domenica 31 gennaio 2010

Napoli città di cultura e musica RICORDIAMOLO A TUTTI


Continua da parte della televisione e dei media nazionali il gioco al massacro nei confronti della città di Napoli e della sua cultura. Fenomeni da baraccone sfilano in tv ergendosi a portavoce di una napoletanità chiassosa, volgare e degradata che nulla ha a vedere con la cultura pulita di una città che nel corso della storia ne è stata capitale europea. Di Napoli e della Campania oggi vengono solo proposti personaggi ridicoli ed improponibili passando per un esercito di artisti improvvisati, spopolano in tv con il beneplacito dei responsabili dei palinsesti. E agli occhi dell’Italia che produce, quella del luogo comune, Napoli rappresenta sempre di più la fucina del degrado dell’intera nazione. Il capro espiatorio che, dalla conquista sabauda (leggi Unità d’Italia ) in poi, ha sempre funzionato come pattumiera su cui depositare tutte le magagne di uno stato che da Trieste a Lampedusa non se la passa certo meglio.


Eppure, Napoli non è solo la città del malaffare, immondizia e rifiuti. La maggior parte dei cittadini soffre per la propria terra malata, ed ogni giorno si rimbocca le maniche per provare nel proprio piccolo a porre rimedio. Nell’immaginario colletivo, si associa spesso Napoli al mandolino, simbolo della tradizione musicale. Associazione che non fa una piega, ma che non può essere ricondotta al fenomeno neomelodico. Non va e non deve essere dimenticato che la musica leggera italiana è nata sotto il Vesuvio con la canzone napoletana, con componimenti scritti da illustri poeti come Salvatore Di Giacomo e Ferdinando Russo, musicati da compositori di fama internazionale tra cui Gaetano Donizetti. Di tutto questo, l’Italia che canta forse non ne è a conoscenza. Non per ignoranza, ma perché la storia della musica napoletana non è mai stata approfondita come di dovere, né a Napoli, né altrove. Ai napoletani di buona volontà dunque il compito di promuovere e rivalutare una delle principali espressioni artistiche cittadine, di esportarla in tutto il mondo e di regalare il riscatto a una città che merita ben altra considerazione in ambito socio-culturale .
Per finire BASTA con queste trasmissioni che ridicolizzano NAPOLI.

La Scoop Travel come portavoce e promotrice della Corciera della Muisca Napoletana non smetterà mai di denuciare queste situazioni che rendono una pagliacciata agli occhi del mondo la musica napoletana e la Città.

Fonte:Scoop Travel
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Continua da parte della televisione e dei media nazionali il gioco al massacro nei confronti della città di Napoli e della sua cultura. Fenomeni da baraccone sfilano in tv ergendosi a portavoce di una napoletanità chiassosa, volgare e degradata che nulla ha a vedere con la cultura pulita di una città che nel corso della storia ne è stata capitale europea. Di Napoli e della Campania oggi vengono solo proposti personaggi ridicoli ed improponibili passando per un esercito di artisti improvvisati, spopolano in tv con il beneplacito dei responsabili dei palinsesti. E agli occhi dell’Italia che produce, quella del luogo comune, Napoli rappresenta sempre di più la fucina del degrado dell’intera nazione. Il capro espiatorio che, dalla conquista sabauda (leggi Unità d’Italia ) in poi, ha sempre funzionato come pattumiera su cui depositare tutte le magagne di uno stato che da Trieste a Lampedusa non se la passa certo meglio.


Eppure, Napoli non è solo la città del malaffare, immondizia e rifiuti. La maggior parte dei cittadini soffre per la propria terra malata, ed ogni giorno si rimbocca le maniche per provare nel proprio piccolo a porre rimedio. Nell’immaginario colletivo, si associa spesso Napoli al mandolino, simbolo della tradizione musicale. Associazione che non fa una piega, ma che non può essere ricondotta al fenomeno neomelodico. Non va e non deve essere dimenticato che la musica leggera italiana è nata sotto il Vesuvio con la canzone napoletana, con componimenti scritti da illustri poeti come Salvatore Di Giacomo e Ferdinando Russo, musicati da compositori di fama internazionale tra cui Gaetano Donizetti. Di tutto questo, l’Italia che canta forse non ne è a conoscenza. Non per ignoranza, ma perché la storia della musica napoletana non è mai stata approfondita come di dovere, né a Napoli, né altrove. Ai napoletani di buona volontà dunque il compito di promuovere e rivalutare una delle principali espressioni artistiche cittadine, di esportarla in tutto il mondo e di regalare il riscatto a una città che merita ben altra considerazione in ambito socio-culturale .
Per finire BASTA con queste trasmissioni che ridicolizzano NAPOLI.

La Scoop Travel come portavoce e promotrice della Corciera della Muisca Napoletana non smetterà mai di denuciare queste situazioni che rendono una pagliacciata agli occhi del mondo la musica napoletana e la Città.

Fonte:Scoop Travel
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Quando il Sud era il Nord


Di Orlando Fico

I buoni e i cattivi
Il contrubuto del Sud all'unificazione. Pier Carlo Boggio, Vittorio Bersezio, Michelangelo Castelli, Giuseppe Bertoldi, Massimo d’Azeglio, Silvio Pellico, Costantino Nigra, Angelo Brofferio, Santorre di Santarosa, Cesare Balbo, Carlo Alberto, Camillo Cavour (Piemonte); Gabrio Casati, Giuseppe Guerzoni, Emilio Dandolo, Cristina di Belgioioso, Carlo Cattaneo, Giovanni Berchet, Giovanni Visconti Venosta (Lombardia); Anton Giulio Barrili,Goffredo Mameli, Giovanni Ruffini, Giuseppe Cesare Abba, Edmondo De Amicis, Giuseppe Garibaldi, Giuseppe Mazzini (Liguria);
Goffredo Mameli, Giovanni Ruffini, Giuseppe Cesare Abba, Edmondo De Amicis, Giuseppe Garibaldi, Giuseppe Mazzini (Liguria); Ippolito Nievo, Arnaldo Fusinato, Francesco Dall’Ongaro, Nicolò Tommaseo(Veneto); Nicola Nisco, Carlo Pisacane, Luigi Settembrini (Campania); Giuseppe Massari (Puglie); Guglielmo Pepe (Calabria).
Questa sfilza di nomi può sembrare noiosa, ma si ritiene oppurtuno sottoporla all’attenzione del lettore, poiché riflettendo su questi nomi, si possono capire meglio alcune vicende della storia del Risorgimento così come è stata insegnata a scuola. Si tratta chiaramente di patrioti che erano ostili ai propri governanti e desiderosi di unificare l’Italia. Essi sono anche gli autori di brani contenuti in due opuscoli distribuiti nelle scuole nel 1961 in occasione del primo centenario dell’ Italia unita: sulle copertine è riprodotta una coccarda verde, bianca, rossa; i titoli “I grandi fatti che portarono all’Unità” e “Figure ed episodi del Risorgimento Italiano”.
Facevano parte di una collana diretta da A.M. Ghisalberti, presidente dell’Istituto per la Storia del Risorgimento Italiano. Probabilmente chi legge potrebbe ancora averne una copia tra i suoi vecchi libri. Si considerino questi nomi, al termine di ogni serie è citata la regione di provenienza: salta subito all’occhio che solo un’ esigua minoranza di questi patrioti proveniva da regioni meridionali. Ciò indica che il bisogno di un’Italia unita nel Regno delle Due Sicilie era allora poco sentito e, come poi dimostrò la lunga e sanguinosa guerra civile causata dall’invasione delle regioni del Sud da parte di Garibaldi e dei piemontesi, l’ unificazione venne imposta con la forza delle armi. Quindi le regioni del Sud non vennero “liberate”, come hanno detto ripetutamente, ma con il pretesto dell’unificazione furono invase e occupate con la forza delle armi da parte dei “fratelli” garibaldini e piemontesi. I suddetti patrioti, come già accennato, hanno raccontato del risorgimento alcuni episodi che leggiamo nei libri della storia ufficiale. Ma non è la storia, è la “loro” storia, una storia interessata e inventata per giustificare l’invasione, una storia fatta di vuota esaltazione dei “buoni” Savoia e piemontesi e di denigrazione dei “cattivi” Borboni.
A riprova basterebbe rileggere qualche brano di questi opuscoli e per una più corretta valutazione sarebbe anche opportuno avere sugli autori tutte quelle notizie taciute furbescamente nei testi scolastici ufficiali. Per ragioni di spazio e a titolo di esempio ci si limita solo a qualche rapido cenno su Luigi Settembrini e Massimo d’Azeglio. L. Settembrini, napoletano, ostile al governo borbonico, per la sua attività di cospiratore fu condannato più volte: allora in tutti gli stati italiani le cospirazioni erano frequenti e così le condanne. Approfittando dell’invasione garibaldina, dall’Inghilterra dove si trovava, tornò in Italia. A Napoli occupò la cattedra di letteratura all’Università e prese parte anche alla vita politica. Scrisse alcune opere fra cui “Le ricordanze della mia vita” pubblicata postuma nel 1879 e proprio in quest’opera di riflessione sulla propria vita ricordò quanto aveva detto nel 1870, cioè dopo dieci anni di mal governo sabaudo, rivolgendosi ai suoi allievi: ”Figli miei, bestemmiate la memoria di Ferdinando II, poiché è sua la colpa di questo. Se egli avesse impiccato noi altri, oggi non si sarebbe a questo: fu clemente e noi facemmo di peggio”. Evidentemente il nuovo governo rappresentato dai Savoia era peggiore del precedente; né il Settembrini poteva ignorare gli orrendi crimini della guerra civile! Ma egli, al pari degli altri suoi connazionali, aveva già contribuito con la sua propaganda contro i Borboni, ad affrettare la rovina di un regno florido e di una popolazione pacifica. . M. d’ Azeglio fu artista, scrittore, uomo politico torinese.
Ai suoi amici patrioti che volevano aiutare i lombardi a sottrarre la loro terra all’ Austria in occasione delle cinque giornate e non sapevano in che modo potessero essere loro utili, disse:”Chiamiamo il ladro, solo Carlo Alberto può mettere mano in questo affare!” Evidentemente alludeva a qualche “vizietto” di famiglia dei Savoia. . Nel 2011 ricorrerà il centocinquantesimo anniversario dell’unità d’Italia e già in vista di questo evento sono in atto i preparativi con la programmazione fra l’altro di mostre, convegni ecc.ecc. Una mostra è stata organizzata anche a Roma in alcune sale interne dell’Altare della Patria. In questa mostra sono esposte, oltre che le solite facce dei massacratori del Centro e del Sud dell’Italia, anche una copia degli opuscoli sopra ricordati, gli stessi del 1961: nulla è cambiato!
Anche i testi scolastici in uso nelle nostre scuole sono rimasti immutati. D’altronde c’è chi scrive i libri e non si preoccupa tanto di aggiornarsi, è meno faticoso scopiazzare quelli già esistenti, perché poi turbare la quiete? A ciò si aggiunga l’orientamento di certe case editrici e il gioco è fatto. In tali testi appunto il risorgimento è rimasto pressoché invariato con le solite falsità già propinate a noi e oggi ai nostri figli, malgrado anche i numerosi documenti venuti alla luce dalla metà del secolo appena trascorso.
Nel 1951 infatti, cioè cinque anni dopo che fu decretata la fine della monarchia dei Savoia, accadde un fatto molto importante: gli eredi della dinastia dei Borboni poterono vendere allo stato italiano l’Archivio Borbone, trasferito poi nell’Archivio di Stato di Napoli. Prese parte a tale operazione anche la principessa Urraca di Borbone, nipote di Alfonso, fratello di Francesco II, ultimo re del Regno delle Due Sicilie. Questo archivio che contiene un’infinità di notizie inedite, diede nuovo impulso alla ricerca storica sulle vicende risorgimentali. Così fu possibile diffondere notizie del tutto sconcertanti che rovesciano completamente quanto è stato insegnato a scuola.
Purtroppo ci sono ancora quelli che si ostinano a sostenere spudoratamente le loro “verità”, infarcite di bugie, come Alessandro Galante Garrone dell’Università di Torino. Secondo questo signore bisogna difendere il risorgimento da una ”denigrazione programmatica, fanatica e irragionevole, per fini di parte, svilendo l’opera dei padri risorgimentali, con il rischio di negare le radici stesse dell’esistenza dello stato italiano”.
E ancora “…la contestazione dei valori risorgimentali si accompagna a un rifluire di ideologie reazionarie, di speranze, di rivincite degli sconfitti dalla storia” infine “… rivedere il risorgimento potrebbe significare trovarsi a disagio nel contesto europeo”. Capito!? Così accanto all’episodio del meeting di Rimini del divieto di una mostra per ricordare i partigiani martiri borbonici segnalato in precedenza, si ha notizia di altre vergognose amenità. Sicuramente ci sarà altro da aspettarsi... Le regioni del centro e del sud dell’Italia furono vittime senza colpa di una feroce aggressione e di un genocidio paragonabile a quello degli indiani d’ America: infatti l’infame usurpazione del Regno delle Due Sicilie e dello Stato Pontificio da parte dei Savoia causò anche una lunga e sanguinosa guerra fratricida, con conseguenze quasi irreparabili sul tessuto sociale ed economico di una parte così importante dell’Italia.
Tutto ciò diede origine all’annosa questione meridionale che non accenna a risolversi e c’è ancora chi ha la faccia tosta di sostenere l’intangibilità del risorgimento e di negare le gravissime responsabilità dei Savoia, di Garibaldi, di Cavour e compagni! E se per un certo tempo è andata bene, non vuol dire che il settarismo di costoro debba prevalere per sempre. Certe difese ad oltranza diventano semplicemente ridicole: la monarchia dei Savoia fortunatamente non esiste più. Ce ne liberammo già nel 1946, si rassegnino gli illusi e i cattivi maestri. E allora dove sono i buoni, dove i cattivi? Chi ha rovinato le regioni del Sud ricche e prospere prima dell’invasione di Garibaldi.

Fonte:Diaspora Petilina
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Di Orlando Fico

I buoni e i cattivi
Il contrubuto del Sud all'unificazione. Pier Carlo Boggio, Vittorio Bersezio, Michelangelo Castelli, Giuseppe Bertoldi, Massimo d’Azeglio, Silvio Pellico, Costantino Nigra, Angelo Brofferio, Santorre di Santarosa, Cesare Balbo, Carlo Alberto, Camillo Cavour (Piemonte); Gabrio Casati, Giuseppe Guerzoni, Emilio Dandolo, Cristina di Belgioioso, Carlo Cattaneo, Giovanni Berchet, Giovanni Visconti Venosta (Lombardia); Anton Giulio Barrili,Goffredo Mameli, Giovanni Ruffini, Giuseppe Cesare Abba, Edmondo De Amicis, Giuseppe Garibaldi, Giuseppe Mazzini (Liguria);
Goffredo Mameli, Giovanni Ruffini, Giuseppe Cesare Abba, Edmondo De Amicis, Giuseppe Garibaldi, Giuseppe Mazzini (Liguria); Ippolito Nievo, Arnaldo Fusinato, Francesco Dall’Ongaro, Nicolò Tommaseo(Veneto); Nicola Nisco, Carlo Pisacane, Luigi Settembrini (Campania); Giuseppe Massari (Puglie); Guglielmo Pepe (Calabria).
Questa sfilza di nomi può sembrare noiosa, ma si ritiene oppurtuno sottoporla all’attenzione del lettore, poiché riflettendo su questi nomi, si possono capire meglio alcune vicende della storia del Risorgimento così come è stata insegnata a scuola. Si tratta chiaramente di patrioti che erano ostili ai propri governanti e desiderosi di unificare l’Italia. Essi sono anche gli autori di brani contenuti in due opuscoli distribuiti nelle scuole nel 1961 in occasione del primo centenario dell’ Italia unita: sulle copertine è riprodotta una coccarda verde, bianca, rossa; i titoli “I grandi fatti che portarono all’Unità” e “Figure ed episodi del Risorgimento Italiano”.
Facevano parte di una collana diretta da A.M. Ghisalberti, presidente dell’Istituto per la Storia del Risorgimento Italiano. Probabilmente chi legge potrebbe ancora averne una copia tra i suoi vecchi libri. Si considerino questi nomi, al termine di ogni serie è citata la regione di provenienza: salta subito all’occhio che solo un’ esigua minoranza di questi patrioti proveniva da regioni meridionali. Ciò indica che il bisogno di un’Italia unita nel Regno delle Due Sicilie era allora poco sentito e, come poi dimostrò la lunga e sanguinosa guerra civile causata dall’invasione delle regioni del Sud da parte di Garibaldi e dei piemontesi, l’ unificazione venne imposta con la forza delle armi. Quindi le regioni del Sud non vennero “liberate”, come hanno detto ripetutamente, ma con il pretesto dell’unificazione furono invase e occupate con la forza delle armi da parte dei “fratelli” garibaldini e piemontesi. I suddetti patrioti, come già accennato, hanno raccontato del risorgimento alcuni episodi che leggiamo nei libri della storia ufficiale. Ma non è la storia, è la “loro” storia, una storia interessata e inventata per giustificare l’invasione, una storia fatta di vuota esaltazione dei “buoni” Savoia e piemontesi e di denigrazione dei “cattivi” Borboni.
A riprova basterebbe rileggere qualche brano di questi opuscoli e per una più corretta valutazione sarebbe anche opportuno avere sugli autori tutte quelle notizie taciute furbescamente nei testi scolastici ufficiali. Per ragioni di spazio e a titolo di esempio ci si limita solo a qualche rapido cenno su Luigi Settembrini e Massimo d’Azeglio. L. Settembrini, napoletano, ostile al governo borbonico, per la sua attività di cospiratore fu condannato più volte: allora in tutti gli stati italiani le cospirazioni erano frequenti e così le condanne. Approfittando dell’invasione garibaldina, dall’Inghilterra dove si trovava, tornò in Italia. A Napoli occupò la cattedra di letteratura all’Università e prese parte anche alla vita politica. Scrisse alcune opere fra cui “Le ricordanze della mia vita” pubblicata postuma nel 1879 e proprio in quest’opera di riflessione sulla propria vita ricordò quanto aveva detto nel 1870, cioè dopo dieci anni di mal governo sabaudo, rivolgendosi ai suoi allievi: ”Figli miei, bestemmiate la memoria di Ferdinando II, poiché è sua la colpa di questo. Se egli avesse impiccato noi altri, oggi non si sarebbe a questo: fu clemente e noi facemmo di peggio”. Evidentemente il nuovo governo rappresentato dai Savoia era peggiore del precedente; né il Settembrini poteva ignorare gli orrendi crimini della guerra civile! Ma egli, al pari degli altri suoi connazionali, aveva già contribuito con la sua propaganda contro i Borboni, ad affrettare la rovina di un regno florido e di una popolazione pacifica. . M. d’ Azeglio fu artista, scrittore, uomo politico torinese.
Ai suoi amici patrioti che volevano aiutare i lombardi a sottrarre la loro terra all’ Austria in occasione delle cinque giornate e non sapevano in che modo potessero essere loro utili, disse:”Chiamiamo il ladro, solo Carlo Alberto può mettere mano in questo affare!” Evidentemente alludeva a qualche “vizietto” di famiglia dei Savoia. . Nel 2011 ricorrerà il centocinquantesimo anniversario dell’unità d’Italia e già in vista di questo evento sono in atto i preparativi con la programmazione fra l’altro di mostre, convegni ecc.ecc. Una mostra è stata organizzata anche a Roma in alcune sale interne dell’Altare della Patria. In questa mostra sono esposte, oltre che le solite facce dei massacratori del Centro e del Sud dell’Italia, anche una copia degli opuscoli sopra ricordati, gli stessi del 1961: nulla è cambiato!
Anche i testi scolastici in uso nelle nostre scuole sono rimasti immutati. D’altronde c’è chi scrive i libri e non si preoccupa tanto di aggiornarsi, è meno faticoso scopiazzare quelli già esistenti, perché poi turbare la quiete? A ciò si aggiunga l’orientamento di certe case editrici e il gioco è fatto. In tali testi appunto il risorgimento è rimasto pressoché invariato con le solite falsità già propinate a noi e oggi ai nostri figli, malgrado anche i numerosi documenti venuti alla luce dalla metà del secolo appena trascorso.
Nel 1951 infatti, cioè cinque anni dopo che fu decretata la fine della monarchia dei Savoia, accadde un fatto molto importante: gli eredi della dinastia dei Borboni poterono vendere allo stato italiano l’Archivio Borbone, trasferito poi nell’Archivio di Stato di Napoli. Prese parte a tale operazione anche la principessa Urraca di Borbone, nipote di Alfonso, fratello di Francesco II, ultimo re del Regno delle Due Sicilie. Questo archivio che contiene un’infinità di notizie inedite, diede nuovo impulso alla ricerca storica sulle vicende risorgimentali. Così fu possibile diffondere notizie del tutto sconcertanti che rovesciano completamente quanto è stato insegnato a scuola.
Purtroppo ci sono ancora quelli che si ostinano a sostenere spudoratamente le loro “verità”, infarcite di bugie, come Alessandro Galante Garrone dell’Università di Torino. Secondo questo signore bisogna difendere il risorgimento da una ”denigrazione programmatica, fanatica e irragionevole, per fini di parte, svilendo l’opera dei padri risorgimentali, con il rischio di negare le radici stesse dell’esistenza dello stato italiano”.
E ancora “…la contestazione dei valori risorgimentali si accompagna a un rifluire di ideologie reazionarie, di speranze, di rivincite degli sconfitti dalla storia” infine “… rivedere il risorgimento potrebbe significare trovarsi a disagio nel contesto europeo”. Capito!? Così accanto all’episodio del meeting di Rimini del divieto di una mostra per ricordare i partigiani martiri borbonici segnalato in precedenza, si ha notizia di altre vergognose amenità. Sicuramente ci sarà altro da aspettarsi... Le regioni del centro e del sud dell’Italia furono vittime senza colpa di una feroce aggressione e di un genocidio paragonabile a quello degli indiani d’ America: infatti l’infame usurpazione del Regno delle Due Sicilie e dello Stato Pontificio da parte dei Savoia causò anche una lunga e sanguinosa guerra fratricida, con conseguenze quasi irreparabili sul tessuto sociale ed economico di una parte così importante dell’Italia.
Tutto ciò diede origine all’annosa questione meridionale che non accenna a risolversi e c’è ancora chi ha la faccia tosta di sostenere l’intangibilità del risorgimento e di negare le gravissime responsabilità dei Savoia, di Garibaldi, di Cavour e compagni! E se per un certo tempo è andata bene, non vuol dire che il settarismo di costoro debba prevalere per sempre. Certe difese ad oltranza diventano semplicemente ridicole: la monarchia dei Savoia fortunatamente non esiste più. Ce ne liberammo già nel 1946, si rassegnino gli illusi e i cattivi maestri. E allora dove sono i buoni, dove i cattivi? Chi ha rovinato le regioni del Sud ricche e prospere prima dell’invasione di Garibaldi.

