giovedì 22 luglio 2010

Negata una parte di verità storica nel Risorgimento italiano?

di Davide Pelanda

C'è chi la chiama "la storia violata". E noi per la prima volta l'abbiamo sentita domenica 18 luglio scorso andando a visitare la fortezza di Fenestrelle, in Piemonte. Tre ore e mezzo divisita-escursione in una splendida giornata di sole dove la nostra guida, portandoci nelle prigioni che furono utilizzate anche dai francesi all'epoca napoleonica, si è soffermata sulla scritta che abbiamo fotografato e riportato allegata a questo scritto.

La spiegazione che ci ha dato Giusy, la nostra simpatica guida, è stata semplice ma, al tempo stesso, una toccante novità per chi di storia ha solo delle reminescenze da liceo o da scuola media: quella targa ricorda chi, tra i soldati e civili, non voleva l'Unità d'Italia, persone provenienti soprattutto dal Meridione, dal Regno delle Due Sicilie. La guida ha poi riferito che molti tra di loro vennero presie portati a forza o meglio deportati nei "campi di concentramento" italiani - li ha chiamati proprio così – svelandone l'esistenza nel nostro Paese come quello appunto di Fenestrelle, di San Maurizio Canavese e di Milano.

Davanti a quella targa, ha ancora spiegato la guida turistica, ogni anno un gruppo di un'associazione borbonica si ritrova per una commemorazione con tanto di celebrazione di una messa al campo, depositandovi davanti una corona d'alloro.

Congedandosi dal gruppo di una ventina di persone, la nostra Giusy ci confida che tale spiegazione la ripete sempre a tutti i gruppi che accompagna invisita alla fortezza.

Sarà tutto vero? Nel viaggio di ritorno a casa il dubbio ci rode dentro.

Abbiamo cercato informazioni, conferme o smentite, sui nostri libri di scuola, con una breve navigazione nella rete Internet sull'avvenimento raccontatoci.

Abbiamo in effetti scoperto che quello che Giusy ci ha spiegato per sommi capi fa parte di una delle pagine più tristi e nere della storia d'Italia.

Due nostre fonti parlano di questa vicenda. La prima trovata è un testo di un tal Mario Folino Gallo, calabrese ed appassionato di storia (testo reperibile su http://www.facebook.com/topic.php?uid=141391897248&topic=14265), che scrive che 145 anni fa «vennero eseguite 5.212 condanne a morte nel Meridione d'Italia, 500.000 persone arrestate, molte delle quali internate nei lager sabaudi di Fenestrelle e San Maurizio, a duemila metri d'altezza, in Piemonte, i cadaveri sciolti nella calce viva; 62 paesi rasi al suolo»; la seconda nostra fonte internettiana, tal Stefania Maffeo (http://cronologia.leonardo.it/storia/a1863b.htm) riferisce grosso modo le stesse cose con qualche piccolo distinguo:«cinquemiladuecentododici condanne a morte, 6564 arresti, 54 paesirasi al suolo, 1 milione di morti. Queste le cifre della repressione consumata all'indomani dell'Unità d'Italia dai Savoia».

Racconta nel dettaglio Mario Folino Gallo:

«Dopo la caduta repentina dell'ormai consunto apparato borbonico, il governo sabaudo si ritrovò a dover fare i conti una massa davvero ingente di militari napoletani sbandati. In pochi mesi a quei militari che erano stata fatti prigionieri nel corso degli eventi bellici si aggiunsero tutti coloro che, per non sottostare alla leva obbligatoria, dopo essersi rifugiati sulle montagne trasformandosi in briganti, erano stati catturati nel corso dei vari rastrellamenti. Il governo sabaudo, trovandosi di fronte a una vera e propria emergenza che rischiava di esplodere da un momento all'altro (tutto i lMeridione era infatti infiammato dalla rivolta brigantesca), in un primo momento si limitò a rinchiudere tali prigionieri nelle malsane e insufficienti carceri del Sud. Subito dopo, però, intuendo la pericolosità della situazione, escogitò un "piano di evacuazione" trasferendo specialmente via mare, gli ex soldati borbonici al nord, lontano dai focolai di rivolta.

Iniziò così, una vera e propria deportazione in grande stile.

Il porto d'arrivo dei bastimenti carichi di prigionieri era soprattutto Genova; da qui venivano subito smistati nelle varie località di destinazione. Le principali erano: Fenestrelle, piccola località ad un centinaio di chilometri da Torino, dove esisteva un'imponente fortezza a San Maurizio Canavese, alle porte di Torino,e poi Alessandria, Milano, Bergamo e Genova. Migliaia di altri meridionali, poi, dalle variegate composizioni (ex ufficiali esoldati, briganti, renitenti alla leva, oppositori politici opresunti tali, vagabondi, camorristi) vennero confinati in varie isole: Gorgonia, Elba, Giglio, Capraia, Ponza». Sarà vero?

