerriglia di liberazione.


Caro Franceschini, ti chiedo di pensare alla tua gente e se vuoi insultare qualcuno come in questo caso fallo in prima persona, non coinvolgere altri, noi meridionali sappiamo bene di chi sono le colpe della nostra arretratezza economica e del dissesto morale passato e presente.


Solo un idiota può pensare di immettere il virus del razzismo in un popolo erede della grande civiltà della MAGNA GRECIA, ti chiedo ufficialmente come MERIDIONALE e come esponente del Partito del Sud di non parlare più in mio nome e della mia gente, tu non hai i requisiti ne' quelli geografici ne' quelli morali.


Tu sei un esponente della politica coloniale italiana nei confronti della mia terra, nulla ti differenzia da Silvio, siete entrambi parassiti che succhiano le nostre risorse e la scelta tra destra e sinistra è solo la scelta del nostro carnefice.


No "Roma ladrona" ma diciamo "governo del nord ladrone", come lo è l'opposizione, anch'essa del Nord e che difende gli interessi dell'economia tosco-padana.




Giuseppe Lipari, Partito del SUD - sezione "Lucio Barone" Roma







.

Radio Mafiopoli - Puntata 27 : TANTI AUGURI MATTEO MESSINA SOLDINO





E’ una settimana strana giù a Mafiopoli. Solita settimana di corrispondenze di segnali, missive e tentati attentati come nella migliore tradizione della corrispondenza mafiopolitana: la lettera indirizzata a Vincenzo Conticello e “i suoi sbirri” come dicono loro, il tentato sventato attentato a Rosario Crocetta di cui parliamo nel blog (http://www.giuliocavalli.net/diario/2009/04/27/lo-schiaffio-a-cinque-mani-e-una-carezzasulla-guancia-di-rosario-crocetta/) e altri tagli e ritagli che rispettano la loro unta tradizione di comunicare per gesti come i loro avi mafiosi di Neanderthal.

Piera Aiello è stata tradita. Testimone di giustizia in località segreta e molto spesso segretata com’è uso giù a Mafiopoli per esprimere gratitudine ai testimoni giustiziati, è stata tradita probabilmente (dicono i bene informati che spesso si confondono con i mala informatori) da qualcuno di quelli che dovrebbero occuparsi della sua sicurezza. Pas mal, dice il sindaco di Mafiopoli, “se hanno saputo dove si trova per una lingua troppo lunga è solo perché alle istituzioni interessa ogni tanto farla risentire a casa”. E giù una grossa risata, quella fragorosa e fangosa che serve per zittire le notizie.

Intanto il nord bella addormentata si risveglia con i soliti noti che continuano la colonizzazione, in attesa della grande eiaculazione targata expo’. Caselli l’aveva detto: “La 'ndrangheta che fa i soldi con i subappalti e il lavoro nero. Cosa Nostra che. E’ il primo impegno. In memoria di Bruno Caccia, il procuratore ucciso dai killer del clan Belfiore.” Subito i sindacati mafiopolitani l’hanno denunciato per pubblicità occulta e indebito uso del marchio. Perché Mafiopoli è il mondo della pubblicità, quella che descrive e esalta per vendere e minimizza e disconosce per vendere ancora meglio.

A Milano in viale Zara, in quel di Cernu­sco sul Naviglio, e poi a Colo­gno Monzese, Brescia, Cremo­na, Padova, Lucca i Casalesi (si vede perché infondo in fondo si annoiavano visto com’è troppo facile e senza emozioni fare mafie giù al nord) avevano anche deciso di mettersi a giocare al Bingo. “L’unico gioco d’azzardo legale in Italia” diceva una volta una vecchia pubblicità; forse il vero azzardo era dire una cosa del genere. Ciro Girillo un anno fa si era presentato ai carabinieri di Fuorigrotta tutto mezzo sparato. Ora che per questa storia di giochi, carte e tombolate l’hanno arrestato si è capito tutto: lo volevano ammazzare Grasso e gli amici di Rififi al secolo Mario Iovine. Il movente? Una discussione sulla liceità della cinquina. Una delle società si chiama “Dea bendata” srl; sono in corso le pratiche per rinominarla “Ammazza la cinquina spa”.

Da Gela, La Rosa e Trubia, oltreché progettare di metterci una crocetta sopra al sindaco gelese Rosario Crocetta, imponevano il pizzo anche a Milano. Già pronta una modifica alla legge sul federalismo che regoli il racket.

A Bertonico, provincia della Popolare di Lodi, hanno arrestato tra gli altri nell’operazione “Ragazzi Cattivi” Daniele D’Apote. Nel salvadanaio a forma di Riina aveva 2 milioni di euro in monetine da cinquanta. “Avevo un conto corrente alla Popolare negli anni d’oro!” si è difeso il l’aspirante ‘ndranghetista.

Ad Agrigento tre collaboratori di giustizia in un solo giorno. Fra la mattina e il pomeriggio del 27 aprile depongono, in due distinti processi, i “pentiti” Maurizio Di Gati, Giuseppe Vaccaro e Giuseppe Sardino. Dal carcere Binnu Provenzano scarica la colpa sulla crisi e annuncia la “Social Card” per i mafiosi in difficoltà.

Ma il problema mafia al nord e a Milano è i mani sicure. Giovanni Terzi assessore al Comune di Milano infatti durante una lezione speciale tenuta allo Iulm con Klaus Davi a fargli da velina ha dichiarato: ''A Milano c'e' la 'ndrangheta? Se e' così, li vorrei vedere tutti in galera. Limitandosi ad annunciarlo in tv non si fa solo strumentale allarmismo? Chiedo, quindi, che intervenga lo Stato e li metta in galera. Se davvero ci sono a Milano, sbattiamoli dentro!''. Dopo Alberoni nessuno degli studenti pensava di potere cadere più in basso.

Tanti auguri a Matteo Messina Denaro per gli amici Soldino. Per Matteo Messina Denaro la guerra di Cosa Nostra allo Stato è una guerra giusta. A 14 anni già sparava. A 18 uccideva. A 31 metteva le bombe al Nord, prima a Roma, contro Maurizio Costanzo e la Chiesa, poi a Firenze e Milano. Oggi è a capo di una holding imprenditoriale: donne, affari, appalti, e grandi imprese. Matteo Messina Denaro è un mafioso di altra generazione, è soprattutto un gran viveur. Qualcuno lo ricorda mentre scorazzava in Porche verso Selinunte. Pantaloni Versace, Rolex Daytona, foulard. Quando Riina lo incaricò di pedinare Falcone, Martelli e Maurizio Costanzo a Roma, a fine '91, lui -racconta uno dei boss ora pentito che lo accompagnava, il mazarese Vincenzo Sinacori - trovava sempre il tempo di fare una buona scorta di camicie nel negozio più esclusivo di via Condotti e andava a mangiare nei locali più «in». Confuso fra la bella gente, aiutato, ieri come oggi, dal fatto che come dice spesso “lui non ha la faccia da vecchio mafioso siciliano”. Ma il volto è quello della nuova mafia, fatta da professionisti e «colletti bianchi». Il nostro augurio è che qualcuno arrivi presto a tirarti le orecchie. Per un compleanno alla Catturandi.
Leggi tutto »




E’ una settimana strana giù a Mafiopoli. Solita settimana di corrispondenze di segnali, missive e tentati attentati come nella migliore tradizione della corrispondenza mafiopolitana: la lettera indirizzata a Vincenzo Conticello e “i suoi sbirri” come dicono loro, il tentato sventato attentato a Rosario Crocetta di cui parliamo nel blog (http://www.giuliocavalli.net/diario/2009/04/27/lo-schiaffio-a-cinque-mani-e-una-carezzasulla-guancia-di-rosario-crocetta/) e altri tagli e ritagli che rispettano la loro unta tradizione di comunicare per gesti come i loro avi mafiosi di Neanderthal.

Piera Aiello è stata tradita. Testimone di giustizia in località segreta e molto spesso segretata com’è uso giù a Mafiopoli per esprimere gratitudine ai testimoni giustiziati, è stata tradita probabilmente (dicono i bene informati che spesso si confondono con i mala informatori) da qualcuno di quelli che dovrebbero occuparsi della sua sicurezza. Pas mal, dice il sindaco di Mafiopoli, “se hanno saputo dove si trova per una lingua troppo lunga è solo perché alle istituzioni interessa ogni tanto farla risentire a casa”. E giù una grossa risata, quella fragorosa e fangosa che serve per zittire le notizie.

Intanto il nord bella addormentata si risveglia con i soliti noti che continuano la colonizzazione, in attesa della grande eiaculazione targata expo’. Caselli l’aveva detto: “La 'ndrangheta che fa i soldi con i subappalti e il lavoro nero. Cosa Nostra che. E’ il primo impegno. In memoria di Bruno Caccia, il procuratore ucciso dai killer del clan Belfiore.” Subito i sindacati mafiopolitani l’hanno denunciato per pubblicità occulta e indebito uso del marchio. Perché Mafiopoli è il mondo della pubblicità, quella che descrive e esalta per vendere e minimizza e disconosce per vendere ancora meglio.

A Milano in viale Zara, in quel di Cernu­sco sul Naviglio, e poi a Colo­gno Monzese, Brescia, Cremo­na, Padova, Lucca i Casalesi (si vede perché infondo in fondo si annoiavano visto com’è troppo facile e senza emozioni fare mafie giù al nord) avevano anche deciso di mettersi a giocare al Bingo. “L’unico gioco d’azzardo legale in Italia” diceva una volta una vecchia pubblicità; forse il vero azzardo era dire una cosa del genere. Ciro Girillo un anno fa si era presentato ai carabinieri di Fuorigrotta tutto mezzo sparato. Ora che per questa storia di giochi, carte e tombolate l’hanno arrestato si è capito tutto: lo volevano ammazzare Grasso e gli amici di Rififi al secolo Mario Iovine. Il movente? Una discussione sulla liceità della cinquina. Una delle società si chiama “Dea bendata” srl; sono in corso le pratiche per rinominarla “Ammazza la cinquina spa”.

Da Gela, La Rosa e Trubia, oltreché progettare di metterci una crocetta sopra al sindaco gelese Rosario Crocetta, imponevano il pizzo anche a Milano. Già pronta una modifica alla legge sul federalismo che regoli il racket.

A Bertonico, provincia della Popolare di Lodi, hanno arrestato tra gli altri nell’operazione “Ragazzi Cattivi” Daniele D’Apote. Nel salvadanaio a forma di Riina aveva 2 milioni di euro in monetine da cinquanta. “Avevo un conto corrente alla Popolare negli anni d’oro!” si è difeso il l’aspirante ‘ndranghetista.

Ad Agrigento tre collaboratori di giustizia in un solo giorno. Fra la mattina e il pomeriggio del 27 aprile depongono, in due distinti processi, i “pentiti” Maurizio Di Gati, Giuseppe Vaccaro e Giuseppe Sardino. Dal carcere Binnu Provenzano scarica la colpa sulla crisi e annuncia la “Social Card” per i mafiosi in difficoltà.

Ma il problema mafia al nord e a Milano è i mani sicure. Giovanni Terzi assessore al Comune di Milano infatti durante una lezione speciale tenuta allo Iulm con Klaus Davi a fargli da velina ha dichiarato: ''A Milano c'e' la 'ndrangheta? Se e' così, li vorrei vedere tutti in galera. Limitandosi ad annunciarlo in tv non si fa solo strumentale allarmismo? Chiedo, quindi, che intervenga lo Stato e li metta in galera. Se davvero ci sono a Milano, sbattiamoli dentro!''. Dopo Alberoni nessuno degli studenti pensava di potere cadere più in basso.

Tanti auguri a Matteo Messina Denaro per gli amici Soldino. Per Matteo Messina Denaro la guerra di Cosa Nostra allo Stato è una guerra giusta. A 14 anni già sparava. A 18 uccideva. A 31 metteva le bombe al Nord, prima a Roma, contro Maurizio Costanzo e la Chiesa, poi a Firenze e Milano. Oggi è a capo di una holding imprenditoriale: donne, affari, appalti, e grandi imprese. Matteo Messina Denaro è un mafioso di altra generazione, è soprattutto un gran viveur. Qualcuno lo ricorda mentre scorazzava in Porche verso Selinunte. Pantaloni Versace, Rolex Daytona, foulard. Quando Riina lo incaricò di pedinare Falcone, Martelli e Maurizio Costanzo a Roma, a fine '91, lui -racconta uno dei boss ora pentito che lo accompagnava, il mazarese Vincenzo Sinacori - trovava sempre il tempo di fare una buona scorta di camicie nel negozio più esclusivo di via Condotti e andava a mangiare nei locali più «in». Confuso fra la bella gente, aiutato, ieri come oggi, dal fatto che come dice spesso “lui non ha la faccia da vecchio mafioso siciliano”. Ma il volto è quello della nuova mafia, fatta da professionisti e «colletti bianchi». Il nostro augurio è che qualcuno arrivi presto a tirarti le orecchie. Per un compleanno alla Catturandi.

PER UN PUGNO DI VOTI…


Ricevo dall'amico Balìa e posto:


Di Andrea Balìa



Il meridionalismo viene investito dalle elezioni provinciali ed europee in un momento in cui esso è caratterizzato da particolare vivacità.

Dopo il pionierismo risalente ormai a circa 20 anni fa (vissuto dai più anziani fra di noi) con il neoborbonismo, che iniziava a togliere la polvere dalle pietre tombali ben piantate in oltre un secolo di menzogne ed occultamento della memoria di una storia scritta dai vincitori, è sopraggiunto un periodo di tregua.


Ora però da qualche anno un fervore rinnovato ha portato al rifiorire d’associazioni, movimenti e partiti. Perfino una parte della politica istituzionale ha riscoperto (con una buonafede tutta da verificare) ragioni e rivendicazioni d’un meridione in caduta libera. Ed in pieno dibattito, definizione d’obiettivi, alleanze e strategie, il ciclone elezioni sopraggiunge a scombussolare e in parte stimolare lo scenario.

Verifiche, incontri, ed il tutto in piena segretezza d’ogni singola compagine, caratterizzano i giorni d’un meridionalismo un po’ preso alla sprovvista, in colpevole ritardo invece rispetto ad un doveroso processo unitario, ma in fibrillazione per un intuibile ma anche pericoloso desiderio di protagonismo e visibilità.

Una voglia, umana e comprensibile, di dare al Sud una rappresentatività, al di là del velleitarismo personale inevitabilmente presente.

Chi decide di mandare singole forze all’interno di liste di poco entusiasmanti partiti governativi che rivendicano autonomie, ma che in tutta fretta hanno cassato la parola Sud dal simbolo, che tanto li aveva commossi.


Chi definisce alleanze con neonati movimenti per il Sud di senatrici più inviperite da mancati incarichi nei loro vecchi partiti e reduci da faide al loro interno, però con la bandiera del “no destra e no sinistra” da rivendicare.


Chi donchisciottescamente va da solo, contro tutti, che pur se condivisibile ha da vendersi però non un’unitaria ed agguerrita rappresentanza meridionalista, ma la improponibile sparuta e personale pattuglia.


Chi si vocifera sia tentato da apparentamenti con una storica destra estrema, la cui spendibilità come argomento pro Sud lascia davvero perplessi.


Chi infine, come compagini di cui ho assunto la responsabilità sull’identità, decide di schierarsi con una sinistra che sta lavorando al rinnovo della gestione bassoliniana, e pur intuendone la gravità del fardello ereditario, ritiene di dare una mano per impedire di consegnare la provincia di Napoli a personaggi la cui limpidezza sembra un’optional.


Insomma un variegato scenario che riteniamo debba servire almeno come esperienza, test, per un meridionalismo che almeno, pur in modo disarticolato, dia prova d’esserci, d’esistere, di far comprendere ai meridionali che possono autorappresentarsi.

Anche perché c’è sicuramente di peggio…basta guardare in casa UDC.

La vergogna regna sovrana : Emanuele Filiberto, il rampollo danzante della dinastia savoiarda che ha massacrato il Sud, sarà capolista con loro.

Vien da chiedersi : perché? Non per una sola ragione spendibile, non per innate o dimostrate qualità e competenze, se non in samba, rumba, ecc…

Solo ed unicamente per un pugno di voti!

Alla faccia della decenza, del Sud, della storia, con loro che vorrebbero dare a intendere che sono il nuovo e l’affidabile tra i due contendenti maggiori.


Il nuovo? Chi? I Savoia?

Ma “ci faccino il piacere!”…diceva il grande Principe De Curtis, nostro conterraneo ed in arte Totò!


.
Leggi tutto »

Ricevo dall'amico Balìa e posto:


Di Andrea Balìa



Il meridionalismo viene investito dalle elezioni provinciali ed europee in un momento in cui esso è caratterizzato da particolare vivacità.

Dopo il pionierismo risalente ormai a circa 20 anni fa (vissuto dai più anziani fra di noi) con il neoborbonismo, che iniziava a togliere la polvere dalle pietre tombali ben piantate in oltre un secolo di menzogne ed occultamento della memoria di una storia scritta dai vincitori, è sopraggiunto un periodo di tregua.


Ora però da qualche anno un fervore rinnovato ha portato al rifiorire d’associazioni, movimenti e partiti. Perfino una parte della politica istituzionale ha riscoperto (con una buonafede tutta da verificare) ragioni e rivendicazioni d’un meridione in caduta libera. Ed in pieno dibattito, definizione d’obiettivi, alleanze e strategie, il ciclone elezioni sopraggiunge a scombussolare e in parte stimolare lo scenario.

Verifiche, incontri, ed il tutto in piena segretezza d’ogni singola compagine, caratterizzano i giorni d’un meridionalismo un po’ preso alla sprovvista, in colpevole ritardo invece rispetto ad un doveroso processo unitario, ma in fibrillazione per un intuibile ma anche pericoloso desiderio di protagonismo e visibilità.

Una voglia, umana e comprensibile, di dare al Sud una rappresentatività, al di là del velleitarismo personale inevitabilmente presente.

Chi decide di mandare singole forze all’interno di liste di poco entusiasmanti partiti governativi che rivendicano autonomie, ma che in tutta fretta hanno cassato la parola Sud dal simbolo, che tanto li aveva commossi.


Chi definisce alleanze con neonati movimenti per il Sud di senatrici più inviperite da mancati incarichi nei loro vecchi partiti e reduci da faide al loro interno, però con la bandiera del “no destra e no sinistra” da rivendicare.


Chi donchisciottescamente va da solo, contro tutti, che pur se condivisibile ha da vendersi però non un’unitaria ed agguerrita rappresentanza meridionalista, ma la improponibile sparuta e personale pattuglia.


Chi si vocifera sia tentato da apparentamenti con una storica destra estrema, la cui spendibilità come argomento pro Sud lascia davvero perplessi.


Chi infine, come compagini di cui ho assunto la responsabilità sull’identità, decide di schierarsi con una sinistra che sta lavorando al rinnovo della gestione bassoliniana, e pur intuendone la gravità del fardello ereditario, ritiene di dare una mano per impedire di consegnare la provincia di Napoli a personaggi la cui limpidezza sembra un’optional.


Insomma un variegato scenario che riteniamo debba servire almeno come esperienza, test, per un meridionalismo che almeno, pur in modo disarticolato, dia prova d’esserci, d’esistere, di far comprendere ai meridionali che possono autorappresentarsi.

Anche perché c’è sicuramente di peggio…basta guardare in casa UDC.

La vergogna regna sovrana : Emanuele Filiberto, il rampollo danzante della dinastia savoiarda che ha massacrato il Sud, sarà capolista con loro.

Vien da chiedersi : perché? Non per una sola ragione spendibile, non per innate o dimostrate qualità e competenze, se non in samba, rumba, ecc…

Solo ed unicamente per un pugno di voti!

Alla faccia della decenza, del Sud, della storia, con loro che vorrebbero dare a intendere che sono il nuovo e l’affidabile tra i due contendenti maggiori.


Il nuovo? Chi? I Savoia?

Ma “ci faccino il piacere!”…diceva il grande Principe De Curtis, nostro conterraneo ed in arte Totò!


.

La presenza di un Savoia nelle liste dell'UDC è uno smacco ed un affronto alla sensibilità e alla dignità dei meridionali.


Compatrioti,
la presenza di un Savoia nelle liste dell'UDC è uno smacco ed un affronto alla sensibilità e alla dignità dei meridionali.


La mia città, il 6 dicembre del 2008 ha dato luogo ad un consiglio comunale straordinario, la cui maggioranza meridionalista, condotta dal Sindaco Raimondi ha prodotto un atto molto importante: disporre una eventuale denuncia a Casa Savoia per i danni procurati nel 1860-61, quando ben 160 mila bombe rasero al suolo case e chiese seppellendo ben 846 soldati borbonici e 4 mila miei compaesani.