Fonte:Diaspora Petilina
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Un anno fa la morte di Giuseppe Gatì



Giuseppe Gatì Savio, nato ad Agrigento il 18 /10/1986, residente a Campobello di Licata (AG), cittadino libero". Il 31 Gennaio 2009, Giuseppe Gatì, muore. Giuseppe Gatì, lavorava come pastore e operaio nel caseificio del padre, a Campobello di Licata, sulle colline di Agrigento.

Un tragico Sabato mattina, Giuseppe, inconsapevole di ciò che di lì a poco gli sarebbe accaduto, dopo essere andato a prendere il latte da un vicino, apre il rubinetto della vasca refrigerata, ma nell’impianto c’era un filo scoperto e muore folgorato.
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In questo mondo alla rovescia i pregiudicati siedono sul banco dei relatori, e chi prova a ricordare i loro trascorsi viene fermato e minacciato. Un gruppo di ragazzi con telecamera ha avvicinato Vittorio Sgarbi in un evento pubblico gridando che un condannato per truffa (e per diffamazione al giudice Caselli) non ha l'autorità morale per rappresentare i cittadini.
Già a Bologna a maggio qualcuno aveva ricordato a Sgarbi i suoi trascorsi; stavolta gli è successo ad Agrigento. Anche stavolta, come a Bologna, Sgarbi ha provato a impossessarsi della telecamera che lo riprendeva, e anche stavolta le immagini sono state salvate dall'"attacco sgarbato" e consegnate alla pubblica visione in rete. Stavolta ci ha pensato anche Blob a divulgare le immagini del ventiduenne Giuseppe Gatì che grida in faccia a Sgarbi "Viva Caselli! Viva il Pool Antimafia!" mentre viene strattonato e allontanato dal tavolo dei relatori, dove Sgarbi inizia a schiumare di rabbia.

I retroscena sfuggiti alla telecamera sono stati descritti dallo stesso Gatì sul suo sito: "Si avvicina un uomo in borghese, che dice di appartenere alle forze dell'ordine e cerca di perquisirmi perché vuole la videocamera (che ha portato via la mia amica). Io dico che non può farlo e lui mi minaccia e mi mette le mani addosso. Dopo vengo preso e portato in una sala appartata, dove la polizia mi prende documenti e telefonino. Chiedo di vedere un avvocato (ce n'era uno in sala che voleva difendermi), per conoscere i miei diritti, ma mi dicono no. Mi identificano e mi perquisiscono. Poi mi intimano di chiamare i miei amici, per farsi consegnare la videocamera, ma io mi rifiuto. Arriva di nuovo il presunto appartenente alle forze dell'ordine e mi dice sottovoce che lui dirà di esser stato aggredito e minacciato da me. Non mi fanno parlare, non mi posso difendere. Dopo oltre un'ora e mezza mi congedano con questa frase: Devi capire che ti sei messo contro Sgarbi, che è stato onorevole e ministro".
Ma Giuseppe è ancora in rete, dove ha reagito alle intimidazioni scrivendo che "la Sicilia è scomoda, ma viverla è possibile con orgoglio antico e altero".

Tratto da :Giuseppe Gatì gruppo Facebook
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Giuseppe Gatì Savio, nato ad Agrigento il 18 /10/1986, residente a Campobello di Licata (AG), cittadino libero". Il 31 Gennaio 2009, Giuseppe Gatì, muore. Giuseppe Gatì, lavorava come pastore e operaio nel caseificio del padre, a Campobello di Licata, sulle colline di Agrigento.

Un tragico Sabato mattina, Giuseppe, inconsapevole di ciò che di lì a poco gli sarebbe accaduto, dopo essere andato a prendere il latte da un vicino, apre il rubinetto della vasca refrigerata, ma nell’impianto c’era un filo scoperto e muore folgorato.
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In questo mondo alla rovescia i pregiudicati siedono sul banco dei relatori, e chi prova a ricordare i loro trascorsi viene fermato e minacciato. Un gruppo di ragazzi con telecamera ha avvicinato Vittorio Sgarbi in un evento pubblico gridando che un condannato per truffa (e per diffamazione al giudice Caselli) non ha l'autorità morale per rappresentare i cittadini.
Già a Bologna a maggio qualcuno aveva ricordato a Sgarbi i suoi trascorsi; stavolta gli è successo ad Agrigento. Anche stavolta, come a Bologna, Sgarbi ha provato a impossessarsi della telecamera che lo riprendeva, e anche stavolta le immagini sono state salvate dall'"attacco sgarbato" e consegnate alla pubblica visione in rete. Stavolta ci ha pensato anche Blob a divulgare le immagini del ventiduenne Giuseppe Gatì che grida in faccia a Sgarbi "Viva Caselli! Viva il Pool Antimafia!" mentre viene strattonato e allontanato dal tavolo dei relatori, dove Sgarbi inizia a schiumare di rabbia.

I retroscena sfuggiti alla telecamera sono stati descritti dallo stesso Gatì sul suo sito: "Si avvicina un uomo in borghese, che dice di appartenere alle forze dell'ordine e cerca di perquisirmi perché vuole la videocamera (che ha portato via la mia amica). Io dico che non può farlo e lui mi minaccia e mi mette le mani addosso. Dopo vengo preso e portato in una sala appartata, dove la polizia mi prende documenti e telefonino. Chiedo di vedere un avvocato (ce n'era uno in sala che voleva difendermi), per conoscere i miei diritti, ma mi dicono no. Mi identificano e mi perquisiscono. Poi mi intimano di chiamare i miei amici, per farsi consegnare la videocamera, ma io mi rifiuto. Arriva di nuovo il presunto appartenente alle forze dell'ordine e mi dice sottovoce che lui dirà di esser stato aggredito e minacciato da me. Non mi fanno parlare, non mi posso difendere. Dopo oltre un'ora e mezza mi congedano con questa frase: Devi capire che ti sei messo contro Sgarbi, che è stato onorevole e ministro".
Ma Giuseppe è ancora in rete, dove ha reagito alle intimidazioni scrivendo che "la Sicilia è scomoda, ma viverla è possibile con orgoglio antico e altero".

Tratto da :Giuseppe Gatì gruppo Facebook
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Real Sito di Carditello, speranza di salvezza

di Angelo Forgione

La Camera di Commercio di Caserta lancia un salvagente alla bellissima ma semi-abbandonata Reggia di Carditello, e ne propone l’acquisto. La proposta è stata già ufficializzata dal Presidente Tommaso De Simone alla presenza del Governatore Bassolino e dell’Assessore regionale all’Agricoltura Gianfranco Nappi durante un convegno dal titolo “Un’idea per il futuro del Real Sito” tenutosi la settimana scorsa nella splendida struttura borbonica. Nove milioni di euro sono pronti per la transazione da concordare con il Consorzio di bonifica che è attualmente proprietario del sito. Oltre alla Reggia, la proposta comprende l’acquisizione dell’ex canapificio, destinato ad ospitare eventi fieristici e congressuali.

La residenza di caccia dei Re Borbone situata tra San Tammaro e Casal di Principe è una delle “Reali delizie” che versa da anni in un triste stato di abbandono, circondata da strade prive di segnaletica e discariche abusive nel cuore di un territorio con forte concentrazione malavitosa, ed è stata più volte depredata da ladri e delinquenti. Grande centro di produzione della mozzarella, di allevamento di cavalli, bufale e vacche e di coltivazione di cereali, foraggi, legumi, canape e lino, dopo l'unità d'Italia la tenuta passò ai Savoia e nel 1919 fu donata all'Opera Nazionale Combattenti che ne fece rifugio per i soldati in guerra; da qui parte una storia di incuria, vandalizzazioni e abbandono del complesso la cui cronaca è un susseguirsi di impegni mancati negli ultimi cinquanta anni. Negli anni cinquanta il sito fu affidato al Consorzio di Bonifica del Basso Volturno affinché vi localizzasse i suoi uffici amministrativi e di rappresentanza. L’ente doveva assolvere al suo ruolo di sviluppo economico del territorio, ma le cose sono andate in maniera ben diversa.
L’operazione di acquisto avanzata dalla CCIAA di Caserta ha dei tempi stretti e il Presidente De Simone attende una risposta immediata dalla SGA, l’agenzia che sta curando la vendita del sito. Dal canto suo, la Regione, per voce di Gianfranco Nappi, si è detta d’accordo e vogliosa di sostenere lo sforzo; lo stesso Bassolino ha individuato nella Camera di Commercio di Caserta il partner migliore per restituire antico splendore al Real Sito affinché diventi volano di recupero e sviluppo dell’intero comprensorio.

Se l’acquisto dovesse andare a buon fine, il rilancio della Reggia di Carditello, secondo le intenzioni di De Simone, terrà lontano speculatori e colate di cemento e consentirà la fruizione culturale per la comunità. La CCIAA pone una condizione inderogabile: "Occorre che tutti i soggetti pubblici interessati siano rigorosamente coinvolti, a cominciare dalla Regione e dalla Provincia per finire ai comuni limitrofi. L'Università, in particolare, dovrà avere un ruolo decisivo. I centri di ricerca universitari saranno chiamati a definire tempi e modi per il rilancio del territorio (circa 15 ettari) che circonda il sito con il recupero - ha spiegato De Simone - delle coltivazioni più tradizionali che hanno reso famosa e ricca questa area ai tempi dei Borbone. Dobbiamo insomma pensare al rinnovo del settore agroalimentare nel rispetto della destinazione originaria affidata a questa splendida reggia perché diventi, anche sotto questo profilo, un'attrazione culturale".

L’appoggio arriva anche dalla Sovrintendenza ai beni Architettonici, Artistici e Culturali di Caserta che spera così di poter avviare presto la richiesta di inserimento del Real Sito di Carditello mella lista dei patrimoni Unesco.

L’operazione si configura come un'occasione unica per ridare lustro e dignità ad una delle più grandi vergogne casertane, affinché si riconsegni il monumento al sua splendore e alla sua vocazione di grande attrattore turistico.

Fonte:Napoli.com
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di Angelo Forgione

La Camera di Commercio di Caserta lancia un salvagente alla bellissima ma semi-abbandonata Reggia di Carditello, e ne propone l’acquisto. La proposta è stata già ufficializzata dal Presidente Tommaso De Simone alla presenza del Governatore Bassolino e dell’Assessore regionale all’Agricoltura Gianfranco Nappi durante un convegno dal titolo “Un’idea per il futuro del Real Sito” tenutosi la settimana scorsa nella splendida struttura borbonica. Nove milioni di euro sono pronti per la transazione da concordare con il Consorzio di bonifica che è attualmente proprietario del sito. Oltre alla Reggia, la proposta comprende l’acquisizione dell’ex canapificio, destinato ad ospitare eventi fieristici e congressuali.

La residenza di caccia dei Re Borbone situata tra San Tammaro e Casal di Principe è una delle “Reali delizie” che versa da anni in un triste stato di abbandono, circondata da strade prive di segnaletica e discariche abusive nel cuore di un territorio con forte concentrazione malavitosa, ed è stata più volte depredata da ladri e delinquenti. Grande centro di produzione della mozzarella, di allevamento di cavalli, bufale e vacche e di coltivazione di cereali, foraggi, legumi, canape e lino, dopo l'unità d'Italia la tenuta passò ai Savoia e nel 1919 fu donata all'Opera Nazionale Combattenti che ne fece rifugio per i soldati in guerra; da qui parte una storia di incuria, vandalizzazioni e abbandono del complesso la cui cronaca è un susseguirsi di impegni mancati negli ultimi cinquanta anni. Negli anni cinquanta il sito fu affidato al Consorzio di Bonifica del Basso Volturno affinché vi localizzasse i suoi uffici amministrativi e di rappresentanza. L’ente doveva assolvere al suo ruolo di sviluppo economico del territorio, ma le cose sono andate in maniera ben diversa.
L’operazione di acquisto avanzata dalla CCIAA di Caserta ha dei tempi stretti e il Presidente De Simone attende una risposta immediata dalla SGA, l’agenzia che sta curando la vendita del sito. Dal canto suo, la Regione, per voce di Gianfranco Nappi, si è detta d’accordo e vogliosa di sostenere lo sforzo; lo stesso Bassolino ha individuato nella Camera di Commercio di Caserta il partner migliore per restituire antico splendore al Real Sito affinché diventi volano di recupero e sviluppo dell’intero comprensorio.

Se l’acquisto dovesse andare a buon fine, il rilancio della Reggia di Carditello, secondo le intenzioni di De Simone, terrà lontano speculatori e colate di cemento e consentirà la fruizione culturale per la comunità. La CCIAA pone una condizione inderogabile: "Occorre che tutti i soggetti pubblici interessati siano rigorosamente coinvolti, a cominciare dalla Regione e dalla Provincia per finire ai comuni limitrofi. L'Università, in particolare, dovrà avere un ruolo decisivo. I centri di ricerca universitari saranno chiamati a definire tempi e modi per il rilancio del territorio (circa 15 ettari) che circonda il sito con il recupero - ha spiegato De Simone - delle coltivazioni più tradizionali che hanno reso famosa e ricca questa area ai tempi dei Borbone. Dobbiamo insomma pensare al rinnovo del settore agroalimentare nel rispetto della destinazione originaria affidata a questa splendida reggia perché diventi, anche sotto questo profilo, un'attrazione culturale".

L’appoggio arriva anche dalla Sovrintendenza ai beni Architettonici, Artistici e Culturali di Caserta che spera così di poter avviare presto la richiesta di inserimento del Real Sito di Carditello mella lista dei patrimoni Unesco.

L’operazione si configura come un'occasione unica per ridare lustro e dignità ad una delle più grandi vergogne casertane, affinché si riconsegni il monumento al sua splendore e alla sua vocazione di grande attrattore turistico.

Fonte:Napoli.com
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sabato 30 gennaio 2010

30 gennaio 1948: muore Mahatma Gandhi. Verità e nonviolenza.



Mahatma Gandhi - Le parole: http://www.youtube.com/watch?v=c3pXxXzrjgQ


Il 30 gennaio 1948, presso la Birla House, a New Delhi, mentre si recava nel giardino per la consueta preghiera ecumenica delle ore 17, accompagnato dalle sue due pronipoti Abha e Manu, il Mahatma Gandhi viene assassinato con tre colpi di pistola.

Gandhi è nato in India e dopo aver studiato in Europa si è laureato in giurisprudenza.
Il suo lavoro lo portò in Sud Africa con l’incarico di consulente legale per una ditta indiana e vi rimase per 21 anni, dove visse la dura realtà degli immigrati, della segregazione razziale, dell’ingiustizia da parte delle autorità britanniche.

Il Mahatma Gandhi è stato uno dei pionieri e dei teorici del satyagraha, la resistenza all’oppressione tramite la disobbedienza e la lotta civile per l’indipendenza dell’India e del suo popolo.

Il satyagraha è fondato sulla satya (verità) e sull’ahimsa (nonviolenza).

Con le sue azioni il Mahatma Gandhi ha ispirato molti movimenti di difesa dei diritti civili e grandi personalità quali Martin Luther King, che ha lottato per “i diritti civili dei neri d’America” in modo “pacifico”, Nelson Mandela, Aung San Suu Kyi e molti altri.

In India il Mahatma Gandhi è stato riconosciuto come Padre della nazione ed il giorno della sua nascita (2 ottobre) è un giorno festivo.

Questa data è stata anche dichiarata Giornata internazionale della nonviolenza dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite.
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Mahatma Gandhi - Le parole: http://www.youtube.com/watch?v=c3pXxXzrjgQ


Il 30 gennaio 1948, presso la Birla House, a New Delhi, mentre si recava nel giardino per la consueta preghiera ecumenica delle ore 17, accompagnato dalle sue due pronipoti Abha e Manu, il Mahatma Gandhi viene assassinato con tre colpi di pistola.

Gandhi è nato in India e dopo aver studiato in Europa si è laureato in giurisprudenza.
Il suo lavoro lo portò in Sud Africa con l’incarico di consulente legale per una ditta indiana e vi rimase per 21 anni, dove visse la dura realtà degli immigrati, della segregazione razziale, dell’ingiustizia da parte delle autorità britanniche.

Il Mahatma Gandhi è stato uno dei pionieri e dei teorici del satyagraha, la resistenza all’oppressione tramite la disobbedienza e la lotta civile per l’indipendenza dell’India e del suo popolo.

Il satyagraha è fondato sulla satya (verità) e sull’ahimsa (nonviolenza).

Con le sue azioni il Mahatma Gandhi ha ispirato molti movimenti di difesa dei diritti civili e grandi personalità quali Martin Luther King, che ha lottato per “i diritti civili dei neri d’America” in modo “pacifico”, Nelson Mandela, Aung San Suu Kyi e molti altri.

In India il Mahatma Gandhi è stato riconosciuto come Padre della nazione ed il giorno della sua nascita (2 ottobre) è un giorno festivo.

Questa data è stata anche dichiarata Giornata internazionale della nonviolenza dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite.
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Conferenza Stampa lista civica RETE DEI CITTADINI - Roma 29 Gennaio 2010

Watch live streaming video from perilbenecomune at livestream.com
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MC ITALY: "UN MOSTRUOSO ATTO DI TRADIMENTO NAZIONALE"

Il Guardian accusa Zaia di ...depravazione gastronomica
zaia-guardianmac.jpg

"Zaia? Ha commesso un mostruoso atto di tradimento nazionale".

La bacchettata, di quelle toste, al ministro Luca Zaia gliela dà niente meno che il Guardian. La versione online del quotidiano inglese mette alla gogna il nostro ministro e ritiene che quanto ha fatto sia peggio di (parole del Guardian) "un Presidente del Consiglio che si rotola con giovani donne" e degli scandali legati alla finanza, alla politica, alla giustizia che hanno (stanno) interessando il governo italiano. Per il Guardian, Zaia ha commesso il male peggiore di tutti i mali già inflitti al paese.

Cos'ha fatto Zaia per far attirarsi l'ira funesta del Guardian? Ha battezzato (lo si scriveva un paio di giorni fa) la nuova linea di hamburger Mc Italy. Questa "connivenza" tra prodotti italiani doc e la grande distribuzione Mc Donalds, secondo il media inglese, è una mossa dequalificante. Per tutta la nostra tradizione, per la nostra storia (non solo gastronomica), per la nostra identità (che si trova spesso nel cibo).

Le parole taglientissime del Guardian ovviamente hanno fatto reagire il ministro nostrano che, in una lettera aperta al direttore del Guardian, accusa "certa stampa e certa politica" di "involgarimento".

“La sinistra e i suoi megafoni – scrive il ministro - continuano ad abbaiare alla Luna, sempre più lontani dai problemi reali e rinchiusi nella loro sterile ortodossia morale, che soffoca qualunque tipo di sviluppo, che impedisce loro di avere una visione chiara e trasparente della realtà. Vogliamo dare a questa sinistra una cattiva notizia: Stalin è morto. E non ha mai frequentato McDonald’s”. “Lo fanno invece – continua Zaia - milioni di ragazzi europei. E milioni di agricoltori europei soffrono la più grave crisi economica dopo il ’29. L’operazione McItaly porta nelle tasche di quelli italiani, ogni mese, tre milioni e 448 mila euro di reddito aggiuntivo. E consente a chi frequenta McDonald’s di scegliere un panino sano, fatto con prodotti Made in Italy DOP e IGP”. “Speriamo che questo li conquisti – conclude il Ministro Zaia - e ci aiuti a convincerli ad abbandonare il junk food in favore di una alimentazione più sana. Siamo convinti di riuscirci. Poi, come i Gesuiti, proveremo anche a ‘convertire gli infedeli’ di sinistra, che mai si sono sporcati le scarpe di terra e che nei supermercati, dopo una quotidiana filippica contro chi vuol fare della qualità un diritto di tutti e non un lusso di pochi, si dirigono direttamente nel reparto Organic Food, con il portafogli gonfio e la coscienza leggera”.