Addirittura Mario Folino Gallo, nostra fonte internettiana, scrive che nel 1868 «il primo ministro Menabrea affidò ai suoi funzionari il compito di contattare la Repubblica Argentina. Era stata persino individuata la regione nella quale sarebbe dovuto sorgere lo stabilimento penale: laPatagonia, una terra desertica e inospitale che si prestava meravigliosamente alla bisogna. Ma anche il governo argentino decisedi respingere la singolare richiesta italiana. E così, nonostante gli sforzi, la questione rimase irrisolta e le migliaia di prigionieri rimasero stipate nelle luride carceri italiane incondizioni disumane».

Non è da meno Stefania Maffeo, l'altra nostra fonte internettiana, checonferma quest'ultimo episodio citato da Gallo aggiungendo che fu un ricercatore a trovare «dei documenti presso l'Archivio Storico del Ministero degli Esteri attestanti che, nel 1869, il governoitaliano voleva acquistare un'isola dall'Argentina per relegarvi isoldati napoletani prigionieri», mentre lo stesso Gallo affermaall'inizio del suo scritto che «presso lo Stato Maggiore dell'Esercito si conservano 150.000 pagine che contengono la veritàsull'insurrezione meridionale contro i piemontesi all'indomani dell'unità d'Italia, quel controverso periodo capziosamente definito "brigantaggio"». Sarà vero?

Concludendo il suo pezzo, Mario Folino Gallo constata però che «nel referendum istituzionale del 1946, il Sud voterà in maniera massiccia a favore della casa Savoia. Situazioni, queste, che destano sconcerto dopo aver letto le vicende che abbiamo riportato, ma oltre che immemori (e questa è una loro colpa) sicuramente i meridionali erano anche ignari, stavolta senza colpa, dei misfatti di cui furono vittime tanti loro fratelli. (...) Nessuno ha intenzione di inseguire sogni nostalgici o anacronistiche restaurazioni, ma la vera forza di una democrazia si misura anche nella capacità di non negare la verità storica, insabbiando episodi che sarebbero imbarazzanti».

Chissà se qualche storico, garantendoci il più possibile quella propria dello studioso ed una distanza da qualsivoglia colorazione politica, possa confermarci o meno ciò che viene detto regolarmente dalla guida nelle visite a Fenestrelle e scritto su Internet? Rimaniamo in attesa...

Fonte: Nuova Società


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di Davide Pelanda

C'è chi la chiama "la storia violata". E noi per la prima volta l'abbiamo sentita domenica 18 luglio scorso andando a visitare la fortezza di Fenestrelle, in Piemonte. Tre ore e mezzo divisita-escursione in una splendida giornata di sole dove la nostra guida, portandoci nelle prigioni che furono utilizzate anche dai francesi all'epoca napoleonica, si è soffermata sulla scritta che abbiamo fotografato e riportato allegata a questo scritto.

La spiegazione che ci ha dato Giusy, la nostra simpatica guida, è stata semplice ma, al tempo stesso, una toccante novità per chi di storia ha solo delle reminescenze da liceo o da scuola media: quella targa ricorda chi, tra i soldati e civili, non voleva l'Unità d'Italia, persone provenienti soprattutto dal Meridione, dal Regno delle Due Sicilie. La guida ha poi riferito che molti tra di loro vennero presie portati a forza o meglio deportati nei "campi di concentramento" italiani - li ha chiamati proprio così – svelandone l'esistenza nel nostro Paese come quello appunto di Fenestrelle, di San Maurizio Canavese e di Milano.

Davanti a quella targa, ha ancora spiegato la guida turistica, ogni anno un gruppo di un'associazione borbonica si ritrova per una commemorazione con tanto di celebrazione di una messa al campo, depositandovi davanti una corona d'alloro.

Congedandosi dal gruppo di una ventina di persone, la nostra Giusy ci confida che tale spiegazione la ripete sempre a tutti i gruppi che accompagna invisita alla fortezza.

Sarà tutto vero? Nel viaggio di ritorno a casa il dubbio ci rode dentro.

Abbiamo cercato informazioni, conferme o smentite, sui nostri libri di scuola, con una breve navigazione nella rete Internet sull'avvenimento raccontatoci.

Abbiamo in effetti scoperto che quello che Giusy ci ha spiegato per sommi capi fa parte di una delle pagine più tristi e nere della storia d'Italia.