Tutta l'Italia sappia che i meridionali respingono tale candidatura.


Ogni partito è libero di candidare chi ha chiesto alla nostra repubblica ben 260 milioni di euro e chi, guarda caso, è anche nipote e stranipote dei più grandi criminali della storia.


A .Ciano


-----------------------------------------------------------------------------------


Il Consiglio Nazionale del Partito del Sud fa propria la nota del Coordinatore Nazionale Antonio Ciano ed invita tutti i meridionali ad inviare agli indirizzi e-mail dell'UDC il seguente estratto ovviamente personalizzabile :




" Tutta l'Italia sappia che i Meridionali respingono la candidatura di un esponente di Casa Savoia nelle file dell'UDC.

Ogni partito è libero di candidare chi ha chiesto alla nostra repubblica ben 260 milioni di euro e chi, guarda caso, è anche nipote e stranipote di gente che la storia ha condannato da tempo."


Firmato :Nome Cognome

Leggi tutto »

Compatrioti,
la presenza di un Savoia nelle liste dell'UDC è uno smacco ed un affronto alla sensibilità e alla dignità dei meridionali.


La mia città, il 6 dicembre del 2008 ha dato luogo ad un consiglio comunale straordinario, la cui maggioranza meridionalista, condotta dal Sindaco Raimondi ha prodotto un atto molto importante: disporre una eventuale denuncia a Casa Savoia per i danni procurati nel 1860-61, quando ben 160 mila bombe rasero al suolo case e chiese seppellendo ben 846 soldati borbonici e 4 mila miei compaesani.


Tutta l'Italia sappia che i meridionali respingono tale candidatura.


Ogni partito è libero di candidare chi ha chiesto alla nostra repubblica ben 260 milioni di euro e chi, guarda caso, è anche nipote e stranipote dei più grandi criminali della storia.


A .Ciano


-----------------------------------------------------------------------------------


Il Consiglio Nazionale del Partito del Sud fa propria la nota del Coordinatore Nazionale Antonio Ciano ed invita tutti i meridionali ad inviare agli indirizzi e-mail dell'UDC il seguente estratto ovviamente personalizzabile :




" Tutta l'Italia sappia che i Meridionali respingono la candidatura di un esponente di Casa Savoia nelle file dell'UDC.

Ogni partito è libero di candidare chi ha chiesto alla nostra repubblica ben 260 milioni di euro e chi, guarda caso, è anche nipote e stranipote di gente che la storia ha condannato da tempo."


Firmato :Nome Cognome

Danni nucleari di ventesima generazione


Chernobyl, 26 - 4 - 1986Vittime di cancro alla tiroide da radiazioni ionizzanti.

L'OMS non ha mai voluto rendere pubblico uno studio sugli effetti dell'incidente di Chernobyl sul genoma umano, secondo il quale
i danni genetici provocati dall'anomala irradiazione del 1986, coinvolgeranno le prossime venti generazioni umane.
Lo studio esiste ma la popolazione mondiale non ha il diritto di conoscerne il contenuto.L'OMS, per quanto riguarda gli studi sui danni da radiazioni sulla popolazione mondiale, dipende dall'AIEA, ovvero dall'Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica.
In pratica, chi promuove e si suppone abbia interessi economici nel settore nucleare o difenda gli interessi di altri, dovrebbe finanziare ricerche sui danni provocati alla salute dell'Uomo e dell'ambiente dai prodotti della stessa industria nucleare.Ovviamente non lo fa e se lo fa, minimizza, parlando di "livelli accettabili di rischio".
Attorno alle centrali nucleari crescono i tumori e le malformazioni, ma un'opportuna cortina di silenzio mediatico impedisce che l'opinione pubblica possa preoccuparsene. Così i politici che hanno appena firmato contratti milionari con i boss dell'industria nucleare, possono parlare senza pudore di centrali prive di rischio, di impianti di terza generazione e mezza, di "ritorno al nucleare" perché il nucleare è sicuro e la barretta d'uranio la potete dare da ciucciare anche ai vostri figli.
Le radiazioni non si sentono e non si vedono se non quando i loro effetti si manifestano facendo nascere pecore senza occhi e bimbi senza braccia.Non parliamo del nucleare militare dei danni da nanoparticelle.
Sappiamo tutti che le autorità negano decisamente l'esistenza di una Sindrome da Uranio Impoverito, nonostante l'evidenza clinica e l'incidenza oltre la norma di malattie come le leucemie nei reduci dai teatri di guerra dove si utilizzano le armi ad Uranio Impoverito.
Vicino al poligono militare di Salto di Quirra in Sardegna, luogo di sperimentazione di nuove armi, nel paese di Escalaplano, comune di 2500 abitanti, con una natalità annua di circa 20 nuovi nati, nel 1988 ben 6 bambini, il 30%, presentavano malformazioni che normalmente hanno un'incidenza bassissima sulla popolazione generale.
Difficile pensare ad un caso, quando oltretutto, sempre nello stesso territorio, il 30% della popolazione adulta è affetta da forme di leucemia ed altre neoplasie , dieci volte più della norma.Ufficialmente però, non esiste alcun problema Salto di Quirra.
Per chi vuole informarsi, qui c'è un'interessante inchiesta ( prima, seconda , terza parte).
Esistono epidemie conclamate, ad eziologia praticamente nota, che però vengono minimizzate o addirittura negate per coprire gli interessi ad esse legati.
Altre epidemie o pandemie, più o meno immaginarie, vengono invece utilizzate per terrorizzare la gente e spingerla a comportamenti sanitari motivati dagli stessi interessi.
E' il caso di Big Pharma e delle periodiche campagne terroristiche mediatiche messe in atto ogniqualvolta si devono vendere vaccini e svuotare i magazzini di farmaci inutili ma costosissimi.

Leggi tutto »

Chernobyl, 26 - 4 - 1986Vittime di cancro alla tiroide da radiazioni ionizzanti.

L'OMS non ha mai voluto rendere pubblico uno studio sugli effetti dell'incidente di Chernobyl sul genoma umano, secondo il quale
i danni genetici provocati dall'anomala irradiazione del 1986, coinvolgeranno le prossime venti generazioni umane.
Lo studio esiste ma la popolazione mondiale non ha il diritto di conoscerne il contenuto.L'OMS, per quanto riguarda gli studi sui danni da radiazioni sulla popolazione mondiale, dipende dall'AIEA, ovvero dall'Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica.
In pratica, chi promuove e si suppone abbia interessi economici nel settore nucleare o difenda gli interessi di altri, dovrebbe finanziare ricerche sui danni provocati alla salute dell'Uomo e dell'ambiente dai prodotti della stessa industria nucleare.Ovviamente non lo fa e se lo fa, minimizza, parlando di "livelli accettabili di rischio".
Attorno alle centrali nucleari crescono i tumori e le malformazioni, ma un'opportuna cortina di silenzio mediatico impedisce che l'opinione pubblica possa preoccuparsene. Così i politici che hanno appena firmato contratti milionari con i boss dell'industria nucleare, possono parlare senza pudore di centrali prive di rischio, di impianti di terza generazione e mezza, di "ritorno al nucleare" perché il nucleare è sicuro e la barretta d'uranio la potete dare da ciucciare anche ai vostri figli.
Le radiazioni non si sentono e non si vedono se non quando i loro effetti si manifestano facendo nascere pecore senza occhi e bimbi senza braccia.Non parliamo del nucleare militare dei danni da nanoparticelle.
Sappiamo tutti che le autorità negano decisamente l'esistenza di una Sindrome da Uranio Impoverito, nonostante l'evidenza clinica e l'incidenza oltre la norma di malattie come le leucemie nei reduci dai teatri di guerra dove si utilizzano le armi ad Uranio Impoverito.
Vicino al poligono militare di Salto di Quirra in Sardegna, luogo di sperimentazione di nuove armi, nel paese di Escalaplano, comune di 2500 abitanti, con una natalità annua di circa 20 nuovi nati, nel 1988 ben 6 bambini, il 30%, presentavano malformazioni che normalmente hanno un'incidenza bassissima sulla popolazione generale.
Difficile pensare ad un caso, quando oltretutto, sempre nello stesso territorio, il 30% della popolazione adulta è affetta da forme di leucemia ed altre neoplasie , dieci volte più della norma.Ufficialmente però, non esiste alcun problema Salto di Quirra.
Per chi vuole informarsi, qui c'è un'interessante inchiesta ( prima, seconda , terza parte).
Esistono epidemie conclamate, ad eziologia praticamente nota, che però vengono minimizzate o addirittura negate per coprire gli interessi ad esse legati.
Altre epidemie o pandemie, più o meno immaginarie, vengono invece utilizzate per terrorizzare la gente e spingerla a comportamenti sanitari motivati dagli stessi interessi.
E' il caso di Big Pharma e delle periodiche campagne terroristiche mediatiche messe in atto ogniqualvolta si devono vendere vaccini e svuotare i magazzini di farmaci inutili ma costosissimi.

I DIMENTICATI DI CHERNOBYL



Di Damiano Ficoneri

A 23 anni dalla tragedia di Chernobyl, l'Ucraina sperimenta il più alto numero di malati di cancro di sempre e il livello di radiazione è tornato a quello degli Anni '80. Frutta, verdura e latte risultano contaminati per la mancanza di controlli.
La crisi economica, il disinteresse del governo ucraino, i tagli ai fondi agli ospedali, fanno sì che i centri oncologici riescano ad andare avanti solo grazie agli aiuti privati, come quelli degli spettatori de LA7 che tramite la Onlus "Sole terre" hanno comprato un'intera sala operatoria per il centro neurologico pediatrico di Kiev. Inoltre la situazione attuale nella zona proibita, dove oggi risiedono quasi diecimila persone: uomini e donne pronti a esporsi alle radiazioni pur di trovare alloggio e lavoro.

Fonte:La7
Leggi tutto »


Di Damiano Ficoneri

A 23 anni dalla tragedia di Chernobyl, l'Ucraina sperimenta il più alto numero di malati di cancro di sempre e il livello di radiazione è tornato a quello degli Anni '80. Frutta, verdura e latte risultano contaminati per la mancanza di controlli.
La crisi economica, il disinteresse del governo ucraino, i tagli ai fondi agli ospedali, fanno sì che i centri oncologici riescano ad andare avanti solo grazie agli aiuti privati, come quelli degli spettatori de LA7 che tramite la Onlus "Sole terre" hanno comprato un'intera sala operatoria per il centro neurologico pediatrico di Kiev. Inoltre la situazione attuale nella zona proibita, dove oggi risiedono quasi diecimila persone: uomini e donne pronti a esporsi alle radiazioni pur di trovare alloggio e lavoro.

Fonte:La7

martedì 28 aprile 2009

Processo a Pino Maniaci: L'ODG siciliano e' parte civile



La sezione siciliana dell'Ordine dei giornalisti ha deciso di costituirsi Parte Civile contro il direttore di Telejato, Pino Maniaci, nel procedimento contro di lui per esercizio abusivo della professione di giornalista.

Il processo è stato fissato davanti al giudice monocratico di Partinico il prossimo otto maggio. Secondo l’accusa, Maniaci, "con più condotte, poste in essere in tempi diversi ed in esecuzione del medesimo disegno criminoso", avrebbe esercitato abusivamente l’attività di giornalista in assenza della speciale abilitazione dello Stato.

Di fronte alla gravità della presa di posizione dell'ODG siciliano che, invece di schierarsi dalla parte di Pino Maniaci, minacciato di morte e scortato, gli si mette contro, rinnoviamo il nostro sostegno e la totale solidarietà a un uomo che, senza tesserino professionale, rende onore alla professione giornalistica al di fuori della "casta" di certi giornalisti tesserati, magari proprio quelli che sgomitano per sedersi in prima fila ai funerali.


Leggi tutto »


La sezione siciliana dell'Ordine dei giornalisti ha deciso di costituirsi Parte Civile contro il direttore di Telejato, Pino Maniaci, nel procedimento contro di lui per esercizio abusivo della professione di giornalista.

Il processo è stato fissato davanti al giudice monocratico di Partinico il prossimo otto maggio. Secondo l’accusa, Maniaci, "con più condotte, poste in essere in tempi diversi ed in esecuzione del medesimo disegno criminoso", avrebbe esercitato abusivamente l’attività di giornalista in assenza della speciale abilitazione dello Stato.

Di fronte alla gravità della presa di posizione dell'ODG siciliano che, invece di schierarsi dalla parte di Pino Maniaci, minacciato di morte e scortato, gli si mette contro, rinnoviamo il nostro sostegno e la totale solidarietà a un uomo che, senza tesserino professionale, rende onore alla professione giornalistica al di fuori della "casta" di certi giornalisti tesserati, magari proprio quelli che sgomitano per sedersi in prima fila ai funerali.


I MISTERI DI VIA D'AMELIO



Di Silvia Resta
Dopo le recenti rivelazioni dell’ex boss di Cosa Nostra Gaspare Spatuzza, che potrebbe aprire scenari diversi sulla strage che uccise il giudice Borsellino, l'inchiesta ripercorre il caso. Si parte dal giallo del 1° luglio 1992, giorno in cui il giudice Borsellino si sarebbe recato al Viminale dall'allora ministro dell'interno Nicola Mancino. Davanti alle telecamere, un faccia a faccia a distanza tra Salvatore Borsellino, fratello del giudice, e Nicola Mancino, che nega di essere mai stato a conoscenza di una negoziazione con Cosa Nostra.

Fonte:La7
Leggi tutto »


Di Silvia Resta
Dopo le recenti rivelazioni dell’ex boss di Cosa Nostra Gaspare Spatuzza, che potrebbe aprire scenari diversi sulla strage che uccise il giudice Borsellino, l'inchiesta ripercorre il caso. Si parte dal giallo del 1° luglio 1992, giorno in cui il giudice Borsellino si sarebbe recato al Viminale dall'allora ministro dell'interno Nicola Mancino. Davanti alle telecamere, un faccia a faccia a distanza tra Salvatore Borsellino, fratello del giudice, e Nicola Mancino, che nega di essere mai stato a conoscenza di una negoziazione con Cosa Nostra.

Fonte:La7

Febbre Suina....


Leggi tutto »

BANCHETTO PER LA RACCOLTA FIRME DI INSORGENZA CIVILE - Terzo incontro per l'abolizione della tangente sulla tangenziale di Napoli


Venerdì 1 Maggio 2009 - dalle 10,00 alle 12,30 - alla Rotonda Diaz di Via Caracciolo - Napoli



Insorgenza Civile è un movimento identitario Napoletano che difende l'identità meridionale.

In questo terzo incontro protestiamo contro l'unica arteria stradale comunale a pagamento d'Europa è fonte di guadagno per il Nord.

Non più di proprietà comunale, la s.p.a. che la gestisce è di proprietà del gruppo Benetton di Treviso, attraverso un sistema di "scatole cinesi" finanziarie.

Ora, dove credete che Benetton investa i proventi di circa 6milioni di €uro al mese che i Napoletani pagano per la (mal gestita, ma tanto necessaria) Tangenziale di Napoli? Costruisce campi di calcetto per i figli del Nord, strade ed autostrade al Nord con i soldi del Sud! Benetton, rifai le strade di Napoli con i soldi dei Napoletani? O le fogne?

Perciò chiediamo di restituire la Tangenziale a Napoli, mediante restituzione del pacchetto azionario di larga maggioranza al Comune e RENDIAMOLA GRATUITA COME DOVEVA ESSERE SECONDO I PROGETTI DI QUANDO FU COSTRUITA

Per maggiori informazioni visita il sito www.insorgenza.it con sede a via Via Cupa Caiafa 20\d Napoli

.

Leggi tutto »

Venerdì 1 Maggio 2009 - dalle 10,00 alle 12,30 - alla Rotonda Diaz di Via Caracciolo - Napoli



Insorgenza Civile è un movimento identitario Napoletano che difende l'identità meridionale.

In questo terzo incontro protestiamo contro l'unica arteria stradale comunale a pagamento d'Europa è fonte di guadagno per il Nord.

Non più di proprietà comunale, la s.p.a. che la gestisce è di proprietà del gruppo Benetton di Treviso, attraverso un sistema di "scatole cinesi" finanziarie.

Ora, dove credete che Benetton investa i proventi di circa 6milioni di €uro al mese che i Napoletani pagano per la (mal gestita, ma tanto necessaria) Tangenziale di Napoli? Costruisce campi di calcetto per i figli del Nord, strade ed autostrade al Nord con i soldi del Sud! Benetton, rifai le strade di Napoli con i soldi dei Napoletani? O le fogne?

Perciò chiediamo di restituire la Tangenziale a Napoli, mediante restituzione del pacchetto azionario di larga maggioranza al Comune e RENDIAMOLA GRATUITA COME DOVEVA ESSERE SECONDO I PROGETTI DI QUANDO FU COSTRUITA

Per maggiori informazioni visita il sito www.insorgenza.it con sede a via Via Cupa Caiafa 20\d Napoli

.

Europee: chiudete gli occhi e pensate al peggio


Pensate alle persone più imbarazzanti che potrebbero rappresentarci in Europa... Fatto?Ok, vi do una seconda chance... dimenticate quello che avete pensato e immaginatevi qualcosa di molto peggio.

Ora, a meno che non abbiate pensato ad Erick Priebke o al defunto Pietro Pacciani, siete probabilmente ancora fuori strada...


Forse i titoli qua sotto possono fornirvi una piccola panoramica di cosa troverete sulle schede elettorali dell'UDC (da qualcuno detto anche Unione Dei Carcerati):

LA CANDIDATURA - «Emanuele Filiberto - ha detto il segretario dell’Udc, Lorenzo Cesa, nel corso della conferenza stampa di presentazione della candidatura - sarà una grande sorpresa della politica italiana ed europea. Ne sono convinto. E’ una persona straordinaria e capace. Siamo sicuri che andrà in Europa a difendere quello che ci sta più a cuore, cioè la difesa dell’identità cristiana e della famiglia, con grande capacità». Particolarmente soddisfatto della candidatura di Emanuele Filiberto anche il vicepresidente dei deputati Udc Michele Vietti: «Da piemontese sono particolarmente lieto di questa candidatura che rappresenta un pezzo importante della nostra storia. I giudizi li lasciamo agli storici».


E come se non bastasse, le nuove (e vecchie) conigliette marchiate PDL.


LE ALTRE IN POLE E I «RECUPERATI» - In pole position ci sarebbero poi altre tre o quattro giovani scelte tra quelle che hanno partecipato al corso di formazione che si è tenuto la scorsa settimana a via dell’Umiltà.

Tra queste Cristina Ravot, giovane cantante sassarese, Rachele Restivo, giornalista tv, e Laura Comi.

Gli apparati di partito cercano di non far escludere «gli uscenti»: dovrebbero essere «recuperati» i vari Bonsignore, Iva Zanicchi, Albertini, Gargani, Zappalà, Antoniozzi. Alcune delle deputate "precettate" dal premier, inoltre, dovrebbero correre per l’Europarlamento, per poi rinunciare una volta elette.

Fra loro Gabriella Giammanco e Laura Ravetto, mentre sono in forse Annagrazia Calabria e Beatrice Lorenzin. Per An ci saranno sicuramente in lista Roberta Angelilli e Cristiana Muscardini, mentre si rincorrono le voci del possibile inserimento della figlia di Guido Bertolaso.


Leggi tutto »

Pensate alle persone più imbarazzanti che potrebbero rappresentarci in Europa... Fatto?Ok, vi do una seconda chance... dimenticate quello che avete pensato e immaginatevi qualcosa di molto peggio.

Ora, a meno che non abbiate pensato ad Erick Priebke o al defunto Pietro Pacciani, siete probabilmente ancora fuori strada...


Forse i titoli qua sotto possono fornirvi una piccola panoramica di cosa troverete sulle schede elettorali dell'UDC (da qualcuno detto anche Unione Dei Carcerati):

LA CANDIDATURA - «Emanuele Filiberto - ha detto il segretario dell’Udc, Lorenzo Cesa, nel corso della conferenza stampa di presentazione della candidatura - sarà una grande sorpresa della politica italiana ed europea. Ne sono convinto. E’ una persona straordinaria e capace. Siamo sicuri che andrà in Europa a difendere quello che ci sta più a cuore, cioè la difesa dell’identità cristiana e della famiglia, con grande capacità». Particolarmente soddisfatto della candidatura di Emanuele Filiberto anche il vicepresidente dei deputati Udc Michele Vietti: «Da piemontese sono particolarmente lieto di questa candidatura che rappresenta un pezzo importante della nostra storia. I giudizi li lasciamo agli storici».


