sabato 31 ottobre 2009

Fondi, l’isola felice delle mafie



A poco meno di un’ora da Roma c’è un avamposto della ‘ndrangheta e della camorra. Si chiama Fondi, è una cittadina in provincia di Latina, basso Lazio. Il senatore dell’Italia dei Valori, Stefano Pedica, spiega al microfono del Carattere cosa sta succedendo nella tranquilla Fondi.

A poco meno di un’ora da Roma c’è un avamposto della ‘ndrangheta e della camorra. Si chiama Fondi, è una cittadina in provincia di Latina, basso Lazio. Secondo alcuni, Fondi è l’isola felice delle mafie. Si può fare tutto, perché tutto rimane impunito. Attraverso uomini di fiducia, i casalesi e i fratelli Tripodo (figli del boss della ndrangheta Mico) hanno pesantemente condizionato l’attività della giunta comunale, chiedendo e ottenendo delibere tagliate su misura. L’obiettivo, naturalmente, è quello di accumulare soldi. Con appalti e affari da milioni di euro. Un esempio: a Fondi c’è il più grande mercato ortofrutticolo d’Italia. Il senatore dell’Italia dei Valori, Stefano Pedica, spiega al microfono del Carattere cosa sta succedendo nella tranquilla Fondi.

Non sono illazioni. Sono frasi contenute nelle relazioni del prefetto di Latina Bruno Frattasi. Pagine e pagine con nomi, cognomi, fatti, giunte nelle mani del ministro dell’Interno Roberto Maroni e del presidente del Consiglio dei Ministri, Silvio Berlusconi. Una relazione sconvolgente che può portare ad una sola conseguenza: lo scioglimento della giunta comunale. È la soluzione che Maroni propone al Consiglio dei Ministri, che puntualmente viene rispedita al mittente per motivi non molto chiari.

Da alcune settimane, dopo le manifestazioni di piazza e la pressione dei media, la giunta collusa con ndrangheta e camorra si è dimessa spontaneamente. A marzo 2010 si tornerà alle urne per eleggerne una nuova. Una falsa vittoria. Perché il sindaco Parisella e i suoi assessori potranno ricandidarsi in tutta tranquillità. E perché tutti i funzionari comunali amici delle cosche, nel frattempo, continueranno a perpetrare lo stesso meccanismo che a Fondi va avanti da anni: soldi in cambio di favori.

Fonte:
Agoravox
Leggi tutto »


A poco meno di un’ora da Roma c’è un avamposto della ‘ndrangheta e della camorra. Si chiama Fondi, è una cittadina in provincia di Latina, basso Lazio. Il senatore dell’Italia dei Valori, Stefano Pedica, spiega al microfono del Carattere cosa sta succedendo nella tranquilla Fondi.

A poco meno di un’ora da Roma c’è un avamposto della ‘ndrangheta e della camorra. Si chiama Fondi, è una cittadina in provincia di Latina, basso Lazio. Secondo alcuni, Fondi è l’isola felice delle mafie. Si può fare tutto, perché tutto rimane impunito. Attraverso uomini di fiducia, i casalesi e i fratelli Tripodo (figli del boss della ndrangheta Mico) hanno pesantemente condizionato l’attività della giunta comunale, chiedendo e ottenendo delibere tagliate su misura. L’obiettivo, naturalmente, è quello di accumulare soldi. Con appalti e affari da milioni di euro. Un esempio: a Fondi c’è il più grande mercato ortofrutticolo d’Italia. Il senatore dell’Italia dei Valori, Stefano Pedica, spiega al microfono del Carattere cosa sta succedendo nella tranquilla Fondi.

Non sono illazioni. Sono frasi contenute nelle relazioni del prefetto di Latina Bruno Frattasi. Pagine e pagine con nomi, cognomi, fatti, giunte nelle mani del ministro dell’Interno Roberto Maroni e del presidente del Consiglio dei Ministri, Silvio Berlusconi. Una relazione sconvolgente che può portare ad una sola conseguenza: lo scioglimento della giunta comunale. È la soluzione che Maroni propone al Consiglio dei Ministri, che puntualmente viene rispedita al mittente per motivi non molto chiari.

Da alcune settimane, dopo le manifestazioni di piazza e la pressione dei media, la giunta collusa con ndrangheta e camorra si è dimessa spontaneamente. A marzo 2010 si tornerà alle urne per eleggerne una nuova. Una falsa vittoria. Perché il sindaco Parisella e i suoi assessori potranno ricandidarsi in tutta tranquillità. E perché tutti i funzionari comunali amici delle cosche, nel frattempo, continueranno a perpetrare lo stesso meccanismo che a Fondi va avanti da anni: soldi in cambio di favori.

Fonte:
Agoravox

E' in corso di distribuzione il numero 6, novembre / dicembre dell'anno 2009 della Rivista DUE SICILIE


DUE SICILIE
NR. 6 ANNO 2009

sommario

3. Largo ‘e Palazzo
4. Caserta. Non li abbiamo dimenticati
5. La Nazionale di Calcio Due Sicilie
6 La Civiltà Cattolica
8. I Borboni
10. Non tutti sanno che …
12. Il Banco delle Due Sicilie
14. L’Abbazia di Materdomini
16. Mario Cervi ci riprova
17. L’ASSEDIO (9)
25. Lo Scaffale duosiciliano
26. La rivolta del Sette e Mezzo
27. L’Armata di Mare
28. Accadde a Casalduni
29. Una Banca per il Sud
30. Ipse dixit
31. Il Parco più bello d’Italia
32. Briganti a S. Severo
33. Grottaglie, la notte del brigante
34. Le battaglie del Partito del Sud
35. La notte dei briganti a Melfi
36. Commemoriamo i 150 anni di unità
38. Le Voci di Dentro


Commemoriamo anche noi i 150 anni di “unità”
IL RISORGIMENTO: TRAGEDIA PER IL SUD STRAZIATO DAL 1860 DAI TOSCOPADANI

Nel 2011 si "festeggerà" il centocinquantesimo anniversario dell'Unità d'Italia, si festeggeranno cioè i massacri, le stragi, le rapine e le devastazioni compiute a danno del Sud. Se si volesse "festeggiare" davvero l'unità d'Italia, se fossimo davvero tutti "italiani", allora si dovrebbe innanzitutto dire la verità su come si è pervenuti a questa unità. Invece, già si prevede, sarà solo la "festa" degli infami, dei complici di tutti gli orrendi delitti che si compirono ad opera del canagliume e della truppaglia piemontese-savoiardi. E così "festeggiando", si dimostrerà di considerare il Sud sempre una colonia tosco-padana. Come si sa dai documenti dell'epoca, prima dell'invasione dei padani, gli italiani erano molto più uniti: sarebbe bastata una federazione di Stati alla tedesca. Lo stato fallimentare della finanza piemontese, tuttavia, invogliò Vittorio Emanuele II e il Cavour a rapinare le ricchezze degli altri Stati preunitari, violando le più elementari norme di diritto internazionale. Per ingannare i vinti, il piccolo Piemonte ebbe bisogno di apparire come il "liberatore" dei popoli italiani, di qui la sfrenata propaganda risorgimentale padana che siamo costretti a subire da 150 anni. Propaganda che oggi i padani ipocritamente fingono di rimangiarsi sputando nel piatto dove stanno gozzovigliando ininterrottamente dal 1860.
Il ruolo del mercenario Garibaldi fu allora gonfiato ad arte; infatti i famigerati "mille" conquistarono il Sud senza combattere, come fece chiaramente intendere Massimo D'Azeglio: "Quando si vede un regno di sei milioni ed un'armata di 100 mila uomini, vinti colla perdita di 8 morti e 18 storpiati, chi vuol capire, capisca". In pratica, il giovane Re delle Due Sicilie, Francesco II, animato di tenerissimi sentimenti, fu facile preda della congiura massonico-padana. Il Sud fu aggredito selvaggiamente, ridotto a colonia e, da 150 anni, è continuamente sfruttato dalle cosche finanziarie tosco-padane.
Stante così la situazione, la cosiddetta "questione meridionale" non sarà mai risolta, perché utilissima alle mafie finanziarie del Nord. Da attente analisi emerge, senza ombra di dubbio, che il Sud potrà risollevarsi solamente se ritornerà a scrollarsi di dosso i parassiti padani. Lo Stato italiano, infatti, per far sì che il Sud potesse almeno arrivare all’attuale livello del Nord, per anni dovrebbe adoperare tutte le sue risorse, con l’intesa che il Nord dovrebbe restar fermo senza alcun aiuto statale: questo non sarà mai possibile.
Numerosi sono coloro che pensano che un Sud indipendente non potrebbe mai farcela. l'idea di un Sud come Stato indipendente all'interno dell'Europa è invece da prendere assolutamente in considerazione: Malta insegna. Un Sud indipendente riguadagnerebbe rapidamente i primi posti in Europa, come prima dell'invasione da parte dei padani.
Per capire tutto ciò è necessario fare una breve riflessione sulla natura dello Stato. Al di là delle scolastiche definizioni, lo Stato altro non è che uno strumento per organizzare il Popolo e il Territorio su cui il popolo è stanziato. Lo Stato, inoltre, per poter funzionare, deve essere sovrano, non deve cioè, nelle sue scelte politiche e amministrative, dipendere né esser condizionato da chicchessia.
Le persone che democraticamente son preposte a dirigere l'organizzazione dello Stato sono i politici. Costoro generalmente si qualificano di "destra", di "centro" o di "sinistra", termini che nei tempi attuali, però, non significano niente. I politicanti fanno basare i movimenti politici su ideali suggestivi, escogitati per catturare i consensi delle masse popolari, facendo prospettare miti simbolici ben collaudati da secoli: patriottismo, nazionalismo, socialismo, lotta al terrorismo ecc., oppure, con l'inganno, promettendo vantaggi futuri (posti di lavoro, aumento del reddito, previdenza, ecc.), o, infine, instaurando un fiscalismo opprimente con la promessa di abbassarne i prelievi, spesso con la complicità di gruppi organizzati di elettori (lobby) che, in cambio del voto, ricavano vantaggi illeciti.
Lo strumento essenziale per lo sviluppo di ogni popolo, e per far funzionare l'apparato statale, è il denaro.
Il denaro, come si sa, è fatto con carta stampata e metallo coniato. Esso ha la funzione di permettere gli scambi commerciali e di retribuire il lavoro prestato. Attualmente è usato l'Euro, che non ha alcun valore intrinseco. Il suo valore, infatti, non è basato su corrispondenti riserve di metallo pregiato o altro tipo di beni, ma semplicemente sul fatto che viene accettato e scambiato di comune accordo da tutti.
La quantità di Euro in circolazione, per avere credibilità ed efficacia, deve essere in armonia con la situazione dell'economia e della produzione (PIL, cioè il Prodotto Interno Lordo), altrimenti si avrebbe "inflazione" (l'eccessivo denaro in circolazione verrebbe svalutato e servirebbe più denaro per acquistare lo stesso prodotto) oppure "deflazione" (poco denaro in circolazione e relativa diminuzione dei prezzi, situazione che comporterebbe contrazione dell'economia e della produzione con conseguente disoccupazione).
Chi allora deve avere il compito di stampare e coniare denaro? Con tutta evidenza non può essere che lo Stato: esso, come abbiamo visto, è lo strumento sovrano di cui il popolo dispone per organizzare la propria vita. Ovvio quindi che esso non possa essere prodotto direttamente da privati cittadini: il denaro non avrebbe alcun valore, perché la quantità immessa nel mercato sarebbe fuori controllo.
Il denaro è, dunque, il pilastro fondamentale per la vita di un popolo e del suo Stato. Lo Stato tra i suoi compiti deve anche provvedere a sorvegliare le banche e a fissare periodicamente il tasso ufficiale di sconto (cioè il costo del denaro dato in prestito alle banche commerciali). Insomma, tutto e tutti dipendono dal denaro. Eppure in Italia, dall'unità fatta nel 1861, ad opera del "padre della patria" Cavour, lo Stato fu esautorato della sovranità di emettere denaro, con l'affido a un ente privato la Banca Nazionale piemontese (in cui il Cavour aveva suoi interessi), cioè a quella che - attraverso vicende quasi sempre molto sporche (es. furto delle riserve in oro, di dollari e sterline dei Banchi di Napoli e di Sicilia in epoca fascista) - attualmente è la Banca d’Italia. I proprietari della Banca d'Italia sono banche private (85%), assicurazioni (10%) e altri proprietari minori. Si ribadisce: la Banca d'Italia non è dello Stato, ma privata. Così da allora accade che la Banca d’Italia, creando dal nulla il denaro con la sola stampa e conio, lo "presta" poi allo Stato che, per svolgere le sue funzioni, resta assurdamente indebitato ("debito pubblico") con un privato. Cosa che non avverrebbe se lo Stato, per suo sovrano diritto-dovere, stampasse esso stesso il denaro e lo distribuisse ai cittadini, che ne sono di diritto i proprietari. Un assurdo così enorme, così infinito, che nessuno riesce a vederlo. Una truffa gigantesca ben congegnata: essa consente agli azionisti della Banca d'Italia non solo di arricchirsi con la "restituzione" del debito da parte dello Stato, ma anche di farsi pagare gli interessi (tasso di sconto) su denaro non loro. Solo che il denaro che torna indietro alla Banca è denaro vero, perché è frutto del lavoro e dei sacrifici dei cittadini.
Ma ci sono anche altri che ci guadagnano da questa assurda situazione: quelli che amministrano lo Stato, cioè i politici, che, approfittando delle loro posizioni di potere, maneggiando l'enorme flusso di denaro che lo Stato preleva dai cittadini con imposte e tasse, si arricchiscono concedendosi stipendi favolosi e agevolazioni di ogni genere. Per di più, costoro, controllando questa truffa di Stato, compiono anche numerosi abusi, nel fare concessioni truffaldine ai loro compari, per comprare voti ecc., anche a scapito dell'efficienza economica e amministrativa dello Stato. In proposito si può ricordare il governo di Aldo Moro che, per istituire l'ENEL col pretesto di "dare la luce a tutti", comperò le azioni della S.I.P. (Società Idroelettrica Piemontese) per una somma pari a 100.000 miliardi di lire: un inutile enorme esborso, a danno di tutti, perché le concessioni demaniali degli impianti idroelettrici stavano per scadere e, quindi, le azioni avrebbero a breve perso valore. Quell'enorme cifra fu praticamente sottratta per decenni allo sviluppo e alla costruzione di infrastrutture al Sud e servì a finanziare lo sviluppo tecnologico della S.I.P., che passò alla telefonia. Risultato di tale operazione: l'energia elettrica in Italia costa più che in tutti gli altri Stati europei. L'operazione fu una delle tipiche truffe padane, ma nessuna formazione politica è mai andata al fondo della faccenda: nessuno aveva interesse a sputare nel truogolo dove si gozzovigliava. Il silenzio dei politici meridionali, in proposito, è stato tombale, come sempre. Addirittura sono contrari ad un Sud indipendente e si affannano a difendere l'unità, il risorgimento e osannano il criminale Garibaldi e l’ancor più criminale Cavour.
Con questo sistema, essendo lo Stato privo di sovranità e usato come strumento truffaldino, non si può dire, dunque, che in Italia esista uno Stato vero, ma solo il suo simulacro. Da questa colossale truffa a danno del popolo, iniziata con i Savoja per "fare l'Italia unita" e continuata con la complicità di tutti i governi fino ad oggi, si può scientificamente affermare che la Banca d'Italia (oggi dipendente e socia della Banca Centrale Europea) è la vera detentrice del potere, perché essa, appropriatasi della facoltà di stampare denaro, tiene sottomesso il potere politico che "non vede e non sente" pur di stare ben avvinto alla sua greppia. Basti, in proposito, ricordare il fatto che nessun politico osò, nel 1992, "chiedere la testa" del Governatore della Banca d'Italia, per aver costui fatto perdere allo Stato, cioè a tutti gli italiani, oltre settantamila miliardi, perdita dovuta al ritardo di due settimane nella svalutazione della lira - svalutazione ormai certa per circa il 30% - a vantaggio di speculatori internazionali. Eppure questo genio della finanza fu fatto Ministro dell'Economia (ma si era laureato in Lettere alla Scuola Normale di Pisa), Primo Ministro e Presidente della Repubblica. Naturalmente il tutto sempre ammantato del "glorioso risorgimento", dell'unità della patria, dell'inno nazionale e dello sventolio di bandiere tricolori e giacobine.
Con l'istituzione dell'Euro, la Banca d'Italia stampa ancora carta moneta, ma su concessione della Banca Centrale Europea con sede a Francoforte, anch'essa privata (azionisti sono i soci privati delle varie banche nazionali, compresa quella dell'Inghilterra che, pur non essendo entrata nel sistema Euro, detiene tuttavia il 14% delle azioni, e, quindi, degli utili). La concessione comporta ovviamente un elevato addebito non motivato. Contro il costo di stampa di 0,03 centesimi, la BCE pretende 2,50 euro ogni cento, ovviamente scaricati sullo Stato italiano, pagatore finale, cioè su tutti noi. L'Unione Europea, è, in sostanza, una unione di banche senza un Governo supervisore. Uno Stato europeo, infatti, politicamente non esiste. Cosicché i governanti dei vari Paesi europei usano ora il loro Stato nazionale come esattore della Banca Centrale, la cui greppia è ben più abbondante di quella nazionale e per giunta meno vincolata, per l'assenza di un Governo centrale di tutela. Tra l'altro la BCE consente continuamente di emettere più denaro del necessario (circa il 5% all'anno), cosicché questo surplus, innescando un processo inflattivo, fa diminuire il valore della moneta. Tale processo ha l'effetto di una tassa indiretta per i popoli e arricchisce silenziosamente i soci della BCE, perché i cittadini e le imprese - a causa della forzata svalutazione strisciante - sono spinti a chiedere più denaro alle banche, in un'infernale spirale senza fine.
Se la BCE non stampasse una quantità eccessiva di Euro, non esisterebbe inflazione. L'inflazione è causata di proposito. È una truffa talmente enorme che si fa fatica a vederne i contorni. Il popolo infatti non se ne accorge, anche perché nessuno dei politici ne parla. Se ne guardano bene. Costoro, interessati a mantenere questo sistema truffaldino, mentono spudoratamente nei pubblici dibattiti: così la gente si adatta alla situazione, credendola reale e legittima. Tutti ritengono giusto pagare il "debito pubblico", e che partecipare alle elezioni sia doveroso per scegliere al meglio i politici e i partiti, onde "essere meglio amministrati per lo sviluppo della vita nazionale".
Nessun programma televisivo è più seguito di quelli in cui c'è un dibattito politico: ma gli spettatori non si rendono conto che è solo una messinscena (magari anche "combinata" tra gli opposti schieramenti), un ben collaudato meccanismo psicologico, il cosiddetto "teatrino della politica" che cattura le passioni e il consenso popolare, col risultato di nascondere l'enorme truffa dietro celata. I popoli europei sono ormai ridotti a semplice gregge, più di tutti quelli del Sud-Italia, da tosare il più possibile per far arricchire i gruppi finanziari che dominano i governi. Questi ultimi, servi delle banche, aumentano tasse e tributi con l'ingannevole pretesto dell'inflazione. Invece è vero esattamente il contrario: l'aumento dei balzelli serve solo a produrre deflazione (cioè a far diminuire la quantità di denaro circolante che causa l'aumento dei costi). Così gli imprenditori sono costretti a chiedere denaro in prestito alle banche, che si arricchiscono ancora di più, mentre aumenta la povertà. Per questo, il cosiddetto "debito pubblico" non verrà mai cancellato. È un collaudato meccanismo che fa guadagnare alla BCE e ai politici (Destra, Sinistra o Centro, non fa alcuna differenza: tutti d’accordo).
Prima che arrivassero i "liberatori" tosco-padani savojardi, il Regno delle Due Sicilie aveva una economia del tutto diversa. Il denaro veniva stampato (fedi di credito) e coniato direttamente dallo Stato. Non esisteva un "debito pubblico" inquinato dal pagamento di tasse a favore di una Banca privata. Il Banco delle Due Sicilie era una banca di Stato e il suo "debito pubblico" era fisiologico, dovuto in genere alle pochissime tasse che servivano solo a pagare i servizi che lo Stato effettivamente forniva al popolo. Il Regno delle Due Sicilie era la terza potenza economica in Europa, situazione resa visibile dall'elevata rendita sulla piazza di Parigi.
Il sistema attuale è, invece, così organizzato:
a) lo Stato italiano, privo di sovranità, è usato per soddisfare gli interessi dei gruppi finanziari tosco-padani e stranieri;
b) le lobby tosco-padane, sfruttano il Sud come una colonia interna in cui vendere i loro prodotti e servizi. Al Sud, inoltre, esse impediscono qualsiasi sviluppo che potrebbe rivelarsi pericoloso concorrente del Nord. Da ricordare la compagnia di San Paolo che, sfruttando il nome del Banco di Napoli, succhia i risparmi del Sud per versarli a Torino, con la vergognosa complicità della classe politica meridionale. Altra truffa sarà la istituenda «Banca del Mezzogiorno».
È intuitivo comprendere, dunque, che, se il Sud tornasse indipendente, basterebbe il solo fatto di liberarsi degli ipocriti parassiti tosco-padani e stampare in proprio armoniosamente il denaro nella corretta quantità per avere un immediato sviluppo sociale ed economico, come avveniva prima di questa "unità d'Italia".
Un esempio classico in proposito è rappresentato dalle colonie della Nuova Inghilterra in Nord America: i coloni nel XVII secolo emisero direttamente una propria moneta, chiudendo con la Banca d'Inghilterra. Si ebbe immediatamente uno sviluppo prodigioso; ma quando il preoccupato Parlamento inglese impose nel 1763 l'obbligo di usare per le transazioni commerciali solo la moneta inglese stampata dalla privata Bank of England, gravata da interessi, vi furono subito recessione e disoccupazione di massa. Fu per tal motivo che scoppiò la Guerra d'indipendenza americana e nacquero gli Stati Uniti. In seguito, però, anche nel nuovo Stato le banche, con subdole manovre, ripresero il loro predominio "prestando" denaro allo Stato e dando origine al debito pubblico americano.
Se, dunque, riuscissimo a liberarci dal parassitismo padano e dai politici pseudo meridionali (dei vecchi e nuovi partiti, cioè di quelli che vogliono sempre l’Italia unita) ed avere così un nostro Stato, noi conseguiremmo sostanziali benefici in ogni campo. Potremmo costruire le infrastrutture che ci hanno sempre negato col pretesto assurdo che mancano i capitali (è come dire che non si possono fare strade perché mancano i chilometri). Potremmo produrre a basso costo in competizione con tutto il mondo. Potremmo avere un sistema sanitario tra i più avanzati. Potremmo avere la piena occupazione senza dover più emigrare. Infatti, il denaro emesso direttamente dal nostro Stato, cioè dal popolo, non gravato da interessi passivi, potrebbe essere utilizzato senza ostacoli e stimolerebbe la produzione e conseguentemente l'occupazione. Inoltre, cosa importantissima, non si avrebbe né inflazione né deflazione. Lo dimostra il ducato duosiciliano, che mantenne sempre costante il suo valore nei 126 anni di Regno borbonico.
Antonio Pagano