Due nostre fonti parlano di questa vicenda. La prima trovata è un testo di un tal Mario Folino Gallo, calabrese ed appassionato di storia (testo reperibile su http://www.facebook.com/topic.php?uid=141391897248&topic=14265), che scrive che 145 anni fa «vennero eseguite 5.212 condanne a morte nel Meridione d'Italia, 500.000 persone arrestate, molte delle quali internate nei lager sabaudi di Fenestrelle e San Maurizio, a duemila metri d'altezza, in Piemonte, i cadaveri sciolti nella calce viva; 62 paesi rasi al suolo»; la seconda nostra fonte internettiana, tal Stefania Maffeo (http://cronologia.leonardo.it/storia/a1863b.htm) riferisce grosso modo le stesse cose con qualche piccolo distinguo:«cinquemiladuecentododici condanne a morte, 6564 arresti, 54 paesirasi al suolo, 1 milione di morti. Queste le cifre della repressione consumata all'indomani dell'Unità d'Italia dai Savoia».

Racconta nel dettaglio Mario Folino Gallo:

«Dopo la caduta repentina dell'ormai consunto apparato borbonico, il governo sabaudo si ritrovò a dover fare i conti una massa davvero ingente di militari napoletani sbandati. In pochi mesi a quei militari che erano stata fatti prigionieri nel corso degli eventi bellici si aggiunsero tutti coloro che, per non sottostare alla leva obbligatoria, dopo essersi rifugiati sulle montagne trasformandosi in briganti, erano stati catturati nel corso dei vari rastrellamenti. Il governo sabaudo, trovandosi di fronte a una vera e propria emergenza che rischiava di esplodere da un momento all'altro (tutto i lMeridione era infatti infiammato dalla rivolta brigantesca), in un primo momento si limitò a rinchiudere tali prigionieri nelle malsane e insufficienti carceri del Sud. Subito dopo, però, intuendo la pericolosità della situazione, escogitò un "piano di evacuazione" trasferendo specialmente via mare, gli ex soldati borbonici al nord, lontano dai focolai di rivolta.

Iniziò così, una vera e propria deportazione in grande stile.

Il porto d'arrivo dei bastimenti carichi di prigionieri era soprattutto Genova; da qui venivano subito smistati nelle varie località di destinazione. Le principali erano: Fenestrelle, piccola località ad un centinaio di chilometri da Torino, dove esisteva un'imponente fortezza a San Maurizio Canavese, alle porte di Torino,e poi Alessandria, Milano, Bergamo e Genova. Migliaia di altri meridionali, poi, dalle variegate composizioni (ex ufficiali esoldati, briganti, renitenti alla leva, oppositori politici opresunti tali, vagabondi, camorristi) vennero confinati in varie isole: Gorgonia, Elba, Giglio, Capraia, Ponza». Sarà vero?

Addirittura Mario Folino Gallo, nostra fonte internettiana, scrive che nel 1868 «il primo ministro Menabrea affidò ai suoi funzionari il compito di contattare la Repubblica Argentina. Era stata persino individuata la regione nella quale sarebbe dovuto sorgere lo stabilimento penale: laPatagonia, una terra desertica e inospitale che si prestava meravigliosamente alla bisogna. Ma anche il governo argentino decisedi respingere la singolare richiesta italiana. E così, nonostante gli sforzi, la questione rimase irrisolta e le migliaia di prigionieri rimasero stipate nelle luride carceri italiane incondizioni disumane».

Non è da meno Stefania Maffeo, l'altra nostra fonte internettiana, checonferma quest'ultimo episodio citato da Gallo aggiungendo che fu un ricercatore a trovare «dei documenti presso l'Archivio Storico del Ministero degli Esteri attestanti che, nel 1869, il governoitaliano voleva acquistare un'isola dall'Argentina per relegarvi isoldati napoletani prigionieri», mentre lo stesso Gallo affermaall'inizio del suo scritto che «presso lo Stato Maggiore dell'Esercito si conservano 150.000 pagine che contengono la veritàsull'insurrezione meridionale contro i piemontesi all'indomani dell'unità d'Italia, quel controverso periodo capziosamente definito "brigantaggio"». Sarà vero?

Concludendo il suo pezzo, Mario Folino Gallo constata però che «nel referendum istituzionale del 1946, il Sud voterà in maniera massiccia a favore della casa Savoia. Situazioni, queste, che destano sconcerto dopo aver letto le vicende che abbiamo riportato, ma oltre che immemori (e questa è una loro colpa) sicuramente i meridionali erano anche ignari, stavolta senza colpa, dei misfatti di cui furono vittime tanti loro fratelli. (...) Nessuno ha intenzione di inseguire sogni nostalgici o anacronistiche restaurazioni, ma la vera forza di una democrazia si misura anche nella capacità di non negare la verità storica, insabbiando episodi che sarebbero imbarazzanti».

Chissà se qualche storico, garantendoci il più possibile quella propria dello studioso ed una distanza da qualsivoglia colorazione politica, possa confermarci o meno ciò che viene detto regolarmente dalla guida nelle visite a Fenestrelle e scritto su Internet? Rimaniamo in attesa...

Fonte: Nuova Società


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