E come se non bastasse, le nuove (e vecchie) conigliette marchiate PDL.


LE ALTRE IN POLE E I «RECUPERATI» - In pole position ci sarebbero poi altre tre o quattro giovani scelte tra quelle che hanno partecipato al corso di formazione che si è tenuto la scorsa settimana a via dell’Umiltà.

Tra queste Cristina Ravot, giovane cantante sassarese, Rachele Restivo, giornalista tv, e Laura Comi.

Gli apparati di partito cercano di non far escludere «gli uscenti»: dovrebbero essere «recuperati» i vari Bonsignore, Iva Zanicchi, Albertini, Gargani, Zappalà, Antoniozzi. Alcune delle deputate "precettate" dal premier, inoltre, dovrebbero correre per l’Europarlamento, per poi rinunciare una volta elette.

Fra loro Gabriella Giammanco e Laura Ravetto, mentre sono in forse Annagrazia Calabria e Beatrice Lorenzin. Per An ci saranno sicuramente in lista Roberta Angelilli e Cristiana Muscardini, mentre si rincorrono le voci del possibile inserimento della figlia di Guido Bertolaso.


Inondiamo di e-mail di protesta l'UDC


Su proposta telefonica di Antonio Ciano invito tutti a mandare e-mail di protesta agli indirizzi dell'UDC per la scelta scellerata, fatta da questo partito politico, di presentare capolista nella circoscrizione 1 alle prossime europee il noto ballerino Emanuele Filiberto di Savoia, erede della dinastia che ha massacrato il Meridione d'italia e non solo.
Questa candidatura è uno schiaffo in faccia a tutto il Sud, ed è comunque l'ennesima conferma che i partiti politici dell'attuale quadro istituzionale sono TUTTI schierati contro il Meridione e che con TUTTI questi partiti non può esistere nessuna forma di collaborazione .


Indirizzi e-mail dell'UDC:


informazioni:info@udc-italia.it

ufficio stampa: udcitalia@gmail.com

responsabile nazionale:francesco.donofrio@uniroma1.it


dipartimento elettorale: elettorale@udc-italia.it


Leggi tutto »

Su proposta telefonica di Antonio Ciano invito tutti a mandare e-mail di protesta agli indirizzi dell'UDC per la scelta scellerata, fatta da questo partito politico, di presentare capolista nella circoscrizione 1 alle prossime europee il noto ballerino Emanuele Filiberto di Savoia, erede della dinastia che ha massacrato il Meridione d'italia e non solo.
Questa candidatura è uno schiaffo in faccia a tutto il Sud, ed è comunque l'ennesima conferma che i partiti politici dell'attuale quadro istituzionale sono TUTTI schierati contro il Meridione e che con TUTTI questi partiti non può esistere nessuna forma di collaborazione .


Indirizzi e-mail dell'UDC:


informazioni:info@udc-italia.it

ufficio stampa: udcitalia@gmail.com

responsabile nazionale:francesco.donofrio@uniroma1.it


dipartimento elettorale: elettorale@udc-italia.it


Emanuele Filiberto si candida con l'Udc - Prosegue la manovra per riportare in auge i Savoia...


Di Alberto Fattori da Shanghai


Emanuele Filiberto Di Savoria scrive su Facebook: dovete essere i primi a saperlo, sto per fare la conferenza stampa sulla mia candidatura per le elezioni europee nella circoscrizione Nord Ovest ( Piemonte, Lombardia,Liguria e Val d'Aosta) con l'UDC.

------------------------------------------------------------
Elezioni europee: Emanuele Filiberto candidato come capolista per l'Udc
Guiderà la lista della circoscrizione Nord Ovest insieme a Magdi Cristiano Allam
MILANO - Colpo di scena nell'ambito delle candidature alle prossime elezioni europee. Emanuele Filiberto di Savoia sarà candidato con l’Udc alle elezioni europee. Il nipote dell’ultimo re d’Italia, reduce dal successo alla trasmissione televisiva «Ballando con le stelle», sarà testa di lista nella circoscrizione Nord Ovest insieme a Magdi Cristiano Allam. Resta fuori invece Vittorio Sgarbi, sulla cui candidatura con il partito di Pier Ferdinando Casini, si erano rincorse voci e polemiche.

LA CANDIDATURA - «Emanuele Filiberto - ha detto il segretario dell’Udc, Lorenzo Cesa, nel corso della conferenza stampa di presentazione della candidatura - sarà una grande sorpresa della politica italiana ed europea. Ne sono convinto. E’ una persona straordinaria e capace. Siamo sicuri che andrà in Europa a difendere quello che ci stà più a cuore, cioè la difesa dell’identità cristiana e della famiglia, con grande capacità». Particolarmente soddisfatto della candidatura di Emanuele Filiberto anche il vicepresidente dei deputati Udc Michele Vietti:
«Da piemontese sono particolarmente lieto di questa candidatura che rappresenta un pezzo importante della nostra storia. I giudizi li lasciamo agli storici».

LA DICHIARAZIONE - «Mi impegnerò, come un giovane classe '72, al servizio del mio paese: la cosa che amo sopra ogni cosa»: Emanuele Filiberto di Savoia spiega così la sua candidatura nelle file dell'Udc per le europee, nella circoscrizione Nord ovest.

Fonte:Corriere della Sera

-

Leggi tutto »

Di Alberto Fattori da Shanghai


Emanuele Filiberto Di Savoria scrive su Facebook: dovete essere i primi a saperlo, sto per fare la conferenza stampa sulla mia candidatura per le elezioni europee nella circoscrizione Nord Ovest ( Piemonte, Lombardia,Liguria e Val d'Aosta) con l'UDC.

------------------------------------------------------------
Elezioni europee: Emanuele Filiberto candidato come capolista per l'Udc
Guiderà la lista della circoscrizione Nord Ovest insieme a Magdi Cristiano Allam
MILANO - Colpo di scena nell'ambito delle candidature alle prossime elezioni europee. Emanuele Filiberto di Savoia sarà candidato con l’Udc alle elezioni europee. Il nipote dell’ultimo re d’Italia, reduce dal successo alla trasmissione televisiva «Ballando con le stelle», sarà testa di lista nella circoscrizione Nord Ovest insieme a Magdi Cristiano Allam. Resta fuori invece Vittorio Sgarbi, sulla cui candidatura con il partito di Pier Ferdinando Casini, si erano rincorse voci e polemiche.

LA CANDIDATURA - «Emanuele Filiberto - ha detto il segretario dell’Udc, Lorenzo Cesa, nel corso della conferenza stampa di presentazione della candidatura - sarà una grande sorpresa della politica italiana ed europea. Ne sono convinto. E’ una persona straordinaria e capace. Siamo sicuri che andrà in Europa a difendere quello che ci stà più a cuore, cioè la difesa dell’identità cristiana e della famiglia, con grande capacità». Particolarmente soddisfatto della candidatura di Emanuele Filiberto anche il vicepresidente dei deputati Udc Michele Vietti:
«Da piemontese sono particolarmente lieto di questa candidatura che rappresenta un pezzo importante della nostra storia. I giudizi li lasciamo agli storici».

LA DICHIARAZIONE - «Mi impegnerò, come un giovane classe '72, al servizio del mio paese: la cosa che amo sopra ogni cosa»: Emanuele Filiberto di Savoia spiega così la sua candidatura nelle file dell'Udc per le europee, nella circoscrizione Nord ovest.

Fonte:Corriere della Sera

-

Privatizzare i profitti e socializzare le perdite


Di Antonio Raimondi



La crisi economica, nonostante timidi segnali di ripresa, sta ancora causando una riduzione dei posti di lavoro: il calo dei consumi costringe le aziende a ridurre il proprio personale in attività.
Quando si attraversa un periodo di recessione economica, purtroppo, è normale perdere posti di lavoro: la produzione diminuisce e c’è bisogno di meno addetti in tutti i settori. In questo caso le aziende cercano di minimizzare le perdite tagliando sui costi del personale: i primi a pagare dei momenti negativi sono sempre gli ultimi, quelli che hanno più difficoltà ad ottenere un impiego e, di conseguenza, a rientrare nel ciclo produttivo.

C’è anche da dire, però, che alcune aziende approfittano deliberatamente della crisi per mettere in pratica una “cura dimagrante”. Le notizie di lavoratori messi in cassa integrazione o in mobilità sono ormai all’ordine del giorno e i costi degli ammortizzatori sociali vengono finanziati dalle tasse dei cittadini italiani. Il maggiore ricorso a questi strumenti, dunque, significa destinare una quantità maggiore di risorse a sostenere le persone in difficoltà lavorativa che è giusto.

Non è tollerabile, però, che alcune ditte sfruttino queste numerose situazioni di disagio per sgravare i loro bilanci dalle spese per il personale e, di conseguenza, minare la pace sociale: i licenziamenti di massa e il ricorso agli ammortizzatori sociali sta gettando la popolazione lavorativa in un clima molto cupo. Questo comportamento, quando ci sarà la ripresa economica, sarà totalmente a favore delle aziende che con il personale ridotto riusciranno, senza assumere, a mantenere la produzione al livello richiesto e, quindi, a massimizzare i profitti, senza distribuire la ricchezza ad altre parti di popolazione che potrebbero beneficiare del miglioramento generale dell’economia, e a socializzare le perdite quando la tendenza del mercato dovesse tornare negativa.

È inaccettabile un comportamento del tipo “privatizzare i profitti e condividere le perdite” perché a pagare è sempre e solo lo Stato, ovvero tutti noi. Le imprese devono ricordare che sono tali se hanno anche una responsabilità sociale. La proprietà privata è legittima e deve essere rivolta al bene comune: la creazione di posti di lavoro, la tutela della sicurezza dei lavoratori e il rispetto dell’ambiente sono precise responsabilità delle imprese nei confronti della società. In un momento così difficile e delicato, come questa recessione, non è tollerabile che le imprese possano minare la pace sociale. Sono già tanti gli episodi di violenza verso i dirigenti aziendali sia negli Stati Uniti che in Europa e vorremo che questo non accadesse anche in Italia. Però c’è bisogno, per questo, la buona volontà di tutti invece di continuare ad esasperare gli animi di chi non arriva nemmeno alla terza settimana del mese.
Leggi tutto »

Di Antonio Raimondi



La crisi economica, nonostante timidi segnali di ripresa, sta ancora causando una riduzione dei posti di lavoro: il calo dei consumi costringe le aziende a ridurre il proprio personale in attività.
Quando si attraversa un periodo di recessione economica, purtroppo, è normale perdere posti di lavoro: la produzione diminuisce e c’è bisogno di meno addetti in tutti i settori. In questo caso le aziende cercano di minimizzare le perdite tagliando sui costi del personale: i primi a pagare dei momenti negativi sono sempre gli ultimi, quelli che hanno più difficoltà ad ottenere un impiego e, di conseguenza, a rientrare nel ciclo produttivo.

C’è anche da dire, però, che alcune aziende approfittano deliberatamente della crisi per mettere in pratica una “cura dimagrante”. Le notizie di lavoratori messi in cassa integrazione o in mobilità sono ormai all’ordine del giorno e i costi degli ammortizzatori sociali vengono finanziati dalle tasse dei cittadini italiani. Il maggiore ricorso a questi strumenti, dunque, significa destinare una quantità maggiore di risorse a sostenere le persone in difficoltà lavorativa che è giusto.

Non è tollerabile, però, che alcune ditte sfruttino queste numerose situazioni di disagio per sgravare i loro bilanci dalle spese per il personale e, di conseguenza, minare la pace sociale: i licenziamenti di massa e il ricorso agli ammortizzatori sociali sta gettando la popolazione lavorativa in un clima molto cupo. Questo comportamento, quando ci sarà la ripresa economica, sarà totalmente a favore delle aziende che con il personale ridotto riusciranno, senza assumere, a mantenere la produzione al livello richiesto e, quindi, a massimizzare i profitti, senza distribuire la ricchezza ad altre parti di popolazione che potrebbero beneficiare del miglioramento generale dell’economia, e a socializzare le perdite quando la tendenza del mercato dovesse tornare negativa.

È inaccettabile un comportamento del tipo “privatizzare i profitti e condividere le perdite” perché a pagare è sempre e solo lo Stato, ovvero tutti noi. Le imprese devono ricordare che sono tali se hanno anche una responsabilità sociale. La proprietà privata è legittima e deve essere rivolta al bene comune: la creazione di posti di lavoro, la tutela della sicurezza dei lavoratori e il rispetto dell’ambiente sono precise responsabilità delle imprese nei confronti della società. In un momento così difficile e delicato, come questa recessione, non è tollerabile che le imprese possano minare la pace sociale. Sono già tanti gli episodi di violenza verso i dirigenti aziendali sia negli Stati Uniti che in Europa e vorremo che questo non accadesse anche in Italia. Però c’è bisogno, per questo, la buona volontà di tutti invece di continuare ad esasperare gli animi di chi non arriva nemmeno alla terza settimana del mese.

Angelo Branduardi - Confessioni di un Malandrino



Una versione di questa canzone-capolavoro incisa nel 1972, quando Angelo non era ancora famoso. Le immagini sono tratte dal colossal "Esenin" girato nel 2005 per la TV russa.
Leggi tutto »


Una versione di questa canzone-capolavoro incisa nel 1972, quando Angelo non era ancora famoso. Le immagini sono tratte dal colossal "Esenin" girato nel 2005 per la TV russa.

Si dimette il sindaco di Castel Volturno: «Basta, sono solo contro la camorra»


CASERTA (27 aprile) - Il sindaco di Castel Volturno, Francesco Nuzzo, si è dimesso poco fa nelle mani del segretario generale del Comune.

Le «dimissioni sono irrevocabili - ha detto il sindaco - e non penso di continuare l'attività politica». Il primo cittadino parla di «ricatti e litigi continui» nella maggioranza di centrosinistra, costituita da Pd e due liste civiche, che lo sostenevano, e di, «solitudine» di fronte ai rischi patiti nella lotta alla camorra. «Alla vigilia dell'approvazione di tre fondamentali provvedimenti, il piano urbanistico territoriale, il piano per il commercio, ed il piano spiaggia che la città attende da decenni mi vengono a chiedere posti per figli, mogli e mariti».

«Sono profondamente amareggiato - aggiunge il sindaco - adesso la camorra potrà stappare bottiglie di champagne». Francesco Nuzzo, magistrato, pm in servizio alla procura di Brescia, annuncia un libro-dossier. «Sarà un atto d'accusa», aggiunge. Francesco Nuzzo era stato eletto nell'aprile 2005 alla testa di una maggioranza composta da Ds, Margherita e due liste civiche.


Leggi tutto »

CASERTA (27 aprile) - Il sindaco di Castel Volturno, Francesco Nuzzo, si è dimesso poco fa nelle mani del segretario generale del Comune.

Le «dimissioni sono irrevocabili - ha detto il sindaco - e non penso di continuare l'attività politica». Il primo cittadino parla di «ricatti e litigi continui» nella maggioranza di centrosinistra, costituita da Pd e due liste civiche, che lo sostenevano, e di, «solitudine» di fronte ai rischi patiti nella lotta alla camorra. «Alla vigilia dell'approvazione di tre fondamentali provvedimenti, il piano urbanistico territoriale, il piano per il commercio, ed il piano spiaggia che la città attende da decenni mi vengono a chiedere posti per figli, mogli e mariti».

«Sono profondamente amareggiato - aggiunge il sindaco - adesso la camorra potrà stappare bottiglie di champagne». Francesco Nuzzo, magistrato, pm in servizio alla procura di Brescia, annuncia un libro-dossier. «Sarà un atto d'accusa», aggiunge. Francesco Nuzzo era stato eletto nell'aprile 2005 alla testa di una maggioranza composta da Ds, Margherita e due liste civiche.


lunedì 27 aprile 2009

Le radici cristiane di un'Europa laica. Dopo il viaggio di Benedetto XVI in Francia


Massimo Introvigne - Testo dell'incontro della "Cattedra Ratzinger" a Crotone, 24 aprile 2009

Il viaggio di Benedetto XVI in Francia (12-15 settembre 2008) costituisce, secondo la sua stessa espressione, un «dittico» composto da due «pannelli» (Benedetto XVI 2008r). Il primo pannello – che comprende i discorsi tenuti a Parigi, e il discorso a Lourdes ai vescovi della Conferenza Episcopale Francese (Benedetto XVI 2008o) – presenta una riflessione sulle radici cristiane dell’Europa nel contesto francese segnato sia dalla laïcité, cioè da una laicità per secoli intesa come laicismo anticristiano e anticlericale, sia dal tentativo del presidente della Repubblica Francese, Nicolas Sarkozy, di proporre una nuova nozione di «laicità positiva», critica – o autocritica – nei confronti dei tradizionali laicismo e anticlericalismo francesi e disposta a riconoscere un ruolo pubblico alla religione in Francia (Sarkozy 2004). Il secondo pannello precisa ulteriormente che le radici cristiane dell’Europa sono radici mariane, e propone un’esegesi puntuale delle parole e dei gesti della Vergine Maria nelle apparizioni di Lourdes (11 febbraio – 16 luglio 1858), di cui il viaggio di Benedetto XVI intende celebrare in modo solenne il 150° anniversario. Tuttavia, nei discorsi di Lourdes, il secondo pannello è sempre collegato al primo, così che – pure nella distinzione dei due momenti del viaggio – il discorso resta comunque profondamente unitario: e come tale può essere studiato.

1. Le radici dell’Europa sono religiose

Nei suoi interventi di Parigi, in relazione implicita anche al dibattito sulla Costituzione europea – dalla quale proprio la Repubblica Francese, all’epoca presieduta da Jacques Chirac, chiese ripetutamente che fosse escluso ogni riferimento alle radici ebraiche e cristiane –, Benedetto XVI afferma con forza che non è possibile parlare di Europa, e neppure di Francia, senza considerare le loro radici religiose. È sufficiente camminare per le strade, osservare l’architettura, studiare la letteratura o visitare i musei per rendersi conto che un discorso sull’Europa che prescinda dalle radici religiose, semplicemente, non ha senso. «Ciò che ha fondato la cultura dell’Europa, la ricerca di Dio e la disponibilità ad ascoltarLo, rimane anche oggi il fondamento di ogni vera cultura» (Benedetto XVI 2008d). Il riferimento, anzitutto, a radici religiose permette di valorizzare – come il Papa a Parigi ha fatto in termini a loro modo impegnativi – il contributo dell’ebraismo alla cultura europea, e in particolare «il ruolo eminente svolto dagli Ebrei di Francia per l’edificazione dell’intera Nazione e il loro prestigioso apporto al suo patrimonio spirituale» (Benedetto XVI 2008c). Un richiamo non scontato, ma che il Pontefice considera doveroso in un momento in cui tornano rischi di antisemitismo, di fronte ai quali la Chiesa ricorda, con le parole del cardinale Henri-Marie de Lubac, S.J. (1896-1991), citate a Parigi da Benedetto XVI, che «essere antisemiti significa[va] anche essere anticristiani» (ibidem). La Chiesa, dunque, ripete oggi le parole pronunciate da Pio XI (1857-1939) il 6 settembre 1938, nel pieno della tempesta nazista: «Spiritualmente, noi siamo semiti» (Allocuzione a dei pellegrini del Belgio, del 6-9-1938, cit. in Benedetto XVI 2008c).

Valorizzare le radici religiose dell’Europa offre anche un contesto e un quadro per il dialogo con le nuove presenze islamiche, a proposito delle quali il Papa invita anzitutto allo studio per «un reale impegno di conoscenza reciproca» (Benedetto XVI 2008o), in assenza del quale si rischia di cadere in percorsi di dialogo che «conducono a vicoli ciechi» (ibidem). Né il vivere in una «società globalizzata, pluriculturale e plurireligiosa» (ibidem) può essere pretesto per nascondere la Verità o rinunciare alla missione, anche nei confronti degli stessi musulmani. Una società dove convivono più religioni dev’essere al contrario vissuta come «un’opportunità che il Signore ci offre di proclamare la Verità» (ibidem). Se un tempo i missionari dovevano andare a cercare i seguaci di religioni non cristiane nei loro Paesi, oggi costoro vengono da noi come immigrati, e attraverso la loro presenza il Signore ci offre l’occasione di esercitare la missione, che rimane un aspetto imprescindibile della vita cristiana, senza dovere necessariamente partire verso terre lontane.