DUE SICILIE -Spedizione bimestrale in a. p. d.l. 353/2003 (conv. in l. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 2, DCB Vicenza - editrice Associazione Due Sicilie - Casella Postale 305 - 36100 Vicenza - part. IVA 03032160248 - C.F. 95062580246 - Iscrizione R.E.A. Ditte CCIA n. 295404 - Numero Iscrizione al R.O.C.: 11628 - Registrazione presso il Tribunale di Vicenza nr. 983 del 20.11.2000 - direttore responsabile: Lorenzo Terzi: loreterzi@hotmail.com - direttore editoriale: Antonio Pagano: anpagano@alice.it
REDAZIONE: Casella Postale 305 - 36100 Vicenza - tel.: 0444.206082 - tel./fax: 0444582613 - due.sicilie@alice.it

ABBONAMENTI

ORDINARIO: euro 15,00 - SOSTENITORE: euro 30,00 - ESTERO: Europa, euro 30,00 - fuori Europa: euro 45,00 - Ad ogni nuovo abbonato in omaggio un Passaporto e un Ducato delle Due Sicilie. Ai sostenitori in più in omaggio a scelta la Bandiera delle Due Sicilie o un libro - Attestato di Brigante (per i soli abbonati): euro 5,00 - Bandiera : euro 9,00 - effettuare i versamenti all’ Associazione Due Sicilie - Casella Postale 305 - 36100 Vicenza centro con le seguenti modalità: 1) assegno non trasferibile - 2) versamento su Conto Corr. Postale nr. 37402641 3) bonifico bancario sul c/c Poste Italiane 000037402641 - coordinate bancarie: IT 47 B 07601 11800 000037402641 - dall’estero BIC/SWIFT: BPPIITRRXXX
.
Leggi tutto »

DUE SICILIE
NR. 6 ANNO 2009

sommario

3. Largo ‘e Palazzo
4. Caserta. Non li abbiamo dimenticati
5. La Nazionale di Calcio Due Sicilie
6 La Civiltà Cattolica
8. I Borboni
10. Non tutti sanno che …
12. Il Banco delle Due Sicilie
14. L’Abbazia di Materdomini
16. Mario Cervi ci riprova
17. L’ASSEDIO (9)
25. Lo Scaffale duosiciliano
26. La rivolta del Sette e Mezzo
27. L’Armata di Mare
28. Accadde a Casalduni
29. Una Banca per il Sud
30. Ipse dixit
31. Il Parco più bello d’Italia
32. Briganti a S. Severo
33. Grottaglie, la notte del brigante
34. Le battaglie del Partito del Sud
35. La notte dei briganti a Melfi
36. Commemoriamo i 150 anni di unità
38. Le Voci di Dentro


Commemoriamo anche noi i 150 anni di “unità”
IL RISORGIMENTO: TRAGEDIA PER IL SUD STRAZIATO DAL 1860 DAI TOSCOPADANI

Nel 2011 si "festeggerà" il centocinquantesimo anniversario dell'Unità d'Italia, si festeggeranno cioè i massacri, le stragi, le rapine e le devastazioni compiute a danno del Sud. Se si volesse "festeggiare" davvero l'unità d'Italia, se fossimo davvero tutti "italiani", allora si dovrebbe innanzitutto dire la verità su come si è pervenuti a questa unità. Invece, già si prevede, sarà solo la "festa" degli infami, dei complici di tutti gli orrendi delitti che si compirono ad opera del canagliume e della truppaglia piemontese-savoiardi. E così "festeggiando", si dimostrerà di considerare il Sud sempre una colonia tosco-padana. Come si sa dai documenti dell'epoca, prima dell'invasione dei padani, gli italiani erano molto più uniti: sarebbe bastata una federazione di Stati alla tedesca. Lo stato fallimentare della finanza piemontese, tuttavia, invogliò Vittorio Emanuele II e il Cavour a rapinare le ricchezze degli altri Stati preunitari, violando le più elementari norme di diritto internazionale. Per ingannare i vinti, il piccolo Piemonte ebbe bisogno di apparire come il "liberatore" dei popoli italiani, di qui la sfrenata propaganda risorgimentale padana che siamo costretti a subire da 150 anni. Propaganda che oggi i padani ipocritamente fingono di rimangiarsi sputando nel piatto dove stanno gozzovigliando ininterrottamente dal 1860.
Il ruolo del mercenario Garibaldi fu allora gonfiato ad arte; infatti i famigerati "mille" conquistarono il Sud senza combattere, come fece chiaramente intendere Massimo D'Azeglio: "Quando si vede un regno di sei milioni ed un'armata di 100 mila uomini, vinti colla perdita di 8 morti e 18 storpiati, chi vuol capire, capisca". In pratica, il giovane Re delle Due Sicilie, Francesco II, animato di tenerissimi sentimenti, fu facile preda della congiura massonico-padana. Il Sud fu aggredito selvaggiamente, ridotto a colonia e, da 150 anni, è continuamente sfruttato dalle cosche finanziarie tosco-padane.
Stante così la situazione, la cosiddetta "questione meridionale" non sarà mai risolta, perché utilissima alle mafie finanziarie del Nord. Da attente analisi emerge, senza ombra di dubbio, che il Sud potrà risollevarsi solamente se ritornerà a scrollarsi di dosso i parassiti padani. Lo Stato italiano, infatti, per far sì che il Sud potesse almeno arrivare all’attuale livello del Nord, per anni dovrebbe adoperare tutte le sue risorse, con l’intesa che il Nord dovrebbe restar fermo senza alcun aiuto statale: questo non sarà mai possibile.
Numerosi sono coloro che pensano che un Sud indipendente non potrebbe mai farcela. l'idea di un Sud come Stato indipendente all'interno dell'Europa è invece da prendere assolutamente in considerazione: Malta insegna. Un Sud indipendente riguadagnerebbe rapidamente i primi posti in Europa, come prima dell'invasione da parte dei padani.
Per capire tutto ciò è necessario fare una breve riflessione sulla natura dello Stato. Al di là delle scolastiche definizioni, lo Stato altro non è che uno strumento per organizzare il Popolo e il Territorio su cui il popolo è stanziato. Lo Stato, inoltre, per poter funzionare, deve essere sovrano, non deve cioè, nelle sue scelte politiche e amministrative, dipendere né esser condizionato da chicchessia.
Le persone che democraticamente son preposte a dirigere l'organizzazione dello Stato sono i politici. Costoro generalmente si qualificano di "destra", di "centro" o di "sinistra", termini che nei tempi attuali, però, non significano niente. I politicanti fanno basare i movimenti politici su ideali suggestivi, escogitati per catturare i consensi delle masse popolari, facendo prospettare miti simbolici ben collaudati da secoli: patriottismo, nazionalismo, socialismo, lotta al terrorismo ecc., oppure, con l'inganno, promettendo vantaggi futuri (posti di lavoro, aumento del reddito, previdenza, ecc.), o, infine, instaurando un fiscalismo opprimente con la promessa di abbassarne i prelievi, spesso con la complicità di gruppi organizzati di elettori (lobby) che, in cambio del voto, ricavano vantaggi illeciti.
Lo strumento essenziale per lo sviluppo di ogni popolo, e per far funzionare l'apparato statale, è il denaro.
Il denaro, come si sa, è fatto con carta stampata e metallo coniato. Esso ha la funzione di permettere gli scambi commerciali e di retribuire il lavoro prestato. Attualmente è usato l'Euro, che non ha alcun valore intrinseco. Il suo valore, infatti, non è basato su corrispondenti riserve di metallo pregiato o altro tipo di beni, ma semplicemente sul fatto che viene accettato e scambiato di comune accordo da tutti.
La quantità di Euro in circolazione, per avere credibilità ed efficacia, deve essere in armonia con la situazione dell'economia e della produzione (PIL, cioè il Prodotto Interno Lordo), altrimenti si avrebbe "inflazione" (l'eccessivo denaro in circolazione verrebbe svalutato e servirebbe più denaro per acquistare lo stesso prodotto) oppure "deflazione" (poco denaro in circolazione e relativa diminuzione dei prezzi, situazione che comporterebbe contrazione dell'economia e della produzione con conseguente disoccupazione).
Chi allora deve avere il compito di stampare e coniare denaro? Con tutta evidenza non può essere che lo Stato: esso, come abbiamo visto, è lo strumento sovrano di cui il popolo dispone per organizzare la propria vita. Ovvio quindi che esso non possa essere prodotto direttamente da privati cittadini: il denaro non avrebbe alcun valore, perché la quantità immessa nel mercato sarebbe fuori controllo.
Il denaro è, dunque, il pilastro fondamentale per la vita di un popolo e del suo Stato. Lo Stato tra i suoi compiti deve anche provvedere a sorvegliare le banche e a fissare periodicamente il tasso ufficiale di sconto (cioè il costo del denaro dato in prestito alle banche commerciali). Insomma, tutto e tutti dipendono dal denaro. Eppure in Italia, dall'unità fatta nel 1861, ad opera del "padre della patria" Cavour, lo Stato fu esautorato della sovranità di emettere denaro, con l'affido a un ente privato la Banca Nazionale piemontese (in cui il Cavour aveva suoi interessi), cioè a quella che - attraverso vicende quasi sempre molto sporche (es. furto delle riserve in oro, di dollari e sterline dei Banchi di Napoli e di Sicilia in epoca fascista) - attualmente è la Banca d’Italia. I proprietari della Banca d'Italia sono banche private (85%), assicurazioni (10%) e altri proprietari minori. Si ribadisce: la Banca d'Italia non è dello Stato, ma privata. Così da allora accade che la Banca d’Italia, creando dal nulla il denaro con la sola stampa e conio, lo "presta" poi allo Stato che, per svolgere le sue funzioni, resta assurdamente indebitato ("debito pubblico") con un privato. Cosa che non avverrebbe se lo Stato, per suo sovrano diritto-dovere, stampasse esso stesso il denaro e lo distribuisse ai cittadini, che ne sono di diritto i proprietari. Un assurdo così enorme, così infinito, che nessuno riesce a vederlo. Una truffa gigantesca ben congegnata: essa consente agli azionisti della Banca d'Italia non solo di arricchirsi con la "restituzione" del debito da parte dello Stato, ma anche di farsi pagare gli interessi (tasso di sconto) su denaro non loro. Solo che il denaro che torna indietro alla Banca è denaro vero, perché è frutto del lavoro e dei sacrifici dei cittadini.
Ma ci sono anche altri che ci guadagnano da questa assurda situazione: quelli che amministrano lo Stato, cioè i politici, che, approfittando delle loro posizioni di potere, maneggiando l'enorme flusso di denaro che lo Stato preleva dai cittadini con imposte e tasse, si arricchiscono concedendosi stipendi favolosi e agevolazioni di ogni genere. Per di più, costoro, controllando questa truffa di Stato, compiono anche numerosi abusi, nel fare concessioni truffaldine ai loro compari, per comprare voti ecc., anche a scapito dell'efficienza economica e amministrativa dello Stato. In proposito si può ricordare il governo di Aldo Moro che, per istituire l'ENEL col pretesto di "dare la luce a tutti", comperò le azioni della S.I.P. (Società Idroelettrica Piemontese) per una somma pari a 100.000 miliardi di lire: un inutile enorme esborso, a danno di tutti, perché le concessioni demaniali degli impianti idroelettrici stavano per scadere e, quindi, le azioni avrebbero a breve perso valore. Quell'enorme cifra fu praticamente sottratta per decenni allo sviluppo e alla costruzione di infrastrutture al Sud e servì a finanziare lo sviluppo tecnologico della S.I.P., che passò alla telefonia. Risultato di tale operazione: l'energia elettrica in Italia costa più che in tutti gli altri Stati europei. L'operazione fu una delle tipiche truffe padane, ma nessuna formazione politica è mai andata al fondo della faccenda: nessuno aveva interesse a sputare nel truogolo dove si gozzovigliava. Il silenzio dei politici meridionali, in proposito, è stato tombale, come sempre. Addirittura sono contrari ad un Sud indipendente e si affannano a difendere l'unità, il risorgimento e osannano il criminale Garibaldi e l’ancor più criminale Cavour.
Con questo sistema, essendo lo Stato privo di sovranità e usato come strumento truffaldino, non si può dire, dunque, che in Italia esista uno Stato vero, ma solo il suo simulacro. Da questa colossale truffa a danno del popolo, iniziata con i Savoja per "fare l'Italia unita" e continuata con la complicità di tutti i governi fino ad oggi, si può scientificamente affermare che la Banca d'Italia (oggi dipendente e socia della Banca Centrale Europea) è la vera detentrice del potere, perché essa, appropriatasi della facoltà di stampare denaro, tiene sottomesso il potere politico che "non vede e non sente" pur di stare ben avvinto alla sua greppia. Basti, in proposito, ricordare il fatto che nessun politico osò, nel 1992, "chiedere la testa" del Governatore della Banca d'Italia, per aver costui fatto perdere allo Stato, cioè a tutti gli italiani, oltre settantamila miliardi, perdita dovuta al ritardo di due settimane nella svalutazione della lira - svalutazione ormai certa per circa il 30% - a vantaggio di speculatori internazionali. Eppure questo genio della finanza fu fatto Ministro dell'Economia (ma si era laureato in Lettere alla Scuola Normale di Pisa), Primo Ministro e Presidente della Repubblica. Naturalmente il tutto sempre ammantato del "glorioso risorgimento", dell'unità della patria, dell'inno nazionale e dello sventolio di bandiere tricolori e giacobine.
Con l'istituzione dell'Euro, la Banca d'Italia stampa ancora carta moneta, ma su concessione della Banca Centrale Europea con sede a Francoforte, anch'essa privata (azionisti sono i soci privati delle varie banche nazionali, compresa quella dell'Inghilterra che, pur non essendo entrata nel sistema Euro, detiene tuttavia il 14% delle azioni, e, quindi, degli utili). La concessione comporta ovviamente un elevato addebito non motivato. Contro il costo di stampa di 0,03 centesimi, la BCE pretende 2,50 euro ogni cento, ovviamente scaricati sullo Stato italiano, pagatore finale, cioè su tutti noi. L'Unione Europea, è, in sostanza, una unione di banche senza un Governo supervisore. Uno Stato europeo, infatti, politicamente non esiste. Cosicché i governanti dei vari Paesi europei usano ora il loro Stato nazionale come esattore della Banca Centrale, la cui greppia è ben più abbondante di quella nazionale e per giunta meno vincolata, per l'assenza di un Governo centrale di tutela. Tra l'altro la BCE consente continuamente di emettere più denaro del necessario (circa il 5% all'anno), cosicché questo surplus, innescando un processo inflattivo, fa diminuire il valore della moneta. Tale processo ha l'effetto di una tassa indiretta per i popoli e arricchisce silenziosamente i soci della BCE, perché i cittadini e le imprese - a causa della forzata svalutazione strisciante - sono spinti a chiedere più denaro alle banche, in un'infernale spirale senza fine.
Se la BCE non stampasse una quantità eccessiva di Euro, non esisterebbe inflazione. L'inflazione è causata di proposito. È una truffa talmente enorme che si fa fatica a vederne i contorni. Il popolo infatti non se ne accorge, anche perché nessuno dei politici ne parla. Se ne guardano bene. Costoro, interessati a mantenere questo sistema truffaldino, mentono spudoratamente nei pubblici dibattiti: così la gente si adatta alla situazione, credendola reale e legittima. Tutti ritengono giusto pagare il "debito pubblico", e che partecipare alle elezioni sia doveroso per scegliere al meglio i politici e i partiti, onde "essere meglio amministrati per lo sviluppo della vita nazionale".
Nessun programma televisivo è più seguito di quelli in cui c'è un dibattito politico: ma gli spettatori non si rendono conto che è solo una messinscena (magari anche "combinata" tra gli opposti schieramenti), un ben collaudato meccanismo psicologico, il cosiddetto "teatrino della politica" che cattura le passioni e il consenso popolare, col risultato di nascondere l'enorme truffa dietro celata. I popoli europei sono ormai ridotti a semplice gregge, più di tutti quelli del Sud-Italia, da tosare il più possibile per far arricchire i gruppi finanziari che dominano i governi. Questi ultimi, servi delle banche, aumentano tasse e tributi con l'ingannevole pretesto dell'inflazione. Invece è vero esattamente il contrario: l'aumento dei balzelli serve solo a produrre deflazione (cioè a far diminuire la quantità di denaro circolante che causa l'aumento dei costi). Così gli imprenditori sono costretti a chiedere denaro in prestito alle banche, che si arricchiscono ancora di più, mentre aumenta la povertà. Per questo, il cosiddetto "debito pubblico" non verrà mai cancellato. È un collaudato meccanismo che fa guadagnare alla BCE e ai politici (Destra, Sinistra o Centro, non fa alcuna differenza: tutti d’accordo).
Prima che arrivassero i "liberatori" tosco-padani savojardi, il Regno delle Due Sicilie aveva una economia del tutto diversa. Il denaro veniva stampato (fedi di credito) e coniato direttamente dallo Stato. Non esisteva un "debito pubblico" inquinato dal pagamento di tasse a favore di una Banca privata. Il Banco delle Due Sicilie era una banca di Stato e il suo "debito pubblico" era fisiologico, dovuto in genere alle pochissime tasse che servivano solo a pagare i servizi che lo Stato effettivamente forniva al popolo. Il Regno delle Due Sicilie era la terza potenza economica in Europa, situazione resa visibile dall'elevata rendita sulla piazza di Parigi.
Il sistema attuale è, invece, così organizzato:
a) lo Stato italiano, privo di sovranità, è usato per soddisfare gli interessi dei gruppi finanziari tosco-padani e stranieri;
b) le lobby tosco-padane, sfruttano il Sud come una colonia interna in cui vendere i loro prodotti e servizi. Al Sud, inoltre, esse impediscono qualsiasi sviluppo che potrebbe rivelarsi pericoloso concorrente del Nord. Da ricordare la compagnia di San Paolo che, sfruttando il nome del Banco di Napoli, succhia i risparmi del Sud per versarli a Torino, con la vergognosa complicità della classe politica meridionale. Altra truffa sarà la istituenda «Banca del Mezzogiorno».
È intuitivo comprendere, dunque, che, se il Sud tornasse indipendente, basterebbe il solo fatto di liberarsi degli ipocriti parassiti tosco-padani e stampare in proprio armoniosamente il denaro nella corretta quantità per avere un immediato sviluppo sociale ed economico, come avveniva prima di questa "unità d'Italia".
Un esempio classico in proposito è rappresentato dalle colonie della Nuova Inghilterra in Nord America: i coloni nel XVII secolo emisero direttamente una propria moneta, chiudendo con la Banca d'Inghilterra. Si ebbe immediatamente uno sviluppo prodigioso; ma quando il preoccupato Parlamento inglese impose nel 1763 l'obbligo di usare per le transazioni commerciali solo la moneta inglese stampata dalla privata Bank of England, gravata da interessi, vi furono subito recessione e disoccupazione di massa. Fu per tal motivo che scoppiò la Guerra d'indipendenza americana e nacquero gli Stati Uniti. In seguito, però, anche nel nuovo Stato le banche, con subdole manovre, ripresero il loro predominio "prestando" denaro allo Stato e dando origine al debito pubblico americano.
Se, dunque, riuscissimo a liberarci dal parassitismo padano e dai politici pseudo meridionali (dei vecchi e nuovi partiti, cioè di quelli che vogliono sempre l’Italia unita) ed avere così un nostro Stato, noi conseguiremmo sostanziali benefici in ogni campo. Potremmo costruire le infrastrutture che ci hanno sempre negato col pretesto assurdo che mancano i capitali (è come dire che non si possono fare strade perché mancano i chilometri). Potremmo produrre a basso costo in competizione con tutto il mondo. Potremmo avere un sistema sanitario tra i più avanzati. Potremmo avere la piena occupazione senza dover più emigrare. Infatti, il denaro emesso direttamente dal nostro Stato, cioè dal popolo, non gravato da interessi passivi, potrebbe essere utilizzato senza ostacoli e stimolerebbe la produzione e conseguentemente l'occupazione. Inoltre, cosa importantissima, non si avrebbe né inflazione né deflazione. Lo dimostra il ducato duosiciliano, che mantenne sempre costante il suo valore nei 126 anni di Regno borbonico.
Antonio Pagano


