giovedì 6 maggio 2010

L'Unità d'Italia... che non c'è mai stata



Chiunque di noi a scuola ha studiato la storia dell'unificazione dell'Italia, di cui il 5 maggio cominciano le commemorazioni. Riepiloghiamola brevemente. 1000 eroici patrioti italiani salpano da Quarto il 5 maggio 1860, a bordo di tre navi, requisite alla bell'e meglio. Alla loro testa, Giuseppe Garibaldi, integerrimo eroe. Viaggiano fino a Marsala, dove sbarcano tra ali adoranti di folla, che non aspettano altro per liberarsi dell'oppressore borbonico. Così Garibaldi trasforma questi contadini in soldati perfettamente addestrati e li porta quasi senza colpo ferire fino a Gaeta, dove sconffiggono i borbonici. Poi l'incontro sul Garigliano e a Teano con Vittorio Emanuele, sceso alla testa dell'esercito per impedire che l'eroe dei due mondi attaccasse Roma, dove accetta di fermarsi con il celebre "Obbedisco". Ci manca solo la formula del "E vissero tutti felici e contenti" e poi la favola è perfetta. Perchè è tutto falso. Si tratta di una favoletta inventata sotto il fascismo per rafforzare il patriottismo ed evitare, in caso di guerra, le tante diserzioni che avevano funestato l'esercito italiano nella Prima Guerra Mondiale, che aveva visto intere squadre che disertavano ed andavano tra le file degli austriaci. Vediamo di raccontare qualche verità.
La flotta che partì da Quarto era formata decisamente da più navi di quelle che si dice. Infatti doveva trasportare i 40 mila mercenari (per lo più tedeschi e ungheresi, gli italiani erano un migliaio o poco più) destinati ad invadere la Sicilia; numerosi cannoni leggeri, per accompagnare gli attacchi della fanteria; e le armi. Perchè non è affatto vero che i garibaldini erano male armati. Anzi, nel 1861 sul Times uscì un articolo che dimostrava che erano stati acquistati per i garibaldini 25 mila fucili Enfield P-53, i migliori dell'epoca, insieme a oltre 3 milioni di proiettili. Inoltre le navi da trasporto erano difese dalle navi da guerra inglesi, che le scortarono per tutto il viaggio.
Quando questa imponente flotta arrivò a Marsala, per i siciliani fu l'ennesima lotta per la sopravvivenza: i più fortunati fuggirono e si nascosero, gli altri furono vittima di un saccheggio che avrebbe fatto impallidire Attila: città bruciate, uomini uccisi, donne e ragazze violentate. Passando in questa maniera per la SIcilia, la Calabria e la Campania meridionale, come locuste, i garibaldini arrivarono in prossimità di Napoli. Garibaldi ordinò che l'artiglieria demolisse palazzo per palazzo ogni zona dove ci fosse stata resistenza nemica. Perchè anche questo non si dice mai. Garibaldi non era l'eroe di cui si parla sempre. Era un ottimo stratega, ma aveva una crudeltà ed una brama di sangue tale, che non avrebbe sfigurato nelle SS incaricate di uccidere gli ebrei nella Seconda Guerra Mondiale. Ma per fortuna i borbonici ci tenevano alla città e quindi si ritirarono nella fortezza di Capua, dove resistettero fino alla sconfitta. Quando poi Garibaldi fu fermato dall'esercito sabaudo, disse il famoso "obbedisco" perchè aveva poche alternative. Era alla testa di un esercito che ormai cominciava a pagare l'attrito della guerra prolungata: erano pochi, le munizioni scarseggiavano, perchè Cavour conosceva i suoi polli e da parecchio non mandava rifornimenti ai garibaldini, e quindi non avrebbero potuto far fronte al freschissimo esercito sardo, che aveva conquistato tutta l'Italia senza mai incontrare alcuna opposizione. Quindi dovette l'Eroe dei Due Mondi, abbassò la testa e rinunciò. Ma anche dopo fu odiato da tutti, tanto che quando entrò in Parlamento fu ostracizzato da tutti.