2. Le radici dell’Europa sono cristiane

Ma in ogni caso, mentre riconosce il contributo nella storia o nell’attualità di altre religioni, la Chiesa non può astenersi dal proclamare che le radici dell’Europa sono cristiane. Valutando positivamente gli elementi di novità introdotti dal presidente Sarkozy nel dibattito politico sulla religione in Francia, Benedetto XVI così gli si rivolge: «Signor Presidente, Ella ha ricordato che le radici della Francia – come quelle dell’Europa – sono cristiane. Basta la storia a dimostrarlo» (Benedetto XVI 2008b). Anzi, «il porre in evidenza le radici cristiane della Francia permetterà ad ogni abitante di questo Paese di meglio comprendere da dove egli venga e dove egli vada» (Benedetto XVI 2008o).

In Francia, il Papa ricorda in particolare la figura del Padre della Chiesa sant’Ireneo di Lione (130-202), particolarmente caro a Benedetto XVI come testimonianza vivente delle radici insieme greche e latine dell’Europa Occidentale (e si sa quanto il Pontefice tenga a ricordare sempre il contributo greco). Questo Padre della Chiesa di Francia, infatti, non era francese di nascita. «Sant’Ireneo era venuto da Sirme per predicare la fede nel Cristo risorto. Lione aveva dunque un vescovo la cui lingua materna era il greco» (Benedetto XVI 2008b).

Né si tratta solo di sant’Ireneo. «La fede del Medio Evo ha edificato le cattedrali» (Benedetto XVI 2008e), e proprio la Francia conta alcune delle più belle e famose cattedrali d’Europa, testimonianza viva delle radici cristiane che nessuno può ignorare. «Essendo un uomo del barocco» (Benedetto XVI 2008a), il Pontefice apprezza anche la letteratura cattolica francese dell’Ottocento, in cui ritrova un che di barocco. In particolare – ma cita anche i romanzi di Georges Bernanos (1888-1948; cfr. ibidem) – gli «piace molto» (ibidem) la poesia di Paul Claudel (1868-1955), la cui conversione è del resto legata al fascino delle cattedrali medievali e in particolare di quella di Parigi, Notre-Dame (Benedetto XVI 2008e), e testimonia che la vera arte cristiana – quella di ieri come quella di oggi – è sempre un «cammino verso Dio» (ibidem).

3. Le radici dell’Europa sono monastiche

Se il richiamo alle radici religiose e cristiane dell’Europa costituisce un tema consueto del magistero di Benedetto XVI – come già di quello di Giovanni Paolo II (1920-2005) – a Parigi il Papa c’invita a fare un passo in più, che costituisce il tema specifico del discorso al Collège des Bernardins, da molti giudicato uno dei grandi discorsi del suo pontificato insieme a quello del 12 settembre 2006 all’Università di Ratisbona. Al Collège des Bernardins il Papa fa notare che le radici cristiane dell’Europa sono, più precisamente, radici monastiche, e che nei monasteri medievali le radici dell’Europa si confondono con le radici della teologia della Chiesa universale.

Le «radici della cultura europea» si trovano precisamente nei monasteri, i quali «nel grande sconvolgimento culturale prodotto dalla migrazione di popoli e dai nuovi ordini statali che stavano formandosi» non solo conservano «i tesori della vecchia cultura» ma insieme ne formano una nuova (Benedetto XVI 2008 d). Per la verità, i monaci non avevano come scopo la cultura: «si deve dire, con molto realismo, che non era loro intenzione di creare una cultura e nemmeno di conservare una cultura del passato. La loro motivazione era molto più elementare. Il loro obiettivo era: quaerere Deum, cercare Dio. Nella confusione dei tempi in cui niente sembrava resistere, essi volevano fare la cosa essenziale: impegnarsi per trovare ciò che vale e permane sempre, trovare la Vita stessa. Erano alla ricerca di Dio» (ibidem). Non si trattava però di una ricerca senza bussole né di «una spedizione in un deserto senza strade» (ibidem). Al contrario, «Dio stesso aveva piantato delle segnalazioni di percorso» e dato ai cercatori una via: «la sua Parola», consegnata agli uomini nelle Sacre Scritture (ibidem).

La cultura dei monaci era così necessariamente una «cultura della parola», e i monaci avevano bisogno di studiare le «scienze profane», a partire dalla grammatica, non perché coltivassero la scienza per la scienza ma perché per la loro ricerca di Dio avevano bisogno di comprendere la Scrittura, e questo non poteva avvenire senza le scienze. Benedetto XVI cita ripetutamente lo storico benedettino dom Jean Leclercq, O.S.B. (1911-1993), per il quale nell’esperienza dei monaci del Medioevo désir de Dieu e amour des lettres procedevano necessariamente insieme. Così, ogni monastero aveva sempre una biblioteca e una scuola, perché senza questi strumenti era impossibile prepararsi e preparare a comprendere la Parola di Dio e quindi cercare Dio. Dunque, anche se lo scopo dei monaci non era creare la cultura europea – e insieme la teologia cattolica – di fatto essi furono condotti a crearla e a trasmetterla alle generazioni successive.

Ma di quale cultura si trattava? La cultura non è semplicemente l’insieme dei libri e delle biblioteche, ma «riguarda la comunità» (ibidem) e coinvolge anche i gesti e il corpo. «Come nella scuola rabbinica, così anche tra i monaci il leggere stesso compiuto dal singolo è al contempo un atto corporeo. “Se, tuttavia, legere e lectio vengono usati senza un attributo esplicativo, indicano per lo più un’attività che, come il cantare e lo scrivere, comprende l’intero corpo e l’intero spirito”, dice al riguardo Jean Leclercq» (ibidem). Leggere e cantare sono attività collegate, e sono attività essenziali in un rapporto con la Parola che è propriamente culturale ma che coinvolge insieme il corpo e lo spirito. «Per pregare in base alla Parola di Dio il solo pronunciare non basta, esso richiede la musica» (ibidem). Del resto, «due canti della liturgia cristiana derivano da testi biblici che li pongono sulle labbra degli Angeli: il Gloria, che è cantato dagli Angeli alla nascita di Gesù, e il Sanctus, che secondo Isaia 6 è l’acclamazione dei Serafini che stanno nell’immediata vicinanza di Dio» (ibidem). «Sentiamo in questo contesto ancora una volta Jean Leclercq: “I monaci dovevano trovare delle melodie che traducevano in suoni l’adesione dell’uomo redento ai misteri che egli celebra. I pochi capitelli di Cluny, che si sono conservati fino ai nostri giorni, mostrano così i simboli cristologici dei singoli toni”» (ibidem).

Il «criterio supremo» di questa cultura insieme della Parola e del corpo va ben al di là della bellezza di una melodia: si tratta «di pregare e di cantare in maniera da potersi unire alla musica degli Spiriti sublimi, che erano considerati gli autori dell’armonia del cosmo, della musica delle sfere. Partendo da ciò, si può capire la serietà di una meditazione di san Bernardo di Chiaravalle [1090-1153], che usa una parola di tradizione platonica trasmessa da Agostino [354-430] per giudicare il canto brutto dei monaci, che ovviamente per lui non era affatto un piccolo incidente, in fondo secondario. Egli qualifica la confusione di un canto mal eseguito come un precipitare nella “zona della dissimilitudine” – nella regio dissimilitudinis. Agostino aveva preso questa parola dalla filosofia platonica per caratterizzare il suo stato interiore prima della conversione (cfr Confess. VII, 10.16): l’uomo, che è creato a somiglianza di Dio, precipita in conseguenza del suo abbandono di Dio nella “zona della dissimilitudine” – in una lontananza da Dio nella quale non Lo rispecchia più e così diventa dissimile non solo da Dio, ma anche da se stesso, dal vero essere uomo. È certamente drastico se Bernardo, per qualificare i canti mal eseguiti dei monaci, usa questa parola, che indica la caduta dell’uomo lontano da se stesso. Ma dimostra anche come egli prenda la cosa sul serio. Dimostra che la cultura del canto è anche cultura dell’essere» (ibidem). Di qui, secondo il Papa – di cui è noto l’interesse per la musica classica – «è nata la grande musica occidentale. Non si trattava di una “creatività” privata, in cui l’individuo erige un monumento a se stesso, prendendo come criterio essenzialmente la rappresentazione del proprio io. Si trattava piuttosto di riconoscere attentamente con gli “orecchi del cuore” le leggi intrinseche della musica della stessa creazione, le forme essenziali della musica immesse dal Creatore nel suo mondo e nell’uomo, e trovare così la musica degna di Dio, che allora al contempo è anche veramente degna dell’uomo» (ibidem). I monaci non hanno come punto di riferimento un compositore che «inventa» una melodia, ma chi è capace di riconoscere nel mondo una musica che Dio vi ha immesso e che nel cosmo già vive.

Le radici della cultura europea – cultura dello spirito e del corpo, che comprende la riflessione filosofica e teologica, la letteratura, l’arte e la musica – scaturiscono dunque dalla ricerca da parte dei monaci di un accostamento adeguato alla Parola di Dio. Per così dire, i monaci trovarono la cultura europea – che segna ancora oggi tutti noi – senza cercarla, mentre riflettevano sul modo migliore per comprendere e insegnare la Bibbia. Si trattava di un compito arduo – ma di qui vengono appunto la profondità della riflessione e la ricchezza della cultura prodotta dai monaci – in quanto la Bibbia è stata composta «lungo più di un millennio», presenta al suo interno «tensioni visibili» e il suo «aspetto divino […] non è semplicemente ovvio. Detto in espressioni moderne: l’unità dei libri biblici e il carattere divino delle loro parole non sono, da un punto di vista puramente storico, afferrabili. L’elemento storico è la molteplicità e l’umanità. Da qui si comprende la formulazione di un distico medioevale che, a prima vista, sembra sconcertante: “Littera gesta docet – quid credas allegoria…” (cfr Augustinus de Dacia [O.P., ?-1282], Rotulus pugillaris, I). La lettera mostra i fatti; ciò che devi credere lo dice l’allegoria, cioè l’interpretazione cristologica e pneumatica [cioè riferita allo Spirito Santo, Pneuma]. Possiamo esprimere tutto ciò anche in modo più semplice: la Scrittura ha bisogno dell’interpretazione, e ha bisogno della comunità in cui si è formata e in cui viene vissuta» (ibidem).

Parte da qui il brano del discorso del Collège des Bernardins dove Benedetto XVI spiega come le radici della cultura europea sono al tempo stesso le radici della teologia cattolica di tutta la Chiesa. È una teologia che, proprio sulla base della consapevolezza originaria secondo cui la Parola di Dio necessita d’interpretazione, «esclude tutto ciò che oggi viene chiamato fondamentalismo. La Parola di Dio stesso, infatti, non è mai presente già nella semplice letteralità del testo. Per raggiungerla occorre un trascendimento e un processo di comprensione» (ibidem).

Il richiamo alle radici permette di evitare due rischi, non solo uno. Se un rischio, infatti, è costituito dal fondamentalismo – il quale pretende che la Parola di Dio non abbia bisogno d’interpretazione, perché la semplice «letteralità del testo» sarebbe più che sufficiente – un altro rischio, simmetrico, consiste nell’interpretazione arbitraria fondata semplicemente su «la propria idea, la visione personale di chi interpreta» (ibidem). Per non essere fondamentalisti, oggi si rischia spesso di cadere nell’arbitrarietà e nel soggettivismo. In realtà, proprio studiando l’esperienza dei monaci da cui sono nate insieme la cultura occidentale e la teologia, scopriamo che dagli scritti di san Paolo essi traevano la convinzione che l’interpretazione non è mai un’avventura individuale ma è sempre un incontro con il Signore Gesù che avviene nel luogo in cui Egli ha voluto farsi incontrare nella storia, cioè nella Chiesa. Si pone così «un chiaro limite all’arbitrio e alla soggettività, un limite che obbliga in maniera inequivocabile il singolo come la comunità» (ibidem). È una riflessione molto attuale oggi «di fronte ai poli dell’arbitrio soggettivo, da una parte, e del fanatismo fondamentalista, dall’altra. Sarebbe fatale, se la cultura europea di oggi potesse comprendere la libertà ormai solo come la mancanza totale di legami e con ciò favorisse inevitabilmente il fanatismo e l’arbitrio. Mancanza di legame e arbitrio non sono la libertà, ma la sua distruzione» (ibidem).

L’esame delle radici monastiche dell’Europa non sarebbe completo se non si considerasse che il motto dei monaci era ora et labora, dunque non solo «prega» ma anche «lavora». Per quanto Benedetto XVI sia attaccato al tema delle radici greche dell’Europa, qui nota che se la Grecia non avesse incontrato il cristianesimo avrebbe continuato a passare accanto, senza afferrarli, ad aspetti essenziali della cultura: il lavoro, l’economia, il rapporto con le cose. Per i greci, infatti, il lavoro non faceva parte della cultura: era una cosa da schiavi. «Nel mondo greco il lavoro fisico era considerato l’impegno dei servi. Il saggio, l’uomo veramente libero si dedicava unicamente alle cose spirituali; lasciava il lavoro fisico come qualcosa di inferiore a quegli uomini che non sono capaci di questa esistenza superiore nel mondo dello spirito. Assolutamente diversa era la tradizione giudaica: tutti i grandi rabbi esercitavano allo stesso tempo anche una professione artigianale. Paolo che, come rabbi e poi come annunciatore del Vangelo ai gentili, era anche tessitore di tende e si guadagnava la vita con il lavoro delle proprie mani, non costituisce un’eccezione, ma sta nella comune tradizione del rabbinismo» (ibidem).

Come spesso avviene, un diverso atteggiamento psicologico nasconde un problema dottrinale, legato addirittura a una diversa concezione di Dio. «Il mondo greco-romano non conosceva alcun Dio Creatore; la divinità suprema, secondo la loro visione, non poteva, per così dire, sporcarsi le mani con la creazione della materia. Il “costruire” il mondo era riservato al demiurgo, una deità subordinata» (ibidem). Al contrario il Dio degli ebrei e dei cristiani è il creatore e «lavora; continua a lavorare nella e sulla storia degli uomini» (ibidem). Se dunque «il lavoro manuale è parte costitutiva del monachesimo cristiano» (ibidem) non ci troviamo di fronte soltanto a una buona pedagogia di formazione all’impegno della volontà, ma a una nozione di cultura più ricca di quella greca, di cui fanno parte a pieno titolo anche le attività economiche e produttive: una nozione che sta tra l’altro a fondamento del grande sviluppo economico dell’Occidente, le cui radici sono anch’esse cristiane e monastiche.

Ma Benedetto XVI, tirando le somme di questo grande affresco delle radici monastiche della cultura europea, torna a ricordare che lo scopo dei monaci non era creare cultura ma quaerere Deum, cercare Dio. Non ci si può mettere a cercare Dio, come sapeva sant’Agostino, senza averlo in un certo senso già trovato. Legati com’erano all’esperienza di san Paolo, i monaci sapevano che all’Areopago – quando di fronte all’ara del Dio Ignoto, l’apostolo esclama: «Quello che voi adorate senza conoscere, io ve lo annunzio» (At 17, 23) – Paolo era partito dalla nozione (che è di ragione, non di fede) secondo cui «all’origine di tutte le cose deve esserci non l’irrazionalità ma la Ragione creativa» (Benedetto XVI 2008d). E tuttavia san Paolo era consapevole che «malgrado che tutti gli uomini in qualche modo sappiano questo – come Paolo sottolinea nella Lettera ai Romani (1, 21) – questo sapere rimane irreale: un Dio soltanto pensato e inventato non è un Dio. Se Egli non si mostra, noi comunque non giungiamo fino a Lui. La cosa nuova dell’annuncio cristiano è la possibilità di dire ora a tutti i popoli: Egli si è mostrato. Egli personalmente. E adesso è aperta la via verso di Lui. La novità dell’annuncio cristiano non consiste in un pensiero ma in un fatto: Egli si è mostrato. Ma questo non è un fatto cieco, ma un fatto che, esso stesso, è Logos – presenza della Ragione eterna nella nostra carne. Verbum caro factum est (Gv 1, 14): proprio così nel fatto ora c’è il Logos, il Logos presente in mezzo a noi. Il fatto è ragionevole» (ibidem).

«La nostra situazione di oggi, sotto molti aspetti, è diversa da quella che Paolo incontrò ad Atene, ma, pur nella differenza, tuttavia, in molte cose anche assai analoga. Le nostre città non sono più piene di are ed immagini di molteplici divinità. Per molti, Dio è diventato veramente il grande Sconosciuto. Ma come allora dietro le numerose immagini degli dèi era nascosta e presente la domanda circa il Dio ignoto, così anche l’attuale assenza di Dio è tacitamente assillata dalla domanda che riguarda Lui. Quaerere Deum – cercare Dio e lasciarsi trovare da Lui: questo oggi non è meno necessario che in tempi passati. Una cultura meramente positivista che rimuovesse nel campo soggettivo come non scientifica la domanda circa Dio, sarebbe la capitolazione della ragione, la rinuncia alle sue possibilità più alte e quindi un tracollo dell’umanesimo, le cui conseguenze non potrebbero essere che gravi» (ibidem). In questo senso, la riflessione sulle radici monastiche della cultura europea costituisce un nuovo richiamo a riscoprire quel segreto dell’Europa, l’armonia fra fede e ragione, che già era al cuore del discorso di Benedetto XVI a Ratisbona.

4. Le radici dell’Europa sono mariane

La «ragione principale» (Benedetto XVI 2008b) del viaggio di Benedetto XVI in Francia è la celebrazione del 150° anniversario delle apparizioni della Madonna a Lourdes: «il Papa aveva il dovere di venire a Lourdes» (Benedetto XVI 2008r). Non si tratta di una mera celebrazione: anzi, nel contesto del viaggio, il Papa ricorda che le radici cristiane e monastiche dell’Europa sono anche necessariamente radici mariane. Le apparizioni della Madonna che costellano la storia d’Europa negli ultimi secoli sono un forte e provvidenziale richiamo a queste radici, nel momento in cui l’Europa comincia a negarle. Lourdes – ma questo vale per ogni apparizione - «è come una luce nell’oscurità del nostro brancolare verso Dio. Maria vi ha aperto una porta verso un al-di-là che ci interroga e ci seduce» (Benedetto XVI 2008r).

Benedetto XVI si sente in qualche modo personalmente inserito nella storia di Lourdes: «il giorno della festa di Santa Bernadette [Soubirous, 1844-1879] è anche il giorno della mia nascita» (Benedetto XVI 2008a), e una figura cui il Papa si sente molto legato, il beato Charles de Foucauld (1858-1916), evangelizzatore e martire dei Tuareg musulmani del Sud dell’Algeria dopo essere stato militare, «nacque nel 1858, lo stesso anno delle apparizioni di Lourdes» (Benedetto XVI 2008p).

In un momento in cui le apparizioni mariane sono oggetto anche in best seller destinati al grande pubblico di critiche e di rifiuti fondati su pregiudizi razionalisti e laicisti (cfr. Augias e Cacitti 2008 e, per una critica, Introvigne 2008), il magistero s’impegna anzitutto in un giudizio sul fatto che non lascia spazio a equivoci. Il condizionale, utilizzato anche in qualche testo corrente che è opera di cattolici, è costantemente sostituito dal passato o dal presente storici: Bernadette «vide», Maria «rivela» (Benedetto XVI 2008l). Il testo delle apparizioni mariane è infatti secondo il Papa una «vera catechesi» della Madonna al mondo moderno (Benedetto XVI 2008m), che – in quanto tale – merita un’esegesi puntuale e sistematica da parte dello stesso magistero della Chiesa.

Questo testo a Lourdes non si compone soltanto di parole, ma anche di silenzi, di fenomeni che circondano le apparizioni e di gesti della Madonna. Tra questi il Papa ne commenta principalmente quattro: la luce – «Bernadette vide una luce e, dentro questa luce, una giovane signora» (Benedetto XVI 2008l) –; il segno della croce – che «introduce l’incontro» già in occasione della prima apparizione (Benedetto XVI 2008m) –; la corona del Rosario, che la Vergine tiene nelle mani – «durante le apparizioni è da rilevare che Bernadette recita la corona sotto gli occhi di Maria, che si unisce a lei al momento della dossologia»(Benedetto XVI 2008l) –; e il sorriso della Madonna, che ha tanto impressionato Bernadette e che è rimasto con lei per tutta la sua vita (Benedetto XVI 2008q).