DUE SICILIE -Spedizione bimestrale in a. p. d.l. 353/2003 (conv. in l. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 2, DCB Vicenza - editrice Associazione Due Sicilie - Casella Postale 305 - 36100 Vicenza - part. IVA 03032160248 - C.F. 95062580246 - Iscrizione R.E.A. Ditte CCIA n. 295404 - Numero Iscrizione al R.O.C.: 11628 - Registrazione presso il Tribunale di Vicenza nr. 983 del 20.11.2000 - direttore responsabile: Lorenzo Terzi: loreterzi@hotmail.com - direttore editoriale: Antonio Pagano: anpagano@alice.it
REDAZIONE: Casella Postale 305 - 36100 Vicenza - tel.: 0444.206082 - tel./fax: 0444582613 - due.sicilie@alice.it

ABBONAMENTI

ORDINARIO: euro 15,00 - SOSTENITORE: euro 30,00 - ESTERO: Europa, euro 30,00 - fuori Europa: euro 45,00 - Ad ogni nuovo abbonato in omaggio un Passaporto e un Ducato delle Due Sicilie. Ai sostenitori in più in omaggio a scelta la Bandiera delle Due Sicilie o un libro - Attestato di Brigante (per i soli abbonati): euro 5,00 - Bandiera : euro 9,00 - effettuare i versamenti all’ Associazione Due Sicilie - Casella Postale 305 - 36100 Vicenza centro con le seguenti modalità: 1) assegno non trasferibile - 2) versamento su Conto Corr. Postale nr. 37402641 3) bonifico bancario sul c/c Poste Italiane 000037402641 - coordinate bancarie: IT 47 B 07601 11800 000037402641 - dall’estero BIC/SWIFT: BPPIITRRXXX
.

Attenti al turista spione del Veneto


di Lino Patruno

Quanto sono noiosi questi antimeridionali. L’ultima trovata è di tal Emilio Zamboni, consigliere regionale veneto della Lega Nord. Ha proposto che a ogni famiglia della sua regione sia assegnato un bonus di mille euro perché vengano in vacanza in Puglia. Uno dice, che bello, grazie. Ma siccome a questo mondo nessuno mediamente fa niente per niente, il dubbio è che nella proposta ci sia la fregatura.
Con pronta conferma: devono venirci soprattutto per controllare se sono spesi bene i loro soldi, quelli che i veneti pagano con le tasse e che poi lo Stato passerebbe al Sud, Puglia compresa. Insomma vacanza a fine di spionaggio, li immaginiamo già farci domande a trucco su questo e quell’altro, in costume da bagno e col metro misurare le cabine troppo lussuose, nottetempo nelle città con la macchina fotografica per beccare le insegne lasciate accese.
Si potrebbe subito dire, allo Zamboni, che i loro presunti soldi li spendiamo per far stare meglio in vacanza proprio i signori veneti, che amano alla follia la Puglia, ma tant’è. E poi, siccome le cavolate sono come le ciliegie, una tira l’altra, il suddetto si chiede come mai molte merci del Nord trasportate al Sud per più di mille chilometri, poi vengono vendute al Sud a prezzo minore che al Nord.
Dovrebbe andare a chiederlo ai suoi compaesani produttori. E ricordarsi che il Nord si prende l’olio e il vino sfusi del Sud e poi glieli rivende a un prezzo da rapina, ma purtroppo è il Sud a farsi rapinare perché il suo vino e il suo olio non se li imbottiglia da sé con le sue etichette. Ciò che importa però non è il conto della spesa, ma l’aria che tira.
Ora però siccome i leghisti sono un po’ sboccati, fanno i ruzzulani ma non scendono affatto dalla montagna, l’uscita del consigliere veneto non è casuale. Si lavora al federalismo, e la si spara grossa per ottenerne le migliori condizioni a danno altrui. Ciò che per loro significa tenersi quanti più soldi possibile, con tanti saluti all’unità d’Italia della quale gli interessa poco e niente. Ma non fino alla secessione, che minacciano ma non faranno mai perché non sono stupidi e non gli conviene, a quale Sud poi vendono?
E quanto a ciò che sarebbe stato elargito al Sud, è altrettanto noioso stare a ricordare l’esempio principe, la Cassa per il Mezzogiorno, e non solo. Per calcolare appunto quanto di quel denaro pubblico sia stato dato al Sud, ma sia poi tornato al Nord i cui prodotti il Sud ha consumato. E quanti appalti, commesse, servizi, lavori, forniture al Sud siano finiti a imprese del Nord, che al Sud hanno concesso solo i subappalti, cioè le briciole. E quanto dello sviluppo del Nord sia dovuto ai soldi risparmiati dai meridionali che le banche hanno prestato poi al Nord. E quanto dello sviluppo del Nord sia dovuto ai meridionali che vi lavorano: è stato calcolato più di un quinto. E quanti dei profitti di imprese settentrionali al Sud siano tassati al Nord (dove hanno sede legale), quel Nord che per bocca dello Zamponi si lamenta di dare i suoi soldi al Sud.
Il problema del Sud è nei suoi molti peccati, negli sprechi che comunque ci sono stati ma non fino al punto di dire che è stato tutto uno spreco. Però non è scritto da nessuna parte che dobbiamo morire tutti leghisti. E per chiederselo anche nel Popolo della Libertà, che con la Lega Nord è alleato, devono essere scocciatini anche loro. Come ha dimostrato in questi giorni la baruffa sul pur competente Tremonti, il ministro più leghista dei non leghisti, che i suoi colleghi di partito non sopportano più anche per questo. E che, di fronte alle critiche e al gelo di Berlusconi compreso, Bossi ha rilanciato nel suo eterno poker, proponendolo addirittura unico vice primo ministro. Come dire, Lega padrona del governo.
Ma se non dobbiamo morire tutti leghisti, non è neanche detto che dobbiamo morire tutti sudisti sporchi, brutti e cattivi. E stare eternamente in attesa che i grandi partiti nazionali si decidano a considerare il Mezzogiorno l’unico in grado di far sviluppare l’intero Paese.
Quindi Sud non problema, ma soluzione. E in attesa che qualcuno una volta per tutte si studi cosa al Sud non ha funzionato e perché. Magari per buttare a mare il pregiudizio e la propaganda antimeridionali che massacrano il Sud dall’Unità a oggi, mica da poco.
Un Partito del Sud può far comodo alla Lega che così può dire, bene, voi da una parte noi dall’altra. Ma il Sud non può continuare a sfogliare la margherita e farsi impallinare dallo Zamboni di turno. Mentre magari il sottosegretario Miccichè, cioè uno di questo governo, rivela che un Partito del Sud non dispiacerebbe neanche a Berlusconi per non rimanere ostaggio di Bossi. Atroce sospetto: vuoi vedere che hanno capito prima loro che noi che il Partito del Sud non sarebbe un’idea malvagia?


Fonte:LaGazzettadelMezzogiorno del 30/11/2009

.
Leggi tutto »

di Lino Patruno

Quanto sono noiosi questi antimeridionali. L’ultima trovata è di tal Emilio Zamboni, consigliere regionale veneto della Lega Nord. Ha proposto che a ogni famiglia della sua regione sia assegnato un bonus di mille euro perché vengano in vacanza in Puglia. Uno dice, che bello, grazie. Ma siccome a questo mondo nessuno mediamente fa niente per niente, il dubbio è che nella proposta ci sia la fregatura.
Con pronta conferma: devono venirci soprattutto per controllare se sono spesi bene i loro soldi, quelli che i veneti pagano con le tasse e che poi lo Stato passerebbe al Sud, Puglia compresa. Insomma vacanza a fine di spionaggio, li immaginiamo già farci domande a trucco su questo e quell’altro, in costume da bagno e col metro misurare le cabine troppo lussuose, nottetempo nelle città con la macchina fotografica per beccare le insegne lasciate accese.
Si potrebbe subito dire, allo Zamboni, che i loro presunti soldi li spendiamo per far stare meglio in vacanza proprio i signori veneti, che amano alla follia la Puglia, ma tant’è. E poi, siccome le cavolate sono come le ciliegie, una tira l’altra, il suddetto si chiede come mai molte merci del Nord trasportate al Sud per più di mille chilometri, poi vengono vendute al Sud a prezzo minore che al Nord.
Dovrebbe andare a chiederlo ai suoi compaesani produttori. E ricordarsi che il Nord si prende l’olio e il vino sfusi del Sud e poi glieli rivende a un prezzo da rapina, ma purtroppo è il Sud a farsi rapinare perché il suo vino e il suo olio non se li imbottiglia da sé con le sue etichette. Ciò che importa però non è il conto della spesa, ma l’aria che tira.
Ora però siccome i leghisti sono un po’ sboccati, fanno i ruzzulani ma non scendono affatto dalla montagna, l’uscita del consigliere veneto non è casuale. Si lavora al federalismo, e la si spara grossa per ottenerne le migliori condizioni a danno altrui. Ciò che per loro significa tenersi quanti più soldi possibile, con tanti saluti all’unità d’Italia della quale gli interessa poco e niente. Ma non fino alla secessione, che minacciano ma non faranno mai perché non sono stupidi e non gli conviene, a quale Sud poi vendono?
E quanto a ciò che sarebbe stato elargito al Sud, è altrettanto noioso stare a ricordare l’esempio principe, la Cassa per il Mezzogiorno, e non solo. Per calcolare appunto quanto di quel denaro pubblico sia stato dato al Sud, ma sia poi tornato al Nord i cui prodotti il Sud ha consumato. E quanti appalti, commesse, servizi, lavori, forniture al Sud siano finiti a imprese del Nord, che al Sud hanno concesso solo i subappalti, cioè le briciole. E quanto dello sviluppo del Nord sia dovuto ai soldi risparmiati dai meridionali che le banche hanno prestato poi al Nord. E quanto dello sviluppo del Nord sia dovuto ai meridionali che vi lavorano: è stato calcolato più di un quinto. E quanti dei profitti di imprese settentrionali al Sud siano tassati al Nord (dove hanno sede legale), quel Nord che per bocca dello Zamponi si lamenta di dare i suoi soldi al Sud.
Il problema del Sud è nei suoi molti peccati, negli sprechi che comunque ci sono stati ma non fino al punto di dire che è stato tutto uno spreco. Però non è scritto da nessuna parte che dobbiamo morire tutti leghisti. E per chiederselo anche nel Popolo della Libertà, che con la Lega Nord è alleato, devono essere scocciatini anche loro. Come ha dimostrato in questi giorni la baruffa sul pur competente Tremonti, il ministro più leghista dei non leghisti, che i suoi colleghi di partito non sopportano più anche per questo. E che, di fronte alle critiche e al gelo di Berlusconi compreso, Bossi ha rilanciato nel suo eterno poker, proponendolo addirittura unico vice primo ministro. Come dire, Lega padrona del governo.
Ma se non dobbiamo morire tutti leghisti, non è neanche detto che dobbiamo morire tutti sudisti sporchi, brutti e cattivi. E stare eternamente in attesa che i grandi partiti nazionali si decidano a considerare il Mezzogiorno l’unico in grado di far sviluppare l’intero Paese.
Quindi Sud non problema, ma soluzione. E in attesa che qualcuno una volta per tutte si studi cosa al Sud non ha funzionato e perché. Magari per buttare a mare il pregiudizio e la propaganda antimeridionali che massacrano il Sud dall’Unità a oggi, mica da poco.
Un Partito del Sud può far comodo alla Lega che così può dire, bene, voi da una parte noi dall’altra. Ma il Sud non può continuare a sfogliare la margherita e farsi impallinare dallo Zamboni di turno. Mentre magari il sottosegretario Miccichè, cioè uno di questo governo, rivela che un Partito del Sud non dispiacerebbe neanche a Berlusconi per non rimanere ostaggio di Bossi. Atroce sospetto: vuoi vedere che hanno capito prima loro che noi che il Partito del Sud non sarebbe un’idea malvagia?


Fonte:LaGazzettadelMezzogiorno del 30/11/2009

.

Lombardo shock



Alluvione di Messina, il governatore siciliano al centro di un caso clamoroso
Leggi tutto »


Alluvione di Messina, il governatore siciliano al centro di un caso clamoroso

Le mie dimissioni da L’ALTRO SUD




Ricevo e posto:


Di Andrea Balìa



Napoli, 28 ottobre 2009


Le dimissioni che qualcuno presenta rispetto ad un incarico, un posto di lavoro, in un’azienda,ente pubblico o privato, associazione, movimento e/o partito sono solitamente una vicenda privata, senza risonanza mediatica, che riguarda le parti: chi si dimissiona e chi le riceve. A meno che non si tratti di personaggi pubblici conosciuti dalla comunità.

Sicuramente quest’ultimo non è il mio caso, tanto da meritare che la cosa venga data in pasto agli organi d’informazione. Altresì è vero che, partecipando alle vicende meridionaliste da molto tempo, si sono costruiti rapporti, amicizie, confronti con più persone su questo terreno d’interesse e di attività. Ritengo quindi, non per eccesso d’autostima o voglia di presenzialismo, doveroso informare, attraverso il circuito di rapporti di questo nostro mondo cultural/politico, della cosa amici e conoscenti; anche per evitare commenti gratuiti e fantasiose interpretazioni.