A questo punto, finiti gli insulti di tutti coloro che ritengono questa ricostruzione falsa, si dirà: ma almeno la parte di Cavour, dell'Unità di Italia e di tutto il resto è vera. Invece no, sono anche qua tutte balle sesquipedali (balle enormi, per chi non conosce il termine, ndr). In realtà la considerazione era puramente strategica. Cavour sapeva che se la Francia e l'Impero Austro-Ungarico si fossero alleate, il Regno di Sardegna sarebbe rimasto schiacciato. Quindi bisognava acquisire spazio ed allontanare la Capitale dai confini. Come misura temporanea mandò la propria cugina, l'allora 16enne COntessa di Castiglione, a prostituirsi presso Napoleone III, che allora guidava la Francia. Ma la cosa durò poco e quindi prese in esame altre possibilità; per esempio quella del sud Italia dove a parte i borbonici erano tutti territori facilmente conquistabili. Anche lo Stato Pontificio, territorialmente molto esteso, non aveva un esercito preoccupante. C'era solo il Regno Borbonico da sconfiggere, che all'epoca era uno dei migliori dell'Europa: bassa tassazione, economia ben tenuta, con un giusto mix di agricoltura e industria, una buona burocrazia. Ma un esercito debole e mal tenuto, dato che i borbonici facevano affidamento sul fatto che chiunque li avesse attaccati avrebbe segnalato le loro intenzioni dovendo attraversare l'Italia. Il calcolo era sbagliato e la storia l'ha dimostrato. Dopo che il Regno di Sardegna aveva conquistato tutta l'Italia del centrosud (tranne quello che restava del Regno pontificio che venne conquistato nel 1870), cominciò il saccheggio. Le riserve auree del Banco di Napoli e del Banco di SIcilia furono trafugati dai soldati e trasportati a Torino. L'industria borbonica era di altissimo livello, in particolare il settore tessile; all'epoca un vestito "made in Napoli" era la garanzia di massima qualità, indipendentemente dal singolo artigiano che l'aveva cucito. Ma fu rasa al suolo, senza problemi. Ma anche i contadini dovettero pagare dazio, gravati come furono dalla tassa sul sale e dalla tassa sul grano. E quando si ribellavano per la fame, trovavano l'esercito che li prendeva a cannonate e li massacrava. Inoltre decine di migliaia di uomini che avevano tra i 21 e i 50 anni vennero deportati al nord e morirono di stenti, prima di essere forzosamente arruolati nell'esercito.
Mi fermo qui, perchè non intendo fare un trattato di storia. Solo che a questo punto, alcune domande sono d'obbligo: come è possibile dire che c'è stata una unità di Italia, nel 1861 o anche dopo? Una nota frase di Cavour fu "Abbiamo fatto l'Italia, dobbiamo fare gli italiani". Ma che italiani siamo se non abbiamo mai riconosciuto pari a noi il nostro vicino? Ancora oggi abbiamo tantissimi comuni, province e regioni (soprattutto al nord) dove vengono fatte leggi in cui fa differenza se uno è nato in questo o in quel comune. E' questo è essere italiani? Se la risposta è sì, noi non siamo uno Stato, ma solo un branco di pecore in attesa di macellazione.

Fonte:Julienews
.
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Chiunque di noi a scuola ha studiato la storia dell'unificazione dell'Italia, di cui il 5 maggio cominciano le commemorazioni. Riepiloghiamola brevemente. 1000 eroici patrioti italiani salpano da Quarto il 5 maggio 1860, a bordo di tre navi, requisite alla bell'e meglio. Alla loro testa, Giuseppe Garibaldi, integerrimo eroe. Viaggiano fino a Marsala, dove sbarcano tra ali adoranti di folla, che non aspettano altro per liberarsi dell'oppressore borbonico. Così Garibaldi trasforma questi contadini in soldati perfettamente addestrati e li porta quasi senza colpo ferire fino a Gaeta, dove sconffiggono i borbonici. Poi l'incontro sul Garigliano e a Teano con Vittorio Emanuele, sceso alla testa dell'esercito per impedire che l'eroe dei due mondi attaccasse Roma, dove accetta di fermarsi con il celebre "Obbedisco". Ci manca solo la formula del "E vissero tutti felici e contenti" e poi la favola è perfetta. Perchè è tutto falso. Si tratta di una favoletta inventata sotto il fascismo per rafforzare il patriottismo ed evitare, in caso di guerra, le tante diserzioni che avevano funestato l'esercito italiano nella Prima Guerra Mondiale, che aveva visto intere squadre che disertavano ed andavano tra le file degli austriaci. Vediamo di raccontare qualche verità.
La flotta che partì da Quarto era formata decisamente da più navi di quelle che si dice. Infatti doveva trasportare i 40 mila mercenari (per lo più tedeschi e ungheresi, gli italiani erano un migliaio o poco più) destinati ad invadere la Sicilia; numerosi cannoni leggeri, per accompagnare gli attacchi della fanteria; e le armi. Perchè non è affatto vero che i garibaldini erano male armati. Anzi, nel 1861 sul Times uscì un articolo che dimostrava che erano stati acquistati per i garibaldini 25 mila fucili Enfield P-53, i migliori dell'epoca, insieme a oltre 3 milioni di proiettili. Inoltre le navi da trasporto erano difese dalle navi da guerra inglesi, che le scortarono per tutto il viaggio.