Ognuno di questi segni è proposto alla nostra riflessione sulle radici mariane dell’Europa e sulla catechesi che mediante le apparizioni la Madonna stessa ha proposto al mondo. Il segno della luce è fondamentale per tutta la vita cristiana. In Mt 5, 14 «Cristo può ormai dire: “Voi siete la luce del mondo”» (Benedetto XVI 2008l). Lo dice a noi, che evidentemente «non siamo la luce» (ibidem). La nostra è una luce riflessa: diventiamo «luce del mondo» perché riceviamo la luce del Cristo per mezzo di Maria. Nel brano del Vangelo di Matteo richiamato dal segno mariano di Lourdes merita attenzione l’espressione «del mondo». Non solo «abbiamo bisogno di luce»: «siamo chiamati a divenire luce», «proporci come guide per i nostri fratelli» (ibidem). La luce non è qualche cosa che ci è donato solo per la nostra salvezza individuale, ma perché – in un mondo che progressivamente si scristianizza – ciascuno irradi la luce cristiana e mariana nel suo ambiente e nella società.

Il segno della Croce «è in qualche modo la sintesi della nostra fede» (Benedetto XVI 2008m): anch’esso rischia nel mondo moderno di essere banalizzato, ma il suo significato è molto profondo. Ogni volta che in pubblico facciamo il segno della Croce – che, «più che un semplice segno, è un’iniziazione ai misteri della fede» (ibidem) e che la Madonna stessa mostrò a Bernadette a Lourdes – stiamo almeno dando inizio alla missione affidata alla Chiesa di «mostrare a tutti» il volto di Dio (ibidem).

Il Rosario della Madonna a Lourdes è strettamente collegato al segno della luce: e forse, rileva Benedetto XVI, non è un caso che Giovanni Paolo II, tanto devoto alla Vergine di Lourdes, sia stato un Papa del Rosario «tra l’altro, in un modo del tutto singolare, arricchendo il Rosario con la meditazione dei Misteri della Luce», dal 2007 «rappresentati sulla facciata della Basilica [di Lourdes] nei nuovi mosaici» (Benedetto XVI 2008l). Il fatto che la Madonna stessa si unisca a Bernadette nella recita del Gloria «conferma il carattere profondamente teocentrico della preghiera del Rosario» (ibidem). Nello stesso tempo, il richiamo alle radici della cultura europea si precisa come richiamo a «quella straordinaria prossimità tra il cielo e la terra che non si è mai smentita e che non cessa di consolidarsi» (ibidem), in una storia d’Europa che non si comprende se si eliminano dal suo itinerario i segni e i prodigi del cielo e la forza della preghiera.

Il sorriso della Madonna – il «sorriso della più eminente fra tutte le creature, a noi rivolta» (Benedetto XVI 2008q) – non c’invita affatto a un «sentimentalismo devoto o antiquato» (ibidem). Non si deve infatti dimenticare che il sorriso di Maria nasce dall’«abisso del suo dolore» durante la Passione, suggerito «dal simbolo tradizionale delle sette spade» che le hanno trapassato il cuore: solo con la gloria della Resurrezione «le lacrime versate ai piedi della Croce si sono trasformate in un sorriso che nulla ormai spegnerà» (ibidem). Di questo sorriso la Madonna fa beneficiare la Chiesa e in particolare l’Europa attraverso il continuo «intervento soccorrevole della Vergine Maria nel corso della storia» (ibidem). A Lourdes, prima d’iniziare con Bernadette una catechesi che comprende anche parole, «Maria le fece conoscere innanzitutto il suo sorriso, quasi fosse questo la porta d’accesso più appropriata alla rivelazione del suo mistero» (ibidem). Questo sorriso è sempre disponibile per tutti i cristiani, ma occorre mettersi nell’atteggiamento giusto, quello dei frequenti «incontri di sguardo con la Vergine Maria», secondo un’espressione che Benedetto XVI cita dal monaco dom Jean-Baptiste Chautard, O.C.S.O. (1858-1935) – tra l’altro, anch’egli nato come il beato Charles de Foucauld nello stesso anno delle apparizioni di Lourdes – il cui insegnamento di «bella figura spirituale francese» il Papa raccomanda a ogni «cristiano fervoroso» (ibidem).

Anche se a Lourdes – rispetto, per esempio, alle successive apparizioni di Fatima, del 1917 – la Madonna ha pronunciato un numero limitato di parole, anche queste fanno parte della sua catechesi o direzione spirituale rivolta a un’Europa già nel 1858 in via di secolarizzazione. Pure queste parole sono oggetto di un commento dettagliato e puntuale da parte del Papa, che si sofferma in particolare su tre indicazioni della Madonna.

Nell’ottava delle diciotto apparizioni, il 24 febbraio 1858, la Madonna dice a Bernadette: «Penitenza! Penitenza! Penitenza! Pregate Dio per i peccatori! Andate a baciare la terra in penitenza per i peccatori!»; e nella nona apparizione, il giorno dopo 25 febbraio, aggiunge: «Andate a bere alla fonte e a lavarvi. Voi mangerete di quell'erba che è là». Il segno della terra e dell’erba e quello dell’acqua – che, come è noto, sarà in effetti trovata a Lourdes e sarà all’origine di tanti pellegrinaggi e miracoli – sono intimamente collegati alle radici, e intendono mostrarci che la radice è Maria stessa che al tempo stesso «è una sorgente di acqua viva» (Benedetto XVI 2008q). La liturgia della Chiesa la invoca come Fons amoris, ma lo fa nella sequenza della festa dell’Addolorata: ancora una volta l’amore nasce dal dolore (ibidem). Questo vale anzitutto per Maria nella sua vita terrena: e in questo senso Benedetto XVI – a fronte di equivoci vecchi e nuovi, secondo cui la decisione del Concilio Vaticano II di non dedicare un documento monotematico alla Madonna ma d’inserire la mariologia nella costituzione sulla Chiesa Lumen Gentium avrebbe in qualche modo sminuito la sua importanza – ribadisce che, attraverso una scelta che aveva del resto solide ragioni teologiche e patristiche, «il Concilio Vaticano II ha presentato Maria come la figura nella quale è riassunto tutto il mistero della Chiesa» (ibidem). Ma il rapporto profondo – e non sentimentale – fra dolore e amore vale oggi anche per i malati di Lourdes, i quali apprendono che Gesù Cristo, cui sono invitati a donarsi per mezzo di Maria, «non è medico alla maniera del mondo. Per guarirci, egli non resta fuori della sofferenza che si sperimenta: la allevia venendo ad abitare in colui che è colpito dalla malattie, per sopportarla e viverla con lui» (ibidem). In un mondo che, nonostante il progresso della medicina, troppo spesso rifiuta di vedere il malato e lo isola, «la presenza di Cristo viene a rompere l’isolamento» (ibidem).

Nella tredicesima apparizione, il 2 marzo 1858, la Madonna chiede a Bernadette: «Andate a dire ai sacerdoti che si venga qui in processione e che si costruisca una cappella». Non chiede solo, nota Benedetto XVI, che si venga in pellegrinaggio ma che si venga «in processione». Vi è qui un insegnamento molto profondo sulla «comunione della Chiesa» (Benedetto XVI 2008l): non riscopriremo le radici e non risolveremo i nostri problemi da soli, né attraverso interpretazioni soggettive, ma soltanto nella Chiesa e con la Chiesa, in un’ideale processione sulla «strada luminosa» che da Lourdes «si apre nella storia degli uomini» (ibidem). Insieme, la processione cui siamo invitati dalla Vergine è molto di più, perché con noi sfilano grazie al mistero della comunione dei santi anche coloro che già si trovano in Paradiso, che realmente ci accompagnano e ci sostengono, così che il passato dell’Europa e del mondo cammina nel presente: la processione, infatti, «unisce eletti del cielo e pellegrini della terra» (ibidem).

Infine, con la sedicesima apparizione del 25 marzo 1858 si giunge al cuore teologico delle apparizioni. Dopo che Bernadette le aveva chiesto più volte di dirle il suo nome, la Signora rispose nel dialetto del luogo «que soy era Immaculada Concepciou», «che era l’Immacolata Concezione». Il beato Papa Pio IX (1792-1878) aveva proclamato il dogma dell’Immacolata Concezione – secondo cui la Vergine Maria è stata preservata dal peccato originale fin dal primo istante del suo concepimento – solo quattro anni prima, con la bolla Ineffabilis Deus dell'8 dicembre 1854. Bernadette, peraltro, non ne aveva mai sentito parlare. Ci si può chiedere se l’evento straordinario della conferma di un dogma da poco proclamato da parte della Madonna rimanga una mera curiosità storica o abbia a che fare con l’esperienza quotidiana di noi che purtroppo con le conseguenze del peccato originale dobbiamo avere a che fare tutti i giorni. Benedetto XVI risponde positivamente: «Questo privilegio [della Madonna] riguarda anche noi» (Benedetto XVI 2008m). «Questo privilegio concesso a Maria, che la distingue dalla nostra comune condizione, non l’allontana ma al contrario la avvicina a noi. Mentre il peccato divide, ci allontana gli uni dagli altri, la purezza di Maria la rende infinitamente prossima ai nostri cuori» (Benedetto XVI 2008n). Di fatto, la Chiesa sa e sperimenta che «ciò che molti, per imbarazzo o per pudore, non osano a volte confidare neppure ai loro intimi, lo confidano a Colei che è la tutta pura» (ibidem). «La vita e la fede del popolo credente rivelano che il privilegio dell’Immacolata Concezione fatto a Maria non è una grazia solo personale, ma per tutti, una grazia fatta all’intero Popolo di Dio. […] In lei ogni credente può fin d’ora contemplare il compimento perfetto della sua personale vocazione» (ibidem).

5. Le radici dell’Europa si mostrano ancora

Le radici religiose, cristiane, monastiche e mariane dell’Europa sono un semplice riferimento storico o una realtà viva e presente ancora oggi? Evidentemente, se si trattasse di un puro richiamo storico il loro interesse sarebbe limitato agli specialisti. Ma, ci assicura Benedetto XVI, non è così: le radici sono ancora tra noi. Lo sono, anzitutto, di fatto. Nel Paese europeo con la più bassa percentuale di partecipanti settimanali a riti religiosi, la Francia, il Papa non ha paura di testimoniare la «convinzione che i tempi siano favorevoli a un ritorno a Dio» (Benedetto XVI 2008r). Di fronte ai dati sociologici, questa convinzione potrebbe sembrare infondata. Tuttavia, il Papa ritiene che il grande interesse per le testimonianze artistiche, musicali e letterarie del cristianesimo – che si riscontra anche in un Paese molto secolarizzato come la Francia – possa diventare per molti, opportunamente evangelizzato e indirizzato, il primo passo di un itinerario di riscoperta della fede. I giovani, se da un lato sono «la preoccupazione più grande» del Papa (Benedetto XVI 2008b), dall’altro «pur vivendo in un mondo che li corteggia e blandisce i loro bassi istinti, e portando essi pure il fardello pesante di eredità difficili da assimilare, […] conservano una freschezza d’animo che ha suscitato la mia ammirazione», in particolare in occasione della Giornata Mondiale della Gioventù di Sydney (Benedetto XVI 2008o). La speranza, dunque, non solo – come afferma il proverbio – è l’ultima a morire, ma di fatto non è morta.

In secondo luogo, vi sono ragioni di principio per affermare che anche una società secolarizzata e che si dichiara laica come quella francese porta in sé il segno delle radici cristiane. Infatti, «la laicità di per sé non è in contraddizione con la fede. Direi anzi che è un frutto della fede, perché la fede cristiana era, fin dall'inizio, una religione universale dunque non identificabile con uno Stato, presente in tutti gli Stati e diversa in ogni Stato» (Benedetto XVI 2008a). Per comprendere come la vera laicità derivi dalla fede, e non vada confusa con un laicismo antireligioso, è necessario – soprattutto in Francia – superare antichi pregiudizi e tornare a riflettere sul significato della stessa laicità. Rivolgendosi all’Eliseo al presidente Sarkozy, Benedetto XVI afferma: «Lei ha del resto utilizzato, Signor Presidente, la bella espressione di “laicità positiva” per qualificare questa comprensione più aperta. […] Una nuova riflessione sul vero significato e sull’importanza della laicità è divenuta necessaria. È fondamentale, infatti, da una parte, insistere sulla distinzione tra l’ambito politico e quello religioso al fine di tutelare sia la libertà religiosa dei cittadini che la responsabilità dello Stato verso di essi e, dall’altra parte, prendere una più chiara coscienza della funzione insostituibile della religione per la formazione delle coscienze e del contributo che essa può apportare, insieme ad altre istanze, alla creazione di un consenso etico di fondo nella società» così come alla diffusione di quella speranza di cui «ogni umana società» – specialmente nei suoi giovani – ha bisogno per sopravvivere (Benedetto XVI 2008b). A chi guarda le vecchie ostilità fra Stato e Chiesa in Francia e il carattere profondamente antireligioso dell’antica laïcité la possibilità di condurre con serenità questa riflessione può apparire difficile. Tuttavia, Benedetto XVI vuole provare a ripartire dalle aperture del presidente Sarkozy: «nel quadro istituzionale esistente e nel massimo rispetto delle Leggi in vigore, occorrerebbe trovare una strada nuova per interpretare e vivere nel quotidiano i valori fondamentali sui quali si è costruita l’identità della Nazione. Il vostro Presidente ne ha evocato la possibilità. I presupposti socio-politici dell’antica diffidenza o persino ostilità svaniscono poco a poco» (Benedetto XVI 2008o). È almeno, per usare una parola cara sia al presidente Sarkozy sia a Benedetto XVI, una speranza.

6. Le radici dell’Europa vanno ravvivate

Uno dei temi cari a Benedetto XVI è la contemporaneità del politeismo. Potrebbe sembrare – il Papa ne ha trattato in modo approfondito nel corso del viaggio in Australia – che gli ammonimenti del Signore al popolo ebraico nell’Antico Testamento perché rifugga dal politeismo e dall’adorazione di molti falsi dèi non abbiano nulla da dire ai giovani di oggi. È precisamente il contrario: solo che oggi il politeismo non si manifesta nelle «divinità dell’Olimpo» (Benedetto XVI 2008i) ma in idoli che si chiamano ricchezza, sesso, potere e anche relativismo e secolarismo. Il «culto degli idoli» è dunque ancora ben presente oggi, e «distoglie dalla realtà chi lo serve per confinarlo nel regno dell’apparenza» (ibidem). Le radici cristiane dell’Europa fondano una cultura del monoteismo che si oppone agl’idoli. Oggi queste radici, che come si è visto sono ancora presenti ma rischiano di essere dimenticate o negate, vanno ravvivate con un programma sistematico di evangelizzazione.

Di questo programma sistematico Benedetto XVI propone quattro tappe. La prima si ricollega direttamente all’esperienza dei monaci, e invita – nell’imminenza di un’Assemblea del Sinodo dei Vescovi dedicata alla Sacra Scrittura, e in un Paese dove le statistiche sull’ignoranza religiosa sono allarmanti – a studiare la Parola di Dio, tornando alla «celebre formula di san Girolamo» (347-420) secondo cui «ignorare le Scritture è ignorare Cristo» (Benedetto XVI 2008e). Per evitare tuttavia – secondo un rischio che abbiamo visto come già presente ai monaci – che l’interpretazione diventi arbitrio soggettivo, l’incontro con le Scritture dovrà essere mediato dalla catechesi, che «non è innanzitutto una questione di metodo, ma di contenuto» (Benedetto XVI 2008o). In un contesto dove si apprezza il «grande realismo» delle previsioni del «più grande catechista di tutti i tempi», san Paolo, secondo cui «verrà giorno in cui non si sopporterà più la sana dottrina ma, per il prurito di udire qualcosa, gli uomini si circonderanno di maestri secondo le proprie voglie, rifiutando di dare ascolto alla verità per volgersi alle favole» (2 Tm 4, 3-4), il Papa invita – come fa in tutti i suoi viaggi – all’uso del Catechismo della Chiesa Cattolica e del relativo Compendio come bussola sicura per rimanere fedeli alla dottrina cattolica.

La seconda tappa è la meditazione sulla Croce che, forse non a caso, Benedetto XVI propone proprio su quel sagrato della Cattedrale di Notre-Dame a Parigi dove la presenza di una grande croce era stata contrastata nel novembre 2004 dal sindaco socialista (nonché militante omosessuale) della capitale francese, Bertrand Delanoë, per presunto contrasto con le leggi sulla laïcité in vigore (AFP 2004). «Molti di voi – dice il Papa ai giovani – portano al collo una catena con una croce. Anch’io ne porto una, come tutti i Vescovi del resto. Non è un ornamento, né un gioiello. È il simbolo prezioso della nostra fede, il segno visibile e materiale del legame con Cristo» (Benedetto XVI 2008f). Perché la croce non sia solo un ornamento, è obbligatorio che sia occasione di meditazione sulla passione di Cristo e sul peccato degli uomini che l’ha resa necessaria. E che dalla meditazione sul peccato fiorisca il desiderio della confessione, un altro tema che ricorre in tutti i viaggi di Benedetto XVI, a fronte di statistiche davvero desolanti – anche in Francia – sullo scarso numero di cattolici che si accostano al sacramento della penitenza. Ai vescovi il Papa chiede di esortare senza sosta i sacerdoti a rendersi disponibili con generosità per le confessioni, sull’esempio di un grande santo francese, il santo curato d’Ars Giovanni Maria Vianney (1786-1859: Benedetto XVI 2008o).

La terza tappa di un itinerario che mira a ravvivare la coscienza delle radici cristiane è la cura della liturgia. In Francia, certo, pochi vanno a Messa: senza che questa sia l’unica causa, ci si deve chiedere se la qualità della liturgia sia sempre quella che auspicavano gli antichi monaci, come si è visto assai severi nei confronti di canti o preghiere recitate male. «La bellezza dei riti non sarà certamente mai abbastanza ricercata, abbastanza curata, abbastanza elaborata, poiché nulla è troppo bello per Dio, che è la Bellezza infinita» (Benedetto XVI 2008e). Come modello di amore per l’Eucarestia e la Messa Benedetto XVI addita un altro santo francese, l’apostolo dell’adorazione eucaristica san Pier Giuliano Eymard (1811-1868: Benedetto XVI 2008p). Si situano qui anche le riflessioni del Papa sull’accoglienza – o talora sulla non accoglienza – in Francia del suo Motu Proprio Summorum Pontificum del 7 luglio 2007, che liberalizza la celebrazione della Messa secondo la liturgia romana anteriore alla riforma del 1970. Di fronte alle controversie che derivano in Francia dalla riluttanza di alcuni vescovi ad aderire al Motu Proprio il Papa invoca «l’indispensabile pacificazione degli spiriti» (Benedetto XVI 2008o), ma nello stesso tempo è costretto a ricordare che «non c’è alcuna opposizione tra la liturgia rinnovata del Concilio Vaticano II e questa liturgia» (Benedetto XVI 2008a). Lo spirito del Motu Proprio non è quello di creare piccole enclave di sostenitori dell’antico rito, ma di favorire la qualità della liturgia in genere attraverso il «mutuo arricchimento» (ibidem) fra i due riti, che dunque dovrebbero essere entrambi conosciuti da molti fedeli, fermo restando che «la liturgia rinnovata è la liturgia ordinaria del nostro tempo» (ibidem). Purtroppo, da questa situazione si è ancora lontani, forse non solo in Francia.

La quarta tappa è la devozione mariana. «I cattolici in Francia hanno più che mai bisogno di rinnovare la loro fiducia in Maria» (Benedetto XVI 2008g), riscoprendo le loro radici che si trovano a Notre-Dame, a Lourdes, e in mille altri luoghi mariani, e superando obiezioni che vorrebbero considerare la devozione alla Madonna come obsoleta, sentimentale o magari un ostacolo al dialogo ecumenico con le comunità protestanti. In realtà, «tutto è venuto da Cristo, anche Maria; tutto è venuto mediante Maria, lo stesso Cristo» (Benedetto XVI 2008p).