Veniamo al dunque: mi interesso di meridionalismo da circa 20 anni come “battitore libero”. Un anno fa circa ho accettato di dare una mano agli amici di L’Altro Sud, accettando la carica di “responsabile all’Identità” nel gruppo dirigente di questo movimento. Tre sostanzialmente le ragioni: una vecchia amicizia con alcuni di loro, il riconoscere un ottimo livello culturale e di preparazione (forse il migliore tra i movimenti in auge) del gruppo dirigente, e il desiderio di dare finalmente un – pur se modesto – contributo personale più concreto alla causa del Sud.

E’ stata un’esperienza sicuramente interessante e di accrescimento personale su più fronti.

L’Altro Sud è portatore però (in specie nella sua presidenza) d’un radicato convincimento che credevo modificabile almeno parzialmente (anche per la carica ricoperta), e che s’è andato addirittura irrigidendo: la tenace convinzione che con le forze meridionaliste attualmente in campo (e causa anche la storia e il passato di molti suoi attori) sia impossibile costruire qualcosa di positivo. Ovviamente, pur essendo comprensibile – ma solo in parte – ciò, questo assunto mi appare eccessivo e pessimistico oltremodo, con la possibilità di prospettare pericolosamente solo due ipotesi: o il ritenere di poter fare da soli (altamente improbabile), o prestare il fianco a collaborazioni, apparentamenti – fossero anche solo temporali – con forze e partiti istituzionali.

Ritenendo quest’ultimi, secondo il sottoscritto, la prova provata del disastro del Sud ed essendo un “testone” che crede nel “I have a dream” di Martin Luter King/memoria prendo la decisione di dare le dimissioni da L’Altro Sud (assieme al dott. Emiddio De Franciscis e all’arch. Bruno Pappalardo), ringraziandoli di tutto e riservandomi un futuro, probabilmente più irto tornando a fare il “battitore libero” o dando una mano a chi e con chi dovesse trovare interessante e utile una collaborazione che trovi obiettivi di reciproco interesse.
.
Leggi tutto »



Ricevo e posto:


Di Andrea Balìa



Napoli, 28 ottobre 2009


Le dimissioni che qualcuno presenta rispetto ad un incarico, un posto di lavoro, in un’azienda,ente pubblico o privato, associazione, movimento e/o partito sono solitamente una vicenda privata, senza risonanza mediatica, che riguarda le parti: chi si dimissiona e chi le riceve. A meno che non si tratti di personaggi pubblici conosciuti dalla comunità.

Sicuramente quest’ultimo non è il mio caso, tanto da meritare che la cosa venga data in pasto agli organi d’informazione. Altresì è vero che, partecipando alle vicende meridionaliste da molto tempo, si sono costruiti rapporti, amicizie, confronti con più persone su questo terreno d’interesse e di attività. Ritengo quindi, non per eccesso d’autostima o voglia di presenzialismo, doveroso informare, attraverso il circuito di rapporti di questo nostro mondo cultural/politico, della cosa amici e conoscenti; anche per evitare commenti gratuiti e fantasiose interpretazioni.

Veniamo al dunque: mi interesso di meridionalismo da circa 20 anni come “battitore libero”. Un anno fa circa ho accettato di dare una mano agli amici di L’Altro Sud, accettando la carica di “responsabile all’Identità” nel gruppo dirigente di questo movimento. Tre sostanzialmente le ragioni: una vecchia amicizia con alcuni di loro, il riconoscere un ottimo livello culturale e di preparazione (forse il migliore tra i movimenti in auge) del gruppo dirigente, e il desiderio di dare finalmente un – pur se modesto – contributo personale più concreto alla causa del Sud.

E’ stata un’esperienza sicuramente interessante e di accrescimento personale su più fronti.

L’Altro Sud è portatore però (in specie nella sua presidenza) d’un radicato convincimento che credevo modificabile almeno parzialmente (anche per la carica ricoperta), e che s’è andato addirittura irrigidendo: la tenace convinzione che con le forze meridionaliste attualmente in campo (e causa anche la storia e il passato di molti suoi attori) sia impossibile costruire qualcosa di positivo. Ovviamente, pur essendo comprensibile – ma solo in parte – ciò, questo assunto mi appare eccessivo e pessimistico oltremodo, con la possibilità di prospettare pericolosamente solo due ipotesi: o il ritenere di poter fare da soli (altamente improbabile), o prestare il fianco a collaborazioni, apparentamenti – fossero anche solo temporali – con forze e partiti istituzionali.

Ritenendo quest’ultimi, secondo il sottoscritto, la prova provata del disastro del Sud ed essendo un “testone” che crede nel “I have a dream” di Martin Luter King/memoria prendo la decisione di dare le dimissioni da L’Altro Sud (assieme al dott. Emiddio De Franciscis e all’arch. Bruno Pappalardo), ringraziandoli di tutto e riservandomi un futuro, probabilmente più irto tornando a fare il “battitore libero” o dando una mano a chi e con chi dovesse trovare interessante e utile una collaborazione che trovi obiettivi di reciproco interesse.
.

venerdì 30 ottobre 2009

BRIGANTI IN LOMBARDIA- APPUNTAMENTI CULTURALI-

Leggi tutto »

L’Italia ha il sistema ferroviario più moderno d’Europa. Dalle Alpi alla Campania, poi c’è il profondo Sud




(essepì) Il sistema ferroviario italiano è fra i più avanzati al mondo, sostengono oggi coloro che dirigono il settore. E ne sono, legittimamente, compiaciuti. Sono partite infatti le tratte veloci che collegano il centro della Penisola con il Nord. Puntualità e tempi competitivi perfino con gli aerei. Per chi vive nel centro-nord del Paese è più conveniente salire su un treno che utilizzare il trasporto aereo. Un risultato impensabile, se si osserva che gli aerei sono naturalmente il mezzo di trasporto più veloce.

Questa situazione fa felice i cittadini del centro e del Nord Italia e non può che rallegrare tutti coloro, ovunque abitino, che auspicano lo sviluppo del trasporto nazionale. Tuttavia ciò pone alcune interrogativi, suscita recriminazione, rammarico, frustrazioni e fa dire a più d’uno che il Paese è diviso in due in tutto e per tutto, che il Meridione è figlio di un Dio minore, che tutto ciò che di buono arriva riguarda una parte dell’Italia e non l’altra. Questa considerazione se ne porta appresso un’altra, che i meridionali – pur incapaci, brutti e cattivi – non hanno avuto un ruolo decisivo nella politica dei trasporti, nel senso che non hanno potuto metterci naso. Sicché si è stabilito una specie di confine ideale fra l’Italia che funziona, anche nel campo del trasporto ferroviario, e il resto.

I collegamenti veloci sui binari non sono solo mezzi utili a rendere più piacevole un viaggio: tagliare i tempi di percorrenza, permettendo di raggiungere rapidamente la località desiderata, favorisce i collegamenti, e quindi lo sviluppo di ogni attività: economica, culturale, turistica ecc. Nel Mezzogiorno, il governo punta sul Ponte sullo Stretto. Che si sia d’accordo o meno sulla realizzazione di questa opera, resta il fatto che essa non è preceduta da un investimento poderoso – non può essere altrimenti – nel trasporto ferroviario. Che significa altrimenti spendere un sacco di soldi per accorciare di un’ora l’attraversamento dello Stretto se i treni vanno lenti sulla terraferma? E’ una buggeratura, una incongruenza, una stupidità colossale. E’ come prendersi in giro facendo il solitario: si scelgono le carte giuste per vincere la partita del consenso e perdere quella dei fatti.

Prima o poi queste furbizie si pagano. Il Ponte, del resto, viene avversato da tanti proprio perché si ritiene che esso non debba costituire una priorità rispetto ad altre opere più urgenti. E che l’investimento sul sistema ferroviario siciliani e nel Sud d’Italia sia complementare necessario quanto il Ponte è indubbio. I meridionali non guasteranno la festa al resto dell’Italia con le loro lamentazioni, ma vivranno di sicuro come una ingiustizia questo balzo in avanti realizzato dall’altra metà del Paese. Infine, un’annotazione. Riguarda la competitività del treno con l’aereo. Se è più conveniente salire su un treno perché si arriva prima, si viaggia meglio e si rispettano gli orari, c’è un problema strutturale da affrontare e ci sono errori che vanno analizzati. Nel Nord il numero degli aeroporti è cresciuto in modo esponenziale, attorno a Milano ne sono nati quattro (o cinque?). Il sistema aeroportuale è nato secondo logiche clientelari e campanilistiche, le qualità che vengono riconosciute ai meridionali. E ci sono scali aerei, come Malpensa, che sono malamente serviti. Si impiega più tempo (e si spende di più) ad andare a Malpensa, che compiere la tratta scelta per il volo.

Un’incongruenza, ancora una. La moltiplicazione degli aeroporti, al contrario di quella dei pani, non rende un servigio ad alcuno, aumenta le spese di gestione, complica il traffico aereo, pretende investimenti ingenti per i collegamenti con le aree urbane. Le guerre fra Milano e Roma, quelle fra Pisa e Firenze, tanto per fare alcuni esempi, non hanno certo favorito il trasporto aereo. Le compagnie di bandiera, mal gestite, si sono indebitate anche per stare appresso alle scelte politiche di basso profilo. Ora il trasporto aereo paga i suoi ritardi. Così come il Mezzogiorno. E’ la prova che accanto i due pesi e le due misure non sono il frutto, solo il frutto, degli egoismi nordisti, ma anche il bel risultato delle scelte di piccolo cabotaggio, clientelari e disastrose, compite dalle teste pensanti del nostro Paese.

Fonte:
Italiainformazioni
-
Leggi tutto »



(essepì) Il sistema ferroviario italiano è fra i più avanzati al mondo, sostengono oggi coloro che dirigono il settore. E ne sono, legittimamente, compiaciuti. Sono partite infatti le tratte veloci che collegano il centro della Penisola con il Nord. Puntualità e tempi competitivi perfino con gli aerei. Per chi vive nel centro-nord del Paese è più conveniente salire su un treno che utilizzare il trasporto aereo. Un risultato impensabile, se si osserva che gli aerei sono naturalmente il mezzo di trasporto più veloce.

Questa situazione fa felice i cittadini del centro e del Nord Italia e non può che rallegrare tutti coloro, ovunque abitino, che auspicano lo sviluppo del trasporto nazionale. Tuttavia ciò pone alcune interrogativi, suscita recriminazione, rammarico, frustrazioni e fa dire a più d’uno che il Paese è diviso in due in tutto e per tutto, che il Meridione è figlio di un Dio minore, che tutto ciò che di buono arriva riguarda una parte dell’Italia e non l’altra. Questa considerazione se ne porta appresso un’altra, che i meridionali – pur incapaci, brutti e cattivi – non hanno avuto un ruolo decisivo nella politica dei trasporti, nel senso che non hanno potuto metterci naso. Sicché si è stabilito una specie di confine ideale fra l’Italia che funziona, anche nel campo del trasporto ferroviario, e il resto.

I collegamenti veloci sui binari non sono solo mezzi utili a rendere più piacevole un viaggio: tagliare i tempi di percorrenza, permettendo di raggiungere rapidamente la località desiderata, favorisce i collegamenti, e quindi lo sviluppo di ogni attività: economica, culturale, turistica ecc. Nel Mezzogiorno, il governo punta sul Ponte sullo Stretto. Che si sia d’accordo o meno sulla realizzazione di questa opera, resta il fatto che essa non è preceduta da un investimento poderoso – non può essere altrimenti – nel trasporto ferroviario. Che significa altrimenti spendere un sacco di soldi per accorciare di un’ora l’attraversamento dello Stretto se i treni vanno lenti sulla terraferma? E’ una buggeratura, una incongruenza, una stupidità colossale. E’ come prendersi in giro facendo il solitario: si scelgono le carte giuste per vincere la partita del consenso e perdere quella dei fatti.

Prima o poi queste furbizie si pagano. Il Ponte, del resto, viene avversato da tanti proprio perché si ritiene che esso non debba costituire una priorità rispetto ad altre opere più urgenti. E che l’investimento sul sistema ferroviario siciliani e nel Sud d’Italia sia complementare necessario quanto il Ponte è indubbio. I meridionali non guasteranno la festa al resto dell’Italia con le loro lamentazioni, ma vivranno di sicuro come una ingiustizia questo balzo in avanti realizzato dall’altra metà del Paese. Infine, un’annotazione. Riguarda la competitività del treno con l’aereo. Se è più conveniente salire su un treno perché si arriva prima, si viaggia meglio e si rispettano gli orari, c’è un problema strutturale da affrontare e ci sono errori che vanno analizzati. Nel Nord il numero degli aeroporti è cresciuto in modo esponenziale, attorno a Milano ne sono nati quattro (o cinque?). Il sistema aeroportuale è nato secondo logiche clientelari e campanilistiche, le qualità che vengono riconosciute ai meridionali. E ci sono scali aerei, come Malpensa, che sono malamente serviti. Si impiega più tempo (e si spende di più) ad andare a Malpensa, che compiere la tratta scelta per il volo.

Un’incongruenza, ancora una. La moltiplicazione degli aeroporti, al contrario di quella dei pani, non rende un servigio ad alcuno, aumenta le spese di gestione, complica il traffico aereo, pretende investimenti ingenti per i collegamenti con le aree urbane. Le guerre fra Milano e Roma, quelle fra Pisa e Firenze, tanto per fare alcuni esempi, non hanno certo favorito il trasporto aereo. Le compagnie di bandiera, mal gestite, si sono indebitate anche per stare appresso alle scelte politiche di basso profilo. Ora il trasporto aereo paga i suoi ritardi. Così come il Mezzogiorno. E’ la prova che accanto i due pesi e le due misure non sono il frutto, solo il frutto, degli egoismi nordisti, ma anche il bel risultato delle scelte di piccolo cabotaggio, clientelari e disastrose, compite dalle teste pensanti del nostro Paese.

Fonte:
Italiainformazioni
-

Il brigante Ciro Annicchiarico, detto il “Papa”, nel territorio di Martina Franca




Di Michele Lenti


Uno degli aspetti più complessi ed affascinanti della storia salentina è, sicuramente, il brigantaggio, la cui fenomenologia variò nel corso dei secoli, dando vita a pure forme di banditismo, o a movimenti di lotta, più o meno ispirati da motivazioni politiche ed ideologiche.

..........Prosegue su:Culturasalentina
Leggi tutto »



Di Michele Lenti


Uno degli aspetti più complessi ed affascinanti della storia salentina è, sicuramente, il brigantaggio, la cui fenomenologia variò nel corso dei secoli, dando vita a pure forme di banditismo, o a movimenti di lotta, più o meno ispirati da motivazioni politiche ed ideologiche.

..........Prosegue su:Culturasalentina

Spazzatour2: sopra il giorno di dolore che uno ha



Racconto di una giornata particolare: quella passata in giro con i colleghi della stampa estera e i ragazzi del Co.Re.Ri., Coordinamento regionale rifiuti, fra le provincie di napoli e caserta. Per capire che l'emergenza rifiuti è molto lontana dall'essere risolta.
Leggi tutto »


Racconto di una giornata particolare: quella passata in giro con i colleghi della stampa estera e i ragazzi del Co.Re.Ri., Coordinamento regionale rifiuti, fra le provincie di napoli e caserta. Per capire che l'emergenza rifiuti è molto lontana dall'essere risolta.

giovedì 29 ottobre 2009

Nazionale di Calcio delle Due Sicilie sul Corriere della Sera Magazine del 29 Ottobre 2009

Sul Magazine settimanale del Corriere della Sera di oggi si parla della nazionale di Calcio delle Due Sicilie.






Leggi tutto »
Sul Magazine settimanale del Corriere della Sera di oggi si parla della nazionale di Calcio delle Due Sicilie.






ROMA 30 OTTOBRE 2009 : FEDERALISMO, QUESTIONE MERIDIONALE E QUESTIONE AMBIENTALE

Nell'ambito degli incontri della Rete dei Cittadini il Partito del Sud promuove il seguente evento:

------------------------------------------------------------------------

FEDERALISMO, QUESTIONE MERIDIONALE E QUESTIONE AMBIENTALE

Roma 30/10/2009 ore 18.30 - Hotel Golden Tulip Bellambriana - Via Luca Passi 6 (Zona Aurelia) ROMA

interverranno:

Enzo Riccio - coord. sezione Roma del PdSud - Rete dei Cittadini
"Unire i temi storici del meridionalismo alla questione ambientale"

Antonio Ciano - coord. nazionale PdSud e Ass. Demanio Comune di Gaeta (LT)
"La questione meridionale, il federalismo e l'esperienza del Comune di Gaeta"

Sergio Mazzanti - coord. Lazio Per il Bene Comune - Rete dei Cittadini
"L'emergenza ambientale, le esperienze delle liste civiche e il progetto nel Lazio"

Pino Smiraglia - Insorgenza Civile Roma
"L'esperienza di Insorgenza Civile"

DIBATTITO

modera il dibattito:
Michele Iannelli - Rete dei Cittadini

.
Leggi tutto »
Nell'ambito degli incontri della Rete dei Cittadini il Partito del Sud promuove il seguente evento:

------------------------------------------------------------------------

FEDERALISMO, QUESTIONE MERIDIONALE E QUESTIONE AMBIENTALE

Roma 30/10/2009 ore 18.30 - Hotel Golden Tulip Bellambriana - Via Luca Passi 6 (Zona Aurelia) ROMA

interverranno:

Enzo Riccio - coord. sezione Roma del PdSud - Rete dei Cittadini
"Unire i temi storici del meridionalismo alla questione ambientale"

Antonio Ciano - coord. nazionale PdSud e Ass. Demanio Comune di Gaeta (LT)
"La questione meridionale, il federalismo e l'esperienza del Comune di Gaeta"

Sergio Mazzanti - coord. Lazio Per il Bene Comune - Rete dei Cittadini
"L'emergenza ambientale, le esperienze delle liste civiche e il progetto nel Lazio"

Pino Smiraglia - Insorgenza Civile Roma
"L'esperienza di Insorgenza Civile"

DIBATTITO

modera il dibattito:
Michele Iannelli - Rete dei Cittadini

.

Riprendiamoci la nostra storia - La tangenziale di Ferdinando II



di Achille della Ragione

Molte strade napoletane portano il nome dei vincitori: i piemontesi, che, con le armi di Garibaldi conquistarono un antico regno annettendolo al loro. Cambiarono il toponimo di piazze e strade cittadine, compreso piazza della Stazione che prese il nome dell’eroe dei due mondi, ma l’ignominia maggiore riguarda il corso Vittorio Emanuele del quale vogliamo brevemente ripercorrere la storia.