Insomma, per Zaia, il panino è un pretesto politico creato dagli "infedeli di sinistra" per dare addosso a lui, alla sua politica, al governo italiano. E il ministro, di solito così pacato, in questo intervento (tirando fuori addirittura Stalin!) sembra mutuare un po' il lessico del suo presidente del consiglio che ama far riferimento al comunismo quando si sente punzecchiato. Mah! Che il Guardian abbia ferito davvero Zaia?

Fonte:Oggi Treviso

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Il Guardian accusa Zaia di ...depravazione gastronomica
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"Zaia? Ha commesso un mostruoso atto di tradimento nazionale".

La bacchettata, di quelle toste, al ministro Luca Zaia gliela dà niente meno che il Guardian. La versione online del quotidiano inglese mette alla gogna il nostro ministro e ritiene che quanto ha fatto sia peggio di (parole del Guardian) "un Presidente del Consiglio che si rotola con giovani donne" e degli scandali legati alla finanza, alla politica, alla giustizia che hanno (stanno) interessando il governo italiano. Per il Guardian, Zaia ha commesso il male peggiore di tutti i mali già inflitti al paese.

Cos'ha fatto Zaia per far attirarsi l'ira funesta del Guardian? Ha battezzato (lo si scriveva un paio di giorni fa) la nuova linea di hamburger Mc Italy. Questa "connivenza" tra prodotti italiani doc e la grande distribuzione Mc Donalds, secondo il media inglese, è una mossa dequalificante. Per tutta la nostra tradizione, per la nostra storia (non solo gastronomica), per la nostra identità (che si trova spesso nel cibo).

Le parole taglientissime del Guardian ovviamente hanno fatto reagire il ministro nostrano che, in una lettera aperta al direttore del Guardian, accusa "certa stampa e certa politica" di "involgarimento".

“La sinistra e i suoi megafoni – scrive il ministro - continuano ad abbaiare alla Luna, sempre più lontani dai problemi reali e rinchiusi nella loro sterile ortodossia morale, che soffoca qualunque tipo di sviluppo, che impedisce loro di avere una visione chiara e trasparente della realtà. Vogliamo dare a questa sinistra una cattiva notizia: Stalin è morto. E non ha mai frequentato McDonald’s”. “Lo fanno invece – continua Zaia - milioni di ragazzi europei. E milioni di agricoltori europei soffrono la più grave crisi economica dopo il ’29. L’operazione McItaly porta nelle tasche di quelli italiani, ogni mese, tre milioni e 448 mila euro di reddito aggiuntivo. E consente a chi frequenta McDonald’s di scegliere un panino sano, fatto con prodotti Made in Italy DOP e IGP”. “Speriamo che questo li conquisti – conclude il Ministro Zaia - e ci aiuti a convincerli ad abbandonare il junk food in favore di una alimentazione più sana. Siamo convinti di riuscirci. Poi, come i Gesuiti, proveremo anche a ‘convertire gli infedeli’ di sinistra, che mai si sono sporcati le scarpe di terra e che nei supermercati, dopo una quotidiana filippica contro chi vuol fare della qualità un diritto di tutti e non un lusso di pochi, si dirigono direttamente nel reparto Organic Food, con il portafogli gonfio e la coscienza leggera”.

Insomma, per Zaia, il panino è un pretesto politico creato dagli "infedeli di sinistra" per dare addosso a lui, alla sua politica, al governo italiano. E il ministro, di solito così pacato, in questo intervento (tirando fuori addirittura Stalin!) sembra mutuare un po' il lessico del suo presidente del consiglio che ama far riferimento al comunismo quando si sente punzecchiato. Mah! Che il Guardian abbia ferito davvero Zaia?

Fonte:Oggi Treviso

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Un laureato su 4 dice addio alla Sicilia


di Elisa Latella

Nel rapporto 2009 firmato dalla Svimez un paragrafo è dedicato alle migrazioni: tra il 1997 e il 2008 sono emigrati in 11.600. Il profilo del migrante: meno di 45 anni e con professioni di elevato livello, il 24% ha una laurea





PALERMO - “Caso unico in Europa, l’Italia continua a presentarsi come un Paese spaccato in due sul fronte migratorio: a un Centro-Nord che attira e smista flussi al suo interno corrisponde un Sud che espelle giovani e manodopera senza rimpiazzarla con pensionati, stranieri o individui provenienti da altre regioni.” Con questa affermazione inizia il paragrafo sulle “Migrazioni” della sintesi del rapporto 2009 firmato dallo Svimez , l’associazione per lo sviluppo dell’industria del Mezzogiorno. I numeri parlano anche per la Sicilia.

Sono in gran parte numeri che “mancano”, cervelli in fuga, brillanti assenti, laureati che preferiscono comunque il nord e l’estero colpiti dalla travolgente crisi economica del 2008 alla regione di origine, che nella crisi sembra essere nata, cresciuta e rimasta. Secondo quanto emerge dai dati del rapporto Svimez “I posti di lavoro del Mezzogiorno sono in numero assai inferiore a quello degli occupati ed è la carenza di domanda di figure professionali di livello medio-alto a costituire la principale spinta all’emigrazione".

Tra il 1997 e il 2008 circa 700mila persone hanno abbandonato il Mezzogiorno: nel solo 2008 il Sud ha perso oltre 122mila residenti a favore delle regioni del Centro-Nord a fronte di un rientro di circa 60 mila persone. In ordine la Sicilia è la terza regione da cui si scappa: nel senso che oltre l’87% delle partenze ha origine complessivamente dalla Campania (-25 mila), dalla Puglia (-12,2 mila), dalla Sicilia (11,6 mila unità in meno).

Ancora si legge nella nota “Nel 2008 sono stati 173.000 gli occupati residenti nel Mezzogiorno ma con un posto di lavoro al Centro-Nord o all’estero, 23 mila in più del 2007 (+15,3%).
“Li chiamano i pendolari di lungo raggio, cittadini “a termine” che rientrano a casa nel weekend o ogni quindici giorni. Gente insomma che non se ne vorrebbe andare. Sono giovani e con un livello di studio medio-alto: “l’80% ha meno di 45 anni e quasi il 50% svolge professioni di livello elevato. Il 24% è laureato”.

Cambiare residenza verso aree urbane di solito esose in genere per loro, che hanno un contratto a tempo determinato, costa troppo. Secondo i dati Svimez “Spesso sono maschi, singles, dipendenti full time in una fase transitoria della loro vita, come l’ingresso o l’assestamento nel mercato del lavoro”. Dove vanno? Principalmente in Lombardia, Emilia-Romagna e Lazio. Ma nel rapporto Svimez c’è di più : siccome emigrare costa, diminuiscono i lavoratori meridionali all’estero e crescono i pendolari meridionali verso altre province meridionali: 60mila nel 2008, contro i 24mila nel 2007. I laureati meridionali che si spostano dopo la laurea al Centro-Nord vanno incontro a contratti meno stabili rispetto a chi rimane, ma a uno stipendio più alto. Il 50% dei giovani immobili al Sud non arriva a 1000 euro al mese, mentre il 63% di chi è partito dopo la laurea guadagna tra 1000 e 1500 euro e oltre il 16% più di 1500 euro. Restare in Sicilia non è possibile.

Infine prosegue impietosa la nota di sintesi della Svimez “Dal 1992 al 2004 i laureati meridionali che hanno studiato al Nord e sono rimasti lì sono arrivati a toccare il 67% del totale. In base a dati Istat, nel 2004 (gli ultimi disponibili) 24.700 meridionali sono andati a studiare al Centro-Nord a fronte di un dato inverso davvero irrisorio (meno dell’1% del totale). Il 95,7% dei laureati settentrionali, infatti, lavora nel luogo in cui ha studiato. Riguardo all’occupazione, nel 2007 su 96mila laureati meridionali 33mila erano disoccupati (il 78% residente al Sud), e dei 62mila occupati, 26mila lavoravano al Centro-Nord.”


L’approfondimento. Il 38 per cento degli eccellenti “scappano” al Nord
“In vistosa crescita le partenze dei laureati “eccellenti”: nel 2004 partiva il 25% dei laureati meridionali con il massimo dei voti; tre anni più tardi la percentuale è balzata a quasi il 38%. Riguardo al tipo di studi, i più mobili sono i laureati in architettura, seguiti dai laureati in materie scientifiche.”
Da tenere presente anche un altro dato: tra il 2000 e il 2005 hanno lasciato il Sud Italia ben 80 mila ‘dottori’ pari ad una media annua di 1,2 ogni 100 residenti in possesso dello stesso titolo di studio. Quest’ultimo dato emerge da un’indagine condotta da Bankitalia sulla “mobilità dl lavoro in Italia” che rileva come in 15 anni, tra il 1990 e il 2005, si siano trasferite al Nord quasi 2 milioni di persone.
Infine prosegue la nota Svimez “Rappresenta un importante segnale di allarme il fatto che, dopo una lunga fase di crescita ininterrotta, il tasso d’iscrizione all’Università al Sud negli ultimi anni abbia comincia a declinare. La disoccupazione post- laurea scoraggia.”
Il titolo di studio riesce a ripagare in termini di più facile accesso al mondo del lavoro e di uno stipendio più alto, ma soltanto dopo un lasso di tempo. “Il fattore tempo è infatti soprattutto al Sud dove il rendimento è massimo tra i 40 e i 64 anni. Mentre la laurea dai 25 ai 39 anni permette uno stipendio più pesante del 20% al Sud, oltre i 40 anni essa permette un incremento del 40%".

Fonte:Quotidiano di Sicilia
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di Elisa Latella

Nel rapporto 2009 firmato dalla Svimez un paragrafo è dedicato alle migrazioni: tra il 1997 e il 2008 sono emigrati in 11.600. Il profilo del migrante: meno di 45 anni e con professioni di elevato livello, il 24% ha una laurea





PALERMO - “Caso unico in Europa, l’Italia continua a presentarsi come un Paese spaccato in due sul fronte migratorio: a un Centro-Nord che attira e smista flussi al suo interno corrisponde un Sud che espelle giovani e manodopera senza rimpiazzarla con pensionati, stranieri o individui provenienti da altre regioni.” Con questa affermazione inizia il paragrafo sulle “Migrazioni” della sintesi del rapporto 2009 firmato dallo Svimez , l’associazione per lo sviluppo dell’industria del Mezzogiorno. I numeri parlano anche per la Sicilia.

Sono in gran parte numeri che “mancano”, cervelli in fuga, brillanti assenti, laureati che preferiscono comunque il nord e l’estero colpiti dalla travolgente crisi economica del 2008 alla regione di origine, che nella crisi sembra essere nata, cresciuta e rimasta. Secondo quanto emerge dai dati del rapporto Svimez “I posti di lavoro del Mezzogiorno sono in numero assai inferiore a quello degli occupati ed è la carenza di domanda di figure professionali di livello medio-alto a costituire la principale spinta all’emigrazione".

Tra il 1997 e il 2008 circa 700mila persone hanno abbandonato il Mezzogiorno: nel solo 2008 il Sud ha perso oltre 122mila residenti a favore delle regioni del Centro-Nord a fronte di un rientro di circa 60 mila persone. In ordine la Sicilia è la terza regione da cui si scappa: nel senso che oltre l’87% delle partenze ha origine complessivamente dalla Campania (-25 mila), dalla Puglia (-12,2 mila), dalla Sicilia (11,6 mila unità in meno).

Ancora si legge nella nota “Nel 2008 sono stati 173.000 gli occupati residenti nel Mezzogiorno ma con un posto di lavoro al Centro-Nord o all’estero, 23 mila in più del 2007 (+15,3%).
“Li chiamano i pendolari di lungo raggio, cittadini “a termine” che rientrano a casa nel weekend o ogni quindici giorni. Gente insomma che non se ne vorrebbe andare. Sono giovani e con un livello di studio medio-alto: “l’80% ha meno di 45 anni e quasi il 50% svolge professioni di livello elevato. Il 24% è laureato”.

Cambiare residenza verso aree urbane di solito esose in genere per loro, che hanno un contratto a tempo determinato, costa troppo. Secondo i dati Svimez “Spesso sono maschi, singles, dipendenti full time in una fase transitoria della loro vita, come l’ingresso o l’assestamento nel mercato del lavoro”. Dove vanno? Principalmente in Lombardia, Emilia-Romagna e Lazio. Ma nel rapporto Svimez c’è di più : siccome emigrare costa, diminuiscono i lavoratori meridionali all’estero e crescono i pendolari meridionali verso altre province meridionali: 60mila nel 2008, contro i 24mila nel 2007. I laureati meridionali che si spostano dopo la laurea al Centro-Nord vanno incontro a contratti meno stabili rispetto a chi rimane, ma a uno stipendio più alto. Il 50% dei giovani immobili al Sud non arriva a 1000 euro al mese, mentre il 63% di chi è partito dopo la laurea guadagna tra 1000 e 1500 euro e oltre il 16% più di 1500 euro. Restare in Sicilia non è possibile.

Infine prosegue impietosa la nota di sintesi della Svimez “Dal 1992 al 2004 i laureati meridionali che hanno studiato al Nord e sono rimasti lì sono arrivati a toccare il 67% del totale. In base a dati Istat, nel 2004 (gli ultimi disponibili) 24.700 meridionali sono andati a studiare al Centro-Nord a fronte di un dato inverso davvero irrisorio (meno dell’1% del totale). Il 95,7% dei laureati settentrionali, infatti, lavora nel luogo in cui ha studiato. Riguardo all’occupazione, nel 2007 su 96mila laureati meridionali 33mila erano disoccupati (il 78% residente al Sud), e dei 62mila occupati, 26mila lavoravano al Centro-Nord.”


L’approfondimento. Il 38 per cento degli eccellenti “scappano” al Nord
“In vistosa crescita le partenze dei laureati “eccellenti”: nel 2004 partiva il 25% dei laureati meridionali con il massimo dei voti; tre anni più tardi la percentuale è balzata a quasi il 38%. Riguardo al tipo di studi, i più mobili sono i laureati in architettura, seguiti dai laureati in materie scientifiche.”
Da tenere presente anche un altro dato: tra il 2000 e il 2005 hanno lasciato il Sud Italia ben 80 mila ‘dottori’ pari ad una media annua di 1,2 ogni 100 residenti in possesso dello stesso titolo di studio. Quest’ultimo dato emerge da un’indagine condotta da Bankitalia sulla “mobilità dl lavoro in Italia” che rileva come in 15 anni, tra il 1990 e il 2005, si siano trasferite al Nord quasi 2 milioni di persone.
Infine prosegue la nota Svimez “Rappresenta un importante segnale di allarme il fatto che, dopo una lunga fase di crescita ininterrotta, il tasso d’iscrizione all’Università al Sud negli ultimi anni abbia comincia a declinare. La disoccupazione post- laurea scoraggia.”
Il titolo di studio riesce a ripagare in termini di più facile accesso al mondo del lavoro e di uno stipendio più alto, ma soltanto dopo un lasso di tempo. “Il fattore tempo è infatti soprattutto al Sud dove il rendimento è massimo tra i 40 e i 64 anni. Mentre la laurea dai 25 ai 39 anni permette uno stipendio più pesante del 20% al Sud, oltre i 40 anni essa permette un incremento del 40%".

Fonte:Quotidiano di Sicilia
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venerdì 29 gennaio 2010

Prove tecniche di Liberazione dalla partitocrazia



Appello ai meridionali che vogliono liberare il Sud dalla partitocrazia ad impegnarsi subito, concretamente, nel dare una mano ai Partiti del Sud che hanno deciso di presentare liste alle prossime elezioni Regionali;

SERVONO CANDIDATI per rappresentare il Sud in Campania e in Puglia ;

SERVONO FIRME per presentare in Campania e in Puglia i PARTITI DEL SUD.

Non lasciare che il Nostro Paese resti nel degrado.

DAI LA TUA DISPONIBILITA’
nel candidarti e raccogliere le firme necessarie a far conoscere la nostra storia e dare alle nostre regioni un vero programma alternativo e radicale che risolva definitivamente la nostra memoria storica negata, la rinascita del nostro Paese, sia nella salvaguardia delle nostre risorse (territorio-agricoltura-pesca-turismo del mare), sia creare uno sviluppo eco-sostenibile che solo i meridionali sapranno fare, sia liberarci da un bavaglio messo contro di NOI, da una stampa fuorilegge che viene usata contro il nostro popolo e soprattutto contro i patrioti meridionali.


CAMPANIA
Se sei residente in una delle province campane e ci vuoi dare una mano nella raccolta firme, candidarti nelle nostre liste, aiutarci nei volantinaggi , nella campagna elettorale, etc etc....scrivi a: partitodelsud.campania@gmail.com


PUGLIA
Se sei residente in una delle province pugliesi e ci vuoi dare una mano nella raccolta firme, candidarti nelle nostre liste, aiutarci nei volantinaggi, nella campagna elettorale, etc etc.... CHIAMA SUBITO IL : 32 8 - 0 56 25 81

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Appello ai meridionali che vogliono liberare il Sud dalla partitocrazia ad impegnarsi subito, concretamente, nel dare una mano ai Partiti del Sud che hanno deciso di presentare liste alle prossime elezioni Regionali;

SERVONO CANDIDATI per rappresentare il Sud in Campania e in Puglia ;

SERVONO FIRME per presentare in Campania e in Puglia i PARTITI DEL SUD.

Non lasciare che il Nostro Paese resti nel degrado.

DAI LA TUA DISPONIBILITA’
nel candidarti e raccogliere le firme necessarie a far conoscere la nostra storia e dare alle nostre regioni un vero programma alternativo e radicale che risolva definitivamente la nostra memoria storica negata, la rinascita del nostro Paese, sia nella salvaguardia delle nostre risorse (territorio-agricoltura-pesca-turismo del mare), sia creare uno sviluppo eco-sostenibile che solo i meridionali sapranno fare, sia liberarci da un bavaglio messo contro di NOI, da una stampa fuorilegge che viene usata contro il nostro popolo e soprattutto contro i patrioti meridionali.


CAMPANIA
Se sei residente in una delle province campane e ci vuoi dare una mano nella raccolta firme, candidarti nelle nostre liste, aiutarci nei volantinaggi , nella campagna elettorale, etc etc....scrivi a: partitodelsud.campania@gmail.com


PUGLIA
Se sei residente in una delle province pugliesi e ci vuoi dare una mano nella raccolta firme, candidarti nelle nostre liste, aiutarci nei volantinaggi, nella campagna elettorale, etc etc.... CHIAMA SUBITO IL : 32 8 - 0 56 25 81

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Caccamo (PA) sabato 30/01/2010 Conferenza di Antonio Ciano: La Questione Meridionale


Informare la popolazione e divulgare la vera storia
dell'Unita' d'Italia e la questione Meridionale.



DOMANI SERA 30 GENNAIO 2010 ALLE ORE 20,30 - CONFERENZA SULLA QUESTIONE
MERIDIONALE CON ANTONIO CIANO, PORGERA' I SALUTI ISTITUZIONALI L'ASSESSORE FRANCESCA SPATARO.
EVENTO PROMOSSO DALL'ASSOCIAZIONE INTERNAZIONALE AMICI DELLA CANZONE NAPOLETANA in Via Liccio 34


Per governare bisogna conoscere la storia. I nostri figli non avranno futuro se noi non gliela tramandiamo. I libri di storia sono stati scritti dai vincitori di allora. I vincitori persero il Trono e la faccia, ma il regime continua a raccontarci balle. In 150 anni hanno massacrato un milione di meridionali, gli eccidi cominciarono a Bronte nel 1860. Nel 1866 i Savoia massacrarono circa 10 mila palermitani...e poi...e poi...e poi, fino al massacro di Falcone e Borsellino.
La mano è sempre la stessa.

Antonio Ciano

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Informare la popolazione e divulgare la vera storia
dell'Unita' d'Italia e la questione Meridionale.



DOMANI SERA 30 GENNAIO 2010 ALLE ORE 20,30 - CONFERENZA SULLA QUESTIONE
MERIDIONALE CON ANTONIO CIANO, PORGERA' I SALUTI ISTITUZIONALI L'ASSESSORE FRANCESCA SPATARO.
EVENTO PROMOSSO DALL'ASSOCIAZIONE INTERNAZIONALE AMICI DELLA CANZONE NAPOLETANA in Via Liccio 34


Per governare bisogna conoscere la storia. I nostri figli non avranno futuro se noi non gliela tramandiamo. I libri di storia sono stati scritti dai vincitori di allora. I vincitori persero il Trono e la faccia, ma il regime continua a raccontarci balle. In 150 anni hanno massacrato un milione di meridionali, gli eccidi cominciarono a Bronte nel 1860. Nel 1866 i Savoia massacrarono circa 10 mila palermitani...e poi...e poi...e poi, fino al massacro di Falcone e Borsellino.
La mano è sempre la stessa.

Antonio Ciano

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Convegno del PdSUD a Palermo il 30/01/2010 " Per una Confederazione Politica Meridionalista Unitaria "


Il Coordinamento Regionale del Partito del Sud in collaborazione con EVIS - Partito per l'Indipendenza della Sicilia invitano i Responsabili e gli Amici di Partiti, Movimenti ed Associazioni di ispirazione Autonomista, Federalista, Indipendentista e Meridionalista a partecipare a Palermo c/o Villa Montereale B&B - Corso Calatafimi n.1096 il giorno 30/01/2010 al Convegno:

" Per una Confederazione Politica Meridionalista Unitaria ".