Come frutto del ritorno alle radici cristiane, Benedetto XVI spera – in un Paese dove questo, da anni, lascia a desiderare – in un rinnovato impegno politico dei laici nel quadro di un’Europa cui chiede di tutelare, meglio di quanto non stia facendo, «i diritti inalienabili della persona umana, dal concepimento fino alla morte naturale, come anche quelli relativi all’educazione libera, alla vita familiare, al lavoro, senza dimenticare naturalmente i diritti religiosi» (Benedetto XVI 2008b). Leggi ostili alla vita si paludano, oggi, di richiami alla scienza. Nella sua visita all’Institut de France Benedetto XVI cita – come qualcosa che è stato affermato «molto giustamente» – un’espressione del Pantagruel (1532) di François Rabelais (1494?-1553): «Scienza senza coscienza non è che rovina dell’anima» (Benedetto XVI 2008h). La famiglia – nel Paese che ha inventato nel 1999 i PACS (Patti Civili di Solidarietà), estesi anche alle coppie omosessuali, ma anche altrove in Europa –, appare dovere affrontare «oggi delle vere burrasche» (Benedetto XVI 2008o). «Da vari decenni le leggi hanno relativizzato in molti Paesi la sua natura di cellula primordiale della società. Spesso le leggi cercano più di adattarsi ai costumi e alle rivendicazioni di particolari individui o gruppi, che non di promuovere il bene comune della società. L’unione stabile di un uomo e di una donna, ordinata alla edificazione di un benessere terreno, grazie alla nascita di bambini donati da Dio, non è più, nella mente di certuni, il modello a cui l’impegno coniugale mira» (ibidem). Torna qui un ulteriore tema che Benedetto XVI tratta spesso: lo Stato ordinato al bene comune adatta le sue leggi alla legge naturale; lo Stato relativista è semplicemente il notaio che prende atto di quanto – dalle unioni omosessuali alla poligamia – nella società già si trova, e lo traduce in legge. E il clima creato dallo Stato relativista talora insidia anche la Chiesa, che pure sa di non avere il potere di cambiare norme «che le ha affidato il suo Fondatore» (ibidem). In tema di famiglia, «una questione particolarmente dolorosa, come sappiamo, è quella dei divorziati risposati. La Chiesa, che non può opporsi alla volontà di Cristo, conserva con fedeltà il principio dell’indissolubilità del matrimonio, pur circondando del più grande affetto gli uomini e le donne che, per ragioni diverse, non giungono a rispettarlo. Non si possono dunque ammettere le iniziative che mirano a benedire le unioni illegittime» (ibidem).

La testimonianza di un numero socialmente significativo di laici cattolici nel campo della politica e delle leggi – sulla base di un’integrità di dottrina che oggi è minacciata – è, come si è accennato, un frutto che non potrà che venire al termine di un itinerario di cui la catechesi, la confessione, la Messa e la devozione mariana non sono momenti esortatori e in qualche modo superflui, ma sono i passaggi indispensabili e cruciali. Per riprendere il titolo dell’opera di dom Chautard citata dal Papa a Lourdes, L’anima di ogni apostolato è la vita spirituale, senza la quale non si dà propriamente apostolato neppure in campo sociale e politico. Nella Messa solenne per il 150° anniversario delle apparizioni di Lourdes, il Papa cita la sua stessa enciclica Deus caritas est, che al n. 36 si esprime in termini molto vicini all’insegnamento di dom Chautard: «Chi prega non spreca il suo tempo, anche se la situazione ha tutte le caratteristiche dell’emergenza e sembra spingere unicamente all’azione». (Benedetto XVI 2008m)


Riferimenti


AFP (Agence France Presse). «Controverses autour d’une croix». 14-11-2004.


Augias, Corrado - Remo Cacitti. 2008. Inchiesta sul cristianesimo. Come si costruisce una religione. Mondadori, Milano.Benedetto XVI. 2008a.


Intervista concessa dal Santo Padre Benedetto XVI ai giornalisti durante il volo verso la Francia, del 12-9-2008. Disponibile sul sito Internet della Santa Sede all’indirizzo abbreviato http://tinyurl.com/5ooy8n.


Benedetto XVI. 2008b. Cerimonia di benvenuto. Incontro con le autorità dello Stato all’Elysée. Dicorso del Santo Padre, Parigi, 12-9-2008. Disponibile sul sito Internet della Santa Sede all’indirizzo abbreviato http://tinyurl.com/5gt2na.


Benedetto XVI. 2008c. Incontro con la Delegazione Ebraica. Discorso del Santo Padre, Parigi, 12-9-2008. Disponibile sul sito Internet della Santa Sede all’indirizzo abbreviato http://tinyurl.com/5wlo3x.


Benedetto XVI. 2008d. Incontro con il mondo della cultura al Collège des Bernardins.

Discorso del Santo Padre, Parigi, 12-9-2008.Disponibile sul sito Internet della Santa Sede all’indirizzo abbreviato http://tinyurl.com/6d9grq.


Benedetto XVI. 2008e. Celebrazione dei Vespri con i sacerdoti, i religiosi, le religiose, i seminaristi e i diaconi nella Cattedrale di Notre-Dame. Omelia del Santo Padre, Parigi, 12-9-2008. Disponibile sul sito Internet della Santa Sede all’indirizzo abbreviato http://tinyurl.com/5j7jbo.


Benedetto XVI. 2008f. Veglia di preghiera dei giovani sul Sagrato della Cattedrale di Notre Dame. Discorso del Santo Padre, Parigi, 12-9-2008. Disponibile sul sito Internet della Santa Sede all’indirizzo abbreviato http://tinyurl.com/6483xw.


Benedetto XVI. 2008g. Saluto dalla finestra della Nunziatura Apostolica. Parole del Santo Padre, Parigi, 12-9-2008. Disponibile sul sito Internet della Santa Sede all’indirizzo abbreviato http://tinyurl.com/6o59ct.


Benedetto XVI. 2008h. Visita all’Institut de France. Saluto del Santo Padre, Parigi, 13-9-2008. Disponibile sul sito Internet della Santa Sede all’indirizzo abbreviato http://tinyurl.com/6zh9y2.


Benedetto XVI. 2008i. Santa Messa all’Esplanade des Invalides. Saluto del Santo Padre, Parigi, 13-9-2008. Disponibile sul sito Internet della Santa Sede all’indirizzo abbreviato http://tinyurl.com/5hsmdw.


Benedetto XVI. 2008l. Processione Eucaristica «aux flambeaux» nel Piazzale del Rosario. Omelia del Santo Padre, Lourdes, 13-9-2008. Disponibile sul sito Internet della Santa Sede all’indirizzo abbreviato http://tinyurl.com/54qcsa.


Benedetto XVI. 2008m. Santa Messa per il 150° anniversario delle apparizioni nella Prairie. Omelia del Santo Padre, Lourdes, 14-9-2008. Disponibile sul sito Internet della Santa Sede all’indirizzo abbreviato http://tinyurl.com/62hauk.


Benedetto XVI. 2008n. Recita dell’Angelus Domini nella Prairie, Lourdes, 14-9-2008. Disponibile sul sito Internet della Santa Sede all’indirizzo abbreviato http://tinyurl.com/6hv44n.


Benedetto XVI. 2008o. Incontro con la Conferenza Episcopale Francese all’Hémicycle Sainte-Bernadette. Discorso del Santo Padre, Lourdes, 14-9-2008. Disponibile sul sito Internet della Santa Sede all’indirizzo abbreviato http://tinyurl.com/5gzr6d.


Benedetto XVI. 2008p. Conclusione della Processione Eucaristica alla Prairie. Meditazione del Santo Padre, Lourdes, 14-9-2008. Disponibile sul sito Internet della Santa Sede all’indirizzo abbreviato http://tinyurl.com/5frlqn.


Benedetto XVI. 2008q. Santa Messa con i malati nella Basilica Notre-Dame du Rosaire. Omelia del Santo Padre, Lourdes, 15-9-2008. Disponibile sul sito Internet della Santa Sede all’indirizzo abbreviato http://tinyurl.com/6quueb.


Benedetto XVI. 2008r. Cerimonia di congedo all’Aeroporto di Tarbes-Lourdes-Pyrénées, Lourdes, 15-9-2008. Disponibile sul sito Internet della Santa Sede all’indirizzo abbreviato http://tinyurl.com/6zfttk.


Introvigne, Massimo. 2008. «Tutti i buchi dell’Inchiesta».


Avvenire, 24-9-2008.Sarkozy, Nicolas. 2004. La république, les religions, l’espérance. Entretiens avec Thibaud Collin et Philippe Verdin. Cerf, Parigi [trad. it. La Repubblica, le Religioni, la Speranza. Conversazioni con Thibaud Collin e Philippe Verdin, Nuove Idee, Roma 2005].
Leggi tutto »

Massimo Introvigne - Testo dell'incontro della "Cattedra Ratzinger" a Crotone, 24 aprile 2009

Il viaggio di Benedetto XVI in Francia (12-15 settembre 2008) costituisce, secondo la sua stessa espressione, un «dittico» composto da due «pannelli» (Benedetto XVI 2008r). Il primo pannello – che comprende i discorsi tenuti a Parigi, e il discorso a Lourdes ai vescovi della Conferenza Episcopale Francese (Benedetto XVI 2008o) – presenta una riflessione sulle radici cristiane dell’Europa nel contesto francese segnato sia dalla laïcité, cioè da una laicità per secoli intesa come laicismo anticristiano e anticlericale, sia dal tentativo del presidente della Repubblica Francese, Nicolas Sarkozy, di proporre una nuova nozione di «laicità positiva», critica – o autocritica – nei confronti dei tradizionali laicismo e anticlericalismo francesi e disposta a riconoscere un ruolo pubblico alla religione in Francia (Sarkozy 2004). Il secondo pannello precisa ulteriormente che le radici cristiane dell’Europa sono radici mariane, e propone un’esegesi puntuale delle parole e dei gesti della Vergine Maria nelle apparizioni di Lourdes (11 febbraio – 16 luglio 1858), di cui il viaggio di Benedetto XVI intende celebrare in modo solenne il 150° anniversario. Tuttavia, nei discorsi di Lourdes, il secondo pannello è sempre collegato al primo, così che – pure nella distinzione dei due momenti del viaggio – il discorso resta comunque profondamente unitario: e come tale può essere studiato.

1. Le radici dell’Europa sono religiose

Nei suoi interventi di Parigi, in relazione implicita anche al dibattito sulla Costituzione europea – dalla quale proprio la Repubblica Francese, all’epoca presieduta da Jacques Chirac, chiese ripetutamente che fosse escluso ogni riferimento alle radici ebraiche e cristiane –, Benedetto XVI afferma con forza che non è possibile parlare di Europa, e neppure di Francia, senza considerare le loro radici religiose. È sufficiente camminare per le strade, osservare l’architettura, studiare la letteratura o visitare i musei per rendersi conto che un discorso sull’Europa che prescinda dalle radici religiose, semplicemente, non ha senso. «Ciò che ha fondato la cultura dell’Europa, la ricerca di Dio e la disponibilità ad ascoltarLo, rimane anche oggi il fondamento di ogni vera cultura» (Benedetto XVI 2008d). Il riferimento, anzitutto, a radici religiose permette di valorizzare – come il Papa a Parigi ha fatto in termini a loro modo impegnativi – il contributo dell’ebraismo alla cultura europea, e in particolare «il ruolo eminente svolto dagli Ebrei di Francia per l’edificazione dell’intera Nazione e il loro prestigioso apporto al suo patrimonio spirituale» (Benedetto XVI 2008c). Un richiamo non scontato, ma che il Pontefice considera doveroso in un momento in cui tornano rischi di antisemitismo, di fronte ai quali la Chiesa ricorda, con le parole del cardinale Henri-Marie de Lubac, S.J. (1896-1991), citate a Parigi da Benedetto XVI, che «essere antisemiti significa[va] anche essere anticristiani» (ibidem). La Chiesa, dunque, ripete oggi le parole pronunciate da Pio XI (1857-1939) il 6 settembre 1938, nel pieno della tempesta nazista: «Spiritualmente, noi siamo semiti» (Allocuzione a dei pellegrini del Belgio, del 6-9-1938, cit. in Benedetto XVI 2008c).

Valorizzare le radici religiose dell’Europa offre anche un contesto e un quadro per il dialogo con le nuove presenze islamiche, a proposito delle quali il Papa invita anzitutto allo studio per «un reale impegno di conoscenza reciproca» (Benedetto XVI 2008o), in assenza del quale si rischia di cadere in percorsi di dialogo che «conducono a vicoli ciechi» (ibidem). Né il vivere in una «società globalizzata, pluriculturale e plurireligiosa» (ibidem) può essere pretesto per nascondere la Verità o rinunciare alla missione, anche nei confronti degli stessi musulmani. Una società dove convivono più religioni dev’essere al contrario vissuta come «un’opportunità che il Signore ci offre di proclamare la Verità» (ibidem). Se un tempo i missionari dovevano andare a cercare i seguaci di religioni non cristiane nei loro Paesi, oggi costoro vengono da noi come immigrati, e attraverso la loro presenza il Signore ci offre l’occasione di esercitare la missione, che rimane un aspetto imprescindibile della vita cristiana, senza dovere necessariamente partire verso terre lontane.

2. Le radici dell’Europa sono cristiane

Ma in ogni caso, mentre riconosce il contributo nella storia o nell’attualità di altre religioni, la Chiesa non può astenersi dal proclamare che le radici dell’Europa sono cristiane. Valutando positivamente gli elementi di novità introdotti dal presidente Sarkozy nel dibattito politico sulla religione in Francia, Benedetto XVI così gli si rivolge: «Signor Presidente, Ella ha ricordato che le radici della Francia – come quelle dell’Europa – sono cristiane. Basta la storia a dimostrarlo» (Benedetto XVI 2008b). Anzi, «il porre in evidenza le radici cristiane della Francia permetterà ad ogni abitante di questo Paese di meglio comprendere da dove egli venga e dove egli vada» (Benedetto XVI 2008o).

In Francia, il Papa ricorda in particolare la figura del Padre della Chiesa sant’Ireneo di Lione (130-202), particolarmente caro a Benedetto XVI come testimonianza vivente delle radici insieme greche e latine dell’Europa Occidentale (e si sa quanto il Pontefice tenga a ricordare sempre il contributo greco). Questo Padre della Chiesa di Francia, infatti, non era francese di nascita. «Sant’Ireneo era venuto da Sirme per predicare la fede nel Cristo risorto. Lione aveva dunque un vescovo la cui lingua materna era il greco» (Benedetto XVI 2008b).

Né si tratta solo di sant’Ireneo. «La fede del Medio Evo ha edificato le cattedrali» (Benedetto XVI 2008e), e proprio la Francia conta alcune delle più belle e famose cattedrali d’Europa, testimonianza viva delle radici cristiane che nessuno può ignorare. «Essendo un uomo del barocco» (Benedetto XVI 2008a), il Pontefice apprezza anche la letteratura cattolica francese dell’Ottocento, in cui ritrova un che di barocco. In particolare – ma cita anche i romanzi di Georges Bernanos (1888-1948; cfr. ibidem) – gli «piace molto» (ibidem) la poesia di Paul Claudel (1868-1955), la cui conversione è del resto legata al fascino delle cattedrali medievali e in particolare di quella di Parigi, Notre-Dame (Benedetto XVI 2008e), e testimonia che la vera arte cristiana – quella di ieri come quella di oggi – è sempre un «cammino verso Dio» (ibidem).

3. Le radici dell’Europa sono monastiche

Se il richiamo alle radici religiose e cristiane dell’Europa costituisce un tema consueto del magistero di Benedetto XVI – come già di quello di Giovanni Paolo II (1920-2005) – a Parigi il Papa c’invita a fare un passo in più, che costituisce il tema specifico del discorso al Collège des Bernardins, da molti giudicato uno dei grandi discorsi del suo pontificato insieme a quello del 12 settembre 2006 all’Università di Ratisbona. Al Collège des Bernardins il Papa fa notare che le radici cristiane dell’Europa sono, più precisamente, radici monastiche, e che nei monasteri medievali le radici dell’Europa si confondono con le radici della teologia della Chiesa universale.

Le «radici della cultura europea» si trovano precisamente nei monasteri, i quali «nel grande sconvolgimento culturale prodotto dalla migrazione di popoli e dai nuovi ordini statali che stavano formandosi» non solo conservano «i tesori della vecchia cultura» ma insieme ne formano una nuova (Benedetto XVI 2008 d). Per la verità, i monaci non avevano come scopo la cultura: «si deve dire, con molto realismo, che non era loro intenzione di creare una cultura e nemmeno di conservare una cultura del passato. La loro motivazione era molto più elementare. Il loro obiettivo era: quaerere Deum, cercare Dio. Nella confusione dei tempi in cui niente sembrava resistere, essi volevano fare la cosa essenziale: impegnarsi per trovare ciò che vale e permane sempre, trovare la Vita stessa. Erano alla ricerca di Dio» (ibidem). Non si trattava però di una ricerca senza bussole né di «una spedizione in un deserto senza strade» (ibidem). Al contrario, «Dio stesso aveva piantato delle segnalazioni di percorso» e dato ai cercatori una via: «la sua Parola», consegnata agli uomini nelle Sacre Scritture (ibidem).

La cultura dei monaci era così necessariamente una «cultura della parola», e i monaci avevano bisogno di studiare le «scienze profane», a partire dalla grammatica, non perché coltivassero la scienza per la scienza ma perché per la loro ricerca di Dio avevano bisogno di comprendere la Scrittura, e questo non poteva avvenire senza le scienze. Benedetto XVI cita ripetutamente lo storico benedettino dom Jean Leclercq, O.S.B. (1911-1993), per il quale nell’esperienza dei monaci del Medioevo désir de Dieu e amour des lettres procedevano necessariamente insieme. Così, ogni monastero aveva sempre una biblioteca e una scuola, perché senza questi strumenti era impossibile prepararsi e preparare a comprendere la Parola di Dio e quindi cercare Dio. Dunque, anche se lo scopo dei monaci non era creare la cultura europea – e insieme la teologia cattolica – di fatto essi furono condotti a crearla e a trasmetterla alle generazioni successive.

Ma di quale cultura si trattava? La cultura non è semplicemente l’insieme dei libri e delle biblioteche, ma «riguarda la comunità» (ibidem) e coinvolge anche i gesti e il corpo. «Come nella scuola rabbinica, così anche tra i monaci il leggere stesso compiuto dal singolo è al contempo un atto corporeo. “Se, tuttavia, legere e lectio vengono usati senza un attributo esplicativo, indicano per lo più un’attività che, come il cantare e lo scrivere, comprende l’intero corpo e l’intero spirito”, dice al riguardo Jean Leclercq» (ibidem). Leggere e cantare sono attività collegate, e sono attività essenziali in un rapporto con la Parola che è propriamente culturale ma che coinvolge insieme il corpo e lo spirito. «Per pregare in base alla Parola di Dio il solo pronunciare non basta, esso richiede la musica» (ibidem). Del resto, «due canti della liturgia cristiana derivano da testi biblici che li pongono sulle labbra degli Angeli: il Gloria, che è cantato dagli Angeli alla nascita di Gesù, e il Sanctus, che secondo Isaia 6 è l’acclamazione dei Serafini che stanno nell’immediata vicinanza di Dio» (ibidem). «Sentiamo in questo contesto ancora una volta Jean Leclercq: “I monaci dovevano trovare delle melodie che traducevano in suoni l’adesione dell’uomo redento ai misteri che egli celebra. I pochi capitelli di Cluny, che si sono conservati fino ai nostri giorni, mostrano così i simboli cristologici dei singoli toni”» (ibidem).

Il «criterio supremo» di questa cultura insieme della Parola e del corpo va ben al di là della bellezza di una melodia: si tratta «di pregare e di cantare in maniera da potersi unire alla musica degli Spiriti sublimi, che erano considerati gli autori dell’armonia del cosmo, della musica delle sfere. Partendo da ciò, si può capire la serietà di una meditazione di san Bernardo di Chiaravalle [1090-1153], che usa una parola di tradizione platonica trasmessa da Agostino [354-430] per giudicare il canto brutto dei monaci, che ovviamente per lui non era affatto un piccolo incidente, in fondo secondario. Egli qualifica la confusione di un canto mal eseguito come un precipitare nella “zona della dissimilitudine” – nella regio dissimilitudinis. Agostino aveva preso questa parola dalla filosofia platonica per caratterizzare il suo stato interiore prima della conversione (cfr Confess. VII, 10.16): l’uomo, che è creato a somiglianza di Dio, precipita in conseguenza del suo abbandono di Dio nella “zona della dissimilitudine” – in una lontananza da Dio nella quale non Lo rispecchia più e così diventa dissimile non solo da Dio, ma anche da se stesso, dal vero essere uomo. È certamente drastico se Bernardo, per qualificare i canti mal eseguiti dei monaci, usa questa parola, che indica la caduta dell’uomo lontano da se stesso. Ma dimostra anche come egli prenda la cosa sul serio. Dimostra che la cultura del canto è anche cultura dell’essere» (ibidem). Di qui, secondo il Papa – di cui è noto l’interesse per la musica classica – «è nata la grande musica occidentale. Non si trattava di una “creatività” privata, in cui l’individuo erige un monumento a se stesso, prendendo come criterio essenzialmente la rappresentazione del proprio io. Si trattava piuttosto di riconoscere attentamente con gli “orecchi del cuore” le leggi intrinseche della musica della stessa creazione, le forme essenziali della musica immesse dal Creatore nel suo mondo e nell’uomo, e trovare così la musica degna di Dio, che allora al contempo è anche veramente degna dell’uomo» (ibidem). I monaci non hanno come punto di riferimento un compositore che «inventa» una melodia, ma chi è capace di riconoscere nel mondo una musica che Dio vi ha immesso e che nel cosmo già vive.