Quando questa imponente flotta arrivò a Marsala, per i siciliani fu l'ennesima lotta per la sopravvivenza: i più fortunati fuggirono e si nascosero, gli altri furono vittima di un saccheggio che avrebbe fatto impallidire Attila: città bruciate, uomini uccisi, donne e ragazze violentate. Passando in questa maniera per la SIcilia, la Calabria e la Campania meridionale, come locuste, i garibaldini arrivarono in prossimità di Napoli. Garibaldi ordinò che l'artiglieria demolisse palazzo per palazzo ogni zona dove ci fosse stata resistenza nemica. Perchè anche questo non si dice mai. Garibaldi non era l'eroe di cui si parla sempre. Era un ottimo stratega, ma aveva una crudeltà ed una brama di sangue tale, che non avrebbe sfigurato nelle SS incaricate di uccidere gli ebrei nella Seconda Guerra Mondiale. Ma per fortuna i borbonici ci tenevano alla città e quindi si ritirarono nella fortezza di Capua, dove resistettero fino alla sconfitta. Quando poi Garibaldi fu fermato dall'esercito sabaudo, disse il famoso "obbedisco" perchè aveva poche alternative. Era alla testa di un esercito che ormai cominciava a pagare l'attrito della guerra prolungata: erano pochi, le munizioni scarseggiavano, perchè Cavour conosceva i suoi polli e da parecchio non mandava rifornimenti ai garibaldini, e quindi non avrebbero potuto far fronte al freschissimo esercito sardo, che aveva conquistato tutta l'Italia senza mai incontrare alcuna opposizione. Quindi dovette l'Eroe dei Due Mondi, abbassò la testa e rinunciò. Ma anche dopo fu odiato da tutti, tanto che quando entrò in Parlamento fu ostracizzato da tutti.
A questo punto, finiti gli insulti di tutti coloro che ritengono questa ricostruzione falsa, si dirà: ma almeno la parte di Cavour, dell'Unità di Italia e di tutto il resto è vera. Invece no, sono anche qua tutte balle sesquipedali (balle enormi, per chi non conosce il termine, ndr). In realtà la considerazione era puramente strategica. Cavour sapeva che se la Francia e l'Impero Austro-Ungarico si fossero alleate, il Regno di Sardegna sarebbe rimasto schiacciato. Quindi bisognava acquisire spazio ed allontanare la Capitale dai confini. Come misura temporanea mandò la propria cugina, l'allora 16enne COntessa di Castiglione, a prostituirsi presso Napoleone III, che allora guidava la Francia. Ma la cosa durò poco e quindi prese in esame altre possibilità; per esempio quella del sud Italia dove a parte i borbonici erano tutti territori facilmente conquistabili. Anche lo Stato Pontificio, territorialmente molto esteso, non aveva un esercito preoccupante. C'era solo il Regno Borbonico da sconfiggere, che all'epoca era uno dei migliori dell'Europa: bassa tassazione, economia ben tenuta, con un giusto mix di agricoltura e industria, una buona burocrazia. Ma un esercito debole e mal tenuto, dato che i borbonici facevano affidamento sul fatto che chiunque li avesse attaccati avrebbe segnalato le loro intenzioni dovendo attraversare l'Italia. Il calcolo era sbagliato e la storia l'ha dimostrato. Dopo che il Regno di Sardegna aveva conquistato tutta l'Italia del centrosud (tranne quello che restava del Regno pontificio che venne conquistato nel 1870), cominciò il saccheggio. Le riserve auree del Banco di Napoli e del Banco di SIcilia furono trafugati dai soldati e trasportati a Torino. L'industria borbonica era di altissimo livello, in particolare il settore tessile; all'epoca un vestito "made in Napoli" era la garanzia di massima qualità, indipendentemente dal singolo artigiano che l'aveva cucito. Ma fu rasa al suolo, senza problemi. Ma anche i contadini dovettero pagare dazio, gravati come furono dalla tassa sul sale e dalla tassa sul grano. E quando si ribellavano per la fame, trovavano l'esercito che li prendeva a cannonate e li massacrava. Inoltre decine di migliaia di uomini che avevano tra i 21 e i 50 anni vennero deportati al nord e morirono di stenti, prima di essere forzosamente arruolati nell'esercito.
Mi fermo qui, perchè non intendo fare un trattato di storia. Solo che a questo punto, alcune domande sono d'obbligo: come è possibile dire che c'è stata una unità di Italia, nel 1861 o anche dopo? Una nota frase di Cavour fu "Abbiamo fatto l'Italia, dobbiamo fare gli italiani". Ma che italiani siamo se non abbiamo mai riconosciuto pari a noi il nostro vicino? Ancora oggi abbiamo tantissimi comuni, province e regioni (soprattutto al nord) dove vengono fatte leggi in cui fa differenza se uno è nato in questo o in quel comune. E' questo è essere italiani? Se la risposta è sì, noi non siamo uno Stato, ma solo un branco di pecore in attesa di macellazione.

Fonte:Julienews
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