PROGRAMMA:

30/01/2010
ore 10,00 Accredito e registrazione partecipanti
ore 10,30 Incontro con tutti i gruppi e inizio lavori

ore 13,30 Chiusura lavori della mattinata

ore 15,30 Riapertura lavori
ore 17,30 Definizione, presentazione ed approvazione della mozione politico programmatica conclusiva del Convegno
ore 18,00 Chiusura Convegno

Chi volesse pernottare può prenotare, presso la stessa struttura alberghiera che ospita il Convegno, al prezzo convenzionato per la camera singola di euro 45, due letti in doppia euro 68

Per prenotazioni: tel. 091-668806 e-mail: mauro64@neomedia.it

Sito web:http://www.villamontereale.org GOOGLE MAPS
Per il Coordinamento Regionale del Partito del Sud

Linda Cottone ( Coord. Provinciale PA del PdSUD )
Alessandro Torsello (Coord. Regionale Sicilia del PdSUD)
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Il Coordinamento Regionale del Partito del Sud in collaborazione con EVIS - Partito per l'Indipendenza della Sicilia invitano i Responsabili e gli Amici di Partiti, Movimenti ed Associazioni di ispirazione Autonomista, Federalista, Indipendentista e Meridionalista a partecipare a Palermo c/o Villa Montereale B&B - Corso Calatafimi n.1096 il giorno 30/01/2010 al Convegno:

" Per una Confederazione Politica Meridionalista Unitaria ".

PROGRAMMA:

30/01/2010
ore 10,00 Accredito e registrazione partecipanti
ore 10,30 Incontro con tutti i gruppi e inizio lavori

ore 13,30 Chiusura lavori della mattinata

ore 15,30 Riapertura lavori
ore 17,30 Definizione, presentazione ed approvazione della mozione politico programmatica conclusiva del Convegno
ore 18,00 Chiusura Convegno

Chi volesse pernottare può prenotare, presso la stessa struttura alberghiera che ospita il Convegno, al prezzo convenzionato per la camera singola di euro 45, due letti in doppia euro 68

Per prenotazioni: tel. 091-668806 e-mail: mauro64@neomedia.it

Sito web:http://www.villamontereale.org GOOGLE MAPS
Per il Coordinamento Regionale del Partito del Sud

Linda Cottone ( Coord. Provinciale PA del PdSUD )
Alessandro Torsello (Coord. Regionale Sicilia del PdSUD)

Cosa intendiamo per indipendenza - Attenzione a confondere indipendenza con sovversione




di Guglielmo Di Grezia

L’altro giorno parlando con un amico delle problematiche che affliggono il Meridione, abbiamo convenuto entrambi che l’unica via d’uscita - come tra l’altro ci fu indicata in tempi non sospetti da Nicola Zitara - è e rimane l’indipendenza.
A questo punto però è emersa una divergenza. Pur se entrambi aneliamo all’indipendenza, ciascuno di noi ha in mente un modo diverso per raggiungerla. Lui intende l´indipendenza come uno scontro, le sue parole, "il mio nemico è lo Stato italiano" non lasciano dubbi in proposito. Da parte mia, invece, l’indipendenza è intesa nel senso di indipendenza economica, culturale, sociale etc. anche se sono ben consapevole che il raggiungimento di una indipendenza cosí intesa non sia affatto semplice nel sistema politico attuale. Tale indipendenza va ricercata comunque nell’ambito delle istituzioni dell’Unione Europea che, con il superamento degli Stati nazionali e con la formazione di macroregioni europee accomunate da vocazione e cultura, renderà possibile questo tipo di assetto delle nostre terre. I possibili sviluppi dovuto al quadro appena delineato sul tessuto sociale ed economico del Sud sarebbero di sicuro profondi ed epocali.

È però necessario tenere ben a mente la differenza tra indipendenza e sovversione, poiché se l’ideologia dietro alla volontà di indipendenza diventa quella citata
("il mio nemico è lo Stato italiano") è molto facile confondersi.
A tale riguardo ci viene in soccorso l’esperienza degli anni ‘70 ed ’80 quando per le brigate rosse il nemico era lo Stato e mi permetto di aggiungere che a pensarla in quel modo non c’erano solo loro: una miriade di sigle e gruppi si accalcavano in quegli anni, noti come gli "anni di piombo", sostenendo tale ideologia con le funeste conseguenze che conosciamo. Oltretutto una visione ideologica di contrapposizione di tale tipo non sarebbe certamente né accettata né compresa dalla maggioranza, nella quale mi ci metto anche io.

Uno scontro cruento Nord - Sud è ancora piú incomprensibile, vi immaginate una guerra tra genitori, fratelli, cugini, etc.? Perché di questo si tratterebbe, con la diaspora avvenuta dalla cosiddetta unità ad oggi, le lande del nord Italia, si sono riempite di Meridionali. Per cui bisogna fare molta attenzione a pronunciare a vanvera la parola indipendenza, anche perché, masticata dalle giovani generazioni, essa può essere una bomba ad orologeria che ognuno di noi si troverebbe ad un certo momento tra le mani, pronta ad esplodere.

Già nel 1848 si ebbe un esempio di quello che intendo io per indipendenza. Ogni Stato o meglio, ogni macroregione, può e deve avere istituzioni che garantiscano i propri interessi, il proprio territorio e le proprie popolazioni. Ognuna di queste macroregioni deve essere caratterizzata da libertà economica politica e culturale, nell’ambito dell’Unione Europea. Qualsiasi visione differente non avrebbe senso logico.

Ritorno al punto già toccato in un altro articolo: il 16 gennaio 2010 è stato fatto il primo passo nella giusta direzione: il parlamento del sud. Anche se criticato da qualche libero (si fa per dire) pensatore, esso ha dato un forte segnale di come si intende che le cose debbano andare. I risultati si vedranno e si giudicheranno sulla base di fatti non di parole. Non è piú il tempo dei proclami, anche perché come era facile prevedere, la politica dei proclami alla fine non porta a nulla di buono. Come disse Abramo Lincoln “si può prendere in giro a tutti per un po’, ad alcuni per sempre, ma non a tutti per sempre”.
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di Guglielmo Di Grezia

L’altro giorno parlando con un amico delle problematiche che affliggono il Meridione, abbiamo convenuto entrambi che l’unica via d’uscita - come tra l’altro ci fu indicata in tempi non sospetti da Nicola Zitara - è e rimane l’indipendenza.
A questo punto però è emersa una divergenza. Pur se entrambi aneliamo all’indipendenza, ciascuno di noi ha in mente un modo diverso per raggiungerla. Lui intende l´indipendenza come uno scontro, le sue parole, "il mio nemico è lo Stato italiano" non lasciano dubbi in proposito. Da parte mia, invece, l’indipendenza è intesa nel senso di indipendenza economica, culturale, sociale etc. anche se sono ben consapevole che il raggiungimento di una indipendenza cosí intesa non sia affatto semplice nel sistema politico attuale. Tale indipendenza va ricercata comunque nell’ambito delle istituzioni dell’Unione Europea che, con il superamento degli Stati nazionali e con la formazione di macroregioni europee accomunate da vocazione e cultura, renderà possibile questo tipo di assetto delle nostre terre. I possibili sviluppi dovuto al quadro appena delineato sul tessuto sociale ed economico del Sud sarebbero di sicuro profondi ed epocali.

È però necessario tenere ben a mente la differenza tra indipendenza e sovversione, poiché se l’ideologia dietro alla volontà di indipendenza diventa quella citata
("il mio nemico è lo Stato italiano") è molto facile confondersi.
A tale riguardo ci viene in soccorso l’esperienza degli anni ‘70 ed ’80 quando per le brigate rosse il nemico era lo Stato e mi permetto di aggiungere che a pensarla in quel modo non c’erano solo loro: una miriade di sigle e gruppi si accalcavano in quegli anni, noti come gli "anni di piombo", sostenendo tale ideologia con le funeste conseguenze che conosciamo. Oltretutto una visione ideologica di contrapposizione di tale tipo non sarebbe certamente né accettata né compresa dalla maggioranza, nella quale mi ci metto anche io.

Uno scontro cruento Nord - Sud è ancora piú incomprensibile, vi immaginate una guerra tra genitori, fratelli, cugini, etc.? Perché di questo si tratterebbe, con la diaspora avvenuta dalla cosiddetta unità ad oggi, le lande del nord Italia, si sono riempite di Meridionali. Per cui bisogna fare molta attenzione a pronunciare a vanvera la parola indipendenza, anche perché, masticata dalle giovani generazioni, essa può essere una bomba ad orologeria che ognuno di noi si troverebbe ad un certo momento tra le mani, pronta ad esplodere.

Già nel 1848 si ebbe un esempio di quello che intendo io per indipendenza. Ogni Stato o meglio, ogni macroregione, può e deve avere istituzioni che garantiscano i propri interessi, il proprio territorio e le proprie popolazioni. Ognuna di queste macroregioni deve essere caratterizzata da libertà economica politica e culturale, nell’ambito dell’Unione Europea. Qualsiasi visione differente non avrebbe senso logico.

Ritorno al punto già toccato in un altro articolo: il 16 gennaio 2010 è stato fatto il primo passo nella giusta direzione: il parlamento del sud. Anche se criticato da qualche libero (si fa per dire) pensatore, esso ha dato un forte segnale di come si intende che le cose debbano andare. I risultati si vedranno e si giudicheranno sulla base di fatti non di parole. Non è piú il tempo dei proclami, anche perché come era facile prevedere, la politica dei proclami alla fine non porta a nulla di buono. Come disse Abramo Lincoln “si può prendere in giro a tutti per un po’, ad alcuni per sempre, ma non a tutti per sempre”.
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Roma Venerdi 29 Gennaio 2010 ore 11.30 presentazione della lista Civica “RETE DEI CITTADINI” - diretta streaming

Venerdi 29 Gennaio 2010 ore 11.30
DIRETTA STREAMING


“ORE 20 SKY BAR”

in Via Magna Grecia, 2
( Palazzo COIN Metro S. Giovanni), Roma
per vedere dove si trova sulla mappa
clicca qui >>

si terrà la conferenza stampa in occasione della presentazione della lista civica “RETE DEI CITTADINI” per le elezioni regionali del Lazio .

“Il nostro obiettivo è rispondere alle esigenze reali dei cittadini, sia di quelli di oggi che delle generazioni future. Per fare questo riteniamo indispensabile uscire dalle logiche partitiche che mettono al centro interessi clientelari e non il bene comune, per promuovere una reale meritocrazia che favorisca innovazione, creatività e qualità. Da qui la decisione di non coalizzarci con nessuna delle forze politiche che si sono spartite il potere finora.”

L’evento vedrà la presenza del candidato presidente Marzia Marzoli ed i candidati consiglieri Sergio Mazzanti, Gianluca Gabriele, Giuseppe Strano, Ornella Pistolesi, Francesco Silvestri.

La conferenza potrà essere seguita anche in diretta web cliccando qui >>

I signori giornalisti sono invitati a confermare la propria presenza al numero:

Cell. 328/8326581

Oppure via mail: info@retedeicittadini.it

ufficio Stampa, Laura Raduta







Per il Bene Comune, Rinnovamento Politico Italiano, Partito Umanista, Partito del Sud, la Rete dei Cittadini per Aprilia, e i Democratici Diretti stanno creando una lista Civica che si presenterà alle prossime elezioni regionali.

Dopo una votazione democratica il progetto ha preso il nome di Rete dei Cittadini, che sarà il contenitore di tutta quella parte sana dell'elettorato (singole persone, associazioni, comitati, partiti e movimenti) che vuole smettere di affidarsi a "politici in cerca di potere" per partecipare alla sua vita regionale attraverso l'impegno di cittadini comuni.


MANIFESTO del LABORATORIO POLITICO


1. NOI FIRMATARI DEL PRESENTE MANIFESTO, SINGOLI CITTADINI E RAPPRESENTANTI DI COMITATI, ASSOCIAZIONI E GRUPPI POLITICI DEL LAZIO, CONSAPEVOLI CHE GLI ATTUALI PARTITI SONO RESPONSABILI DELLA GESTIONE FALLIMENTARE DELLA “COSA PUBBLICA”, CI IMPEGNAMO A CREARE UNA FORZA POLITICA UNITARIA CHE CONCORRA ALLE PROSSIME ELEZIONI DELLA REGIONE LAZIO.

2. SIAMO CONSAPEVOLI CHE IN QUESTO PAESE VIGE UN SISTEMA ELETTORALE CONTORTO E DISTORTO, CHE RENDE IMPOSSIBILE UN VERO E PARITARIO CONFRONTO TRA LE FORZE POLITICHE E SOCIALI, MA VOGLIAMO CREARE UN’ALTERNATIVA PER QUEI MILIONI DI ELETTORI CHE SI ASTENGONO DAL VOTO O ANNULLANO LE SCHEDE E PER COLORO CHE, PUR VOTANDO, RIMANGONO SENZA ALCUNA RAPPRESENTANZA.

3. E' VIVA, VIVISSIMA IN NOI LA VOLONTA' DI MIGLIORARE LA QUALITA’ DELLA VITA DI OGNI PERSONA, A COMINCIARE DALL'ARIA CHE RESPIRA, DA COME VIENE CURATO, DA COME E QUANTO LAVORA, DA COME VIENE ISTRUITO, DA COSA MANGIA E COSA BEVE, DA COSA COMPRA E QUANTO SPENDE, NEL RISPETTO DI TUTTI GLI ESSERI VIVENTI E DELL’AMBIENTE.

4. CI IMPEGNAMO A COSTRUIRE UN PROGRAMMA CHE REALIZZI QUESTI PRINCIPI, NEL RISPETTO DEI VALORI DELLA PACE, DELLA GIUSTIZIA E DELLA NONVIOLENZA, ATTRAVERSO L'ATTUAZIONE REALE DELLA COSTITUZIONE, IL RISPETTO DELL’AMBIENTE INTESO COME TUTELA DELL’EQUILIBRIO TRA LA TERRA E LA BIODIVERSITA’, LA CONSERVAZIONE DEL PATRIMONIO CULTURALE LOCALE E LA LOTTA CONTRO LA CRIMINALITÀ ORGANIZZATA E CONTRO LA CONNIVENZA TRA POLITICA E MAFIE.

5. CONSIDERIAMO L’OSSERVANZA DI LEGGI BASATE SU PRINCIPI DI DEMOCRAZIA E LAICITA’, INTESA COME RISPETTO DEI RUOLI FRA LE RELIGIONI PRESENTI NEL TERRITORIO E GLI ORGANI ISTITUZIONALI, ELEMENTO FONDAMENTALE DI UNA SOCIETA' MODERNA CHE CONIUGHI PARTECIPAZIONE, TRASPARENZA ED EFFICIENZA.

6. SIAMO CONVINTI CHE IL NOSTRO IMPEGNO, UNITO ALLA PARTECIPAZIONE E ALLA FIDUCIA DI OGNI CITTADINO, RENDERA' POSSIBILE, PER LA NOSTRA REGIONE, UN CAMBIAMENTO DEGNO DI ESSERE CHIAMATO TALE.
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Venerdi 29 Gennaio 2010 ore 11.30
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“ORE 20 SKY BAR”

in Via Magna Grecia, 2
( Palazzo COIN Metro S. Giovanni), Roma
per vedere dove si trova sulla mappa
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si terrà la conferenza stampa in occasione della presentazione della lista civica “RETE DEI CITTADINI” per le elezioni regionali del Lazio .

“Il nostro obiettivo è rispondere alle esigenze reali dei cittadini, sia di quelli di oggi che delle generazioni future. Per fare questo riteniamo indispensabile uscire dalle logiche partitiche che mettono al centro interessi clientelari e non il bene comune, per promuovere una reale meritocrazia che favorisca innovazione, creatività e qualità. Da qui la decisione di non coalizzarci con nessuna delle forze politiche che si sono spartite il potere finora.”

L’evento vedrà la presenza del candidato presidente Marzia Marzoli ed i candidati consiglieri Sergio Mazzanti, Gianluca Gabriele, Giuseppe Strano, Ornella Pistolesi, Francesco Silvestri.

La conferenza potrà essere seguita anche in diretta web cliccando qui >>

I signori giornalisti sono invitati a confermare la propria presenza al numero:

Cell. 328/8326581

Oppure via mail: info@retedeicittadini.it

ufficio Stampa, Laura Raduta







Per il Bene Comune, Rinnovamento Politico Italiano, Partito Umanista, Partito del Sud, la Rete dei Cittadini per Aprilia, e i Democratici Diretti stanno creando una lista Civica che si presenterà alle prossime elezioni regionali.

Dopo una votazione democratica il progetto ha preso il nome di Rete dei Cittadini, che sarà il contenitore di tutta quella parte sana dell'elettorato (singole persone, associazioni, comitati, partiti e movimenti) che vuole smettere di affidarsi a "politici in cerca di potere" per partecipare alla sua vita regionale attraverso l'impegno di cittadini comuni.


MANIFESTO del LABORATORIO POLITICO


1. NOI FIRMATARI DEL PRESENTE MANIFESTO, SINGOLI CITTADINI E RAPPRESENTANTI DI COMITATI, ASSOCIAZIONI E GRUPPI POLITICI DEL LAZIO, CONSAPEVOLI CHE GLI ATTUALI PARTITI SONO RESPONSABILI DELLA GESTIONE FALLIMENTARE DELLA “COSA PUBBLICA”, CI IMPEGNAMO A CREARE UNA FORZA POLITICA UNITARIA CHE CONCORRA ALLE PROSSIME ELEZIONI DELLA REGIONE LAZIO.

2. SIAMO CONSAPEVOLI CHE IN QUESTO PAESE VIGE UN SISTEMA ELETTORALE CONTORTO E DISTORTO, CHE RENDE IMPOSSIBILE UN VERO E PARITARIO CONFRONTO TRA LE FORZE POLITICHE E SOCIALI, MA VOGLIAMO CREARE UN’ALTERNATIVA PER QUEI MILIONI DI ELETTORI CHE SI ASTENGONO DAL VOTO O ANNULLANO LE SCHEDE E PER COLORO CHE, PUR VOTANDO, RIMANGONO SENZA ALCUNA RAPPRESENTANZA.

3. E' VIVA, VIVISSIMA IN NOI LA VOLONTA' DI MIGLIORARE LA QUALITA’ DELLA VITA DI OGNI PERSONA, A COMINCIARE DALL'ARIA CHE RESPIRA, DA COME VIENE CURATO, DA COME E QUANTO LAVORA, DA COME VIENE ISTRUITO, DA COSA MANGIA E COSA BEVE, DA COSA COMPRA E QUANTO SPENDE, NEL RISPETTO DI TUTTI GLI ESSERI VIVENTI E DELL’AMBIENTE.

4. CI IMPEGNAMO A COSTRUIRE UN PROGRAMMA CHE REALIZZI QUESTI PRINCIPI, NEL RISPETTO DEI VALORI DELLA PACE, DELLA GIUSTIZIA E DELLA NONVIOLENZA, ATTRAVERSO L'ATTUAZIONE REALE DELLA COSTITUZIONE, IL RISPETTO DELL’AMBIENTE INTESO COME TUTELA DELL’EQUILIBRIO TRA LA TERRA E LA BIODIVERSITA’, LA CONSERVAZIONE DEL PATRIMONIO CULTURALE LOCALE E LA LOTTA CONTRO LA CRIMINALITÀ ORGANIZZATA E CONTRO LA CONNIVENZA TRA POLITICA E MAFIE.

5. CONSIDERIAMO L’OSSERVANZA DI LEGGI BASATE SU PRINCIPI DI DEMOCRAZIA E LAICITA’, INTESA COME RISPETTO DEI RUOLI FRA LE RELIGIONI PRESENTI NEL TERRITORIO E GLI ORGANI ISTITUZIONALI, ELEMENTO FONDAMENTALE DI UNA SOCIETA' MODERNA CHE CONIUGHI PARTECIPAZIONE, TRASPARENZA ED EFFICIENZA.

6. SIAMO CONVINTI CHE IL NOSTRO IMPEGNO, UNITO ALLA PARTECIPAZIONE E ALLA FIDUCIA DI OGNI CITTADINO, RENDERA' POSSIBILE, PER LA NOSTRA REGIONE, UN CAMBIAMENTO DEGNO DI ESSERE CHIAMATO TALE.
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Una giornata della memoria per i meridionali

di Angelo Forgione


La giornata della memoria è alle spalle carica di emozioni soprattutto per chi ha vissuto gli anni bui. Ma i lager nazisti non erano una novità e ai più non è nota la prima vera forma italiana di deportazione, quella perpetrata alle popolazioni napoletane e meridionali, allora dette duosiciliane, compiuta tra il 1862 ed il 1873 dai Savoia. Anche quel fenomeno meriterebbe di essere ricordato, ma si sa che la storia la scrivono i vincitori e le verità nascoste sono patrimonio di pochi fieri.

Non si trattò solo di quei patrioti che i piemontesi chiamarono denigratoriamente “briganti” ma anche di quelle migliaia di soldati del Regno delle Due Sicilie invaso, deportati a Fenestrelle nel torinese, al confine con la Francia, ovvero il primo vero campo di concentramento della storia italiana, fomentato e giustificato dalle folli teorie razziste di Cesare Lombroso con le quali si intese dimostrare l’inferiorità e la criminalità dei meridionali basandosi su concetti di fisiognomica. Le fattezze somatiche non erano per lui caratteristica di semplice distinzione ma di discriminazione e per questo il cranio di meridionale dimostrava la sua tendenza a delinquere. I suoi studi furono poi utilizzati persino dai nazisti prima di essere smentiti dalla scienza ufficiale. Fu chiara propaganda filo-piemontese, ma in nome di essa si mandarono a morte e sofferenze in vita migliaia di duosiciliani.