Le radici della cultura europea – cultura dello spirito e del corpo, che comprende la riflessione filosofica e teologica, la letteratura, l’arte e la musica – scaturiscono dunque dalla ricerca da parte dei monaci di un accostamento adeguato alla Parola di Dio. Per così dire, i monaci trovarono la cultura europea – che segna ancora oggi tutti noi – senza cercarla, mentre riflettevano sul modo migliore per comprendere e insegnare la Bibbia. Si trattava di un compito arduo – ma di qui vengono appunto la profondità della riflessione e la ricchezza della cultura prodotta dai monaci – in quanto la Bibbia è stata composta «lungo più di un millennio», presenta al suo interno «tensioni visibili» e il suo «aspetto divino […] non è semplicemente ovvio. Detto in espressioni moderne: l’unità dei libri biblici e il carattere divino delle loro parole non sono, da un punto di vista puramente storico, afferrabili. L’elemento storico è la molteplicità e l’umanità. Da qui si comprende la formulazione di un distico medioevale che, a prima vista, sembra sconcertante: “Littera gesta docet – quid credas allegoria…” (cfr Augustinus de Dacia [O.P., ?-1282], Rotulus pugillaris, I). La lettera mostra i fatti; ciò che devi credere lo dice l’allegoria, cioè l’interpretazione cristologica e pneumatica [cioè riferita allo Spirito Santo, Pneuma]. Possiamo esprimere tutto ciò anche in modo più semplice: la Scrittura ha bisogno dell’interpretazione, e ha bisogno della comunità in cui si è formata e in cui viene vissuta» (ibidem).

Parte da qui il brano del discorso del Collège des Bernardins dove Benedetto XVI spiega come le radici della cultura europea sono al tempo stesso le radici della teologia cattolica di tutta la Chiesa. È una teologia che, proprio sulla base della consapevolezza originaria secondo cui la Parola di Dio necessita d’interpretazione, «esclude tutto ciò che oggi viene chiamato fondamentalismo. La Parola di Dio stesso, infatti, non è mai presente già nella semplice letteralità del testo. Per raggiungerla occorre un trascendimento e un processo di comprensione» (ibidem).

Il richiamo alle radici permette di evitare due rischi, non solo uno. Se un rischio, infatti, è costituito dal fondamentalismo – il quale pretende che la Parola di Dio non abbia bisogno d’interpretazione, perché la semplice «letteralità del testo» sarebbe più che sufficiente – un altro rischio, simmetrico, consiste nell’interpretazione arbitraria fondata semplicemente su «la propria idea, la visione personale di chi interpreta» (ibidem). Per non essere fondamentalisti, oggi si rischia spesso di cadere nell’arbitrarietà e nel soggettivismo. In realtà, proprio studiando l’esperienza dei monaci da cui sono nate insieme la cultura occidentale e la teologia, scopriamo che dagli scritti di san Paolo essi traevano la convinzione che l’interpretazione non è mai un’avventura individuale ma è sempre un incontro con il Signore Gesù che avviene nel luogo in cui Egli ha voluto farsi incontrare nella storia, cioè nella Chiesa. Si pone così «un chiaro limite all’arbitrio e alla soggettività, un limite che obbliga in maniera inequivocabile il singolo come la comunità» (ibidem). È una riflessione molto attuale oggi «di fronte ai poli dell’arbitrio soggettivo, da una parte, e del fanatismo fondamentalista, dall’altra. Sarebbe fatale, se la cultura europea di oggi potesse comprendere la libertà ormai solo come la mancanza totale di legami e con ciò favorisse inevitabilmente il fanatismo e l’arbitrio. Mancanza di legame e arbitrio non sono la libertà, ma la sua distruzione» (ibidem).

L’esame delle radici monastiche dell’Europa non sarebbe completo se non si considerasse che il motto dei monaci era ora et labora, dunque non solo «prega» ma anche «lavora». Per quanto Benedetto XVI sia attaccato al tema delle radici greche dell’Europa, qui nota che se la Grecia non avesse incontrato il cristianesimo avrebbe continuato a passare accanto, senza afferrarli, ad aspetti essenziali della cultura: il lavoro, l’economia, il rapporto con le cose. Per i greci, infatti, il lavoro non faceva parte della cultura: era una cosa da schiavi. «Nel mondo greco il lavoro fisico era considerato l’impegno dei servi. Il saggio, l’uomo veramente libero si dedicava unicamente alle cose spirituali; lasciava il lavoro fisico come qualcosa di inferiore a quegli uomini che non sono capaci di questa esistenza superiore nel mondo dello spirito. Assolutamente diversa era la tradizione giudaica: tutti i grandi rabbi esercitavano allo stesso tempo anche una professione artigianale. Paolo che, come rabbi e poi come annunciatore del Vangelo ai gentili, era anche tessitore di tende e si guadagnava la vita con il lavoro delle proprie mani, non costituisce un’eccezione, ma sta nella comune tradizione del rabbinismo» (ibidem).

Come spesso avviene, un diverso atteggiamento psicologico nasconde un problema dottrinale, legato addirittura a una diversa concezione di Dio. «Il mondo greco-romano non conosceva alcun Dio Creatore; la divinità suprema, secondo la loro visione, non poteva, per così dire, sporcarsi le mani con la creazione della materia. Il “costruire” il mondo era riservato al demiurgo, una deità subordinata» (ibidem). Al contrario il Dio degli ebrei e dei cristiani è il creatore e «lavora; continua a lavorare nella e sulla storia degli uomini» (ibidem). Se dunque «il lavoro manuale è parte costitutiva del monachesimo cristiano» (ibidem) non ci troviamo di fronte soltanto a una buona pedagogia di formazione all’impegno della volontà, ma a una nozione di cultura più ricca di quella greca, di cui fanno parte a pieno titolo anche le attività economiche e produttive: una nozione che sta tra l’altro a fondamento del grande sviluppo economico dell’Occidente, le cui radici sono anch’esse cristiane e monastiche.

Ma Benedetto XVI, tirando le somme di questo grande affresco delle radici monastiche della cultura europea, torna a ricordare che lo scopo dei monaci non era creare cultura ma quaerere Deum, cercare Dio. Non ci si può mettere a cercare Dio, come sapeva sant’Agostino, senza averlo in un certo senso già trovato. Legati com’erano all’esperienza di san Paolo, i monaci sapevano che all’Areopago – quando di fronte all’ara del Dio Ignoto, l’apostolo esclama: «Quello che voi adorate senza conoscere, io ve lo annunzio» (At 17, 23) – Paolo era partito dalla nozione (che è di ragione, non di fede) secondo cui «all’origine di tutte le cose deve esserci non l’irrazionalità ma la Ragione creativa» (Benedetto XVI 2008d). E tuttavia san Paolo era consapevole che «malgrado che tutti gli uomini in qualche modo sappiano questo – come Paolo sottolinea nella Lettera ai Romani (1, 21) – questo sapere rimane irreale: un Dio soltanto pensato e inventato non è un Dio. Se Egli non si mostra, noi comunque non giungiamo fino a Lui. La cosa nuova dell’annuncio cristiano è la possibilità di dire ora a tutti i popoli: Egli si è mostrato. Egli personalmente. E adesso è aperta la via verso di Lui. La novità dell’annuncio cristiano non consiste in un pensiero ma in un fatto: Egli si è mostrato. Ma questo non è un fatto cieco, ma un fatto che, esso stesso, è Logos – presenza della Ragione eterna nella nostra carne. Verbum caro factum est (Gv 1, 14): proprio così nel fatto ora c’è il Logos, il Logos presente in mezzo a noi. Il fatto è ragionevole» (ibidem).

«La nostra situazione di oggi, sotto molti aspetti, è diversa da quella che Paolo incontrò ad Atene, ma, pur nella differenza, tuttavia, in molte cose anche assai analoga. Le nostre città non sono più piene di are ed immagini di molteplici divinità. Per molti, Dio è diventato veramente il grande Sconosciuto. Ma come allora dietro le numerose immagini degli dèi era nascosta e presente la domanda circa il Dio ignoto, così anche l’attuale assenza di Dio è tacitamente assillata dalla domanda che riguarda Lui. Quaerere Deum – cercare Dio e lasciarsi trovare da Lui: questo oggi non è meno necessario che in tempi passati. Una cultura meramente positivista che rimuovesse nel campo soggettivo come non scientifica la domanda circa Dio, sarebbe la capitolazione della ragione, la rinuncia alle sue possibilità più alte e quindi un tracollo dell’umanesimo, le cui conseguenze non potrebbero essere che gravi» (ibidem). In questo senso, la riflessione sulle radici monastiche della cultura europea costituisce un nuovo richiamo a riscoprire quel segreto dell’Europa, l’armonia fra fede e ragione, che già era al cuore del discorso di Benedetto XVI a Ratisbona.

4. Le radici dell’Europa sono mariane

La «ragione principale» (Benedetto XVI 2008b) del viaggio di Benedetto XVI in Francia è la celebrazione del 150° anniversario delle apparizioni della Madonna a Lourdes: «il Papa aveva il dovere di venire a Lourdes» (Benedetto XVI 2008r). Non si tratta di una mera celebrazione: anzi, nel contesto del viaggio, il Papa ricorda che le radici cristiane e monastiche dell’Europa sono anche necessariamente radici mariane. Le apparizioni della Madonna che costellano la storia d’Europa negli ultimi secoli sono un forte e provvidenziale richiamo a queste radici, nel momento in cui l’Europa comincia a negarle. Lourdes – ma questo vale per ogni apparizione - «è come una luce nell’oscurità del nostro brancolare verso Dio. Maria vi ha aperto una porta verso un al-di-là che ci interroga e ci seduce» (Benedetto XVI 2008r).

Benedetto XVI si sente in qualche modo personalmente inserito nella storia di Lourdes: «il giorno della festa di Santa Bernadette [Soubirous, 1844-1879] è anche il giorno della mia nascita» (Benedetto XVI 2008a), e una figura cui il Papa si sente molto legato, il beato Charles de Foucauld (1858-1916), evangelizzatore e martire dei Tuareg musulmani del Sud dell’Algeria dopo essere stato militare, «nacque nel 1858, lo stesso anno delle apparizioni di Lourdes» (Benedetto XVI 2008p).

In un momento in cui le apparizioni mariane sono oggetto anche in best seller destinati al grande pubblico di critiche e di rifiuti fondati su pregiudizi razionalisti e laicisti (cfr. Augias e Cacitti 2008 e, per una critica, Introvigne 2008), il magistero s’impegna anzitutto in un giudizio sul fatto che non lascia spazio a equivoci. Il condizionale, utilizzato anche in qualche testo corrente che è opera di cattolici, è costantemente sostituito dal passato o dal presente storici: Bernadette «vide», Maria «rivela» (Benedetto XVI 2008l). Il testo delle apparizioni mariane è infatti secondo il Papa una «vera catechesi» della Madonna al mondo moderno (Benedetto XVI 2008m), che – in quanto tale – merita un’esegesi puntuale e sistematica da parte dello stesso magistero della Chiesa.

Questo testo a Lourdes non si compone soltanto di parole, ma anche di silenzi, di fenomeni che circondano le apparizioni e di gesti della Madonna. Tra questi il Papa ne commenta principalmente quattro: la luce – «Bernadette vide una luce e, dentro questa luce, una giovane signora» (Benedetto XVI 2008l) –; il segno della croce – che «introduce l’incontro» già in occasione della prima apparizione (Benedetto XVI 2008m) –; la corona del Rosario, che la Vergine tiene nelle mani – «durante le apparizioni è da rilevare che Bernadette recita la corona sotto gli occhi di Maria, che si unisce a lei al momento della dossologia»(Benedetto XVI 2008l) –; e il sorriso della Madonna, che ha tanto impressionato Bernadette e che è rimasto con lei per tutta la sua vita (Benedetto XVI 2008q).

Ognuno di questi segni è proposto alla nostra riflessione sulle radici mariane dell’Europa e sulla catechesi che mediante le apparizioni la Madonna stessa ha proposto al mondo. Il segno della luce è fondamentale per tutta la vita cristiana. In Mt 5, 14 «Cristo può ormai dire: “Voi siete la luce del mondo”» (Benedetto XVI 2008l). Lo dice a noi, che evidentemente «non siamo la luce» (ibidem). La nostra è una luce riflessa: diventiamo «luce del mondo» perché riceviamo la luce del Cristo per mezzo di Maria. Nel brano del Vangelo di Matteo richiamato dal segno mariano di Lourdes merita attenzione l’espressione «del mondo». Non solo «abbiamo bisogno di luce»: «siamo chiamati a divenire luce», «proporci come guide per i nostri fratelli» (ibidem). La luce non è qualche cosa che ci è donato solo per la nostra salvezza individuale, ma perché – in un mondo che progressivamente si scristianizza – ciascuno irradi la luce cristiana e mariana nel suo ambiente e nella società.

Il segno della Croce «è in qualche modo la sintesi della nostra fede» (Benedetto XVI 2008m): anch’esso rischia nel mondo moderno di essere banalizzato, ma il suo significato è molto profondo. Ogni volta che in pubblico facciamo il segno della Croce – che, «più che un semplice segno, è un’iniziazione ai misteri della fede» (ibidem) e che la Madonna stessa mostrò a Bernadette a Lourdes – stiamo almeno dando inizio alla missione affidata alla Chiesa di «mostrare a tutti» il volto di Dio (ibidem).

Il Rosario della Madonna a Lourdes è strettamente collegato al segno della luce: e forse, rileva Benedetto XVI, non è un caso che Giovanni Paolo II, tanto devoto alla Vergine di Lourdes, sia stato un Papa del Rosario «tra l’altro, in un modo del tutto singolare, arricchendo il Rosario con la meditazione dei Misteri della Luce», dal 2007 «rappresentati sulla facciata della Basilica [di Lourdes] nei nuovi mosaici» (Benedetto XVI 2008l). Il fatto che la Madonna stessa si unisca a Bernadette nella recita del Gloria «conferma il carattere profondamente teocentrico della preghiera del Rosario» (ibidem). Nello stesso tempo, il richiamo alle radici della cultura europea si precisa come richiamo a «quella straordinaria prossimità tra il cielo e la terra che non si è mai smentita e che non cessa di consolidarsi» (ibidem), in una storia d’Europa che non si comprende se si eliminano dal suo itinerario i segni e i prodigi del cielo e la forza della preghiera.

Il sorriso della Madonna – il «sorriso della più eminente fra tutte le creature, a noi rivolta» (Benedetto XVI 2008q) – non c’invita affatto a un «sentimentalismo devoto o antiquato» (ibidem). Non si deve infatti dimenticare che il sorriso di Maria nasce dall’«abisso del suo dolore» durante la Passione, suggerito «dal simbolo tradizionale delle sette spade» che le hanno trapassato il cuore: solo con la gloria della Resurrezione «le lacrime versate ai piedi della Croce si sono trasformate in un sorriso che nulla ormai spegnerà» (ibidem). Di questo sorriso la Madonna fa beneficiare la Chiesa e in particolare l’Europa attraverso il continuo «intervento soccorrevole della Vergine Maria nel corso della storia» (ibidem). A Lourdes, prima d’iniziare con Bernadette una catechesi che comprende anche parole, «Maria le fece conoscere innanzitutto il suo sorriso, quasi fosse questo la porta d’accesso più appropriata alla rivelazione del suo mistero» (ibidem). Questo sorriso è sempre disponibile per tutti i cristiani, ma occorre mettersi nell’atteggiamento giusto, quello dei frequenti «incontri di sguardo con la Vergine Maria», secondo un’espressione che Benedetto XVI cita dal monaco dom Jean-Baptiste Chautard, O.C.S.O. (1858-1935) – tra l’altro, anch’egli nato come il beato Charles de Foucauld nello stesso anno delle apparizioni di Lourdes – il cui insegnamento di «bella figura spirituale francese» il Papa raccomanda a ogni «cristiano fervoroso» (ibidem).

Anche se a Lourdes – rispetto, per esempio, alle successive apparizioni di Fatima, del 1917 – la Madonna ha pronunciato un numero limitato di parole, anche queste fanno parte della sua catechesi o direzione spirituale rivolta a un’Europa già nel 1858 in via di secolarizzazione. Pure queste parole sono oggetto di un commento dettagliato e puntuale da parte del Papa, che si sofferma in particolare su tre indicazioni della Madonna.

Nell’ottava delle diciotto apparizioni, il 24 febbraio 1858, la Madonna dice a Bernadette: «Penitenza! Penitenza! Penitenza! Pregate Dio per i peccatori! Andate a baciare la terra in penitenza per i peccatori!»; e nella nona apparizione, il giorno dopo 25 febbraio, aggiunge: «Andate a bere alla fonte e a lavarvi. Voi mangerete di quell'erba che è là». Il segno della terra e dell’erba e quello dell’acqua – che, come è noto, sarà in effetti trovata a Lourdes e sarà all’origine di tanti pellegrinaggi e miracoli – sono intimamente collegati alle radici, e intendono mostrarci che la radice è Maria stessa che al tempo stesso «è una sorgente di acqua viva» (Benedetto XVI 2008q). La liturgia della Chiesa la invoca come Fons amoris, ma lo fa nella sequenza della festa dell’Addolorata: ancora una volta l’amore nasce dal dolore (ibidem). Questo vale anzitutto per Maria nella sua vita terrena: e in questo senso Benedetto XVI – a fronte di equivoci vecchi e nuovi, secondo cui la decisione del Concilio Vaticano II di non dedicare un documento monotematico alla Madonna ma d’inserire la mariologia nella costituzione sulla Chiesa Lumen Gentium avrebbe in qualche modo sminuito la sua importanza – ribadisce che, attraverso una scelta che aveva del resto solide ragioni teologiche e patristiche, «il Concilio Vaticano II ha presentato Maria come la figura nella quale è riassunto tutto il mistero della Chiesa» (ibidem). Ma il rapporto profondo – e non sentimentale – fra dolore e amore vale oggi anche per i malati di Lourdes, i quali apprendono che Gesù Cristo, cui sono invitati a donarsi per mezzo di Maria, «non è medico alla maniera del mondo. Per guarirci, egli non resta fuori della sofferenza che si sperimenta: la allevia venendo ad abitare in colui che è colpito dalla malattie, per sopportarla e viverla con lui» (ibidem). In un mondo che, nonostante il progresso della medicina, troppo spesso rifiuta di vedere il malato e lo isola, «la presenza di Cristo viene a rompere l’isolamento» (ibidem).

Nella tredicesima apparizione, il 2 marzo 1858, la Madonna chiede a Bernadette: «Andate a dire ai sacerdoti che si venga qui in processione e che si costruisca una cappella». Non chiede solo, nota Benedetto XVI, che si venga in pellegrinaggio ma che si venga «in processione». Vi è qui un insegnamento molto profondo sulla «comunione della Chiesa» (Benedetto XVI 2008l): non riscopriremo le radici e non risolveremo i nostri problemi da soli, né attraverso interpretazioni soggettive, ma soltanto nella Chiesa e con la Chiesa, in un’ideale processione sulla «strada luminosa» che da Lourdes «si apre nella storia degli uomini» (ibidem). Insieme, la processione cui siamo invitati dalla Vergine è molto di più, perché con noi sfilano grazie al mistero della comunione dei santi anche coloro che già si trovano in Paradiso, che realmente ci accompagnano e ci sostengono, così che il passato dell’Europa e del mondo cammina nel presente: la processione, infatti, «unisce eletti del cielo e pellegrini della terra» (ibidem).

