venerdì 6 agosto 2010

FIAT produce le automobili all'estero e pretende gli incentivi economici dall'Italia!

FIAT in forte crisi. Le vendite crollano subito dopo la questione Pomigliano e Melfi: fabbriche Fiat che chiudono in Italia per riaprire in Serbia, Polonia, Turchia. La dirigenza Fiat, però, lamenta la fine degli incentivi. Per gli italiani allora diventa davvero difficile capire perché, in un momento di crisi come l’attuale, una delle maggiori industrie italiane voglia dei contributi dopo aver condotto alla disoccupazione migliaia di famiglie ed essere andata ad arricchire altri paesi. Che senso ha chiudere le fabbriche, portare la produzione all’estero e poi pretendere non solo gli incentivi ma anche che quelle migliaia di operai prossimi alla disoccupazione acquistino queste auto, proprio dall’azienda che ha rifiutato la contrattazione sui più elementari diritti dei lavoratori e ora pretende anche la ridiscussione del contratto nazionale, cosa a cui i sindacati si sono fortemente opposti.

Secondo un’ansa di ieri, le immatricolazioni di Fiat Group Automobiles in Italia, a luglio, sono scese in picchiata: 44.433 unità, per un calo del 35,81% rispetto alle 69.222 registrate nello stesso periodo un anno fa. Il calo maggiore da 13 anni, cioè da quando esistono queste rilevazioni. A giugno il gruppo aveva immatricolato 51.878 vetture, registrando un calo del 27,48% rispetto a un anno prima nel 2009. E per quanto riguarda le vendite, ora la Fiat vede addirittura peggiorare la propria situazione con una quota di mercato che scende sotto il 30%. Luglio segna infatti il 29,09% delle vendite in Italia, in calo rispetto al 33,55% di un anno fa. A giugno la quota era al 30,41%, in lieve salita rispetto al 29,83% di maggio.

I concessionari FIAT soffrono ancora di più per la situazione, stimando un rischio di perdita di posti di lavoro attorno alle duemila unità nei saloni e altrettanti nell’indottose non arrivano segni di ripresa. Ma quali segni dovrebbero arrivare con le migliaia di buste paga perse e quelle in bilico? Cambiare l’auto non è certo il primo pensiero di una famiglia in cassintegrazione o prossima alla perdita del lavoro. Un produttore di auto che si è sempre rivolto maggiormente a questa fascia di clienti dovrebbe saperlo, è talmente banale: togli lo stipendio agli operai e gli operai non acquistano. Sul mercato della distribuzione e delle concessionarie Fiat pesano poi anche i costi fissi, molto difficili da comprimere in caso di crisi.

Secondo i concessionari e i dati rilevati sulle vendite, infatti, il calo tra giugno e luglio rapportato agli anni precedenti sarebbe del 30%. I venditori di auto torinesi parlano di un mercato che rispetto all’anno scorso ha avuto un calo del 30 per cento. E concordano sul fatto che con i modelli del Lingotto è andata pure peggio: meno 40 per cento. Vuol dire che si vendono quasi la metà delle vetture Fiat del 2009.

Fonte:Sale del mondo


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FIAT in forte crisi. Le vendite crollano subito dopo la questione Pomigliano e Melfi: fabbriche Fiat che chiudono in Italia per riaprire in Serbia, Polonia, Turchia. La dirigenza Fiat, però, lamenta la fine degli incentivi. Per gli italiani allora diventa davvero difficile capire perché, in un momento di crisi come l’attuale, una delle maggiori industrie italiane voglia dei contributi dopo aver condotto alla disoccupazione migliaia di famiglie ed essere andata ad arricchire altri paesi. Che senso ha chiudere le fabbriche, portare la produzione all’estero e poi pretendere non solo gli incentivi ma anche che quelle migliaia di operai prossimi alla disoccupazione acquistino queste auto, proprio dall’azienda che ha rifiutato la contrattazione sui più elementari diritti dei lavoratori e ora pretende anche la ridiscussione del contratto nazionale, cosa a cui i sindacati si sono fortemente opposti.

Secondo un’ansa di ieri, le immatricolazioni di Fiat Group Automobiles in Italia, a luglio, sono scese in picchiata: 44.433 unità, per un calo del 35,81% rispetto alle 69.222 registrate nello stesso periodo un anno fa. Il calo maggiore da 13 anni, cioè da quando esistono queste rilevazioni. A giugno il gruppo aveva immatricolato 51.878 vetture, registrando un calo del 27,48% rispetto a un anno prima nel 2009. E per quanto riguarda le vendite, ora la Fiat vede addirittura peggiorare la propria situazione con una quota di mercato che scende sotto il 30%. Luglio segna infatti il 29,09% delle vendite in Italia, in calo rispetto al 33,55% di un anno fa. A giugno la quota era al 30,41%, in lieve salita rispetto al 29,83% di maggio.

I concessionari FIAT soffrono ancora di più per la situazione, stimando un rischio di perdita di posti di lavoro attorno alle duemila unità nei saloni e altrettanti nell’indottose non arrivano segni di ripresa. Ma quali segni dovrebbero arrivare con le migliaia di buste paga perse e quelle in bilico? Cambiare l’auto non è certo il primo pensiero di una famiglia in cassintegrazione o prossima alla perdita del lavoro. Un produttore di auto che si è sempre rivolto maggiormente a questa fascia di clienti dovrebbe saperlo, è talmente banale: togli lo stipendio agli operai e gli operai non acquistano. Sul mercato della distribuzione e delle concessionarie Fiat pesano poi anche i costi fissi, molto difficili da comprimere in caso di crisi.

Secondo i concessionari e i dati rilevati sulle vendite, infatti, il calo tra giugno e luglio rapportato agli anni precedenti sarebbe del 30%. I venditori di auto torinesi parlano di un mercato che rispetto all’anno scorso ha avuto un calo del 30 per cento. E concordano sul fatto che con i modelli del Lingotto è andata pure peggio: meno 40 per cento. Vuol dire che si vendono quasi la metà delle vetture Fiat del 2009.

Fonte:Sale del mondo


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