I numeri della repressione sono negli archivi ufficiali e parlano di una strage di civili innocenti e indifesi: 6564 arresti, 5.212 condanne a morte, 54 paesi meridionali rasi al suolo (Pontelandolfo e Casalduni i più emblematici), 1 milione di morti. Queste le cifre della repressione consumata all'indomani dell'Unità d'Italia dai Savoia. Chi li ricorda? Nessuno! Non lo fa neanche il Presidente della Repubblica Italiana, per giunta napoletano. La prima pulizia etnica della storia contemporanea fu operata sulle popolazioni meridionali, autorizzata legalmente dalla Legge Pica promulgata dal governo Minghetti il 15 agosto 1863, con la quale si fece con la forza e col terrore l’Italia, ma non gli italiani.

I sopravvissuti furono fatti prigionieri e deportati nei lager dei Savoia dove, appena coperti da cenci di tela, ricevevano in pasto una misera brodaglia con del pane nero raffermo. Maltrattamenti e nefandezze fisiche e morali erano la prassi e, per oltre dieci anni, tutti i catturati, oltre 40.000, morirono di fame, torture e malattie varie.
Le condizioni igieniche erano oltre il limite dell’indecenza: sacerdoti, assassini, giovani, anziani, contadini e letterati erano ammassati tutti insieme senza coperte e senza luce. I vetri e gli infissi erano smontati appositamente per far patire a quei meridionali le temperature rigide del settentrione alle quali non erano abituati. Tutto questo per rubare loro il denaro che possedevano, e al sud ce n’era all’epoca.
Solo la morte liberava, e i corpi finivano disciolti nella calce viva posta in grandi vasche. Una morte priva di misericordia, di onori, di tombe su cui pregare, affinché non restassero tracce dei misfatti compiuti.
Dunque oggi nessuno ricorda quei martiri e a Torino, per giunta, è aperto al pubblico un “museo di antropologia criminale” dedicato al folle Cesare Lombroso che espone scalpi di meridionali. Un museo fondato nel 1876 che all’epoca intendeva testimoniare il posto centrale nella cultura positivistica di fine ottocento del sistema lombrosiano diffusosi nel mondo. Chiuso giustamente per circa un secolo, l’anno scorso è stato riallestito nel Palazzo degli Studi anatomici di Torino in vista delle celebrazioni dei 150 anni dell’unità d’Italia. Un bel modo per celebrare, non c’è che dire.

Per manifestare il proprio dissenso di fronte a tale iniziativa è nato su Facebook un gruppo di protesta de “l meridionali contro il Museo Lombrosiano a Torino” che conta ad oggi circa 7.000 iscritti di cui buona parte pronti a riunirsi in un corteo di protesta l’8 maggio prossimo per chiedere la chiusura immediata dell’esposizione e la restituzione dei resti dei “briganti” uccisi dai Sabaudi per i quali si reclama oggi una dignitosa sepoltura, utilizzati da Lombroso per i suoi studi ed esposti ora nel museo.
“Vogliamo dare un segnale forte – commenta Michelle Iannelli, organizzatore della manifestazione nonché medico specialista in psicologia clinica e psicoterapeutica – per far comprendere che Lombroso è un simbolo di quello che noi consideriamo un atto di aggressione dal punto di vista storico e scientifico nei confronti delle popolazioni del Sud”.

Il direttore del Museo, Silvano Montaldo, motiva così l’iniziativa: “Nessuno nega o vuole nascondere che Lombroso abbia avuto un atteggiamento razzista in alcuni dei suoi libri ma il razzismo non è centrale nella costruzione delle sue teorie. Per questo motivo il Museo non vuole esaltare la figura di Lombroso, ma storicizzarla, evidenziando anche e soprattutto gli errori fatti in quell’epoca”.
Gridare forte “viva l’Italia” l’anno prossimo non basterà a cancellare le nefandezze commesse ai danni dei meridionali. E durante le celebrazioni del Risorgimento qualcuno abbia la sensibilità di ricordare le vittime del sud, perché è col loro sangue e con i loro soldi che si è fatta l’Italia.

Fonte:Napoli.com
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di Angelo Forgione


La giornata della memoria è alle spalle carica di emozioni soprattutto per chi ha vissuto gli anni bui. Ma i lager nazisti non erano una novità e ai più non è nota la prima vera forma italiana di deportazione, quella perpetrata alle popolazioni napoletane e meridionali, allora dette duosiciliane, compiuta tra il 1862 ed il 1873 dai Savoia. Anche quel fenomeno meriterebbe di essere ricordato, ma si sa che la storia la scrivono i vincitori e le verità nascoste sono patrimonio di pochi fieri.

Non si trattò solo di quei patrioti che i piemontesi chiamarono denigratoriamente “briganti” ma anche di quelle migliaia di soldati del Regno delle Due Sicilie invaso, deportati a Fenestrelle nel torinese, al confine con la Francia, ovvero il primo vero campo di concentramento della storia italiana, fomentato e giustificato dalle folli teorie razziste di Cesare Lombroso con le quali si intese dimostrare l’inferiorità e la criminalità dei meridionali basandosi su concetti di fisiognomica. Le fattezze somatiche non erano per lui caratteristica di semplice distinzione ma di discriminazione e per questo il cranio di meridionale dimostrava la sua tendenza a delinquere. I suoi studi furono poi utilizzati persino dai nazisti prima di essere smentiti dalla scienza ufficiale. Fu chiara propaganda filo-piemontese, ma in nome di essa si mandarono a morte e sofferenze in vita migliaia di duosiciliani.

I numeri della repressione sono negli archivi ufficiali e parlano di una strage di civili innocenti e indifesi: 6564 arresti, 5.212 condanne a morte, 54 paesi meridionali rasi al suolo (Pontelandolfo e Casalduni i più emblematici), 1 milione di morti. Queste le cifre della repressione consumata all'indomani dell'Unità d'Italia dai Savoia. Chi li ricorda? Nessuno! Non lo fa neanche il Presidente della Repubblica Italiana, per giunta napoletano. La prima pulizia etnica della storia contemporanea fu operata sulle popolazioni meridionali, autorizzata legalmente dalla Legge Pica promulgata dal governo Minghetti il 15 agosto 1863, con la quale si fece con la forza e col terrore l’Italia, ma non gli italiani.

I sopravvissuti furono fatti prigionieri e deportati nei lager dei Savoia dove, appena coperti da cenci di tela, ricevevano in pasto una misera brodaglia con del pane nero raffermo. Maltrattamenti e nefandezze fisiche e morali erano la prassi e, per oltre dieci anni, tutti i catturati, oltre 40.000, morirono di fame, torture e malattie varie.
Le condizioni igieniche erano oltre il limite dell’indecenza: sacerdoti, assassini, giovani, anziani, contadini e letterati erano ammassati tutti insieme senza coperte e senza luce. I vetri e gli infissi erano smontati appositamente per far patire a quei meridionali le temperature rigide del settentrione alle quali non erano abituati. Tutto questo per rubare loro il denaro che possedevano, e al sud ce n’era all’epoca.
Solo la morte liberava, e i corpi finivano disciolti nella calce viva posta in grandi vasche. Una morte priva di misericordia, di onori, di tombe su cui pregare, affinché non restassero tracce dei misfatti compiuti.
Dunque oggi nessuno ricorda quei martiri e a Torino, per giunta, è aperto al pubblico un “museo di antropologia criminale” dedicato al folle Cesare Lombroso che espone scalpi di meridionali. Un museo fondato nel 1876 che all’epoca intendeva testimoniare il posto centrale nella cultura positivistica di fine ottocento del sistema lombrosiano diffusosi nel mondo. Chiuso giustamente per circa un secolo, l’anno scorso è stato riallestito nel Palazzo degli Studi anatomici di Torino in vista delle celebrazioni dei 150 anni dell’unità d’Italia. Un bel modo per celebrare, non c’è che dire.

Per manifestare il proprio dissenso di fronte a tale iniziativa è nato su Facebook un gruppo di protesta de “l meridionali contro il Museo Lombrosiano a Torino” che conta ad oggi circa 7.000 iscritti di cui buona parte pronti a riunirsi in un corteo di protesta l’8 maggio prossimo per chiedere la chiusura immediata dell’esposizione e la restituzione dei resti dei “briganti” uccisi dai Sabaudi per i quali si reclama oggi una dignitosa sepoltura, utilizzati da Lombroso per i suoi studi ed esposti ora nel museo.
“Vogliamo dare un segnale forte – commenta Michelle Iannelli, organizzatore della manifestazione nonché medico specialista in psicologia clinica e psicoterapeutica – per far comprendere che Lombroso è un simbolo di quello che noi consideriamo un atto di aggressione dal punto di vista storico e scientifico nei confronti delle popolazioni del Sud”.

Il direttore del Museo, Silvano Montaldo, motiva così l’iniziativa: “Nessuno nega o vuole nascondere che Lombroso abbia avuto un atteggiamento razzista in alcuni dei suoi libri ma il razzismo non è centrale nella costruzione delle sue teorie. Per questo motivo il Museo non vuole esaltare la figura di Lombroso, ma storicizzarla, evidenziando anche e soprattutto gli errori fatti in quell’epoca”.
Gridare forte “viva l’Italia” l’anno prossimo non basterà a cancellare le nefandezze commesse ai danni dei meridionali. E durante le celebrazioni del Risorgimento qualcuno abbia la sensibilità di ricordare le vittime del sud, perché è col loro sangue e con i loro soldi che si è fatta l’Italia.

Fonte:Napoli.com
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giovedì 28 gennaio 2010

Sig. Presidente della Repubblica, si cancellino le strade e le piazze intitolate al Savoia che firmò le leggi razziali

Di Antonio Ciano


In Italia è stato il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, a presiedere le celebrazioni al Quirinale. “La Shoah – ha detto il capo dello Stato – è un’esperienza tragica carica di insegnamenti e di valori”. A Montecitorio il presidente della Camera Gianfranco Fini ha ricevuto Elie Wiesel, ex internato ad Auschwitz e premio Nobel per la pace nel 1986. Nella notte sono apparse delle scritte antisemite in alcune vie della capitale, tra cui via Tasso, di fronte al Museo della Liberazione. Unanime è stata la condanna per un gesto che il sindaco della città ha definito “un’offesa senza pari al rispetto della dignità umana”.



Le leggi razziali contro il popolo ebraico sono state emanate da Mussolini e controfirmate dal Re Vittorio Emanuele III di Savoia. Il re si macchiò di crimini orrendi, di crimini di Guerra e di crimini contro l’umanità, ma noi italiani siamo ancora costretti a camminare su strade e piazze intitolate a quel razzista.
Sig. Presidente, faccia qualcosa per ovviare a questa Vergogna, si eliminino, per amore della verità, le intitolazioni al re travicello, è uno schiaffo alla nazione, alla storia e agli ebrei la toponomastica in onore di colui il quale si macchiò di questo crimine orrendo. Oggi, 27 gennaio, giorno della memoria, dovremmo vergognarci per aver invitato nel parlamento italiano il premio nobel per la pace Wiesel, si cancellino le strade e le piazze intitolate al Savoia che fuggì dall’Italia lasciando gli italiani nelle mani della rabbia tedesca.

Abbiamo preso il testo seguente da un sito dell’ANPI:

1938 – Le leggi razziali del fascismo

Il razzismo fascista non “fu all’acqua di rose”. le leggi razziali del fascismo furono una vergogna e una infamia imperdonabile. Quelle leggi, infatti, portarono alla morte migliaia di ebrei e provocarono sofferenze indicibili, paura, terrore, angoscia e miseria.

Le leggi razziali furono emanate nel 1938: esattamente il 14 luglio con la pubblicazione del famoso “Manifesto del razzismo italiano” poi trasformato in decreto, il 15 novembre dello stesso anno, con tanto di firma di Vittorio Emanuele III di Savoia, Re d’Italia e imperatore d’Etiopia “per grazia di Dio e per volontà della nazione” .

Il 25 luglio, il ministro della cultura popolare Dino Alfieri e il segretario del partito fascista Achille Starace si erano premurati di ricevere “un gruppo di studiosi fascisti, docenti nelle università italiane che avevano, sotto l’egida del ministero della cultura popolare, redatto il manifesto che gettava le basi del razzismo fascista”.

Con il manifesto e con le leggi successive, agli ebrei venne proibito, tra l’altro, di prestare servizio militare, esercitare l’ufficio di tutore, essere proprietari di aziende, essere proprietari di terreni e di fabbricati, avere domestici “ariani”. Gli ebrei venivano anche licenziati dalle amministrazioni militari e civili, dagli enti provinciali e comunali, dagli enti parastatali, dalle banche, dalle assicurazioni e dall’insegnamento nelle scuole di qualunque ordine e grado. Infine, i ragazzi ebrei non potevano più essere accolti nelle scuole statali.

Insomma una vera e propria tragedia per migliaia di persone, magari con alle spalle anni ed anni di onoratissimo lavoro o carriera. Le colpe del regime di Mussolini furono gravissime, ma la tendenza generale è, ancora oggi, quella di addossare tutto alla “follia” nazista.

Ed ecco, il 5 agosto del 1938, comparire nelle edicole e nelle librerie, il primo numero del giornale “La difesa della Razza” diretto da Telesio Interlandi. Interlandi era un giornalista e uno scrittore sulla cresta dell’onda che già dirigeva, su richiesta di Mussolini, il quotidiano “Il Tevere”.


Gli scritti di Interlandi, comunque colto e preparato, erano già di un razzismo ripugnante.

Con “La difesa della Razza” la politica del regime nei confronti degli ebrei diventa metodica e, per così dire, “scientifica” e pianificata.

La rivista, fu il prodotto giornalistico più vergognoso e infame del fascismo.

Il primo numero è pieno di vergognose scempiaggini, stupidità, sciocchezze e idiozie teoriche sulle quali si reggeva la politica antiebraica fascista che non faceva altro che scimmiottare quella nazista.

In base a quelle cosiddette teorie (quasi sempre penose, false perfino ridicole) migliaia di ebrei italiani furono perseguitati, umiliati, messi alla fame, arrestati e poi spediti nei campi di sterminio.





Il senso della copertina è chiaro: la spada del fascismo che divide il bel profilo dell’italico antico romano dalle altre razze spurie e animalesche.


Manifesto redatto da un gruppo di studiosi fascisti, docenti nelle università italiane, sotto l’egida del ministero della cultura popolare, che gettava le basi del razzismo fascista”.

Ecco i 10 punti:

1. LE RAZZE UMANE ESISTONO. – La esistenza delle razze umane non è già una astrazione del nostro spirito, ma corrisponde a una realtà fenomenica. materiale. percepibile con i nostri sensi. Questa realtà è rappresentata da masse. quasi sempre imponenti. di milioni di uomini. simili per caratteri fisici e psicologici che furono ereditati e che continuano ad ereditarsi. Dire che esistono le razze umane non vuol dire a priori che esistono razze umane superiori o inferiori. ma soltanto che esistono razze umane differenti.

2. ESISTONO GRANDI RAZZE E PICCOLE RAZZE. – Non bisogna soltanto ammettere che esistano i gruppi sistematici maggiori. che comunemente sono chiamati razze e che sono individualizzati solo da alcuni caratteri, ma bisogna anche ammettere che esistano gruppi sistematici minori (come per es. i nordici, i mediterranei. i dinarici, ecc.) individualizzati da un maggior numero di caratteri comuni. Questi gruppi costituiscono dal punto di vista biologico le vere razze,la esistenza delle quali è una verità evidente.

3. IL CONCETTO DI RAZZA E’ CONCETTO PURAMENTE BIOLOGICO. Esso è quindi basato su altre considerazioni che non i concetti di popolo e di nazione, fondati essenzialmente su considerazioni sto­riche, linguistiche, religiose. Però alla base delle differenze di popolo e di nazione stanno delle differenze di razza. Se gli Italiani sono differenti dai Francesi, dai Tedeschi, dai Turchi, dai Greci, ecc .. non è solo perché essi hanno una lingua diversa e una storia diversa, ma perché la costituzione razziale di questi popoli è di­versa. Sono state proporzioni diverse di razze differenti che da tempo molto antico costituiscono i di,versi popoli sia che una razza abbia il dominio assoluto sulle altre, sia che tutte risultino fuse armonicamente, sia, infine. che persistano ancora inassimilate una alle altre le diverse razze.

4. LA POPOLAZIONE DELL’ITALIA ATTUALE E’ DI ORIGINE ARIANA E LA SUA CIVILTA’ E’ ARIANA. – Questa popolazione a civiltà ariana abita da diversi millenni la nostra penisola; ben poco è rimasto della civiltà delle genti preariane. L’origine degli Italiani attuali parte essenzialmente da elementi di quelle stesse razze che costituiscono e costituirono il tessuto perennemente vivo dell’Europa.

5. E’ UNA LEGGENDA L’APPORTO DI MASSE INGENTI DI UOMINI IN TEMPI STORICI. – Dopo l’invasione dei Longobardi non ci sono stati in Italia altri notevoli movimenti di popoli capaci di influenzare la fisonomia razziale della nazione. Da ciò deriva che, mentre per altre nazioni europee la composizione razziale è variata notevolmente in tempi anche moderni,per l’Italia, nelle sue grandi linee, la composizione razziale di oggi è la stessa di quella che era mille anni fa; i quarantaquattro milioni d’Italiani di oggi rimon­tano quindi nell’ assoluta maggioranza a famiglie che abitano l’Italia da un millennio.

6. ESISTE ORMAI UNA PURA “RAZZA ITALIANA”. – Questo enunciato non è basato sulla confusione del concetto biologico di razza con il concetto storico·linguistico di popolo e di nazione, ma sulla purissima parentela di sangue che unisce gli Italiani di oggi alle generazioni che da millenni popolano l’Italia. Questa antica purezza di sangue è il più grande titolo di nobiltà della Nazione italiana.

7. E’ TEMPO CHE GLI ITAILANI SI PROCLAMINO FRANCAMENTE RAZZISTI. – Tutta l’opera che finora ha fatto il Regime in Italia è in fondo del razzismo. Frequentissimo è stato sempre nei discorsi del Capo il richiamo ai concetti di razza.

La questione del razzismo in Italia deve essere trattata da un punto di vista puramente biologico, senza intenzioni filosofiche o religiose.

La concezione del razzismo in Italia deve essere essenzialmente italiana e l’indrizzo ariano-nordico. Questo non vuole dire però introdurre in Italia le teorie·del razzismo tedesco come sono o affermare che gli Italiani e gli Scandinavi sono la stessa cosa. Ma vuole soltanto additare agli Italiani. un modello fisico e soprattutto psicologico di razza umana che per, i suoi caratteri puramente europei si stacca completamente da tutte le razze extra europee, questo vuol dire elevare l’Italiano ad un ideale di superiore coscienza di se stesso e di maggiore responsabilità.

8. E’ NECESSARIO FARE UNA NETTA DISTINZIONE TRA I MEDITERRANEI D’EUROPA (OCCIDENTALI) DA UNA PARTE GLI ORIENTALI E GLI AFRICANI DALL’ALTRA. – Sono perciò da considerarsi pericolose le teorie che sostengono l’origine africana di alcuni popoli europei e comprendono in una comune razza mediterranea anche le popolazioni semitiche e camitiche stabilendo relazioni e simpatie ideologiche assolutamente inammissibili. ‘

9. GLI EBREI NON APPARTENGONO ALLA RAZZA ITALIANA. – Dei semiti che nel corso dei secoli sono approdati sul sacro suolo della nostra Patria nulla in generale è rimasto. Anche l’occupazione araba della Sicilia nulla ha lasciato all’infuori del ricordo di qualche nome; e del resto il processo di assimilazione fu sempre rapidissimo in Italia.

Gli ebrei rappresentano l’unica popolazione che non si è mai assimilata in Italia perché essa è costituita da elementi razziali non europei, diversi in modo assoluto dagli elementi che hanno dato origine agli Italiani.

10. I CARATTERI FISICI E PSICOLOGICI PURAMENTE EUROPEI DEGLI ITALIANI NON DEVONO ESSERE ALTERATI IN NESSUN MODO. L’unione è ammissibile solo nell’ambito delle razze europee, nel quale caso non si deve parlare di vero e proprio ibridismo, dato che queste razze appartengono ad un corpo comune e differiscono solo per alcuni caratteri. mentre sono uguali per moltissimi altri.

Il carattere puramente europeo degli Italiani viene alterato dall’incrocio con qualsiasi razza extra-europea e portatrice di una civiltà diversa dalla millenaria civiltà degli ariani.

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Di Antonio Ciano


In Italia è stato il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, a presiedere le celebrazioni al Quirinale. “La Shoah – ha detto il capo dello Stato – è un’esperienza tragica carica di insegnamenti e di valori”. A Montecitorio il presidente della Camera Gianfranco Fini ha ricevuto Elie Wiesel, ex internato ad Auschwitz e premio Nobel per la pace nel 1986. Nella notte sono apparse delle scritte antisemite in alcune vie della capitale, tra cui via Tasso, di fronte al Museo della Liberazione. Unanime è stata la condanna per un gesto che il sindaco della città ha definito “un’offesa senza pari al rispetto della dignità umana”.



Le leggi razziali contro il popolo ebraico sono state emanate da Mussolini e controfirmate dal Re Vittorio Emanuele III di Savoia. Il re si macchiò di crimini orrendi, di crimini di Guerra e di crimini contro l’umanità, ma noi italiani siamo ancora costretti a camminare su strade e piazze intitolate a quel razzista.
Sig. Presidente, faccia qualcosa per ovviare a questa Vergogna, si eliminino, per amore della verità, le intitolazioni al re travicello, è uno schiaffo alla nazione, alla storia e agli ebrei la toponomastica in onore di colui il quale si macchiò di questo crimine orrendo. Oggi, 27 gennaio, giorno della memoria, dovremmo vergognarci per aver invitato nel parlamento italiano il premio nobel per la pace Wiesel, si cancellino le strade e le piazze intitolate al Savoia che fuggì dall’Italia lasciando gli italiani nelle mani della rabbia tedesca.