Nel 1853 il re borbone Ferdinando II realizzava la prima tangenziale al mondo: un’arteria di cinque chilometri, che, superando delicati problemi orografici, metteva in collegamento la parte occidentale della città con la parte orientale, permettendo l’urbanizzazione di vaste aree.

L’opera fu apprezzata in tutta Europa per le soluzioni tecniche e la velocità di esecuzione. I Napoletani cavallerescamente vollero dedicarla alla regina Maria Teresa, ma il toponimo ebbe breve durata, perché subito dopo l’unità d’Italia, i Savoia decisero che un nuovo nome: corso Vittorio Emanuele, dovesse ricordare il loro re conquistatore dell’antico regno, anche se la strada era stata realizzata da un altro sovrano.

Questa appropriazione indebita è passata sotto silenzio per 150 anni, ma è giunto il momento per fare giustizia di questi soprusi del passato, grazie al certosino lavoro di coraggiosi storici che, lentamente, ci stanno insegnando a rivalutare la nostra storia gloriosa.
Un invito al nostro sindaco a voler dedicare questa strada a chi l’ha ideata e realizzata nell’interesse della sua amata città: Ferdinando II.

Fonte:
Napoli.com
Leggi tutto »


di Achille della Ragione

Molte strade napoletane portano il nome dei vincitori: i piemontesi, che, con le armi di Garibaldi conquistarono un antico regno annettendolo al loro. Cambiarono il toponimo di piazze e strade cittadine, compreso piazza della Stazione che prese il nome dell’eroe dei due mondi, ma l’ignominia maggiore riguarda il corso Vittorio Emanuele del quale vogliamo brevemente ripercorrere la storia.

Nel 1853 il re borbone Ferdinando II realizzava la prima tangenziale al mondo: un’arteria di cinque chilometri, che, superando delicati problemi orografici, metteva in collegamento la parte occidentale della città con la parte orientale, permettendo l’urbanizzazione di vaste aree.

L’opera fu apprezzata in tutta Europa per le soluzioni tecniche e la velocità di esecuzione. I Napoletani cavallerescamente vollero dedicarla alla regina Maria Teresa, ma il toponimo ebbe breve durata, perché subito dopo l’unità d’Italia, i Savoia decisero che un nuovo nome: corso Vittorio Emanuele, dovesse ricordare il loro re conquistatore dell’antico regno, anche se la strada era stata realizzata da un altro sovrano.

Questa appropriazione indebita è passata sotto silenzio per 150 anni, ma è giunto il momento per fare giustizia di questi soprusi del passato, grazie al certosino lavoro di coraggiosi storici che, lentamente, ci stanno insegnando a rivalutare la nostra storia gloriosa.
Un invito al nostro sindaco a voler dedicare questa strada a chi l’ha ideata e realizzata nell’interesse della sua amata città: Ferdinando II.

Fonte:
Napoli.com

Il ponte sullo stretto? semplicemente lo stupro della Sicilia



Di Nino Sala


Parlare oggi dopo il caso di Giampilieri e il fiume di fango che ha seppellito persone, case e cose del ponte sullo stretto è assolutamente scellerato. L’annuncio dell’inizio della realizzazione di questa mega infrastruttura serve solo a destare nei cuori di chi, come noi ama la Sicilia, l’idea di essere considerati una colonia periferica di un impero malato, in cui basta una conferenza stampa per decidere il massacro del terriorio e del paesaggio. Proprio così perchè la costruzione di un opera faraonica, assolutamente inutile al popolo siciliano, non sarebbe altro che un ulteriore violenza operata sul paesaggio della Sicilia. Immaginatevi, cari amici, cosa succederebbe se si realizzasse: da Palermo a Massina in tre ore per poi operare un attravensamento dello stretto in quindici minuti e farsi cinque ore, se tutto va bene, sulla Salerno-Reggio Calabria in condizioni terribili. Allora io dico al governo italiano, invece di spararle così grosse per evitare che sia ancora più palese la crisi profonda in cui è piombato, che sarebbe meglio ragionare se non sia arrivato il momento di mollare questo modo di fare politica senzazionalistica senza mai realizzare niente, basta vedere le riforme che in Italia aspettiamo, e passare ad una nuova fase di lavoro vero? Caro Presidente Berlusconi, non è arrivato il momento anche per lei, di cacciare da palazzo Chigi, ministri come la Gelmini, che in questo periodo tra tagli indiscriminati, accorpamento di classi, ricorsi persi, scioperi, malcontento di tutti gli operatori della scuola, e assoluta incompetenza in materia, come si evince dai papocchi che in questi giorni sono emersi, le hanno causato e ci hanno causato solo guasti e perdita di fiducia nelle istituzioni? E la Carfagna che vuole togliere il velo alle donne islamiche, lei così esperta in fatto di denudamenti vari? crede che questo sia proprio il primo pensiero degli italiani? e della pletora di yes men e personale politico scadente che ogni giorno le fa fare fesserie come il lodo “Alfano”? L’opposizione l’accusa di essere un nuovo Duce, ma voglio ricordarle che del Governo Mussolini facevano parte:Alfredo Rocco, Luigi Federzoni, Paolo Thaon di Revel, Alberto De Stefani, Giovanni Giuriati, Aldo Oviglio, Armando Diaz, Giuseppe D’Arzago De Capitani, Gabriello Carnazza, Giovanni Antonio Colonna di Cesarò e alla scuola Giovanni Gentile.

Certo nessuno dei citati ha le doti della Carfagna e della Gelmini, due che il mondo ci invidia insieme a Cammarata e Schifani, ma pazienza!

Silvio, prima di pensare al ponte, che i siciliani non vogliono, e di sfasciare tutto, dalla scuola alla giustizia, sfascia questo governo e metti nei posti giusti gente con competenze indiscutibili, che abbiamo anche l’autorità e gli attributi per dirti di no, il resto tienitele nelle stanze di palazzo Grazioli, tanto ci sono abituate!



-
Leggi tutto »


Di Nino Sala


Parlare oggi dopo il caso di Giampilieri e il fiume di fango che ha seppellito persone, case e cose del ponte sullo stretto è assolutamente scellerato. L’annuncio dell’inizio della realizzazione di questa mega infrastruttura serve solo a destare nei cuori di chi, come noi ama la Sicilia, l’idea di essere considerati una colonia periferica di un impero malato, in cui basta una conferenza stampa per decidere il massacro del terriorio e del paesaggio. Proprio così perchè la costruzione di un opera faraonica, assolutamente inutile al popolo siciliano, non sarebbe altro che un ulteriore violenza operata sul paesaggio della Sicilia. Immaginatevi, cari amici, cosa succederebbe se si realizzasse: da Palermo a Massina in tre ore per poi operare un attravensamento dello stretto in quindici minuti e farsi cinque ore, se tutto va bene, sulla Salerno-Reggio Calabria in condizioni terribili. Allora io dico al governo italiano, invece di spararle così grosse per evitare che sia ancora più palese la crisi profonda in cui è piombato, che sarebbe meglio ragionare se non sia arrivato il momento di mollare questo modo di fare politica senzazionalistica senza mai realizzare niente, basta vedere le riforme che in Italia aspettiamo, e passare ad una nuova fase di lavoro vero? Caro Presidente Berlusconi, non è arrivato il momento anche per lei, di cacciare da palazzo Chigi, ministri come la Gelmini, che in questo periodo tra tagli indiscriminati, accorpamento di classi, ricorsi persi, scioperi, malcontento di tutti gli operatori della scuola, e assoluta incompetenza in materia, come si evince dai papocchi che in questi giorni sono emersi, le hanno causato e ci hanno causato solo guasti e perdita di fiducia nelle istituzioni? E la Carfagna che vuole togliere il velo alle donne islamiche, lei così esperta in fatto di denudamenti vari? crede che questo sia proprio il primo pensiero degli italiani? e della pletora di yes men e personale politico scadente che ogni giorno le fa fare fesserie come il lodo “Alfano”? L’opposizione l’accusa di essere un nuovo Duce, ma voglio ricordarle che del Governo Mussolini facevano parte:Alfredo Rocco, Luigi Federzoni, Paolo Thaon di Revel, Alberto De Stefani, Giovanni Giuriati, Aldo Oviglio, Armando Diaz, Giuseppe D’Arzago De Capitani, Gabriello Carnazza, Giovanni Antonio Colonna di Cesarò e alla scuola Giovanni Gentile.

Certo nessuno dei citati ha le doti della Carfagna e della Gelmini, due che il mondo ci invidia insieme a Cammarata e Schifani, ma pazienza!

Silvio, prima di pensare al ponte, che i siciliani non vogliono, e di sfasciare tutto, dalla scuola alla giustizia, sfascia questo governo e metti nei posti giusti gente con competenze indiscutibili, che abbiamo anche l’autorità e gli attributi per dirti di no, il resto tienitele nelle stanze di palazzo Grazioli, tanto ci sono abituate!



-

IL PARTITO DEL SUD SIAMO NOI....







Sig Direttore,
a proposito della dichiarazione di Beniamino Donnici, deputato ex IDV, riciclato, che amoreggia con l'MPA , con l'UDC e la Poli Bortone, ex Alleanza Nazionale, ci teniamo a precisare che lui non rappresenta nessun partito del Sud, essendo quest'ultmo rappresentato dal sottoscritto, nominato il 17 di ottobre, in un convegno tenutosi a Gaeta, segretario Nazionale di detto Partito. Il patto per il Sud è soltanto il tentativo di trasformismo operato da sempre, da falsi meridionalisti.
Il Trasformismo non ci interessa, nè ci interessano alleanze con i partiti che hanno determinato la morte economica del Sud.
Il partito del Sud, e ha ragione Donnici, esiste già e amministra Gaeta, in pr di Latina, il cui assessore al demanio è il sottoscritto.Abbiamo rappresentanti in quasi tutte le regioni d'Italia e stiamo crescendo sul territorio. Abbiamo inaugurato sei mesi fa a Catania il primo comprasud della penisola e a presto ne nasceranno altri, circa 50 in due anni, queste sono le previsioni.
Non cerchiamo alleanze con i partiti del Nord( quasi tutti, da destra a sinistra), ci presenteremo da soli alle elezioni, per noi, destra e sinistra, sono solo indicazioni stradali, se ne devono andare dal Sud, diventata ormai colonia economica del Nord.

Cap: Antonio Ciano

Segretario nazionale del Partito del Sud
.
Leggi tutto »






Sig Direttore,
a proposito della dichiarazione di Beniamino Donnici, deputato ex IDV, riciclato, che amoreggia con l'MPA , con l'UDC e la Poli Bortone, ex Alleanza Nazionale, ci teniamo a precisare che lui non rappresenta nessun partito del Sud, essendo quest'ultmo rappresentato dal sottoscritto, nominato il 17 di ottobre, in un convegno tenutosi a Gaeta, segretario Nazionale di detto Partito. Il patto per il Sud è soltanto il tentativo di trasformismo operato da sempre, da falsi meridionalisti.
Il Trasformismo non ci interessa, nè ci interessano alleanze con i partiti che hanno determinato la morte economica del Sud.
Il partito del Sud, e ha ragione Donnici, esiste già e amministra Gaeta, in pr di Latina, il cui assessore al demanio è il sottoscritto.Abbiamo rappresentanti in quasi tutte le regioni d'Italia e stiamo crescendo sul territorio. Abbiamo inaugurato sei mesi fa a Catania il primo comprasud della penisola e a presto ne nasceranno altri, circa 50 in due anni, queste sono le previsioni.
Non cerchiamo alleanze con i partiti del Nord( quasi tutti, da destra a sinistra), ci presenteremo da soli alle elezioni, per noi, destra e sinistra, sono solo indicazioni stradali, se ne devono andare dal Sud, diventata ormai colonia economica del Nord.

Cap: Antonio Ciano

Segretario nazionale del Partito del Sud
.

mercoledì 28 ottobre 2009

Gaeta intitolerà una strada a Peppino Impastato




Di Antonio Ciano

Bergamo ha negato l'intitolazione di una strada a Peppino Impastato, gliela dedicherà Gaeta, parola di Antonio Ciano, assessore al Demanio del comune, del partito del Sud. Il nostro partito ha manifestato anche a Ponteranica, comune del Nord, che ha cancellato il nome del patriota Impastato, con bandiere e striscioni contro la decisione leghista e razzista nei confronti di un giovane morto per aver combattuo la mafia con la sua Radio AUT.
Il ministro leghista Maroni vien fatto passare dai Media come colui il quale sta combattendo la camorra, ma quando il consiglio dei ministri doveva sciogliere l'amministrazione di Fondi e non l'ha fatto, se n'è guardato bene dal dimettersi. Per coerenza doveva farlo.
Fondi non merita di essere denigrata per colpa di amministratori poco sensibili allo stato comatoso in cui hanno gettato la loro città e soprattutto a preservare il buon nome di un comune tra i più operosi d'Italia.


Bergamo è una città amministrata da una giunta di centro destra, dove la Lega la fa da padrona e bisogna reagire- dice Ciano,assesore del partito del Sud-Noi abbiamo strade intitolate, speriamo ancora per poco, a criminali del nord che hanno desertificato il Sud, abbiamo strade intitolate a schiavisti del nord, ad avventurieri e ladri fatti passare dal risorgimento piemontese per padri della patria. Marrazzo si è dimostrato un ottimo amministratore, si è dimesso per le note vicende che hanno toccato la sua vita privata; Berlusconi non si dimette nemmeno di fronte ad una sentenza che lo vede corruttore per la vicenda Mills.

Cavour, massone e monarchico, traditore della Patria per aver svenduto la Contea di Nizza e la Savoia alla Francia, a detta del suo agente segreto Curletti, anche pedofilo per aver profanato nella sua villa di Moncalieri, madamigella G, ed altre, tutte minorenni, ha strade e piazze intitolate nel Sud, bisogna cancellarle.
Il nome del Conte di Cavour, responsabile massimo del genocidio avvenuto nel sud, nel 1860, con oltre un milione di morti,responsabile dell'assedio di Gaeta, massacrata e rasa al suolo da 160 mila bombe, deve essere cancellato per sempre. Viviamo in repubblica, in Francia non si celebrano i fasti della monarchia precedente, ma quelli della rivoluzione francese. Il 14 luglio di ogni anno si festeggia la repubblica per le strade di Parigi, vi concorrono tutte le regioni.

In Italia, vorrebbero farci festeggiare coloro i quali hanno compiuto massacri ed eccidi, coloro i quali hanno causato la morte di milioni di italiani, di greci, di russi, di francesi,di serbi, di abissini, di eritrei, di americani, inglesi. La sola seconda guerra mondiale è costata 50 milioni di morti in Europa,e abbiamo ancora strade intitolate ai Savoia che firmarono atti di guerra e leggi razziali.

Non appena la commissione per la toponomastica si riunirà, daremo lustro a Peppino Impastato e ai nostri eroi che combatterono per la libertà del Sud, ad Antonio Canepa, a Finocchiaro Aprile, agli eroi fatti passare per briganti da coloro che si macchiarono di infamie e codardìe.

Preghiamo la Procura della Repubblica di Palermo di far luce sul "Papiello" di Totò Riina, è un falso, lo ha detto a TMO Gaeta l'on Violante, perchè hanno infangato anche il nome del partito del Sud, come se fosse emanazione della mafia.
Nel 1992 non esisteva nè il Partito del Sud nè l'art. 41 bis che volevano abolire.

Questi signori devono sapere che il partito del Sud è nato a Gaeta e che sarà la morte dei partiti che in passato hanno determinato la morte del Sud ,da sempre alleati con la mafia. Garibaldi entrò in Sicilia e a Napoli con l'appoggio dei mafiosi e camorristi, e la maggior parte dei garibaldini erano della provincia di Bergamo.


Partito del Sud-Gaeta

Leggi tutto »




Di Antonio Ciano

Bergamo ha negato l'intitolazione di una strada a Peppino Impastato, gliela dedicherà Gaeta, parola di Antonio Ciano, assessore al Demanio del comune, del partito del Sud. Il nostro partito ha manifestato anche a Ponteranica, comune del Nord, che ha cancellato il nome del patriota Impastato, con bandiere e striscioni contro la decisione leghista e razzista nei confronti di un giovane morto per aver combattuo la mafia con la sua Radio AUT.
Il ministro leghista Maroni vien fatto passare dai Media come colui il quale sta combattendo la camorra, ma quando il consiglio dei ministri doveva sciogliere l'amministrazione di Fondi e non l'ha fatto, se n'è guardato bene dal dimettersi. Per coerenza doveva farlo.
Fondi non merita di essere denigrata per colpa di amministratori poco sensibili allo stato comatoso in cui hanno gettato la loro città e soprattutto a preservare il buon nome di un comune tra i più operosi d'Italia.


Bergamo è una città amministrata da una giunta di centro destra, dove la Lega la fa da padrona e bisogna reagire- dice Ciano,assesore del partito del Sud-Noi abbiamo strade intitolate, speriamo ancora per poco, a criminali del nord che hanno desertificato il Sud, abbiamo strade intitolate a schiavisti del nord, ad avventurieri e ladri fatti passare dal risorgimento piemontese per padri della patria. Marrazzo si è dimostrato un ottimo amministratore, si è dimesso per le note vicende che hanno toccato la sua vita privata; Berlusconi non si dimette nemmeno di fronte ad una sentenza che lo vede corruttore per la vicenda Mills.

Cavour, massone e monarchico, traditore della Patria per aver svenduto la Contea di Nizza e la Savoia alla Francia, a detta del suo agente segreto Curletti, anche pedofilo per aver profanato nella sua villa di Moncalieri, madamigella G, ed altre, tutte minorenni, ha strade e piazze intitolate nel Sud, bisogna cancellarle.
Il nome del Conte di Cavour, responsabile massimo del genocidio avvenuto nel sud, nel 1860, con oltre un milione di morti,responsabile dell'assedio di Gaeta, massacrata e rasa al suolo da 160 mila bombe, deve essere cancellato per sempre. Viviamo in repubblica, in Francia non si celebrano i fasti della monarchia precedente, ma quelli della rivoluzione francese. Il 14 luglio di ogni anno si festeggia la repubblica per le strade di Parigi, vi concorrono tutte le regioni.

In Italia, vorrebbero farci festeggiare coloro i quali hanno compiuto massacri ed eccidi, coloro i quali hanno causato la morte di milioni di italiani, di greci, di russi, di francesi,di serbi, di abissini, di eritrei, di americani, inglesi. La sola seconda guerra mondiale è costata 50 milioni di morti in Europa,e abbiamo ancora strade intitolate ai Savoia che firmarono atti di guerra e leggi razziali.

Non appena la commissione per la toponomastica si riunirà, daremo lustro a Peppino Impastato e ai nostri eroi che combatterono per la libertà del Sud, ad Antonio Canepa, a Finocchiaro Aprile, agli eroi fatti passare per briganti da coloro che si macchiarono di infamie e codardìe.