Infine, con la sedicesima apparizione del 25 marzo 1858 si giunge al cuore teologico delle apparizioni. Dopo che Bernadette le aveva chiesto più volte di dirle il suo nome, la Signora rispose nel dialetto del luogo «que soy era Immaculada Concepciou», «che era l’Immacolata Concezione». Il beato Papa Pio IX (1792-1878) aveva proclamato il dogma dell’Immacolata Concezione – secondo cui la Vergine Maria è stata preservata dal peccato originale fin dal primo istante del suo concepimento – solo quattro anni prima, con la bolla Ineffabilis Deus dell'8 dicembre 1854. Bernadette, peraltro, non ne aveva mai sentito parlare. Ci si può chiedere se l’evento straordinario della conferma di un dogma da poco proclamato da parte della Madonna rimanga una mera curiosità storica o abbia a che fare con l’esperienza quotidiana di noi che purtroppo con le conseguenze del peccato originale dobbiamo avere a che fare tutti i giorni. Benedetto XVI risponde positivamente: «Questo privilegio [della Madonna] riguarda anche noi» (Benedetto XVI 2008m). «Questo privilegio concesso a Maria, che la distingue dalla nostra comune condizione, non l’allontana ma al contrario la avvicina a noi. Mentre il peccato divide, ci allontana gli uni dagli altri, la purezza di Maria la rende infinitamente prossima ai nostri cuori» (Benedetto XVI 2008n). Di fatto, la Chiesa sa e sperimenta che «ciò che molti, per imbarazzo o per pudore, non osano a volte confidare neppure ai loro intimi, lo confidano a Colei che è la tutta pura» (ibidem). «La vita e la fede del popolo credente rivelano che il privilegio dell’Immacolata Concezione fatto a Maria non è una grazia solo personale, ma per tutti, una grazia fatta all’intero Popolo di Dio. […] In lei ogni credente può fin d’ora contemplare il compimento perfetto della sua personale vocazione» (ibidem).

5. Le radici dell’Europa si mostrano ancora

Le radici religiose, cristiane, monastiche e mariane dell’Europa sono un semplice riferimento storico o una realtà viva e presente ancora oggi? Evidentemente, se si trattasse di un puro richiamo storico il loro interesse sarebbe limitato agli specialisti. Ma, ci assicura Benedetto XVI, non è così: le radici sono ancora tra noi. Lo sono, anzitutto, di fatto. Nel Paese europeo con la più bassa percentuale di partecipanti settimanali a riti religiosi, la Francia, il Papa non ha paura di testimoniare la «convinzione che i tempi siano favorevoli a un ritorno a Dio» (Benedetto XVI 2008r). Di fronte ai dati sociologici, questa convinzione potrebbe sembrare infondata. Tuttavia, il Papa ritiene che il grande interesse per le testimonianze artistiche, musicali e letterarie del cristianesimo – che si riscontra anche in un Paese molto secolarizzato come la Francia – possa diventare per molti, opportunamente evangelizzato e indirizzato, il primo passo di un itinerario di riscoperta della fede. I giovani, se da un lato sono «la preoccupazione più grande» del Papa (Benedetto XVI 2008b), dall’altro «pur vivendo in un mondo che li corteggia e blandisce i loro bassi istinti, e portando essi pure il fardello pesante di eredità difficili da assimilare, […] conservano una freschezza d’animo che ha suscitato la mia ammirazione», in particolare in occasione della Giornata Mondiale della Gioventù di Sydney (Benedetto XVI 2008o). La speranza, dunque, non solo – come afferma il proverbio – è l’ultima a morire, ma di fatto non è morta.

In secondo luogo, vi sono ragioni di principio per affermare che anche una società secolarizzata e che si dichiara laica come quella francese porta in sé il segno delle radici cristiane. Infatti, «la laicità di per sé non è in contraddizione con la fede. Direi anzi che è un frutto della fede, perché la fede cristiana era, fin dall'inizio, una religione universale dunque non identificabile con uno Stato, presente in tutti gli Stati e diversa in ogni Stato» (Benedetto XVI 2008a). Per comprendere come la vera laicità derivi dalla fede, e non vada confusa con un laicismo antireligioso, è necessario – soprattutto in Francia – superare antichi pregiudizi e tornare a riflettere sul significato della stessa laicità. Rivolgendosi all’Eliseo al presidente Sarkozy, Benedetto XVI afferma: «Lei ha del resto utilizzato, Signor Presidente, la bella espressione di “laicità positiva” per qualificare questa comprensione più aperta. […] Una nuova riflessione sul vero significato e sull’importanza della laicità è divenuta necessaria. È fondamentale, infatti, da una parte, insistere sulla distinzione tra l’ambito politico e quello religioso al fine di tutelare sia la libertà religiosa dei cittadini che la responsabilità dello Stato verso di essi e, dall’altra parte, prendere una più chiara coscienza della funzione insostituibile della religione per la formazione delle coscienze e del contributo che essa può apportare, insieme ad altre istanze, alla creazione di un consenso etico di fondo nella società» così come alla diffusione di quella speranza di cui «ogni umana società» – specialmente nei suoi giovani – ha bisogno per sopravvivere (Benedetto XVI 2008b). A chi guarda le vecchie ostilità fra Stato e Chiesa in Francia e il carattere profondamente antireligioso dell’antica laïcité la possibilità di condurre con serenità questa riflessione può apparire difficile. Tuttavia, Benedetto XVI vuole provare a ripartire dalle aperture del presidente Sarkozy: «nel quadro istituzionale esistente e nel massimo rispetto delle Leggi in vigore, occorrerebbe trovare una strada nuova per interpretare e vivere nel quotidiano i valori fondamentali sui quali si è costruita l’identità della Nazione. Il vostro Presidente ne ha evocato la possibilità. I presupposti socio-politici dell’antica diffidenza o persino ostilità svaniscono poco a poco» (Benedetto XVI 2008o). È almeno, per usare una parola cara sia al presidente Sarkozy sia a Benedetto XVI, una speranza.

6. Le radici dell’Europa vanno ravvivate

Uno dei temi cari a Benedetto XVI è la contemporaneità del politeismo. Potrebbe sembrare – il Papa ne ha trattato in modo approfondito nel corso del viaggio in Australia – che gli ammonimenti del Signore al popolo ebraico nell’Antico Testamento perché rifugga dal politeismo e dall’adorazione di molti falsi dèi non abbiano nulla da dire ai giovani di oggi. È precisamente il contrario: solo che oggi il politeismo non si manifesta nelle «divinità dell’Olimpo» (Benedetto XVI 2008i) ma in idoli che si chiamano ricchezza, sesso, potere e anche relativismo e secolarismo. Il «culto degli idoli» è dunque ancora ben presente oggi, e «distoglie dalla realtà chi lo serve per confinarlo nel regno dell’apparenza» (ibidem). Le radici cristiane dell’Europa fondano una cultura del monoteismo che si oppone agl’idoli. Oggi queste radici, che come si è visto sono ancora presenti ma rischiano di essere dimenticate o negate, vanno ravvivate con un programma sistematico di evangelizzazione.

Di questo programma sistematico Benedetto XVI propone quattro tappe. La prima si ricollega direttamente all’esperienza dei monaci, e invita – nell’imminenza di un’Assemblea del Sinodo dei Vescovi dedicata alla Sacra Scrittura, e in un Paese dove le statistiche sull’ignoranza religiosa sono allarmanti – a studiare la Parola di Dio, tornando alla «celebre formula di san Girolamo» (347-420) secondo cui «ignorare le Scritture è ignorare Cristo» (Benedetto XVI 2008e). Per evitare tuttavia – secondo un rischio che abbiamo visto come già presente ai monaci – che l’interpretazione diventi arbitrio soggettivo, l’incontro con le Scritture dovrà essere mediato dalla catechesi, che «non è innanzitutto una questione di metodo, ma di contenuto» (Benedetto XVI 2008o). In un contesto dove si apprezza il «grande realismo» delle previsioni del «più grande catechista di tutti i tempi», san Paolo, secondo cui «verrà giorno in cui non si sopporterà più la sana dottrina ma, per il prurito di udire qualcosa, gli uomini si circonderanno di maestri secondo le proprie voglie, rifiutando di dare ascolto alla verità per volgersi alle favole» (2 Tm 4, 3-4), il Papa invita – come fa in tutti i suoi viaggi – all’uso del Catechismo della Chiesa Cattolica e del relativo Compendio come bussola sicura per rimanere fedeli alla dottrina cattolica.

La seconda tappa è la meditazione sulla Croce che, forse non a caso, Benedetto XVI propone proprio su quel sagrato della Cattedrale di Notre-Dame a Parigi dove la presenza di una grande croce era stata contrastata nel novembre 2004 dal sindaco socialista (nonché militante omosessuale) della capitale francese, Bertrand Delanoë, per presunto contrasto con le leggi sulla laïcité in vigore (AFP 2004). «Molti di voi – dice il Papa ai giovani – portano al collo una catena con una croce. Anch’io ne porto una, come tutti i Vescovi del resto. Non è un ornamento, né un gioiello. È il simbolo prezioso della nostra fede, il segno visibile e materiale del legame con Cristo» (Benedetto XVI 2008f). Perché la croce non sia solo un ornamento, è obbligatorio che sia occasione di meditazione sulla passione di Cristo e sul peccato degli uomini che l’ha resa necessaria. E che dalla meditazione sul peccato fiorisca il desiderio della confessione, un altro tema che ricorre in tutti i viaggi di Benedetto XVI, a fronte di statistiche davvero desolanti – anche in Francia – sullo scarso numero di cattolici che si accostano al sacramento della penitenza. Ai vescovi il Papa chiede di esortare senza sosta i sacerdoti a rendersi disponibili con generosità per le confessioni, sull’esempio di un grande santo francese, il santo curato d’Ars Giovanni Maria Vianney (1786-1859: Benedetto XVI 2008o).

La terza tappa di un itinerario che mira a ravvivare la coscienza delle radici cristiane è la cura della liturgia. In Francia, certo, pochi vanno a Messa: senza che questa sia l’unica causa, ci si deve chiedere se la qualità della liturgia sia sempre quella che auspicavano gli antichi monaci, come si è visto assai severi nei confronti di canti o preghiere recitate male. «La bellezza dei riti non sarà certamente mai abbastanza ricercata, abbastanza curata, abbastanza elaborata, poiché nulla è troppo bello per Dio, che è la Bellezza infinita» (Benedetto XVI 2008e). Come modello di amore per l’Eucarestia e la Messa Benedetto XVI addita un altro santo francese, l’apostolo dell’adorazione eucaristica san Pier Giuliano Eymard (1811-1868: Benedetto XVI 2008p). Si situano qui anche le riflessioni del Papa sull’accoglienza – o talora sulla non accoglienza – in Francia del suo Motu Proprio Summorum Pontificum del 7 luglio 2007, che liberalizza la celebrazione della Messa secondo la liturgia romana anteriore alla riforma del 1970. Di fronte alle controversie che derivano in Francia dalla riluttanza di alcuni vescovi ad aderire al Motu Proprio il Papa invoca «l’indispensabile pacificazione degli spiriti» (Benedetto XVI 2008o), ma nello stesso tempo è costretto a ricordare che «non c’è alcuna opposizione tra la liturgia rinnovata del Concilio Vaticano II e questa liturgia» (Benedetto XVI 2008a). Lo spirito del Motu Proprio non è quello di creare piccole enclave di sostenitori dell’antico rito, ma di favorire la qualità della liturgia in genere attraverso il «mutuo arricchimento» (ibidem) fra i due riti, che dunque dovrebbero essere entrambi conosciuti da molti fedeli, fermo restando che «la liturgia rinnovata è la liturgia ordinaria del nostro tempo» (ibidem). Purtroppo, da questa situazione si è ancora lontani, forse non solo in Francia.

La quarta tappa è la devozione mariana. «I cattolici in Francia hanno più che mai bisogno di rinnovare la loro fiducia in Maria» (Benedetto XVI 2008g), riscoprendo le loro radici che si trovano a Notre-Dame, a Lourdes, e in mille altri luoghi mariani, e superando obiezioni che vorrebbero considerare la devozione alla Madonna come obsoleta, sentimentale o magari un ostacolo al dialogo ecumenico con le comunità protestanti. In realtà, «tutto è venuto da Cristo, anche Maria; tutto è venuto mediante Maria, lo stesso Cristo» (Benedetto XVI 2008p).

Come frutto del ritorno alle radici cristiane, Benedetto XVI spera – in un Paese dove questo, da anni, lascia a desiderare – in un rinnovato impegno politico dei laici nel quadro di un’Europa cui chiede di tutelare, meglio di quanto non stia facendo, «i diritti inalienabili della persona umana, dal concepimento fino alla morte naturale, come anche quelli relativi all’educazione libera, alla vita familiare, al lavoro, senza dimenticare naturalmente i diritti religiosi» (Benedetto XVI 2008b). Leggi ostili alla vita si paludano, oggi, di richiami alla scienza. Nella sua visita all’Institut de France Benedetto XVI cita – come qualcosa che è stato affermato «molto giustamente» – un’espressione del Pantagruel (1532) di François Rabelais (1494?-1553): «Scienza senza coscienza non è che rovina dell’anima» (Benedetto XVI 2008h). La famiglia – nel Paese che ha inventato nel 1999 i PACS (Patti Civili di Solidarietà), estesi anche alle coppie omosessuali, ma anche altrove in Europa –, appare dovere affrontare «oggi delle vere burrasche» (Benedetto XVI 2008o). «Da vari decenni le leggi hanno relativizzato in molti Paesi la sua natura di cellula primordiale della società. Spesso le leggi cercano più di adattarsi ai costumi e alle rivendicazioni di particolari individui o gruppi, che non di promuovere il bene comune della società. L’unione stabile di un uomo e di una donna, ordinata alla edificazione di un benessere terreno, grazie alla nascita di bambini donati da Dio, non è più, nella mente di certuni, il modello a cui l’impegno coniugale mira» (ibidem). Torna qui un ulteriore tema che Benedetto XVI tratta spesso: lo Stato ordinato al bene comune adatta le sue leggi alla legge naturale; lo Stato relativista è semplicemente il notaio che prende atto di quanto – dalle unioni omosessuali alla poligamia – nella società già si trova, e lo traduce in legge. E il clima creato dallo Stato relativista talora insidia anche la Chiesa, che pure sa di non avere il potere di cambiare norme «che le ha affidato il suo Fondatore» (ibidem). In tema di famiglia, «una questione particolarmente dolorosa, come sappiamo, è quella dei divorziati risposati. La Chiesa, che non può opporsi alla volontà di Cristo, conserva con fedeltà il principio dell’indissolubilità del matrimonio, pur circondando del più grande affetto gli uomini e le donne che, per ragioni diverse, non giungono a rispettarlo. Non si possono dunque ammettere le iniziative che mirano a benedire le unioni illegittime» (ibidem).

La testimonianza di un numero socialmente significativo di laici cattolici nel campo della politica e delle leggi – sulla base di un’integrità di dottrina che oggi è minacciata – è, come si è accennato, un frutto che non potrà che venire al termine di un itinerario di cui la catechesi, la confessione, la Messa e la devozione mariana non sono momenti esortatori e in qualche modo superflui, ma sono i passaggi indispensabili e cruciali. Per riprendere il titolo dell’opera di dom Chautard citata dal Papa a Lourdes, L’anima di ogni apostolato è la vita spirituale, senza la quale non si dà propriamente apostolato neppure in campo sociale e politico. Nella Messa solenne per il 150° anniversario delle apparizioni di Lourdes, il Papa cita la sua stessa enciclica Deus caritas est, che al n. 36 si esprime in termini molto vicini all’insegnamento di dom Chautard: «Chi prega non spreca il suo tempo, anche se la situazione ha tutte le caratteristiche dell’emergenza e sembra spingere unicamente all’azione». (Benedetto XVI 2008m)


Riferimenti


AFP (Agence France Presse). «Controverses autour d’une croix». 14-11-2004.


Augias, Corrado - Remo Cacitti. 2008. Inchiesta sul cristianesimo. Come si costruisce una religione. Mondadori, Milano.Benedetto XVI. 2008a.


Intervista concessa dal Santo Padre Benedetto XVI ai giornalisti durante il volo verso la Francia, del 12-9-2008. Disponibile sul sito Internet della Santa Sede all’indirizzo abbreviato http://tinyurl.com/5ooy8n.


Benedetto XVI. 2008b. Cerimonia di benvenuto. Incontro con le autorità dello Stato all’Elysée. Dicorso del Santo Padre, Parigi, 12-9-2008. Disponibile sul sito Internet della Santa Sede all’indirizzo abbreviato http://tinyurl.com/5gt2na.


Benedetto XVI. 2008c. Incontro con la Delegazione Ebraica. Discorso del Santo Padre, Parigi, 12-9-2008. Disponibile sul sito Internet della Santa Sede all’indirizzo abbreviato http://tinyurl.com/5wlo3x.


Benedetto XVI. 2008d. Incontro con il mondo della cultura al Collège des Bernardins.

Discorso del Santo Padre, Parigi, 12-9-2008.Disponibile sul sito Internet della Santa Sede all’indirizzo abbreviato http://tinyurl.com/6d9grq.


Benedetto XVI. 2008e. Celebrazione dei Vespri con i sacerdoti, i religiosi, le religiose, i seminaristi e i diaconi nella Cattedrale di Notre-Dame. Omelia del Santo Padre, Parigi, 12-9-2008. Disponibile sul sito Internet della Santa Sede all’indirizzo abbreviato http://tinyurl.com/5j7jbo.


Benedetto XVI. 2008f. Veglia di preghiera dei giovani sul Sagrato della Cattedrale di Notre Dame. Discorso del Santo Padre, Parigi, 12-9-2008. Disponibile sul sito Internet della Santa Sede all’indirizzo abbreviato http://tinyurl.com/6483xw.


Benedetto XVI. 2008g. Saluto dalla finestra della Nunziatura Apostolica. Parole del Santo Padre, Parigi, 12-9-2008. Disponibile sul sito Internet della Santa Sede all’indirizzo abbreviato http://tinyurl.com/6o59ct.


Benedetto XVI. 2008h. Visita all’Institut de France. Saluto del Santo Padre, Parigi, 13-9-2008. Disponibile sul sito Internet della Santa Sede all’indirizzo abbreviato http://tinyurl.com/6zh9y2.


Benedetto XVI. 2008i. Santa Messa all’Esplanade des Invalides. Saluto del Santo Padre, Parigi, 13-9-2008. Disponibile sul sito Internet della Santa Sede all’indirizzo abbreviato http://tinyurl.com/5hsmdw.


Benedetto XVI. 2008l. Processione Eucaristica «aux flambeaux» nel Piazzale del Rosario. Omelia del Santo Padre, Lourdes, 13-9-2008. Disponibile sul sito Internet della Santa Sede all’indirizzo abbreviato http://tinyurl.com/54qcsa.


Benedetto XVI. 2008m. Santa Messa per il 150° anniversario delle apparizioni nella Prairie. Omelia del Santo Padre, Lourdes, 14-9-2008. Disponibile sul sito Internet della Santa Sede all’indirizzo abbreviato http://tinyurl.com/62hauk.


Benedetto XVI. 2008n. Recita dell’Angelus Domini nella Prairie, Lourdes, 14-9-2008. Disponibile sul sito Internet della Santa Sede all’indirizzo abbreviato http://tinyurl.com/6hv44n.


Benedetto XVI. 2008o. Incontro con la Conferenza Episcopale Francese all’Hémicycle Sainte-Bernadette. Discorso del Santo Padre, Lourdes, 14-9-2008. Disponibile sul sito Internet della Santa Sede all’indirizzo abbreviato http://tinyurl.com/5gzr6d.


Benedetto XVI. 2008p. Conclusione della Processione Eucaristica alla Prairie. Meditazione del Santo Padre, Lourdes, 14-9-2008. Disponibile sul sito Internet della Santa Sede all’indirizzo abbreviato http://tinyurl.com/5frlqn.


Benedetto XVI. 2008q. Santa Messa con i malati nella Basilica Notre-Dame du Rosaire. Omelia del Santo Padre, Lourdes, 15-9-2008. Disponibile sul sito Internet della Santa Sede all’indirizzo abbreviato http://tinyurl.com/6quueb.


Benedetto XVI. 2008r. Cerimonia di congedo all’Aeroporto di Tarbes-Lourdes-Pyrénées, Lourdes, 15-9-2008. Disponibile sul sito Internet della Santa Sede all’indirizzo abbreviato http://tinyurl.com/6zfttk.


Introvigne, Massimo. 2008. «Tutti i buchi dell’Inchiesta».


Avvenire, 24-9-2008.Sarkozy, Nicolas. 2004. La république, les religions, l’espérance. Entretiens avec Thibaud Collin et Philippe Verdin. Cerf, Parigi [trad. it. La Repubblica, le Religioni, la Speranza. Conversazioni con Thibaud Collin e Philippe Verdin, Nuove Idee, Roma 2005].

 
[Privacy]
Design by Free WordPress Themes | Bloggerized by Lasantha - Premium Blogger Themes | Hot Sonakshi Sinha, Car Price in India