Abbiamo preso il testo seguente da un sito dell’ANPI:

1938 – Le leggi razziali del fascismo

Il razzismo fascista non “fu all’acqua di rose”. le leggi razziali del fascismo furono una vergogna e una infamia imperdonabile. Quelle leggi, infatti, portarono alla morte migliaia di ebrei e provocarono sofferenze indicibili, paura, terrore, angoscia e miseria.

Le leggi razziali furono emanate nel 1938: esattamente il 14 luglio con la pubblicazione del famoso “Manifesto del razzismo italiano” poi trasformato in decreto, il 15 novembre dello stesso anno, con tanto di firma di Vittorio Emanuele III di Savoia, Re d’Italia e imperatore d’Etiopia “per grazia di Dio e per volontà della nazione” .

Il 25 luglio, il ministro della cultura popolare Dino Alfieri e il segretario del partito fascista Achille Starace si erano premurati di ricevere “un gruppo di studiosi fascisti, docenti nelle università italiane che avevano, sotto l’egida del ministero della cultura popolare, redatto il manifesto che gettava le basi del razzismo fascista”.

Con il manifesto e con le leggi successive, agli ebrei venne proibito, tra l’altro, di prestare servizio militare, esercitare l’ufficio di tutore, essere proprietari di aziende, essere proprietari di terreni e di fabbricati, avere domestici “ariani”. Gli ebrei venivano anche licenziati dalle amministrazioni militari e civili, dagli enti provinciali e comunali, dagli enti parastatali, dalle banche, dalle assicurazioni e dall’insegnamento nelle scuole di qualunque ordine e grado. Infine, i ragazzi ebrei non potevano più essere accolti nelle scuole statali.

Insomma una vera e propria tragedia per migliaia di persone, magari con alle spalle anni ed anni di onoratissimo lavoro o carriera. Le colpe del regime di Mussolini furono gravissime, ma la tendenza generale è, ancora oggi, quella di addossare tutto alla “follia” nazista.

Ed ecco, il 5 agosto del 1938, comparire nelle edicole e nelle librerie, il primo numero del giornale “La difesa della Razza” diretto da Telesio Interlandi. Interlandi era un giornalista e uno scrittore sulla cresta dell’onda che già dirigeva, su richiesta di Mussolini, il quotidiano “Il Tevere”.


Gli scritti di Interlandi, comunque colto e preparato, erano già di un razzismo ripugnante.

Con “La difesa della Razza” la politica del regime nei confronti degli ebrei diventa metodica e, per così dire, “scientifica” e pianificata.

La rivista, fu il prodotto giornalistico più vergognoso e infame del fascismo.

Il primo numero è pieno di vergognose scempiaggini, stupidità, sciocchezze e idiozie teoriche sulle quali si reggeva la politica antiebraica fascista che non faceva altro che scimmiottare quella nazista.

In base a quelle cosiddette teorie (quasi sempre penose, false perfino ridicole) migliaia di ebrei italiani furono perseguitati, umiliati, messi alla fame, arrestati e poi spediti nei campi di sterminio.





Il senso della copertina è chiaro: la spada del fascismo che divide il bel profilo dell’italico antico romano dalle altre razze spurie e animalesche.


Manifesto redatto da un gruppo di studiosi fascisti, docenti nelle università italiane, sotto l’egida del ministero della cultura popolare, che gettava le basi del razzismo fascista”.

Ecco i 10 punti:

1. LE RAZZE UMANE ESISTONO. – La esistenza delle razze umane non è già una astrazione del nostro spirito, ma corrisponde a una realtà fenomenica. materiale. percepibile con i nostri sensi. Questa realtà è rappresentata da masse. quasi sempre imponenti. di milioni di uomini. simili per caratteri fisici e psicologici che furono ereditati e che continuano ad ereditarsi. Dire che esistono le razze umane non vuol dire a priori che esistono razze umane superiori o inferiori. ma soltanto che esistono razze umane differenti.

2. ESISTONO GRANDI RAZZE E PICCOLE RAZZE. – Non bisogna soltanto ammettere che esistano i gruppi sistematici maggiori. che comunemente sono chiamati razze e che sono individualizzati solo da alcuni caratteri, ma bisogna anche ammettere che esistano gruppi sistematici minori (come per es. i nordici, i mediterranei. i dinarici, ecc.) individualizzati da un maggior numero di caratteri comuni. Questi gruppi costituiscono dal punto di vista biologico le vere razze,la esistenza delle quali è una verità evidente.

3. IL CONCETTO DI RAZZA E’ CONCETTO PURAMENTE BIOLOGICO. Esso è quindi basato su altre considerazioni che non i concetti di popolo e di nazione, fondati essenzialmente su considerazioni sto­riche, linguistiche, religiose. Però alla base delle differenze di popolo e di nazione stanno delle differenze di razza. Se gli Italiani sono differenti dai Francesi, dai Tedeschi, dai Turchi, dai Greci, ecc .. non è solo perché essi hanno una lingua diversa e una storia diversa, ma perché la costituzione razziale di questi popoli è di­versa. Sono state proporzioni diverse di razze differenti che da tempo molto antico costituiscono i di,versi popoli sia che una razza abbia il dominio assoluto sulle altre, sia che tutte risultino fuse armonicamente, sia, infine. che persistano ancora inassimilate una alle altre le diverse razze.

4. LA POPOLAZIONE DELL’ITALIA ATTUALE E’ DI ORIGINE ARIANA E LA SUA CIVILTA’ E’ ARIANA. – Questa popolazione a civiltà ariana abita da diversi millenni la nostra penisola; ben poco è rimasto della civiltà delle genti preariane. L’origine degli Italiani attuali parte essenzialmente da elementi di quelle stesse razze che costituiscono e costituirono il tessuto perennemente vivo dell’Europa.

5. E’ UNA LEGGENDA L’APPORTO DI MASSE INGENTI DI UOMINI IN TEMPI STORICI. – Dopo l’invasione dei Longobardi non ci sono stati in Italia altri notevoli movimenti di popoli capaci di influenzare la fisonomia razziale della nazione. Da ciò deriva che, mentre per altre nazioni europee la composizione razziale è variata notevolmente in tempi anche moderni,per l’Italia, nelle sue grandi linee, la composizione razziale di oggi è la stessa di quella che era mille anni fa; i quarantaquattro milioni d’Italiani di oggi rimon­tano quindi nell’ assoluta maggioranza a famiglie che abitano l’Italia da un millennio.

6. ESISTE ORMAI UNA PURA “RAZZA ITALIANA”. – Questo enunciato non è basato sulla confusione del concetto biologico di razza con il concetto storico·linguistico di popolo e di nazione, ma sulla purissima parentela di sangue che unisce gli Italiani di oggi alle generazioni che da millenni popolano l’Italia. Questa antica purezza di sangue è il più grande titolo di nobiltà della Nazione italiana.

7. E’ TEMPO CHE GLI ITAILANI SI PROCLAMINO FRANCAMENTE RAZZISTI. – Tutta l’opera che finora ha fatto il Regime in Italia è in fondo del razzismo. Frequentissimo è stato sempre nei discorsi del Capo il richiamo ai concetti di razza.

La questione del razzismo in Italia deve essere trattata da un punto di vista puramente biologico, senza intenzioni filosofiche o religiose.

La concezione del razzismo in Italia deve essere essenzialmente italiana e l’indrizzo ariano-nordico. Questo non vuole dire però introdurre in Italia le teorie·del razzismo tedesco come sono o affermare che gli Italiani e gli Scandinavi sono la stessa cosa. Ma vuole soltanto additare agli Italiani. un modello fisico e soprattutto psicologico di razza umana che per, i suoi caratteri puramente europei si stacca completamente da tutte le razze extra europee, questo vuol dire elevare l’Italiano ad un ideale di superiore coscienza di se stesso e di maggiore responsabilità.

8. E’ NECESSARIO FARE UNA NETTA DISTINZIONE TRA I MEDITERRANEI D’EUROPA (OCCIDENTALI) DA UNA PARTE GLI ORIENTALI E GLI AFRICANI DALL’ALTRA. – Sono perciò da considerarsi pericolose le teorie che sostengono l’origine africana di alcuni popoli europei e comprendono in una comune razza mediterranea anche le popolazioni semitiche e camitiche stabilendo relazioni e simpatie ideologiche assolutamente inammissibili. ‘

9. GLI EBREI NON APPARTENGONO ALLA RAZZA ITALIANA. – Dei semiti che nel corso dei secoli sono approdati sul sacro suolo della nostra Patria nulla in generale è rimasto. Anche l’occupazione araba della Sicilia nulla ha lasciato all’infuori del ricordo di qualche nome; e del resto il processo di assimilazione fu sempre rapidissimo in Italia.

Gli ebrei rappresentano l’unica popolazione che non si è mai assimilata in Italia perché essa è costituita da elementi razziali non europei, diversi in modo assoluto dagli elementi che hanno dato origine agli Italiani.

10. I CARATTERI FISICI E PSICOLOGICI PURAMENTE EUROPEI DEGLI ITALIANI NON DEVONO ESSERE ALTERATI IN NESSUN MODO. L’unione è ammissibile solo nell’ambito delle razze europee, nel quale caso non si deve parlare di vero e proprio ibridismo, dato che queste razze appartengono ad un corpo comune e differiscono solo per alcuni caratteri. mentre sono uguali per moltissimi altri.

Il carattere puramente europeo degli Italiani viene alterato dall’incrocio con qualsiasi razza extra-europea e portatrice di una civiltà diversa dalla millenaria civiltà degli ariani.

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Comunicato della Sezione di Caserta del Partito del Sud




Ricevo e posto con condivisione l'appello degli amici della sezione casertana, recentemente costituita. Ringrazio gli amici ed i compatrioti di Terra di Lavoro...è sicuramente un altro ottimo segnale concreto di vitalità e di crescita del nostro movimento...prego rispondere per tutti quelli che hanno la nostra stessa passione...prego astenersi politicanti tradizionali, accattoni e campioni di trasformismo...Avanti SUD!!!

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Finalmente dopo quasi 20 anni di impegno civico-culturale sul territorio abbiamo maturato la convinzione di fondare un PARTITO DEL SUD che cerchi di tutelare gli interessi del Meridione d’Italia e di rappresentarne le legittime istanze. Nell’ambito regolamentare sono previste norme che facilitano l’inserimento nei ruoli di responsabilità per coloro che hanno dimostrato di avere a cuore le sorti della propria terra e della propria comunità. L’obiettivo finale è quello di avere una nuova classe dirigente politica, radicata ed identitaria, che sappia realmente interpretare i bisogni dei cittadini del Sud Italia. Il divario con il Nord, nonostante le periodiche strombazzate di politiche economiche tese ad attenuarlo, è rimasto, sostanzialmente, inalterato da 150 anni circa a conferma che tutta la dirigenza politica, di destra, di centro o di sinistra, ha miseramente fallito, relegandoci negli ultimi posti in Europa. I peggiori “mercanti politici” è inutile dirlo, sono stati proprio gli appartenenti a quella insulsa classe dirigente politica meridionale che avrebbe dovuto tutelare la loro terra ma che, al contrario, l’hanno saccheggiata e barattata per un piatto di legumi. Contro costoro va la nostra maledizione perché pur avendo tutte le risorse ed il potere disponibile hanno perpetuato il gap sociale ed economico con il Nord Italia.

Abbiamo bisogno del tuo aiuto e della tua concreta collaborazione ma se credi che tale iniziativa non possa essere una concreta possibilità di riscatto del Sud, se credi che il mondo esista fino all’uscio della tua casa e tutto ciò che avviene al di là non ti appartiene e non ti interessa, cestina questo invito.

Abbiamo bisogno di persone che diano un contributo reale e che credano nella rinascita del nostro territorio. Non vogliamo essere più la colonia del Nord né vogliamo più persone che si lamentino soltanto. Lo dobbiamo ai nostri figli ed ai nostri avi che lottarono fino alla morte per la strenua difesa contro i colonizzatori massoni piemontesi.
W IL SUD.


POMPEO DE CHIARA
Coord. Prov. Caserta - PARTITO DEL SUD
http://www.partitodelsud-ce.it/
.
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Ricevo e posto con condivisione l'appello degli amici della sezione casertana, recentemente costituita. Ringrazio gli amici ed i compatrioti di Terra di Lavoro...è sicuramente un altro ottimo segnale concreto di vitalità e di crescita del nostro movimento...prego rispondere per tutti quelli che hanno la nostra stessa passione...prego astenersi politicanti tradizionali, accattoni e campioni di trasformismo...Avanti SUD!!!

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Finalmente dopo quasi 20 anni di impegno civico-culturale sul territorio abbiamo maturato la convinzione di fondare un PARTITO DEL SUD che cerchi di tutelare gli interessi del Meridione d’Italia e di rappresentarne le legittime istanze. Nell’ambito regolamentare sono previste norme che facilitano l’inserimento nei ruoli di responsabilità per coloro che hanno dimostrato di avere a cuore le sorti della propria terra e della propria comunità. L’obiettivo finale è quello di avere una nuova classe dirigente politica, radicata ed identitaria, che sappia realmente interpretare i bisogni dei cittadini del Sud Italia. Il divario con il Nord, nonostante le periodiche strombazzate di politiche economiche tese ad attenuarlo, è rimasto, sostanzialmente, inalterato da 150 anni circa a conferma che tutta la dirigenza politica, di destra, di centro o di sinistra, ha miseramente fallito, relegandoci negli ultimi posti in Europa. I peggiori “mercanti politici” è inutile dirlo, sono stati proprio gli appartenenti a quella insulsa classe dirigente politica meridionale che avrebbe dovuto tutelare la loro terra ma che, al contrario, l’hanno saccheggiata e barattata per un piatto di legumi. Contro costoro va la nostra maledizione perché pur avendo tutte le risorse ed il potere disponibile hanno perpetuato il gap sociale ed economico con il Nord Italia.

Abbiamo bisogno del tuo aiuto e della tua concreta collaborazione ma se credi che tale iniziativa non possa essere una concreta possibilità di riscatto del Sud, se credi che il mondo esista fino all’uscio della tua casa e tutto ciò che avviene al di là non ti appartiene e non ti interessa, cestina questo invito.

Abbiamo bisogno di persone che diano un contributo reale e che credano nella rinascita del nostro territorio. Non vogliamo essere più la colonia del Nord né vogliamo più persone che si lamentino soltanto. Lo dobbiamo ai nostri figli ed ai nostri avi che lottarono fino alla morte per la strenua difesa contro i colonizzatori massoni piemontesi.
W IL SUD.


POMPEO DE CHIARA
Coord. Prov. Caserta - PARTITO DEL SUD
http://www.partitodelsud-ce.it/
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Meeting a Gaeta sulla Centrale del Garigliano, il no dei Sindaci del Sud Pontino


Stilato un documento condiviso da inviare al Governo

Si è svolto martedì 26 gennaio, nell'Aula Consiliare del Comune di Gaeta, l'incontro tra i Sindaci del comprensorio del Golfo per discutere del destino dell'ex centrale del Garigliano. L'intenzione del Governo di far diventare quell'impianto un deposito di scorie radioattive ha messo in allarme i Primi Cittadini del Sud Pontino che hanno deciso, su invito del Sindaco di Gaeta Antonio Raimondi, di discutere dell'argomento.

I comuni presenti sono stati: Gaeta, Formia, Itri, Minturno, Castelforte, Santi Cosma e Damiano, Spigno Saturnia e Ventotene. Assenti, perché impossibilitati a partecipare, i Sindaci dei comuni di Campodimele e Ponza.

"È stata una riunione molto positiva dalla quale è emersa la preoccupazione comune nei confronti di questo impianto e, soprattutto, degli effetti negativi che ha già prodotto sul nostro territorio - afferma il Sindaco Raimondi - Ho sottoposto ai presenti una bozza di documento politico per avere un punto di partenza su cui confrontarci, un documento ampiamente condiviso dai presenti che hanno apportato ulteriori migliorie enfatizzando alcuni aspetti che meritavano di essere esplicitati meglio".

Un elemento importante che si è voluto mettere in evidenza, sottolineato in particolar modo dall'Assessore all'Ambiente del Comune di Itri Annamaria Ialongo, è stato la vocazione turistica del territorio del Golfo che basa buona parte della sua economia proprio sulle bellezze naturali e paesaggistiche. Un altro importante contributo di esperienza in questa materia è stato portato dai Comuni di Minturno, Castelforte, Spigno Saturnia e Santi Cosma e Damiano che già nel passato hanno partecipato a tavoli di concertazione interregionali. Infatti, proprio da loro è arrivata la proposta, accettata da tutti, di allargare il «fronte» antinucleare ai comuni contigui della provincia di Frosinone e dell'alto casertano.

"Il documento non è stato firmato martedì pomeriggio: è stato discusso, modificato in meglio rafforzando alcuni concetti ed è stato inviato ai sindaci presenti, ed assenti, per essere sottoscritto. Ci siamo dati una scadenza di 48 - 72 ore per firmarlo e mandarlo ai destinatari individuati perché prima riusciamo a farci sentire, prima possiamo iniziare una discussione con i vertici nazionali. Inoltre, questo documento, può rappresentare un punto di partenza per approvare un ordine del giorno nei rispettivi Consigli Comunali, naturalmente ognuno nella sua autonomia potrà anche apportare qualche modifica, ma ritengo che lo spirito condiviso dell'atto non perderà la sua efficacia - aggiunge Raimondi - Infine, voglio sottolineare la comprensorialità di questo incontro: di fronte ad un problema che ci accomuna si è dimostrata la volontà di ragionare insieme e non ognuno per conto proprio. È un nuovo metodo che si sta affermando nel Golfo di Gaeta e che sicuramente porterà ancora altri risultati positivi".

Al termine della riunione si è deciso l'elenco dei destinatari a cui inviare il documento una volta firmato: il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, il Ministro per lo Sviluppo Economico Claudio Scajola, il Ministro per l'Ambiente Stefania Prestigiacomo, il vice Presidente della Regione Lazio Esterino Montino, il Presidente della Provincia di Latina Armando Cusani, il Presidente della conferenza dei Sindaci di Latina Vincenzo Zaccheo, il Presidente della Provincia di Frosinone Antonello Iannarilli, il Presidente della Regione Campania Antonio Bassolino ed il Commissario Straordinario della Provincia di Caserta Biagio Giliberti. Il coordinamento delle diverse fasi è stato affidato, per volontà unanime, al Sindaco di Gaeta Antonio Raimondi.

Movimento Progressista Gaeta
www.movimentoprogressista.org
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Stilato un documento condiviso da inviare al Governo

Si è svolto martedì 26 gennaio, nell'Aula Consiliare del Comune di Gaeta, l'incontro tra i Sindaci del comprensorio del Golfo per discutere del destino dell'ex centrale del Garigliano. L'intenzione del Governo di far diventare quell'impianto un deposito di scorie radioattive ha messo in allarme i Primi Cittadini del Sud Pontino che hanno deciso, su invito del Sindaco di Gaeta Antonio Raimondi, di discutere dell'argomento.

I comuni presenti sono stati: Gaeta, Formia, Itri, Minturno, Castelforte, Santi Cosma e Damiano, Spigno Saturnia e Ventotene. Assenti, perché impossibilitati a partecipare, i Sindaci dei comuni di Campodimele e Ponza.

"È stata una riunione molto positiva dalla quale è emersa la preoccupazione comune nei confronti di questo impianto e, soprattutto, degli effetti negativi che ha già prodotto sul nostro territorio - afferma il Sindaco Raimondi - Ho sottoposto ai presenti una bozza di documento politico per avere un punto di partenza su cui confrontarci, un documento ampiamente condiviso dai presenti che hanno apportato ulteriori migliorie enfatizzando alcuni aspetti che meritavano di essere esplicitati meglio".

Un elemento importante che si è voluto mettere in evidenza, sottolineato in particolar modo dall'Assessore all'Ambiente del Comune di Itri Annamaria Ialongo, è stato la vocazione turistica del territorio del Golfo che basa buona parte della sua economia proprio sulle bellezze naturali e paesaggistiche. Un altro importante contributo di esperienza in questa materia è stato portato dai Comuni di Minturno, Castelforte, Spigno Saturnia e Santi Cosma e Damiano che già nel passato hanno partecipato a tavoli di concertazione interregionali. Infatti, proprio da loro è arrivata la proposta, accettata da tutti, di allargare il «fronte» antinucleare ai comuni contigui della provincia di Frosinone e dell'alto casertano.

"Il documento non è stato firmato martedì pomeriggio: è stato discusso, modificato in meglio rafforzando alcuni concetti ed è stato inviato ai sindaci presenti, ed assenti, per essere sottoscritto. Ci siamo dati una scadenza di 48 - 72 ore per firmarlo e mandarlo ai destinatari individuati perché prima riusciamo a farci sentire, prima possiamo iniziare una discussione con i vertici nazionali. Inoltre, questo documento, può rappresentare un punto di partenza per approvare un ordine del giorno nei rispettivi Consigli Comunali, naturalmente ognuno nella sua autonomia potrà anche apportare qualche modifica, ma ritengo che lo spirito condiviso dell'atto non perderà la sua efficacia - aggiunge Raimondi - Infine, voglio sottolineare la comprensorialità di questo incontro: di fronte ad un problema che ci accomuna si è dimostrata la volontà di ragionare insieme e non ognuno per conto proprio. È un nuovo metodo che si sta affermando nel Golfo di Gaeta e che sicuramente porterà ancora altri risultati positivi".