Preghiamo la Procura della Repubblica di Palermo di far luce sul "Papiello" di Totò Riina, è un falso, lo ha detto a TMO Gaeta l'on Violante, perchè hanno infangato anche il nome del partito del Sud, come se fosse emanazione della mafia.
Nel 1992 non esisteva nè il Partito del Sud nè l'art. 41 bis che volevano abolire.

Questi signori devono sapere che il partito del Sud è nato a Gaeta e che sarà la morte dei partiti che in passato hanno determinato la morte del Sud ,da sempre alleati con la mafia. Garibaldi entrò in Sicilia e a Napoli con l'appoggio dei mafiosi e camorristi, e la maggior parte dei garibaldini erano della provincia di Bergamo.


Partito del Sud-Gaeta

Il 28 ottobre di 168 anni fa nasceva Michelina De Cesare: Partigiana Duosiciliana.

Leggi tutto »

«Vogliamo un Risorgimento più vero e meno retorico»


Pubblichiamo l’appello lanciato da un gruppo di storici a proposito degli studi sul Risorgimento italiano. Il titolo del documento è «Più verità e meno retorica sul Risorgimento».

Il centocinquantesimo dell’unità rischia di ridursi a una sbrodolata di retorica, a un’altra occasione per ribadire luoghi comuni ma anche omissioni e menzogne storiche. Rischia di essere una parata di cerimonie ufficiali, frequentate da azzimati spettatori paganti e da scolaresche cooptate; un diluvio di discorsi politicamente corretti; la ripetizione di patriottici mantra.
Noi vorremmo invece che la ricorrenza possa essere occasione per una analisi serena degli avvenimenti storici, per affrontare silenzi, reticenze e veri e propri occultamenti di prove e di cadaveri.
I tempi sono maturi per farlo. Un secolo e mezzo di tempo dovrebbe aver sopito anche le passioni più accese, sicuramente quelle in buona fede. Vorremmo che si facesse finalmente anche da noi quello che - ad esempio - in America si è cominciato a fare appena qualche anno dopo la fine dalla loro guerra civile: esaminare gli avvenimenti e i ruoli con obiettività e onestà.
Purtroppo invece le interpretazioni, le giustificazioni, le verità «ufficiali» continuano a viziare la versione corrente della nostra storia.
Noi chiediamo che le risorse impegnate in inutili e vacue cerimonie, in comitati paludati, vengano devolute in iniziative di chiarezza, di confronto, di divulgazione di verità non più coperte dalla «ragion di Stato».
Noi chiediamo che sia fatta giustizia sui vincitori e sui vinti, e su tutti quelli che sono stati presi in mezzo.

Francesco Mario Agnoli
Franco Bampi
Ettore Beggiato
Romano Bracalini
Elena Bianchini Braglia
Lorenzo Del Boca
Gigi Di Fiore
Paolo Gulisano
Adolfo Morganti
Gilberto Oneto

Fonte:
Il Giornale del 27/10/2009
.
Leggi tutto »

Pubblichiamo l’appello lanciato da un gruppo di storici a proposito degli studi sul Risorgimento italiano. Il titolo del documento è «Più verità e meno retorica sul Risorgimento».

Il centocinquantesimo dell’unità rischia di ridursi a una sbrodolata di retorica, a un’altra occasione per ribadire luoghi comuni ma anche omissioni e menzogne storiche. Rischia di essere una parata di cerimonie ufficiali, frequentate da azzimati spettatori paganti e da scolaresche cooptate; un diluvio di discorsi politicamente corretti; la ripetizione di patriottici mantra.
Noi vorremmo invece che la ricorrenza possa essere occasione per una analisi serena degli avvenimenti storici, per affrontare silenzi, reticenze e veri e propri occultamenti di prove e di cadaveri.
I tempi sono maturi per farlo. Un secolo e mezzo di tempo dovrebbe aver sopito anche le passioni più accese, sicuramente quelle in buona fede. Vorremmo che si facesse finalmente anche da noi quello che - ad esempio - in America si è cominciato a fare appena qualche anno dopo la fine dalla loro guerra civile: esaminare gli avvenimenti e i ruoli con obiettività e onestà.
Purtroppo invece le interpretazioni, le giustificazioni, le verità «ufficiali» continuano a viziare la versione corrente della nostra storia.
Noi chiediamo che le risorse impegnate in inutili e vacue cerimonie, in comitati paludati, vengano devolute in iniziative di chiarezza, di confronto, di divulgazione di verità non più coperte dalla «ragion di Stato».
Noi chiediamo che sia fatta giustizia sui vincitori e sui vinti, e su tutti quelli che sono stati presi in mezzo.

Francesco Mario Agnoli
Franco Bampi
Ettore Beggiato
Romano Bracalini
Elena Bianchini Braglia
Lorenzo Del Boca
Gigi Di Fiore
Paolo Gulisano
Adolfo Morganti
Gilberto Oneto

Fonte:
Il Giornale del 27/10/2009
.

Tutti gli inganni dell' otto settembre



Di Stefano Folli

C' e' una data, l' 8 settembre 1943, che pesa ancora sulla storia d' Italia come un macigno insostenibile. E, per la Repubblica che consuma la sua malinconica crisi, quel giorno lontano di cinquant' anni fa, vale come un peccato originale dai contorni oscuri e inquietanti. Certo, il tempo e' passato e sull' 8 settembre si e' scritto molto. La polvere degli anni e' calata sulle passioni e sulle lacerazioni. I protagonisti di allora sono quasi tutti morti (tranne uno: il generale Marchesi, che fu aiutante di Ambrosio e visse tutte le fasi dell' armistizio, compreso il famoso Consiglio della Corona convocato dal Re il giorno fatidico, mentre gia' Radio Londra diffondeva nel mondo la notizia della firma). Ma se gli aspetti militari della disfatta sono stati in buona misura chiariti, cio' non significa che nuovi documenti non siano utili per gettare luce su qualche aspetto ancora in ombra della nostra tragedia nazionale. E' il caso del prezioso lavoro svolto da Elena Aga Rossi, una storica di grande rigore che ha appena pubblicato per l' Ufficio centrale per i Beni Archivistici una raccolta intitolata "L' inganno reciproco, cambiano i fatti e le interpretazioni". Il numero di Panorama ora in edicola da' ampio risalto, in un articolo di Giorgio Fabre, ai documenti trovati dalla ricercatrice.
In particolare risulta non rispondente a verita' che Pietro Badoglio, il successore di Mussolini dopo il 25 luglio, ignorasse prima dell' 8 settembre che gli alleati si preparavano a sbarcare nei pressi di Salerno. Il vecchio maresciallo aveva in seguito sempre negato di sapere dell' operazione alleata, ipotizzando piuttosto uno sbarco a nord di Roma. Di conseguenza, era la tesi di Badoglio, la difesa di Roma risultava impossibile, in mancanza di informazioni certe sulle mosse alleate. Ora il materiale raccolto da Elena Aga Rossi (un resoconto del ministro della Marina De Courten e un promemoria scritto dal comando supremo italiano per il generale Castellano) dimostrano che della decisione alleata di sbarcare a Salerno erano a conoscenza in molti, e certo anche Badoglio.
Del resto non e' la prima volta che il collasso dell' 8 settembre ' 43 e' associato a storie di intrighi e menzogne. Una vicenda in cui gli italiani, in preda al panico, cercano di ingannare tutti, tedeschi e americani. E in cui questi ultimi, insieme agli inglesi, fanno anche loro un po' di doppio gioco, in quanto non si fidano per nulla del nuovo alleato. Ragion per cui "sequestrano" uno degli emissari di Roma, il generale Zanussi, che era venuto a conoscenza delle clausole vere, e draconiane, dell' armistizio che Castellano nelle stesse ore firmava a Cassibile. Riflesso di un contrasto interno al fronte alleato fra il comando inglese e quello americano, quest' ultimo assai piu' scettico circa l' affidabilita' italiana. I documenti anticipati da Panorama adombrano, a questo proposito, anche l' ipotesi che la stessa fuga da Roma di Vittorio Emanuele, del principe ereditario, di Badoglio e dei capi di stato maggiore sia avvenuta con il consenso dei tedeschi, in particolare del generale Kesserling.
Non e' un sospetto del tutto nuovo, per la verita' : gia' in passato e' stato avanzato, senza prove convincenti, per spiegare le ragioni della mancata difesa di Roma. In sostanza si sarebbe trattato di un baratto fra italiani e tedeschi. E' certo eccessivo sostenere che la storia dell' 8 settembre debba essere riscritta alla luce di questo materiale. Anche se di sicuro esso aiuta a capire meglio il senso tragico di quelle giornate. Quella catastrofe "non ha analogie con altre vicende europee", come ha ricordato Renzo De Felice in un' intervista al Corriere del 10 agosto che ha innescato il dibattito. La tesi di De Felice e' che "nel settembre del ' 43 e' la stessa nazione che sprofonda nella voragine e non si risolleva piu' ". Qui e' il vizio d' origine che poi la Repubblica non ha sanato, anche perche' la guerra civile ' 43 45 ha coinvolto solo le minoranze, il grosso della popolazione ne e' rimasto estraneo. Poi, nel dopoguerra, il paese non ha piu' ritrovato una reale identita' nazionale, si e' diviso in varie famiglie politiche oppure si e' racchiuso dentro le "piccole patrie" locali. Qui e' il nocciolo della "questione italiana". Ed e' questo che rende il cinquantenario dell' 8 settembre una data da ricordare soprattutto per i suoi risvolti politici. Certe analisi, che non erano possibili trenta o anche solo dieci anni fa, sono possibili oggi.
A questa riflessione lo stesso De Felice ha dedicato anche le pagine della prefazione scritta per il libro di Aga Rossi, pagine riprese da Panorama. "Se l' Italia rischia . scrive l' autorevole storico ., come suona il titolo di un recentissimo libro sulla sua crisi attuale, di cessare di essere una nazione, la causa prima, ma ancora operante, di cio' va ricercata nella condizione morale evidenziata dall' 8 settembre e nel rifiuto della classe dirigente postfascista di riconoscerlo e, peggio, nel tentativo di parte di essa di spiegarla "storicamente" con argomentazioni di un elitismo che, rifiutando di fare seriamente i conti col vissuto collettivo, ha in qualche caso sfiorato i confini di una sorta di razzismo moralistico". In cosa consiste l' esame di coscienza che De Felice reclama, sull' esempio di quello avviato in Francia da Marc Bloch dopo il crollo del giugno ' 40? Lo ha gia' spiegato lui stesso proprio nella conversazione col Corriere: si tratta di riconoscere che la Resistenza si e' rivelata troppo fragile come evento "fondante" della Repubblica, proprio perche' ha interessato una porzione esigua della popolazione.
Si tratta anche di ammettere che le classi dirigenti post belliche non hanno saputo incarnare un ideale liberal nazionale di tipo risorgimentale. Scomparsi, per la loro intrinseca debolezza, gli azionisti, sconfitti in buona misura i laici, l' Italia si divide fra democristiani, comunisti, socialisti. "E la Dc vince perche' e' il partito che nel suo complesso ha avuto meno a che fare con la Resistenza o con la R.S.I.". Il successo della Lega, in un' Italia che si e' rivelata una nazione debole e malata, era forse scritto nel codice genetico dello Stato repubblicano. Ne' la classe politica, salvo eccezioni, ha saputo o voluto porre rimedio alle lacune quando era in tempo. Ora l' anniversario dell' 8 settembre e' l' occasione per ritrovare il filo di una riflessione meno ovvia e scontata. Renzo De Felice ha gettato il suo sasso nello stagno. Altri studiosi sul suo esempio si sforzano di rileggere la storia del cinquantennio. Fra loro Gian Enrico Rusconi, che ha posto con lucidita' in un recente saggio per il Mulino l' interrogativo cruciale: se cessiamo di essere una nazione... Che forse puo' essere rovesciato cosi' : se abbiamo gia' cessato da tempo di esserlo abbiamo qualche possibilita' di diventarlo? Solo in questo caso il grande trauma nazionale dell' 8 settembre sarebbe superato e con esso le terribili contraddizioni che hanno segnato la storia italiana dall' Unita' in poi.


Leggi tutto »


Di Stefano Folli

C' e' una data, l' 8 settembre 1943, che pesa ancora sulla storia d' Italia come un macigno insostenibile. E, per la Repubblica che consuma la sua malinconica crisi, quel giorno lontano di cinquant' anni fa, vale come un peccato originale dai contorni oscuri e inquietanti. Certo, il tempo e' passato e sull' 8 settembre si e' scritto molto. La polvere degli anni e' calata sulle passioni e sulle lacerazioni. I protagonisti di allora sono quasi tutti morti (tranne uno: il generale Marchesi, che fu aiutante di Ambrosio e visse tutte le fasi dell' armistizio, compreso il famoso Consiglio della Corona convocato dal Re il giorno fatidico, mentre gia' Radio Londra diffondeva nel mondo la notizia della firma). Ma se gli aspetti militari della disfatta sono stati in buona misura chiariti, cio' non significa che nuovi documenti non siano utili per gettare luce su qualche aspetto ancora in ombra della nostra tragedia nazionale. E' il caso del prezioso lavoro svolto da Elena Aga Rossi, una storica di grande rigore che ha appena pubblicato per l' Ufficio centrale per i Beni Archivistici una raccolta intitolata "L' inganno reciproco, cambiano i fatti e le interpretazioni". Il numero di Panorama ora in edicola da' ampio risalto, in un articolo di Giorgio Fabre, ai documenti trovati dalla ricercatrice.
In particolare risulta non rispondente a verita' che Pietro Badoglio, il successore di Mussolini dopo il 25 luglio, ignorasse prima dell' 8 settembre che gli alleati si preparavano a sbarcare nei pressi di Salerno. Il vecchio maresciallo aveva in seguito sempre negato di sapere dell' operazione alleata, ipotizzando piuttosto uno sbarco a nord di Roma. Di conseguenza, era la tesi di Badoglio, la difesa di Roma risultava impossibile, in mancanza di informazioni certe sulle mosse alleate. Ora il materiale raccolto da Elena Aga Rossi (un resoconto del ministro della Marina De Courten e un promemoria scritto dal comando supremo italiano per il generale Castellano) dimostrano che della decisione alleata di sbarcare a Salerno erano a conoscenza in molti, e certo anche Badoglio.
Del resto non e' la prima volta che il collasso dell' 8 settembre ' 43 e' associato a storie di intrighi e menzogne. Una vicenda in cui gli italiani, in preda al panico, cercano di ingannare tutti, tedeschi e americani. E in cui questi ultimi, insieme agli inglesi, fanno anche loro un po' di doppio gioco, in quanto non si fidano per nulla del nuovo alleato. Ragion per cui "sequestrano" uno degli emissari di Roma, il generale Zanussi, che era venuto a conoscenza delle clausole vere, e draconiane, dell' armistizio che Castellano nelle stesse ore firmava a Cassibile. Riflesso di un contrasto interno al fronte alleato fra il comando inglese e quello americano, quest' ultimo assai piu' scettico circa l' affidabilita' italiana. I documenti anticipati da Panorama adombrano, a questo proposito, anche l' ipotesi che la stessa fuga da Roma di Vittorio Emanuele, del principe ereditario, di Badoglio e dei capi di stato maggiore sia avvenuta con il consenso dei tedeschi, in particolare del generale Kesserling.
Non e' un sospetto del tutto nuovo, per la verita' : gia' in passato e' stato avanzato, senza prove convincenti, per spiegare le ragioni della mancata difesa di Roma. In sostanza si sarebbe trattato di un baratto fra italiani e tedeschi. E' certo eccessivo sostenere che la storia dell' 8 settembre debba essere riscritta alla luce di questo materiale. Anche se di sicuro esso aiuta a capire meglio il senso tragico di quelle giornate. Quella catastrofe "non ha analogie con altre vicende europee", come ha ricordato Renzo De Felice in un' intervista al Corriere del 10 agosto che ha innescato il dibattito. La tesi di De Felice e' che "nel settembre del ' 43 e' la stessa nazione che sprofonda nella voragine e non si risolleva piu' ". Qui e' il vizio d' origine che poi la Repubblica non ha sanato, anche perche' la guerra civile ' 43 45 ha coinvolto solo le minoranze, il grosso della popolazione ne e' rimasto estraneo. Poi, nel dopoguerra, il paese non ha piu' ritrovato una reale identita' nazionale, si e' diviso in varie famiglie politiche oppure si e' racchiuso dentro le "piccole patrie" locali. Qui e' il nocciolo della "questione italiana". Ed e' questo che rende il cinquantenario dell' 8 settembre una data da ricordare soprattutto per i suoi risvolti politici. Certe analisi, che non erano possibili trenta o anche solo dieci anni fa, sono possibili oggi.
A questa riflessione lo stesso De Felice ha dedicato anche le pagine della prefazione scritta per il libro di Aga Rossi, pagine riprese da Panorama. "Se l' Italia rischia . scrive l' autorevole storico ., come suona il titolo di un recentissimo libro sulla sua crisi attuale, di cessare di essere una nazione, la causa prima, ma ancora operante, di cio' va ricercata nella condizione morale evidenziata dall' 8 settembre e nel rifiuto della classe dirigente postfascista di riconoscerlo e, peggio, nel tentativo di parte di essa di spiegarla "storicamente" con argomentazioni di un elitismo che, rifiutando di fare seriamente i conti col vissuto collettivo, ha in qualche caso sfiorato i confini di una sorta di razzismo moralistico". In cosa consiste l' esame di coscienza che De Felice reclama, sull' esempio di quello avviato in Francia da Marc Bloch dopo il crollo del giugno ' 40? Lo ha gia' spiegato lui stesso proprio nella conversazione col Corriere: si tratta di riconoscere che la Resistenza si e' rivelata troppo fragile come evento "fondante" della Repubblica, proprio perche' ha interessato una porzione esigua della popolazione.
Si tratta anche di ammettere che le classi dirigenti post belliche non hanno saputo incarnare un ideale liberal nazionale di tipo risorgimentale. Scomparsi, per la loro intrinseca debolezza, gli azionisti, sconfitti in buona misura i laici, l' Italia si divide fra democristiani, comunisti, socialisti. "E la Dc vince perche' e' il partito che nel suo complesso ha avuto meno a che fare con la Resistenza o con la R.S.I.". Il successo della Lega, in un' Italia che si e' rivelata una nazione debole e malata, era forse scritto nel codice genetico dello Stato repubblicano. Ne' la classe politica, salvo eccezioni, ha saputo o voluto porre rimedio alle lacune quando era in tempo. Ora l' anniversario dell' 8 settembre e' l' occasione per ritrovare il filo di una riflessione meno ovvia e scontata. Renzo De Felice ha gettato il suo sasso nello stagno. Altri studiosi sul suo esempio si sforzano di rileggere la storia del cinquantennio. Fra loro Gian Enrico Rusconi, che ha posto con lucidita' in un recente saggio per il Mulino l' interrogativo cruciale: se cessiamo di essere una nazione... Che forse puo' essere rovesciato cosi' : se abbiamo gia' cessato da tempo di esserlo abbiamo qualche possibilita' di diventarlo? Solo in questo caso il grande trauma nazionale dell' 8 settembre sarebbe superato e con esso le terribili contraddizioni che hanno segnato la storia italiana dall' Unita' in poi.


Cosa implica realizzare il ponte sullo Stretto di Messina?

Leggi tutto »

Spegni Raiset accendi la Web TV: Programmazione Web Tv del Partito del Sud


In onda a rotazione sulla Web Tv del Partito del Sud:


CONVEGNO NAZIONALE DEL PARTITO DEL SUD - GAETA 17/18 OTTOBRE 2009 durata 02:03:60

Ricordiamo che la Web Tv è visibile su tutti i blog facenti parte del Network del PdSUD e sul sito Nazionale del PdSUD.
Leggi tutto »

In onda a rotazione sulla Web Tv del Partito del Sud:


CONVEGNO NAZIONALE DEL PARTITO DEL SUD - GAETA 17/18 OTTOBRE 2009 durata 02:03:60

Ricordiamo che la Web Tv è visibile su tutti i blog facenti parte del Network del PdSUD e sul sito Nazionale del PdSUD.

Corteo Amantea contro le navi dei veleni

Leggi tutto »

martedì 27 ottobre 2009

Cosa Nostra: rifiuti radioattivi, scorie chimiche e morti ammazzati






Di Rino Giacalone - 26 ottobre 2009


Quando andò a sedere per la prima volta davanti ai pm e carabinieri che lo interrogavano, Pietro Scavuzzo, fino ad allora quasi sconosciuto "picciotto" della mafia trapanese, cominciò per giorni e giorni a raccontare della mafia della Sicilia Occidentale, fece i nomi di uomini e indicò affari.
Erano i primi anni ’90, Scavuzzo fece il nome del nuovo «padrino» di Trapani, l'«erede» di Totò Minore, quel Vincenzo Virga che nel marzo del 1994 riuscì a sfuggire via al blitz dei carabinieri, nelle carte giudiziarie si racconta grazie alla soffiata, si dice passata da un «giornalista». Vincenzo Virga era un pensionato, l'Inps gli erogava poco meno di 1 milione e mezzo al mese, quando gli fu setacciato il patrimonio lo trovarono ricco possidente, un portafoglio di 7 miliardi di vecchie lire. Soldi fatti con le imprese e gli appalti. Le confessioni di Scavuzzo condussero all’operazione «Petrov» e poi al processo. Descrisse l’organizzazione, accennò alle affiliazioni «riservate», raccontò degli interessi della mafia, come l’investimento ultramiliardario, mille miliardi, che i boss palermitani assieme a quelli di Mazara volevano fare sull’isola di Manuel, a Malta, e per il quale avevano addirittura raggiunto contatti politici importanti. Ma Scavuzzo parlò anche di altro, di traffico di reflui radioattivi e chimici. Anni dopo un «faccendiere» a disposizione dei servizi segreti, Francesco Elmo, disse le stesse cose. Indicò la zona di Trapani dove quei carichi erano finiti, tra Mazara e Marsala, in cave in disuso. Verbali che non ebbero tanta fortuna, finiti archiviati, perchè Elmo al momento dei sopralluoghi non ruscì ad essere preciso, ma adesso con le indagini che hanno preso vigore in Calabria a proposito delle navi «imbottite» di rifiuti tossici e fatte apposta fondare nei nostri mari, non è detto che delle vicende trapanesi non se ne debba sentire parlare nuovamente. Tra Scavuzzo ed Elmo i contatti non sono stati solo limitati alla circostanza che i hanno raccontato stesse vicende, ma i due alla magistratura trapanese hanno fatto uno stesso nome, di un soggetto rimasto non identificato, un certo Pietro Di Falco, referente secondo loro di questi traffici.

Lo scenario. Pezzi dello Stato avrebbero trafficato con la mafia e organizzazioni criminali per smaltire illecitamente rifiuti tossici, in cambio di far transitare per gli stessi circuiti armi e droga. Elmo avrebbe indicato le cave del trapanese dove questi rifiuti sono finiti, ma i successivi sopralluoghi non diedero risultati circa la presenza di radioattività. Da allora è trascorso un decennio, oggi esistono attrezzature più sofisticate, forse un nuovo «passaggio» potrebbe essere utile, perchè se le zone, come si dice sono quelle dell’entroterra, dove c’erano una volta cave di tufo, si tratta di quelle stesse zone dove negli anni è stata denunciata una certa mortalità dovuta a tumori.
Traffico di scorie chimiche e radioattive che si sarebbe svolto tra la metà degli anni ’80 sino al 1991/93, scorie chimiche che arrivavano trasportati da camion che ufficialmente portavano oli esausti, mentre quelle radioattive venivano trasportate su navi di diversa nazionalità. Una sarebbe stata la «Dures» che riuscì a scaricare al largo di Trapani i rifiuti radioattivi, l’altra sarebbe stata la «River», fatta affondare.

Non è solo l’indagine calabrese che potrebbe fornire nuovi spunti per indagare su queste misteriose vicende trapanesi, ma c’è anche quella (che si incrocia anche con la Calabria) del delitto di Ilaria Alpi, la giornalista Rai ammazzata in Somalia nel 1994. Lei si sarebbe imbattuta in quel traffico di armi e scorie, dall’Italia alla Somalia, via mare e via cielo, del quale ai magistrati trapanesi avrebbe parlato anche Elmo, le armi finivano alle fazioni somale ma anche in Eritrea, Yemen del Sud, Sudan, ai guerriglieri palestinesi. Il traffico di armi avveniva anche con piccoli aerei. Un aeroporto a pochi chilometri da Trapani, quello di Kinisia, sarebbe stato usato per strani atterraggi. Ma questo ce lo racconta un’altra vicenda, quella che fa da sfondo ad un altro delitto, con tanto di firma mafiosa accertata, e che porta al boss Virga, l’omicidio di Mauro Rostagno. È la storia di una cassetta con delle immagini girate da Rostagno mai trovata. E come giocare con delle scatole cinesi, dentro ognuna si trova un morto ammazzato.


Fonte:
Antimafia Duemila
Leggi tutto »





Di Rino Giacalone - 26 ottobre 2009


Quando andò a sedere per la prima volta davanti ai pm e carabinieri che lo interrogavano, Pietro Scavuzzo, fino ad allora quasi sconosciuto "picciotto" della mafia trapanese, cominciò per giorni e giorni a raccontare della mafia della Sicilia Occidentale, fece i nomi di uomini e indicò affari.
Erano i primi anni ’90, Scavuzzo fece il nome del nuovo «padrino» di Trapani, l'«erede» di Totò Minore, quel Vincenzo Virga che nel marzo del 1994 riuscì a sfuggire via al blitz dei carabinieri, nelle carte giudiziarie si racconta grazie alla soffiata, si dice passata da un «giornalista». Vincenzo Virga era un pensionato, l'Inps gli erogava poco meno di 1 milione e mezzo al mese, quando gli fu setacciato il patrimonio lo trovarono ricco possidente, un portafoglio di 7 miliardi di vecchie lire. Soldi fatti con le imprese e gli appalti. Le confessioni di Scavuzzo condussero all’operazione «Petrov» e poi al processo. Descrisse l’organizzazione, accennò alle affiliazioni «riservate», raccontò degli interessi della mafia, come l’investimento ultramiliardario, mille miliardi, che i boss palermitani assieme a quelli di Mazara volevano fare sull’isola di Manuel, a Malta, e per il quale avevano addirittura raggiunto contatti politici importanti. Ma Scavuzzo parlò anche di altro, di traffico di reflui radioattivi e chimici. Anni dopo un «faccendiere» a disposizione dei servizi segreti, Francesco Elmo, disse le stesse cose. Indicò la zona di Trapani dove quei carichi erano finiti, tra Mazara e Marsala, in cave in disuso. Verbali che non ebbero tanta fortuna, finiti archiviati, perchè Elmo al momento dei sopralluoghi non ruscì ad essere preciso, ma adesso con le indagini che hanno preso vigore in Calabria a proposito delle navi «imbottite» di rifiuti tossici e fatte apposta fondare nei nostri mari, non è detto che delle vicende trapanesi non se ne debba sentire parlare nuovamente. Tra Scavuzzo ed Elmo i contatti non sono stati solo limitati alla circostanza che i hanno raccontato stesse vicende, ma i due alla magistratura trapanese hanno fatto uno stesso nome, di un soggetto rimasto non identificato, un certo Pietro Di Falco, referente secondo loro di questi traffici.

Lo scenario. Pezzi dello Stato avrebbero trafficato con la mafia e organizzazioni criminali per smaltire illecitamente rifiuti tossici, in cambio di far transitare per gli stessi circuiti armi e droga. Elmo avrebbe indicato le cave del trapanese dove questi rifiuti sono finiti, ma i successivi sopralluoghi non diedero risultati circa la presenza di radioattività. Da allora è trascorso un decennio, oggi esistono attrezzature più sofisticate, forse un nuovo «passaggio» potrebbe essere utile, perchè se le zone, come si dice sono quelle dell’entroterra, dove c’erano una volta cave di tufo, si tratta di quelle stesse zone dove negli anni è stata denunciata una certa mortalità dovuta a tumori.
Traffico di scorie chimiche e radioattive che si sarebbe svolto tra la metà degli anni ’80 sino al 1991/93, scorie chimiche che arrivavano trasportati da camion che ufficialmente portavano oli esausti, mentre quelle radioattive venivano trasportate su navi di diversa nazionalità. Una sarebbe stata la «Dures» che riuscì a scaricare al largo di Trapani i rifiuti radioattivi, l’altra sarebbe stata la «River», fatta affondare.

Non è solo l’indagine calabrese che potrebbe fornire nuovi spunti per indagare su queste misteriose vicende trapanesi, ma c’è anche quella (che si incrocia anche con la Calabria) del delitto di Ilaria Alpi, la giornalista Rai ammazzata in Somalia nel 1994. Lei si sarebbe imbattuta in quel traffico di armi e scorie, dall’Italia alla Somalia, via mare e via cielo, del quale ai magistrati trapanesi avrebbe parlato anche Elmo, le armi finivano alle fazioni somale ma anche in Eritrea, Yemen del Sud, Sudan, ai guerriglieri palestinesi. Il traffico di armi avveniva anche con piccoli aerei. Un aeroporto a pochi chilometri da Trapani, quello di Kinisia, sarebbe stato usato per strani atterraggi. Ma questo ce lo racconta un’altra vicenda, quella che fa da sfondo ad un altro delitto, con tanto di firma mafiosa accertata, e che porta al boss Virga, l’omicidio di Mauro Rostagno. È la storia di una cassetta con delle immagini girate da Rostagno mai trovata. E come giocare con delle scatole cinesi, dentro ognuna si trova un morto ammazzato.


Fonte:
Antimafia Duemila

UN GRANDE EVENTO: SI INAUGURA L'OSSERVATORIO ASTRONOMICO DI PONTE IN VALTELLINA


UN GRANDE EVENTO
Inaugurazione del nuovo Osservatorio Astronomico "Giuseppe Piazzi", con sede in località San Bernardo a Ponte in Valtellina (SO), nel fine-settimana 23 e 24 Ottobre.

L'OSSERVATORIO
L'Osservatorio Astronomico "G. Piazzi" si trova a quota 1238 m. slm e consta di una cupola Gambato del diametro di 4,5 m ed ospita un telescopio Ritchey-Chretien da 20" (50 cm) su montatura 10micron GM4000, equipaggiato con una camera CCD Finger Lakes ProLine 1001E. Completano l'attrezzatura un rifrattore apocromatico 152mm f/8 , un telescopio guida (rifrattore acromatico 120mm f/8) ed un telescopio solare Coronado SolarMax 60.

PERCHE' E COME
La vastità sconfinata dell'Universo, il fascino delle stelle, la bellezza dei corpi celesti vicini e lontani... tutto questo ha ispirato l'uomo fin da quando ha potuto alzare lo sguardo al cielo, ed ha mosso noi appassionati ad indagarne le meraviglie, con studi ed osservazioni.
La passione comune - dicono i protagonisti, ma noi ricordiamo anche il dr. Vido, Fausto Volontà ed altri (le scuse a quelli che non escono dalle recondite pieghe della memoria!) che iniziarono i primi passi - ci ha fatto riunire e fondare l'Associazione Astrofili Valtellinesi, che non solo ci permette di condividere il nostro interesse tra associati, ma ci consente anche di avvicinare gente meno esperta alla bellezza dell'Universo e degli oggetti stellari grazie alle serate osservative.
La sede è a Ponte in Valtellina, in Piazza Luini 10, di fronte alla statua di Giuseppe Piazzi.

IL SITO
http://www.astrofilivaltellinesi.com/
informazioni@astrofilivaltellinesi.com

In questo sito verrà fornito un primo approccio, con informazioni e spiegazioni sul Sistema Solare, l'Universo ed i suoi "abitanti", che si troverà nella sezione "Il Cielo", nonchè alcuni termini usati in astronomia ("Glossario").
Nella sezione "Storia" è riassunto il percorso cronologico che ha portato l'umanità a conoscere, ed infine raggiungere, la volta celeste e lo spazio, grazie a grandi personaggi come Galileo e Copernico.
Infine, per testare le vostre conoscenze, o verificare quanto avete appreso, potete cimentarvi con i nostri quiz.


Convegno scientifico

ELENA FOLINI
Assessore alla Cultura di Ponte in Valtellina
ALESSANDRO MANARA
Astronomo dell'Osservatorio Astronomico di Brera - Milano
Apertura del convegno e presentazione dei conferenzieri
GIOVANNI PARESCHI
Direttore dell'Osservatorio Astronomico di Brera - Milano
Breve storia dell'osservatorio Astronomico di Brera: dal secolo dei
lumi all'era dell'astronomia in raggi X e gamma
ROMANO SERRA
Ricercatore Università degli Studi di Bologna - Dipartimento di Fisica
Tunguska e gli impatti di oggetti extraterrestri sul nostro pianeta
MARIO CARPINO
Ricercatore astronomo dell'Osservatorio Astronomico di Brera sede di
Milano e programmatore di software per la ricerca astronomica
Determinazione orbitale e calcolo della probabilità di collisione di
un asteroide
Coffee break
PIERO SICOLI e FRANCESCO MANCA
Ricercatori dell'Osservatorio Astronomico di Sormano - Como
La gestione di un osservatorio astronomico per lo svolgimento
di attività con finalità scientifiche e la ricerca e il monitoraggio di
asteroidi potenzialmente pericolosi
LUIGI TEMPRA, già Sindaco di Ponte in Valtellina
LUCA INVERNIZZI, fondatore dell'Associazione Astrofili Valtellinesi
1801 - 2001 Le celebrazioni per il bicentenario della scoperta
di Cerere, quale presupposto per la nascita dell'osservatorio
Astronomico Giuseppe Piazzi
MARCO SCARDIA
Caposervizi generali INAF dell'Osservatorio Astronomico di Brera
Sede operativa di Merate LC, e Vicepresidente di CieloBuio
Coordinamento per la Protezione del Cielo Notturno
L'importanza della scelta del sito astronomico e le problematiche
connesse con l'inquinamento luminoso
STEFANO SANDRELLI
Astrofisico e Responsabile della Didattica e Divulgazione dell'INAF
(Istituto Nazionale di Astrofisica)
L'Anno Internazionale dell'Astronomia
Dibattito
ore 13.00 - Chiusura del convegno

L'INAUGURAZIONE

ore 18.00 - Località San bernardo (metri 1238 s.l.m.)
CERIMONIA UFFICIALE DI INAUGURAZIONE DELL'OSSERVATORIO ASTRONOMICO GIUSEPPE PIAZZI
FRANCO BISCOTTI
Sindaco di Ponte in Valtellina
MASSIMO SERTORI
Presidente della Provincia di Sondrio
MARCO ANTONIO DELL'ACQUA
Presidente della Fondazione Pro Valtellina
TIZIANO MAFFEZZINI
Presidente della Comunità Montana Valtellina di Sondrio

Benedizione dell'osservatorio - DON GIUSEPPE SCHERINI prevosto di Ponte in Valtellina

Taglio del nastro

Esibizione canora del Coro Vetta Junior di Ponte in Valtellina

Visita guidata all'osservatorio a cura della Associazione Astrofili Valtellinesi e della ditta Astrotech (fornitrice della strumentazione)

ore 20.00 - nei locali sottostanti l'osservatorio Cena tipica valtellinese a cura della Associazione Pro San Bernardo

ore 21.00 - 24.00 - osservazione guidata del cielo: Luna, Giove, Cerere, Ammassi stellari aperti
(onde permettere la fruizione della osservazione a tutti i partecipanti all'evento, le immagini riprese dallo strumento verranno proiettate nei locali sottostanti l'Osservatorio)

GLI EVENTI COLLATERALI

ESPOSIZIONE DI LIBRI SULL'ASTRONOMIA

Venerdì 23 - sabato 24 - domenica 25 ottobre ore 9.00 - 12.00 e 14.00 - 18.00. Sale dell'Associazione Amici Anziani in Piazza Bernardino Luini: Sarà possibile visionare alcuni preziosi testi e documenti originali dell'Astronomo Giuseppe Piazzi, di proprietà del Comune di Ponte in Valtellina e una selezione di volumi sull'Astronomia (in collaborazione con le Biblioteche della provincia di Sondrio)

PROIEZIONE DEL FILMATO "KAL"

Venerdì 23 - sabato 24 - domenica 25 ottobre Ore 9.00 - 12.00 e 14.00 - 18.00. Sede del Coro Vetta in Piazza Bernardino Luini
Il filmato presenterà le fasi di lavorazione della scultura dedicata all'Astronomia, realizzata nel 2008 dall'artista Valtellinese Daniele Pigoni e collocata in piazza della Vittoria a Ponte in Valtellina

EMISSIONE DI UNA CARTOLINA POSTALE E ANNULLO FILATELICO
Sabato 24 ottobre - ore 10.00 - 16.00 Sale dell'Associazione Amici Anziani in Piazza Bernardino Luini
(In collaborazione con il Circolo filatelico e numismatico di Sondrio) La cartolina postale verrà inoltre distribuita a tutti gli alunni delle scuole di Ponte in Valtellina

E …L'APERITIVO DI VENERDI'
Il taglio del nastro, previsto per sabato 24 alle ore 18.00, sarà preceduto venerdì 23 alle ore 21.00 dalla conferenza divulgativa "Sotto un Cielo di Note - Astronomia in musica" tenuta dall'astrofisico dr. Elia Cozzi e dalla pianista M.° Paola Rimoldi: una serata dedicata allo stato dell'arte della ricerca astronomica in vari campi, raccontato attraverso splendide immagini accompagnate da musiche che spaziano dal barocco al contemporaneo.
Sabato 24, al mattino, è previsto un convegno scientifico con la partecipazione di nomi importanti del mondo dell'astronomia professionale ed amatoriale.
--------------------------------

(x) Storia di "Giuseppe Piazzi"

Abbiamo ritenuto di scegliere per la biografia del grande scienziato pontasco quella della Scuola Media "Giuseppe Piazzi" di Palermo. Sia perché è là che Piazzi ha avuto modo di operare e diventare un Grande ma anche per ricordare un personaggio non comune quale Re Ferdinando IV di Borbone - altro che disprezzare i Borboni! idiozia totale - cui si deve la realizzazione della specola, scelta di avanguardia allora, ma anche quel capolavoro che è la Filanda di San Leucio, retta da principi elaborati prima della Rivoluzione francese e migliori della trilogia rivoluzionaria oltre che concretamente applicati. Di seguito:

"Nasce nel 1746 a Ponte in Valtellina. Studia a Torino nel 1767, entra nell'ordine dei Teatini, si dedica allo studio ed all'insegnamento della matematica.