Al termine della riunione si è deciso l'elenco dei destinatari a cui inviare il documento una volta firmato: il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, il Ministro per lo Sviluppo Economico Claudio Scajola, il Ministro per l'Ambiente Stefania Prestigiacomo, il vice Presidente della Regione Lazio Esterino Montino, il Presidente della Provincia di Latina Armando Cusani, il Presidente della conferenza dei Sindaci di Latina Vincenzo Zaccheo, il Presidente della Provincia di Frosinone Antonello Iannarilli, il Presidente della Regione Campania Antonio Bassolino ed il Commissario Straordinario della Provincia di Caserta Biagio Giliberti. Il coordinamento delle diverse fasi è stato affidato, per volontà unanime, al Sindaco di Gaeta Antonio Raimondi.

Movimento Progressista Gaeta
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Fiat chiude le fabbriche per due settimane




Tutti gli stabilimenti fermi. Trentamila operai in cig. A Pomigliano precari sul tetto del Comune, dopo un mese di occupazione della sala consiliare. A Termini Imerese bloccato l'ingresso dei tir. E con le tute blu protestano anche mogli e parenti


Gli stabilimenti della Fiat Auto si fermeranno due settimane, dal 22 febbraio al 7 marzo. La cassa integrazione riguarda i 30 mila lavoratori di Mirafiori, Melfi, Termini Imerese, la Sevel, Cassino e Pomigliano. Alle radici della decisione - sostiene l'azienda in un comunicato - il cattivo andamento degli ordini a gennaio: "Dopo il periodo positivo di fine 2009, si stanno drasticamente ridimensionando a un livello ancora più basso di quello registrato a gennaio dell'anno scorso, quando il mercato era in grave crisi".

"La crisi, come sapevamo - commenta all'Ansa il segretario generale della Fiom torinese, Giorgio Airaudo - non è superata. Continua la latitanza del governo che non ha un piano autonomo sul futuro dell'auto nel Paese, è lui il vero responsabile di questa cassa integrazione".

Nel frattempo si intensifica nelle città meridionali della Fiat, Pomigliano d'Arco (Na) e Temini Imrerese (Pa), la protesta dei lavoratori contro le scelte del Lingotto. Situazione sempre più delicata in Campania, dove i 38 lavoratori della Fiat di Pomigliano cui non è stato rinnovato il contratto di lavoro occupano ormai da oltre un mese la sala consiliare del Comune. Oggi, gli operai sono saliti sul tetto del Municipio, minacciando di darsi fuoco. I lavoratori hanno acceso un fuoco ed alcuni manifestanti avrebbero portato anche alcune tende e gazebo. "Abbiamo con noi anche la benzina - hanno spiegato - siamo pronti a tutto pur di assicurarci un futuro occupazionale che ci consenta di mandare avanti le nostre famiglie".

In seguito, i 38 operai senza lavoro sono scesi dal tetto del municipio e hanno occupato la stanza del sindaco Antonio Della Ratta. Poi hanno deciso di dar vita ad un corteo per le strade della cittadina partenopea, creando notevoli disagi al traffico veicolare.

Come a Pomigliano, anche a Termini Imerese monta la protesta operaia in Fiat, diretta e dell'indotto. Diverse tute blu, soprattutto quelle del secondo turno, insieme a familiari e altri cittadini solidali stanno presidiano i cancelli impedendo l'ingresso agli automezzi che trasportano i pezzi da assemblare. In questo modo le scorte dovrebbero finire molto rapidamente nel corso della mattinata: le plance, ad esempio, sono già terminate. Lo riferisce l'agenzia Agi.

Cresce, dunque, la mobilitazione, dopo il via dato dai lavoratori della Delivery Email, licenziati a causa della revoca della commessa da parte del Lingotto. Da otto giorni sono sopra il tetto di un capannone, mentre le mogli da ieri hanno iniziato un presidio davanti ai cancelli. Antonio Tarantino, uno dei 13 di Delivery Mail, raggiunto al telefono dall'Ansa dice che "attualmente la linea di montaggio è ferma per mancanza di materiale. Gli operai non sono usciti, ma so che in questo momento non stanno lavorando".

Rinaldini, la cig è uno schiaffo ai lavoratori
"La Fiat ieri ha annunciato che distribuirà agli azionisti il dividendo di 237 milioni di euro e oggi comunica la cassa integrazione per 2 settimane di tutti gli stabilimenti dell’auto e dei veicoli commerciali. La situazione è paradossale, tenuto conto che nel frattempo l’azienda ha licenziato 38 lavoratori precari di Pomigliano e 16 di Termini Imerese”. Lo dichiara il segretario generale della Fiom, Gianni Rinaldini. L'azienda, spiega, "da un lato licenzia, dall’altro distribuisce gli utili. Questo è uno schiaffo alla condizione delle lavoratrici e dei lavoratori, che hanno perso il lavoro o che da tempo sono in cassa senza alcuna integrazione al reddito da parte dell’azienda. E alla vigilia dell'incontro previsto per il 29 gennaio, utilizza un’operazione di blocco della produzione come strumento di pressione nei confronti del Governo e di risparmio per quanto riguarda la liquidità finanziaria del gruppo. Nel denunciare l’atteggiamento inaccettabile della Fiat – conclude il leader delle tute blu -, ribadiamo la necessità che il confronto avvenga, a partire da Termini Imerese, sull’insieme delle aziende del gruppo e confermiamo lo sciopero unitario del 3 febbraio”.

Fonte:Rassegna.it
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Tutti gli stabilimenti fermi. Trentamila operai in cig. A Pomigliano precari sul tetto del Comune, dopo un mese di occupazione della sala consiliare. A Termini Imerese bloccato l'ingresso dei tir. E con le tute blu protestano anche mogli e parenti


Gli stabilimenti della Fiat Auto si fermeranno due settimane, dal 22 febbraio al 7 marzo. La cassa integrazione riguarda i 30 mila lavoratori di Mirafiori, Melfi, Termini Imerese, la Sevel, Cassino e Pomigliano. Alle radici della decisione - sostiene l'azienda in un comunicato - il cattivo andamento degli ordini a gennaio: "Dopo il periodo positivo di fine 2009, si stanno drasticamente ridimensionando a un livello ancora più basso di quello registrato a gennaio dell'anno scorso, quando il mercato era in grave crisi".

"La crisi, come sapevamo - commenta all'Ansa il segretario generale della Fiom torinese, Giorgio Airaudo - non è superata. Continua la latitanza del governo che non ha un piano autonomo sul futuro dell'auto nel Paese, è lui il vero responsabile di questa cassa integrazione".

Nel frattempo si intensifica nelle città meridionali della Fiat, Pomigliano d'Arco (Na) e Temini Imrerese (Pa), la protesta dei lavoratori contro le scelte del Lingotto. Situazione sempre più delicata in Campania, dove i 38 lavoratori della Fiat di Pomigliano cui non è stato rinnovato il contratto di lavoro occupano ormai da oltre un mese la sala consiliare del Comune. Oggi, gli operai sono saliti sul tetto del Municipio, minacciando di darsi fuoco. I lavoratori hanno acceso un fuoco ed alcuni manifestanti avrebbero portato anche alcune tende e gazebo. "Abbiamo con noi anche la benzina - hanno spiegato - siamo pronti a tutto pur di assicurarci un futuro occupazionale che ci consenta di mandare avanti le nostre famiglie".

In seguito, i 38 operai senza lavoro sono scesi dal tetto del municipio e hanno occupato la stanza del sindaco Antonio Della Ratta. Poi hanno deciso di dar vita ad un corteo per le strade della cittadina partenopea, creando notevoli disagi al traffico veicolare.

Come a Pomigliano, anche a Termini Imerese monta la protesta operaia in Fiat, diretta e dell'indotto. Diverse tute blu, soprattutto quelle del secondo turno, insieme a familiari e altri cittadini solidali stanno presidiano i cancelli impedendo l'ingresso agli automezzi che trasportano i pezzi da assemblare. In questo modo le scorte dovrebbero finire molto rapidamente nel corso della mattinata: le plance, ad esempio, sono già terminate. Lo riferisce l'agenzia Agi.

Cresce, dunque, la mobilitazione, dopo il via dato dai lavoratori della Delivery Email, licenziati a causa della revoca della commessa da parte del Lingotto. Da otto giorni sono sopra il tetto di un capannone, mentre le mogli da ieri hanno iniziato un presidio davanti ai cancelli. Antonio Tarantino, uno dei 13 di Delivery Mail, raggiunto al telefono dall'Ansa dice che "attualmente la linea di montaggio è ferma per mancanza di materiale. Gli operai non sono usciti, ma so che in questo momento non stanno lavorando".

Rinaldini, la cig è uno schiaffo ai lavoratori
"La Fiat ieri ha annunciato che distribuirà agli azionisti il dividendo di 237 milioni di euro e oggi comunica la cassa integrazione per 2 settimane di tutti gli stabilimenti dell’auto e dei veicoli commerciali. La situazione è paradossale, tenuto conto che nel frattempo l’azienda ha licenziato 38 lavoratori precari di Pomigliano e 16 di Termini Imerese”. Lo dichiara il segretario generale della Fiom, Gianni Rinaldini. L'azienda, spiega, "da un lato licenzia, dall’altro distribuisce gli utili. Questo è uno schiaffo alla condizione delle lavoratrici e dei lavoratori, che hanno perso il lavoro o che da tempo sono in cassa senza alcuna integrazione al reddito da parte dell’azienda. E alla vigilia dell'incontro previsto per il 29 gennaio, utilizza un’operazione di blocco della produzione come strumento di pressione nei confronti del Governo e di risparmio per quanto riguarda la liquidità finanziaria del gruppo. Nel denunciare l’atteggiamento inaccettabile della Fiat – conclude il leader delle tute blu -, ribadiamo la necessità che il confronto avvenga, a partire da Termini Imerese, sull’insieme delle aziende del gruppo e confermiamo lo sciopero unitario del 3 febbraio”.

Fonte:Rassegna.it
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mercoledì 27 gennaio 2010

Noi Sud...diti??? Risponde il VERO ED UNICO PARTITO DEL SUD


Leggiamo da alcune dichiarazioni stampa dell'ennesimo tentativo di riciclaggio e di strumentalizzazione della questione meridionale per i soliti "giochetti" di trasformismo della politica italian-risorgimentale.

Secondo recenti dichiarazioni di alcuni esponenti dell'MPA campano:
http://www.napoli.com/viewarticolo.php?articolo=32347

e secondo altre dichiarazioni rilasciate all'ANSA da politici calabresi:
http://www.ansa.it/web/notizie/regioni/calabria/2010/01/24/visualizza_new.html_1676776919.html

c'e' aria di scissione all'interno del movimento dell'MPA, che non si e' dimostrato, come noi del vero ed unico Partito del Sud abbiamo sempre sostenuto fin dall'inizio, un movimento meridionalista.

In entrambi si parla a sproposito di "Partito del Sud", RICORDIAMO A LORSIGNORI, COME GIA' FATTO QUALCHE MESE FA CON MICCICHE' , CHE ESISTE GIA' UN PARTITO DEL SUD ED E' NATO A GAETA NEL 2007, HA PARTECIPATO ALLE POLITICHE DEL 2008 E ALLE AMMINISTRATIVE DEL 2009.

Secondo gli onorevoli campani poi, il problema starebbe SOLO nel comportamento ambiguo di Lombardo in Sicilia che e' passato da un'alleanza classica di centrodestra, che quindi all'inizio ricopiava lo schema del governo nazionale, ad una formazione "ibrida" con il supporto di "mezzo" PDL e di alcuni settori del centrosinistra per la nuova giunta regionale siciliana.

Ma a noi interessano davvero i trasformismi di turno di Lombardo?

E il governo nazionale di centrodestra che taglia fondi al Sud, e non parlo solo dei FAS, lorsignori non l'hanno visto? Non hanno visto come la spesa totale del Settore Pubblico, negli anni di governo Berlusconi come in quelli del governo Prodi, sia sempre più bassa al Sud?
E le ultime scelte strategiche del paese che mirano a rafforzare sempre più il ruolo del CentroNord e a sfavorire il Mezzogiorno, nelle infrastrutture (tranne l'inutile e dannosa operazione del Ponte sullo Stretto...) come per la TAV che si ferma a Salerno, nei fondi per la ricerca e per la scuola, nelle scellerate operazioni di ritorno al nucleare con i depositi scorie previsti al Garigliano e/o in Basilicata?

E' ovvio che bisogna trovare un'alternativa alla disastrosa gestione clientelare Bassoliniana in Campania, ma quest'alternativa non puo' essere il centrodestra, i 15 anni di Berlusconismo (intervallati da parentesi di governi di centrosinistra che non e' che sono stati più favorevoli al Sud...) hanno danneggiato l'intero Mezzogiorno come e quanto i 10 anni di Bassolino hanno rovinato la Campania!

Tralascio poi per non infierire il contributo di aria nuova che può portare un politico come Enzo Scotti...

Passando poi alla Calabria e alla Puglia, a Donnici e alla Poli Bortone...cosa ci dobbiamo aspettare dopo "Io Sud" e "Noi Sud"? Tu Sud o Loro Sud? Come si fa a difendere la nostra terra ed il nostro ambiente, la nostra voglia di una politica diversa e pulita...alleandosi con l'UDC in Puglia, quell'UDC di Cuffaro, del Principe Emanuele Filiberto e di Casini che dice SI al nucleare e agli inceneritori?

Solo un vero Partito del Sud che parta dal "basso" e che sia indipendente dai partiti tradizionali può cambiare le cose, crescendo e radicandosi sui territori con il contributo di tutte le forze meridionaliste identitarie sane, senza pretese velleitarie e senza personalismii. Sappiamo che sarà un cammino lungo e difficile, ma non si esce da un regime coloniale che dura da quasi 150 anni chiedendo aiuto ai colonizzatori...poi sui metodi di questi politici o per meglio dire politicanti e mesterianti della politica, voglio ricordare una cose che scrisse un grande scrittore siciliano come Sciascia:
"Qualcuno dirà che questa è la mia confusione o il mio errore: voler scambiare la politica con l'etica. Ma sarebbe un ben salutare confusione e un ben felice errore se gli italiani, e specialmente in questo momento, vi cadessero."

Enzo Riccio
Segr. Org. Nazionale
PARTITO DEL SUD

http://www.partitodelsud.it/
http://partitodelsud.blogspot.com/

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Leggiamo da alcune dichiarazioni stampa dell'ennesimo tentativo di riciclaggio e di strumentalizzazione della questione meridionale per i soliti "giochetti" di trasformismo della politica italian-risorgimentale.

Secondo recenti dichiarazioni di alcuni esponenti dell'MPA campano:
http://www.napoli.com/viewarticolo.php?articolo=32347

e secondo altre dichiarazioni rilasciate all'ANSA da politici calabresi:
http://www.ansa.it/web/notizie/regioni/calabria/2010/01/24/visualizza_new.html_1676776919.html

c'e' aria di scissione all'interno del movimento dell'MPA, che non si e' dimostrato, come noi del vero ed unico Partito del Sud abbiamo sempre sostenuto fin dall'inizio, un movimento meridionalista.

In entrambi si parla a sproposito di "Partito del Sud", RICORDIAMO A LORSIGNORI, COME GIA' FATTO QUALCHE MESE FA CON MICCICHE' , CHE ESISTE GIA' UN PARTITO DEL SUD ED E' NATO A GAETA NEL 2007, HA PARTECIPATO ALLE POLITICHE DEL 2008 E ALLE AMMINISTRATIVE DEL 2009.

Secondo gli onorevoli campani poi, il problema starebbe SOLO nel comportamento ambiguo di Lombardo in Sicilia che e' passato da un'alleanza classica di centrodestra, che quindi all'inizio ricopiava lo schema del governo nazionale, ad una formazione "ibrida" con il supporto di "mezzo" PDL e di alcuni settori del centrosinistra per la nuova giunta regionale siciliana.

Ma a noi interessano davvero i trasformismi di turno di Lombardo?

E il governo nazionale di centrodestra che taglia fondi al Sud, e non parlo solo dei FAS, lorsignori non l'hanno visto? Non hanno visto come la spesa totale del Settore Pubblico, negli anni di governo Berlusconi come in quelli del governo Prodi, sia sempre più bassa al Sud?
E le ultime scelte strategiche del paese che mirano a rafforzare sempre più il ruolo del CentroNord e a sfavorire il Mezzogiorno, nelle infrastrutture (tranne l'inutile e dannosa operazione del Ponte sullo Stretto...) come per la TAV che si ferma a Salerno, nei fondi per la ricerca e per la scuola, nelle scellerate operazioni di ritorno al nucleare con i depositi scorie previsti al Garigliano e/o in Basilicata?

E' ovvio che bisogna trovare un'alternativa alla disastrosa gestione clientelare Bassoliniana in Campania, ma quest'alternativa non puo' essere il centrodestra, i 15 anni di Berlusconismo (intervallati da parentesi di governi di centrosinistra che non e' che sono stati più favorevoli al Sud...) hanno danneggiato l'intero Mezzogiorno come e quanto i 10 anni di Bassolino hanno rovinato la Campania!

Tralascio poi per non infierire il contributo di aria nuova che può portare un politico come Enzo Scotti...

Passando poi alla Calabria e alla Puglia, a Donnici e alla Poli Bortone...cosa ci dobbiamo aspettare dopo "Io Sud" e "Noi Sud"? Tu Sud o Loro Sud? Come si fa a difendere la nostra terra ed il nostro ambiente, la nostra voglia di una politica diversa e pulita...alleandosi con l'UDC in Puglia, quell'UDC di Cuffaro, del Principe Emanuele Filiberto e di Casini che dice SI al nucleare e agli inceneritori?

Solo un vero Partito del Sud che parta dal "basso" e che sia indipendente dai partiti tradizionali può cambiare le cose, crescendo e radicandosi sui territori con il contributo di tutte le forze meridionaliste identitarie sane, senza pretese velleitarie e senza personalismii. Sappiamo che sarà un cammino lungo e difficile, ma non si esce da un regime coloniale che dura da quasi 150 anni chiedendo aiuto ai colonizzatori...poi sui metodi di questi politici o per meglio dire politicanti e mesterianti della politica, voglio ricordare una cose che scrisse un grande scrittore siciliano come Sciascia:
"Qualcuno dirà che questa è la mia confusione o il mio errore: voler scambiare la politica con l'etica. Ma sarebbe un ben salutare confusione e un ben felice errore se gli italiani, e specialmente in questo momento, vi cadessero."

Enzo Riccio
Segr. Org. Nazionale
PARTITO DEL SUD

http://www.partitodelsud.it/
http://partitodelsud.blogspot.com/

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Ferramonti Marenia



La ditta Parrini, molto vicina al Partito Fascista ebbe l'appalto per costruire i maggiori campi di concentramento italiani sotto il fascismo. Le barbare leggi razziali promulgate per far piacere ad Hitler, basate sulle teorie dell'atavismo e della fisiognomica, (ovvero le pseudoscienze portate in auge da Cesare Lombroso, medico e giurista che nel corso dell'invasione piemontese del Regno delle Due Sicilie, si inventò, studiando criminali meridionali o presunti tali), insieme agli aspetti limitanti del totalitarismo fascista, permisero al sistema di giustificare questi campi di concentramento, tra l'altro, nel caso del Ferramonti, lasciato a metà nella costruzione. Furono infatti gli internati che ne continuarono l'opera. Oggi la lingua d'asfalto dell'autostrada taglia a metà il campo, a lungo lasciato in elevato stato di degrado dopo la guerra. Il dramma degli internati, quasi tutti professionisti e contestatori del regime, nella malaria di Tarsia, Mussolini credette di destinare queste persone alla morte silenziosa, nel nulla, ma non fu così. Quegli stessi atavici criminali dei meridionali, salvarono queste persone e si integrarono a loro, fregandosene del fascismo. Il Maresciallo Paolo Salvatore, campano, rese questo dramma meno tragico. E la fortuna volle che il giorno del trasferimento degli internati a Bolzano probabilmente per proseguire nei campi tedeschi, Mussolini fu deposto. Poco dopo (14 settembre 1943) l'VIII Armata Britannica liberò il campo. Nel video, recuperato dal Museo Imperiale di Guerra britannico e gentilmente concesso dal Professor Mario Rende, autore dello splendido libro Ferramonti di Tarsia, il giorno dell'arrivo degli inglesi nel campo.

Nella Tensostruttura di Villaricca (Na), migliaia di giovani di tutte le scuole del territorio, il 28 Gennaio 2009 (*) alle 10:00 vedranno il filmato ed insieme commenteremo quanto sia mostruoso e vicino il razzismo, la xenofobia, la volontà di dominio, l'odio, la guerra.

*= La Giornata della Memoria ufficialmente è il 27 ma per motivi organizzativi il Comune di concerto con le altre entità partecipanti ed alla disponibilità del luogo, ha deciso di posticipare di un giorno la celebrazione di questa edizione.
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La ditta Parrini, molto vicina al Partito Fascista ebbe l'appalto per costruire i maggiori campi di concentramento italiani sotto il fascismo. Le barbare leggi razziali promulgate per far piacere ad Hitler, basate sulle teorie dell'atavismo e della fisiognomica, (ovvero le pseudoscienze portate in auge da Cesare Lombroso, medico e giurista che nel corso dell'invasione piemontese del Regno delle Due Sicilie, si inventò, studiando criminali meridionali o presunti tali), insieme agli aspetti limitanti del totalitarismo fascista, permisero al sistema di giustificare questi campi di concentramento, tra l'altro, nel caso del Ferramonti, lasciato a metà nella costruzione. Furono infatti gli internati che ne continuarono l'opera. Oggi la lingua d'asfalto dell'autostrada taglia a metà il campo, a lungo lasciato in elevato stato di degrado dopo la guerra. Il dramma degli internati, quasi tutti professionisti e contestatori del regime, nella malaria di Tarsia, Mussolini credette di destinare queste persone alla morte silenziosa, nel nulla, ma non fu così. Quegli stessi atavici criminali dei meridionali, salvarono queste persone e si integrarono a loro, fregandosene del fascismo. Il Maresciallo Paolo Salvatore, campano, rese questo dramma meno tragico. E la fortuna volle che il giorno del trasferimento degli internati a Bolzano probabilmente per proseguire nei campi tedeschi, Mussolini fu deposto. Poco dopo (14 settembre 1943) l'VIII Armata Britannica liberò il campo. Nel video, recuperato dal Museo Imperiale di Guerra britannico e gentilmente concesso dal Professor Mario Rende, autore dello splendido libro Ferramonti di Tarsia, il giorno dell'arrivo degli inglesi nel campo.

Nella Tensostruttura di Villaricca (Na), migliaia di giovani di tutte le scuole del territorio, il 28 Gennaio 2009 (*) alle 10:00 vedranno il filmato ed insieme commenteremo quanto sia mostruoso e vicino il razzismo, la xenofobia, la volontà di dominio, l'odio, la guerra.

*= La Giornata della Memoria ufficialmente è il 27 ma per motivi organizzativi il Comune di concerto con le altre entità partecipanti ed alla disponibilità del luogo, ha deciso di posticipare di un giorno la celebrazione di questa edizione.
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SMEMORATI



Di Lucio Garofalo

Come si sa, il Giorno della Memoria è una ricorrenza istituita dal Parlamento italiano con la legge 211 del 20 luglio 2000, in ottemperanza alla proposta internazionale di dedicare il 27 gennaio alla commemorazione delle vittime dell'Olocausto. La scelta della data rievoca il 27 gennaio 1945, quando le truppe dell'Armata Rossa liberarono il campo di concentramento di Auschwitz, rivelando al mondo intero l'orrore del genocidio nazista.

Il ricordo della Shoah è celebrato da molte nazioni e dall'ONU in ossequio alla risoluzione 60/7 del 1° novembre 2005. Il concetto di olocausto, dal greco holos, "completo", e kaustos, "rogo", come nelle offerte sacrificali, venne introdotto alla fine del XX secolo per indicare il tentativo nazista di eliminare i gruppi di persone "indesiderabili": Ebrei ed altre etnie come Rom e Sinti, cioè gli zingari, comunisti, omosessuali, disabili e malati di mente, Testimoni di Geova, russi, polacchi ed altre popolazioni di origine slava.

Il vocabolo Shoah, che in lingua ebraica significa "distruzione", o "desolazione", o "calamità", nell’accezione di una sciagura improvvisa e inattesa, è un’altra versione usata per indicare l'Olocausto. Molti Rom usano l’espressione Porajmos, ”grande divoramento”, o Samudaripen, ”genocidio”, per definire lo sterminio nazista. Sommando agli Ebrei queste categorie di persone il numero delle vittime del nazismo è stimabile tra i 10 e i 14 milioni di civili, e fino a 4 milioni di prigionieri di guerra.

Oggi il termine “olocausto” è usato anche per esprimere altri genocidi, avvenuti prima, durante e dopo la seconda guerra mondiale, e designare qualsiasi strage volontaria e pianificata di vite umane, come quella causata da un conflitto atomico, da cui discende la voce "olocausto nucleare". Talvolta la nozione di “olocausto” serve per descrivere il genocidio armeno e quello ellenico, che provocò lo sterminio di 2,5 milioni di cristiani da parte del governo nazionalista ottomano dei Giovani Turchi tra il 1915 e il 1923.

Tuttavia, con questo articolo mi preme resuscitare la memoria di altre terribili esperienze storiche in cui furono consumati orrendi eccidi di massa troppo spesso ignorati o dimenticati dai mass-media e dalla storiografia ufficiale. Mi riferisco in modo particolare allo sterminio perpetrato contro gli Indiani d’America e a quello contro i “Pellerossa” del nostro Sud, i briganti e i contadini ribelli del Regno delle Due Sicilie.

Dopo la scoperta del Nuovo Mondo ad opera di Cristoforo Colombo nel 1492, quando giunsero i primi coloni europei, il continente nordamericano era popolato da un milione di Pellerossa riuniti in 400 tribù e circa 300 famiglie linguistiche. Quando i coloni bianchi penetrarono nelle sterminate praterie abitate dai Pellerossa, praticarono una spietata caccia ai bisonti, il cui numero calò drasticamente rischiando l’estinzione. I cacciatori bianchi contribuirono allo sterminio dei nativi che non potevano vivere senza questi animali, da cui ricavavano cibo, pellicce ed altro. Ma la strage degli Indiani fu opera soprattutto dell’esercito statunitense che per espandersi all'interno del Nord America cacciò i nativi dalle loro terre attuando veri e propri massacri senza risparmiare donne e bambini. I Pellerossa furono letteralmente annientati attraverso uno spietato genocidio.

Oggi i nativi nordamericani non formano più una nazione, essendo stati espropriati della terra che abitavano, ma anche della memoria e dell’identità culturale. Infatti una parte di essi si è progressivamente integrata nella civiltà bianca, mentre un'altra parte vive ghettizzata in centinaia di riserve sparse nel territorio statunitense e in quello canadese.

Un destino comune, anche se in momenti e con dinamiche diverse, associa i Pellerossa ai Meridionali d'Italia. Questi furono definiti “Briganti”, vennero trucidati, torturati, incarcerati, umiliati. Si contarono 266 mila morti e 498 mila condannati. Uomini, donne, bambini e anziani subirono la stessa sorte. Processi manovrati o assenti, esecuzioni sommarie, confische dei beni. Ma i Meridionali erano cittadini di uno Stato molto ricco.

Il Piemonte dei Savoia era fortemente indebitato con Francia e Inghilterra, per cui doveva rimpinguare le proprie finanze. Il governo della monarchia sabauda, guidato dallo scaltro e cinico Camillo Benso conte di Cavour, progettò la più grande rapina della storia moderna: cominciò a denigrare il popolo Meridionale per poi asservirlo invadendone il territorio: il Regno delle Due Sicilie, lo Stato più civile e pacifico d'Europa. Nessuno venne in nostro soccorso. Solo alcuni fedeli mercenari Svizzeri rimasero a combattere fino all'ultimo sugli spalti di Gaeta, sino alla capitolazione.

I vincitori furono spietati. Imposero tasse altissime, rastrellarono gli uomini per il servizio di leva obbligatoria (facoltativo nel Regno delle Due Sicilie); si comportarono vigliaccamente verso la popolazione e verso il regolare ma disciolto esercito borbonico, che insorsero. Ebbe inizio la rivolta dei Briganti Meridionali. Le leggi repressive furono simili a quelle emanate a discapito dei Pellerossa. Le bande di briganti che lottavano per la loro terra avevano un pizzico di dignità e di ideali, combattevano un nemico invasore grazie anche al sostegno delle masse popolari e contadine, deluse e tradite dalle false promesse concesse dall’“eroico” pirata, mercenario e massone, Giuseppe Garibaldi.

Contrariamente ad altre interpretazioni, non intendo assolutamente comparare il fenomeno del Brigantaggio meridionale post-unitario alla Resistenza partigiana del 1943-1945. Per varie ragioni, anzitutto perché nel primo caso si trattò di una vile e barbara aggressione militare, di una guerra di rapina e di conquista che ebbe una durata molto più lunga della guerra civile tra fascisti e antifascisti: l’intero decennio dal 1860 al 1870.

I briganti meridionali furono costretti ad ingaggiare un’aspra e strenua resistenza che ha provocato eccidi spaventosi, in cui vennero trucidati centinaia di migliaia di contadini e di briganti, persino donne, anziani e bambini, insomma un vero e proprio genocidio perpetrato contro le popolazioni del Sud Italia. Una guerra conclusasi tragicamente, dando luogo al fenomeno dell’emigrazione di massa dei contadini meridionali. Un esodo di proporzioni bibliche, paragonabile alla diaspora del popolo ebraico. Infatti, i meridionali sono sparsi nel mondo ad ogni latitudine e in ogni angolo del pianeta, hanno messo radici ovunque, facendo la fortuna di numerose nazioni: Argentina, Venezuela, Uruguay, Brasile, Stati Uniti d’America, Svizzera, Belgio, Germania, Australia, e così via.

Se si intende equiparare ad altre esperienze storiche la triste vicenda del brigantaggio e la feroce repressione sofferta dal popolo meridionale, credo che l’accostamento più giusto sia quello con la storia dei Pellerossa e le guerre indiane combattute nello stesso periodo, vale a dire verso la fine del XIX secolo. Guerre sanguinose che hanno causato stragi e delitti raccapriccianti contro i nativi nordamericani. Un genocidio ignorato o dimenticato, come quello consumato a discapito del popolo dell’Italia meridionale.

Nel contempo condivido solo in minima parte il giudizio, forse oltremodo drastico e perentorio, probabilmente unilaterale, che attiene al carattere anacronistico, codino e antiprogressista, delle ragioni storiche, politiche e sociali, che furono all’origine della lotta di resistenza combattuta dai briganti meridionali. In politica ciò che è vecchio è quasi sempre retrivo e conservatore. E’ in parte vero che dietro le imprese e le azioni di guerriglia compiute dai briganti si riparavano gli interessi di un blocco reazionario, filo-borbonico, sanfedista e filo-clericale. Tuttavia, inviterei ad approfondire le motivazioni e le spinte che animarono la strenua resistenza dei briganti contro gli invasori sabaudi.

Non intendo annoiare i lettori con le cifre sui numerosi primati detenuti dalla monarchia borbonica e dal Regno delle Due Sicilie in ampi settori dell’economia, dell’assistenza sanitaria, dell’istruzione e via discorrendo, né mi sembra opportuno esternare sciocchi sentimenti di nostalgia verso una società arcaica, dispotica e aristocratico-feudale, quindi verso un passato di barbarie e oscurantismo, ingiustizia ed oppressione, sfruttamento e asservimento delle plebi rurali del nostro Sud. Ma un dato è certo: la dinastia sabauda era senza dubbio più rozza, retriva e ignorante, meno moderna e progredita di quella borbonica. Il Regno delle Due Sicilie era uno Stato molto più ricco e avanzato del Regno dei Savoia, tant’è vero che costituiva un boccone appetibile per le maggiori potenze europee del tempo, Francia e Inghilterra in testa. Questo è un tema estremamente vasto, complesso e controverso, che esige un approfondimento adeguato.

Concludo con una rapida chiosa circa le presunte tendenze progressiste incarnate nei processi di creazione e unificazione degli Stati nazionali nel XIX secolo e nella costruzione dell’odierno Stato europeo. Non mi pare che tali processi abbiano spinto e assicurato un autentico progresso sociale, ideale, morale e civile, ma hanno favorito uno sviluppo prettamente economico ad esclusivo vantaggio delle classi dominanti e possidenti. Intendo dire che l’unificazione dei mercati e dei capitali, prima a livello nazionale ed ora a livello europeo, non coincide con l’integrazione dei popoli e delle culture, siano esse locali, regionali o nazionali. Ovviamente le forze autenticamente progressiste e rivoluzionarie, devono puntare a raggiungere il secondo traguardo.

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Di Lucio Garofalo

Come si sa, il Giorno della Memoria è una ricorrenza istituita dal Parlamento italiano con la legge 211 del 20 luglio 2000, in ottemperanza alla proposta internazionale di dedicare il 27 gennaio alla commemorazione delle vittime dell'Olocausto. La scelta della data rievoca il 27 gennaio 1945, quando le truppe dell'Armata Rossa liberarono il campo di concentramento di Auschwitz, rivelando al mondo intero l'orrore del genocidio nazista.

Il ricordo della Shoah è celebrato da molte nazioni e dall'ONU in ossequio alla risoluzione 60/7 del 1° novembre 2005. Il concetto di olocausto, dal greco holos, "completo", e kaustos, "rogo", come nelle offerte sacrificali, venne introdotto alla fine del XX secolo per indicare il tentativo nazista di eliminare i gruppi di persone "indesiderabili": Ebrei ed altre etnie come Rom e Sinti, cioè gli zingari, comunisti, omosessuali, disabili e malati di mente, Testimoni di Geova, russi, polacchi ed altre popolazioni di origine slava.

Il vocabolo Shoah, che in lingua ebraica significa "distruzione", o "desolazione", o "calamità", nell’accezione di una sciagura improvvisa e inattesa, è un’altra versione usata per indicare l'Olocausto. Molti Rom usano l’espressione Porajmos, ”grande divoramento”, o Samudaripen, ”genocidio”, per definire lo sterminio nazista. Sommando agli Ebrei queste categorie di persone il numero delle vittime del nazismo è stimabile tra i 10 e i 14 milioni di civili, e fino a 4 milioni di prigionieri di guerra.

Oggi il termine “olocausto” è usato anche per esprimere altri genocidi, avvenuti prima, durante e dopo la seconda guerra mondiale, e designare qualsiasi strage volontaria e pianificata di vite umane, come quella causata da un conflitto atomico, da cui discende la voce "olocausto nucleare". Talvolta la nozione di “olocausto” serve per descrivere il genocidio armeno e quello ellenico, che provocò lo sterminio di 2,5 milioni di cristiani da parte del governo nazionalista ottomano dei Giovani Turchi tra il 1915 e il 1923.

Tuttavia, con questo articolo mi preme resuscitare la memoria di altre terribili esperienze storiche in cui furono consumati orrendi eccidi di massa troppo spesso ignorati o dimenticati dai mass-media e dalla storiografia ufficiale. Mi riferisco in modo particolare allo sterminio perpetrato contro gli Indiani d’America e a quello contro i “Pellerossa” del nostro Sud, i briganti e i contadini ribelli del Regno delle Due Sicilie.

Dopo la scoperta del Nuovo Mondo ad opera di Cristoforo Colombo nel 1492, quando giunsero i primi coloni europei, il continente nordamericano era popolato da un milione di Pellerossa riuniti in 400 tribù e circa 300 famiglie linguistiche. Quando i coloni bianchi penetrarono nelle sterminate praterie abitate dai Pellerossa, praticarono una spietata caccia ai bisonti, il cui numero calò drasticamente rischiando l’estinzione. I cacciatori bianchi contribuirono allo sterminio dei nativi che non potevano vivere senza questi animali, da cui ricavavano cibo, pellicce ed altro. Ma la strage degli Indiani fu opera soprattutto dell’esercito statunitense che per espandersi all'interno del Nord America cacciò i nativi dalle loro terre attuando veri e propri massacri senza risparmiare donne e bambini. I Pellerossa furono letteralmente annientati attraverso uno spietato genocidio.

Oggi i nativi nordamericani non formano più una nazione, essendo stati espropriati della terra che abitavano, ma anche della memoria e dell’identità culturale. Infatti una parte di essi si è progressivamente integrata nella civiltà bianca, mentre un'altra parte vive ghettizzata in centinaia di riserve sparse nel territorio statunitense e in quello canadese.

Un destino comune, anche se in momenti e con dinamiche diverse, associa i Pellerossa ai Meridionali d'Italia. Questi furono definiti “Briganti”, vennero trucidati, torturati, incarcerati, umiliati. Si contarono 266 mila morti e 498 mila condannati. Uomini, donne, bambini e anziani subirono la stessa sorte. Processi manovrati o assenti, esecuzioni sommarie, confische dei beni. Ma i Meridionali erano cittadini di uno Stato molto ricco.

Il Piemonte dei Savoia era fortemente indebitato con Francia e Inghilterra, per cui doveva rimpinguare le proprie finanze. Il governo della monarchia sabauda, guidato dallo scaltro e cinico Camillo Benso conte di Cavour, progettò la più grande rapina della storia moderna: cominciò a denigrare il popolo Meridionale per poi asservirlo invadendone il territorio: il Regno delle Due Sicilie, lo Stato più civile e pacifico d'Europa. Nessuno venne in nostro soccorso. Solo alcuni fedeli mercenari Svizzeri rimasero a combattere fino all'ultimo sugli spalti di Gaeta, sino alla capitolazione.

I vincitori furono spietati. Imposero tasse altissime, rastrellarono gli uomini per il servizio di leva obbligatoria (facoltativo nel Regno delle Due Sicilie); si comportarono vigliaccamente verso la popolazione e verso il regolare ma disciolto esercito borbonico, che insorsero. Ebbe inizio la rivolta dei Briganti Meridionali. Le leggi repressive furono simili a quelle emanate a discapito dei Pellerossa. Le bande di briganti che lottavano per la loro terra avevano un pizzico di dignità e di ideali, combattevano un nemico invasore grazie anche al sostegno delle masse popolari e contadine, deluse e tradite dalle false promesse concesse dall’“eroico” pirata, mercenario e massone, Giuseppe Garibaldi.

Contrariamente ad altre interpretazioni, non intendo assolutamente comparare il fenomeno del Brigantaggio meridionale post-unitario alla Resistenza partigiana del 1943-1945. Per varie ragioni, anzitutto perché nel primo caso si trattò di una vile e barbara aggressione militare, di una guerra di rapina e di conquista che ebbe una durata molto più lunga della guerra civile tra fascisti e antifascisti: l’intero decennio dal 1860 al 1870.

I briganti meridionali furono costretti ad ingaggiare un’aspra e strenua resistenza che ha provocato eccidi spaventosi, in cui vennero trucidati centinaia di migliaia di contadini e di briganti, persino donne, anziani e bambini, insomma un vero e proprio genocidio perpetrato contro le popolazioni del Sud Italia. Una guerra conclusasi tragicamente, dando luogo al fenomeno dell’emigrazione di massa dei contadini meridionali. Un esodo di proporzioni bibliche, paragonabile alla diaspora del popolo ebraico. Infatti, i meridionali sono sparsi nel mondo ad ogni latitudine e in ogni angolo del pianeta, hanno messo radici ovunque, facendo la fortuna di numerose nazioni: Argentina, Venezuela, Uruguay, Brasile, Stati Uniti d’America, Svizzera, Belgio, Germania, Australia, e così via.

Se si intende equiparare ad altre esperienze storiche la triste vicenda del brigantaggio e la feroce repressione sofferta dal popolo meridionale, credo che l’accostamento più giusto sia quello con la storia dei Pellerossa e le guerre indiane combattute nello stesso periodo, vale a dire verso la fine del XIX secolo. Guerre sanguinose che hanno causato stragi e delitti raccapriccianti contro i nativi nordamericani. Un genocidio ignorato o dimenticato, come quello consumato a discapito del popolo dell’Italia meridionale.

Nel contempo condivido solo in minima parte il giudizio, forse oltremodo drastico e perentorio, probabilmente unilaterale, che attiene al carattere anacronistico, codino e antiprogressista, delle ragioni storiche, politiche e sociali, che furono all’origine della lotta di resistenza combattuta dai briganti meridionali. In politica ciò che è vecchio è quasi sempre retrivo e conservatore. E’ in parte vero che dietro le imprese e le azioni di guerriglia compiute dai briganti si riparavano gli interessi di un blocco reazionario, filo-borbonico, sanfedista e filo-clericale. Tuttavia, inviterei ad approfondire le motivazioni e le spinte che animarono la strenua resistenza dei briganti contro gli invasori sabaudi.

Non intendo annoiare i lettori con le cifre sui numerosi primati detenuti dalla monarchia borbonica e dal Regno delle Due Sicilie in ampi settori dell’economia, dell’assistenza sanitaria, dell’istruzione e via discorrendo, né mi sembra opportuno esternare sciocchi sentimenti di nostalgia verso una società arcaica, dispotica e aristocratico-feudale, quindi verso un passato di barbarie e oscurantismo, ingiustizia ed oppressione, sfruttamento e asservimento delle plebi rurali del nostro Sud. Ma un dato è certo: la dinastia sabauda era senza dubbio più rozza, retriva e ignorante, meno moderna e progredita di quella borbonica. Il Regno delle Due Sicilie era uno Stato molto più ricco e avanzato del Regno dei Savoia, tant’è vero che costituiva un boccone appetibile per le maggiori potenze europee del tempo, Francia e Inghilterra in testa. Questo è un tema estremamente vasto, complesso e controverso, che esige un approfondimento adeguato.

Concludo con una rapida chiosa circa le presunte tendenze progressiste incarnate nei processi di creazione e unificazione degli Stati nazionali nel XIX secolo e nella costruzione dell’odierno Stato europeo. Non mi pare che tali processi abbiano spinto e assicurato un autentico progresso sociale, ideale, morale e civile, ma hanno favorito uno sviluppo prettamente economico ad esclusivo vantaggio delle classi dominanti e possidenti. Intendo dire che l’unificazione dei mercati e dei capitali, prima a livello nazionale ed ora a livello europeo, non coincide con l’integrazione dei popoli e delle culture, siano esse locali, regionali o nazionali. Ovviamente le forze autenticamente progressiste e rivoluzionarie, devono puntare a raggiungere il secondo traguardo.

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