Nel 1781 viene chiamato a Palermo come "lettore di matematica" presso l'Accademia de'regi studi" che diverrà successivamente "Università degli studi".

Nel 1787 gli viene affidata la cattedra di matematica e l'incarico di erigere una specola, un osservatorio astronomico.

Dal 1787 al 1789 studia astronomia a Parigi e Londra ed acquista gli strumenti per l'osservatorio.

Nel 1790 rientra a Palermo per seguire i lavori di costruzione della specola sulla torre normanna di San Ninfa del palazzo reale.

Tra gli strumenti collocati nella specola è celebre il cerchio verticale, strumento unico al mondo.

Nel 1791 inizia le osservazioni astronomiche e il 1 gennaio 1801 scopre il primo asteroide (o pianetino) di Giove e lo chiama Cerere Ferdinandea in onore della Sicilia e di Ferdinando IV° di Borbone.

Nello stesso periodo progetta e segue la costruzione della meridiana nella cattedrale di Palermo.

Si dedica alla compilazione di 2 grandi cataloghi delle stelle, pubblicati rispettivamente nel 1803 e nel 1814 per i quali ottiene il premio dell'accademia "des sciences" di Parigi.

Nel 1817 viene nominato direttore generale dei reali osservatori di Palermo e Capodimonte nonché l'incarico di completare l'allestimento dell'osservatorio napoletano.

Nel 1826 muore a Napoli".

www.gazzettadisondrio.it - 20 X 09 - n. 29/2009, anno XII°
.
Leggi tutto »

UN GRANDE EVENTO
Inaugurazione del nuovo Osservatorio Astronomico "Giuseppe Piazzi", con sede in località San Bernardo a Ponte in Valtellina (SO), nel fine-settimana 23 e 24 Ottobre.

L'OSSERVATORIO
L'Osservatorio Astronomico "G. Piazzi" si trova a quota 1238 m. slm e consta di una cupola Gambato del diametro di 4,5 m ed ospita un telescopio Ritchey-Chretien da 20" (50 cm) su montatura 10micron GM4000, equipaggiato con una camera CCD Finger Lakes ProLine 1001E. Completano l'attrezzatura un rifrattore apocromatico 152mm f/8 , un telescopio guida (rifrattore acromatico 120mm f/8) ed un telescopio solare Coronado SolarMax 60.

PERCHE' E COME
La vastità sconfinata dell'Universo, il fascino delle stelle, la bellezza dei corpi celesti vicini e lontani... tutto questo ha ispirato l'uomo fin da quando ha potuto alzare lo sguardo al cielo, ed ha mosso noi appassionati ad indagarne le meraviglie, con studi ed osservazioni.
La passione comune - dicono i protagonisti, ma noi ricordiamo anche il dr. Vido, Fausto Volontà ed altri (le scuse a quelli che non escono dalle recondite pieghe della memoria!) che iniziarono i primi passi - ci ha fatto riunire e fondare l'Associazione Astrofili Valtellinesi, che non solo ci permette di condividere il nostro interesse tra associati, ma ci consente anche di avvicinare gente meno esperta alla bellezza dell'Universo e degli oggetti stellari grazie alle serate osservative.
La sede è a Ponte in Valtellina, in Piazza Luini 10, di fronte alla statua di Giuseppe Piazzi.

IL SITO
http://www.astrofilivaltellinesi.com/
informazioni@astrofilivaltellinesi.com

In questo sito verrà fornito un primo approccio, con informazioni e spiegazioni sul Sistema Solare, l'Universo ed i suoi "abitanti", che si troverà nella sezione "Il Cielo", nonchè alcuni termini usati in astronomia ("Glossario").
Nella sezione "Storia" è riassunto il percorso cronologico che ha portato l'umanità a conoscere, ed infine raggiungere, la volta celeste e lo spazio, grazie a grandi personaggi come Galileo e Copernico.
Infine, per testare le vostre conoscenze, o verificare quanto avete appreso, potete cimentarvi con i nostri quiz.


Convegno scientifico

ELENA FOLINI
Assessore alla Cultura di Ponte in Valtellina
ALESSANDRO MANARA
Astronomo dell'Osservatorio Astronomico di Brera - Milano
Apertura del convegno e presentazione dei conferenzieri
GIOVANNI PARESCHI
Direttore dell'Osservatorio Astronomico di Brera - Milano
Breve storia dell'osservatorio Astronomico di Brera: dal secolo dei
lumi all'era dell'astronomia in raggi X e gamma
ROMANO SERRA
Ricercatore Università degli Studi di Bologna - Dipartimento di Fisica
Tunguska e gli impatti di oggetti extraterrestri sul nostro pianeta
MARIO CARPINO
Ricercatore astronomo dell'Osservatorio Astronomico di Brera sede di
Milano e programmatore di software per la ricerca astronomica
Determinazione orbitale e calcolo della probabilità di collisione di
un asteroide
Coffee break
PIERO SICOLI e FRANCESCO MANCA
Ricercatori dell'Osservatorio Astronomico di Sormano - Como
La gestione di un osservatorio astronomico per lo svolgimento
di attività con finalità scientifiche e la ricerca e il monitoraggio di
asteroidi potenzialmente pericolosi
LUIGI TEMPRA, già Sindaco di Ponte in Valtellina
LUCA INVERNIZZI, fondatore dell'Associazione Astrofili Valtellinesi
1801 - 2001 Le celebrazioni per il bicentenario della scoperta
di Cerere, quale presupposto per la nascita dell'osservatorio
Astronomico Giuseppe Piazzi
MARCO SCARDIA
Caposervizi generali INAF dell'Osservatorio Astronomico di Brera
Sede operativa di Merate LC, e Vicepresidente di CieloBuio
Coordinamento per la Protezione del Cielo Notturno
L'importanza della scelta del sito astronomico e le problematiche
connesse con l'inquinamento luminoso
STEFANO SANDRELLI
Astrofisico e Responsabile della Didattica e Divulgazione dell'INAF
(Istituto Nazionale di Astrofisica)
L'Anno Internazionale dell'Astronomia
Dibattito
ore 13.00 - Chiusura del convegno

L'INAUGURAZIONE

ore 18.00 - Località San bernardo (metri 1238 s.l.m.)
CERIMONIA UFFICIALE DI INAUGURAZIONE DELL'OSSERVATORIO ASTRONOMICO GIUSEPPE PIAZZI
FRANCO BISCOTTI
Sindaco di Ponte in Valtellina
MASSIMO SERTORI
Presidente della Provincia di Sondrio
MARCO ANTONIO DELL'ACQUA
Presidente della Fondazione Pro Valtellina
TIZIANO MAFFEZZINI
Presidente della Comunità Montana Valtellina di Sondrio

Benedizione dell'osservatorio - DON GIUSEPPE SCHERINI prevosto di Ponte in Valtellina

Taglio del nastro

Esibizione canora del Coro Vetta Junior di Ponte in Valtellina

Visita guidata all'osservatorio a cura della Associazione Astrofili Valtellinesi e della ditta Astrotech (fornitrice della strumentazione)

ore 20.00 - nei locali sottostanti l'osservatorio Cena tipica valtellinese a cura della Associazione Pro San Bernardo

ore 21.00 - 24.00 - osservazione guidata del cielo: Luna, Giove, Cerere, Ammassi stellari aperti
(onde permettere la fruizione della osservazione a tutti i partecipanti all'evento, le immagini riprese dallo strumento verranno proiettate nei locali sottostanti l'Osservatorio)

GLI EVENTI COLLATERALI

ESPOSIZIONE DI LIBRI SULL'ASTRONOMIA

Venerdì 23 - sabato 24 - domenica 25 ottobre ore 9.00 - 12.00 e 14.00 - 18.00. Sale dell'Associazione Amici Anziani in Piazza Bernardino Luini: Sarà possibile visionare alcuni preziosi testi e documenti originali dell'Astronomo Giuseppe Piazzi, di proprietà del Comune di Ponte in Valtellina e una selezione di volumi sull'Astronomia (in collaborazione con le Biblioteche della provincia di Sondrio)

PROIEZIONE DEL FILMATO "KAL"

Venerdì 23 - sabato 24 - domenica 25 ottobre Ore 9.00 - 12.00 e 14.00 - 18.00. Sede del Coro Vetta in Piazza Bernardino Luini
Il filmato presenterà le fasi di lavorazione della scultura dedicata all'Astronomia, realizzata nel 2008 dall'artista Valtellinese Daniele Pigoni e collocata in piazza della Vittoria a Ponte in Valtellina

EMISSIONE DI UNA CARTOLINA POSTALE E ANNULLO FILATELICO
Sabato 24 ottobre - ore 10.00 - 16.00 Sale dell'Associazione Amici Anziani in Piazza Bernardino Luini
(In collaborazione con il Circolo filatelico e numismatico di Sondrio) La cartolina postale verrà inoltre distribuita a tutti gli alunni delle scuole di Ponte in Valtellina

E …L'APERITIVO DI VENERDI'
Il taglio del nastro, previsto per sabato 24 alle ore 18.00, sarà preceduto venerdì 23 alle ore 21.00 dalla conferenza divulgativa "Sotto un Cielo di Note - Astronomia in musica" tenuta dall'astrofisico dr. Elia Cozzi e dalla pianista M.° Paola Rimoldi: una serata dedicata allo stato dell'arte della ricerca astronomica in vari campi, raccontato attraverso splendide immagini accompagnate da musiche che spaziano dal barocco al contemporaneo.
Sabato 24, al mattino, è previsto un convegno scientifico con la partecipazione di nomi importanti del mondo dell'astronomia professionale ed amatoriale.
--------------------------------

(x) Storia di "Giuseppe Piazzi"

Abbiamo ritenuto di scegliere per la biografia del grande scienziato pontasco quella della Scuola Media "Giuseppe Piazzi" di Palermo. Sia perché è là che Piazzi ha avuto modo di operare e diventare un Grande ma anche per ricordare un personaggio non comune quale Re Ferdinando IV di Borbone - altro che disprezzare i Borboni! idiozia totale - cui si deve la realizzazione della specola, scelta di avanguardia allora, ma anche quel capolavoro che è la Filanda di San Leucio, retta da principi elaborati prima della Rivoluzione francese e migliori della trilogia rivoluzionaria oltre che concretamente applicati. Di seguito:

"Nasce nel 1746 a Ponte in Valtellina. Studia a Torino nel 1767, entra nell'ordine dei Teatini, si dedica allo studio ed all'insegnamento della matematica.

Nel 1781 viene chiamato a Palermo come "lettore di matematica" presso l'Accademia de'regi studi" che diverrà successivamente "Università degli studi".

Nel 1787 gli viene affidata la cattedra di matematica e l'incarico di erigere una specola, un osservatorio astronomico.

Dal 1787 al 1789 studia astronomia a Parigi e Londra ed acquista gli strumenti per l'osservatorio.

Nel 1790 rientra a Palermo per seguire i lavori di costruzione della specola sulla torre normanna di San Ninfa del palazzo reale.

Tra gli strumenti collocati nella specola è celebre il cerchio verticale, strumento unico al mondo.

Nel 1791 inizia le osservazioni astronomiche e il 1 gennaio 1801 scopre il primo asteroide (o pianetino) di Giove e lo chiama Cerere Ferdinandea in onore della Sicilia e di Ferdinando IV° di Borbone.

Nello stesso periodo progetta e segue la costruzione della meridiana nella cattedrale di Palermo.

Si dedica alla compilazione di 2 grandi cataloghi delle stelle, pubblicati rispettivamente nel 1803 e nel 1814 per i quali ottiene il premio dell'accademia "des sciences" di Parigi.

Nel 1817 viene nominato direttore generale dei reali osservatori di Palermo e Capodimonte nonché l'incarico di completare l'allestimento dell'osservatorio napoletano.

Nel 1826 muore a Napoli".

www.gazzettadisondrio.it - 20 X 09 - n. 29/2009, anno XII°
.

I Savoia e il Massacro del Sud - Intervista ad Antonio Ciano


di Nicola Bruno - 26/10/2009


Un titolo sicuramente forte, “I Savoia e il Massacro del Sud”, il libro-denuncia di Antonio Ciano, amministratore del Comune di Gaeta, una città sul mare, che domina l’omonimo golfo, dinanzi alle splendide isole di Ponza e Ventotene, immerse in un mare cristallino. Non è lì che lo incontriamo ma nella piazza principale di Suzzara, nel profondo nord mantovano, piazza intitolata a Giuseppe Garibaldi, dove è eretto un busto dedicato all’avventuriero nizzardo che sembra metterlo a disagio e dal quale sembra desideroso di allontanarsi il prima possibile.

Suzzara è una cittadina industriale dove il giorno di festa è identico a quello di tutta la provincia italiana: gente ben vestita che prende l’aperitivo al bar, passeggia sui ciottoli della pavimentazione che si insinua tra una banca e l’altra, la chiesa principale, i locali dove tutto sa di atmosfera paesana.

Siamo lì anche perché si terrà, all’interno della festa ufficiale, la Festa dell’Amicizia di quegli emigranti che non provengono da fuori Europa ma solo da poche centinaia di chilometri più a sud. Cerchiamo invano lo stand del Partito del Sud nella piazza principale perché l’amministrazione comunale ha deciso di destinargli una via secondaria, alle spalle dell’agorà cittadina.

Già, Garibaldi sembra quasi essere a disagio davanti alla bandiera bianco-gigliata del fu Regno delle Due Sicilie, anche dopo quasi 150 anni.
Sensi di colpa per le promesse non mantenute?

Ma torniamo a Gaeta, città dove ancora oggi si vedono le ferite devastanti delle cannonate piemontesi inferte dal generale Cialdini, dove l’80% dei beni è demaniale, cioè requisito dallo Stato Italiano allora in mano ai Savoia, dove è nato Ciano e di dove è originaria anche la famiglia di Antonio Gramsci, quel Gramsci che fu severo critico della politica militare italiana nel sud peninsulare: “Lo stato italiano è stato una dittatura feroce che ha messo a ferro e fuoco l'Italia meridionale e le isole, squartando, fucilando, seppellendo vivi i contadini poveri che scrittori salariati tentarono d'infamare col marchio di briganti. (da L'Ordine Nuovo, 1920). Le cannonate piemontesi su Gaeta hanno avuto, per Ciano, oltre che il fine di cacciar via dalla sua terra il re Francesco II, anche quello di umiliare una città che non si era arresa all’invasore. Ma perché, chiediamo, i Piemontesi hanno fortemente voluto questa unità politica ed economica del territorio italiano, anche a costo di fare strage di altri italiani?


Per l’autore la risposta è semplice: dietro il Piemonte si nascondeva un grande burattinaio, l’Inghilterra. L’unità è stata voluta dalla massoneria inglese per acquisire un’area commerciale di importanza vitale per i nuovi capitalisti inglesi, per avere campo libero nel Mediterraneo, anche in vista di un controllo esclusivo delle rotte commerciali attraverso il Canale di Suez. Il Regno delle Due Sicilie aveva una emigrazione pari a zero mentre dopo l’unità è avvenuta una diaspora quantificabile in circa trenta milioni di duosiciliani. Del resto, il re Ferdinando II, padre di Francesco II, aveva già proposto una nuova Italia federale con il Papa a capo ma il Piemonte si era affrettato ad ostacolarne le trattative perché fortemente indebitato a causa della sua politica guerrafondaia e non ne avrebbe ricavato nessun vantaggio economico: l’Inghilterra di Lord Palmerston ordinò una soluzione di tipo centralistico che avrebbe consentito al Piemonte di essere leader e di sanare la propria economia disastrata drenando risorse da Napoli e Palermo. Già, l’economia. Le guerre hanno sempre avuto ragioni economiche, quindi perché questa profusione di denari, sovvenzioni e stragi dovrebbe sottrarsi alla legge universale del danaro?


E qui Antonio Ciano attacca la storiografia ufficiale, proponendo una verità desumibile dagli scritti di Francesco Saverio Nitti e da una miriade di altre fonti oltre che da esperienza diretta: nel Sud peninsulare, quello, per intenderci che va dal Lazio meridionale e dall’Abruzzo fino alla Sicilia, la tassazione era mite e colpiva soprattutto i ricchi, non i contadini. Questi ultimi, inoltre, potevano usufruire gratuitamente delle terre demaniali per uso civico, affermazione che nega l’assunto, reperibile nei libri scolastici dei nostri figli, secondo il quale i territori nel sud Italia fossero in mano ai latifondisti. Il Sud era altamente industrializzato per l’epoca e la Calabria era l’area più ricca d’Europa. Quanto al Piemonte, esso era lo stato più povero e indebitato d’Europa, con un altissimo tasso di mortalità per pellagra e carbonchio. E l’eroe dei due mondi, chiedo allora? Garibaldi ha affamato Napoli e il Sud, insieme ai garibaldini meridionali come Crispi, finiti per ottenere agi, privilegi e posti di rilievo nel mondo politico di allora. L’Italia per Ciano non è mai stata unita: è stata una dittatura feroce condotta da una famiglia francese: i Savoia. Al Sud la guerra di resistenza, chiamata “lotta al brigantaggio” dalla storiografia ufficiale, è costata un milione di morti tra fucilazioni, deportazioni e paesi rasi al suolo. I piemontesi e i Savoia si sono comportati peggio dei nazisti nei confronti degli italiani del Sud. 150mila soldati inviati a Sud a massacrare la popolazione alla ricerca della libertà, più i soldati meridionali deportati nei lager come quello di Fenestrelle e lì lasciati morire di fame, freddo e stenti e sepolti nella calce viva per cancellarne ogni traccia.


L’operazione coloniale in Libia da parte del fascismo è stata dunque coerente con la politica savoiarda di sempre: quindi se si vuole davvero unire l’Italia, per Ciano occorre cancellare i Savoia e le leggi piemontesi dalla nostra storia.
Il Sud in 150 anni è stato colonizzato e desertificato: ogni anno 150000 meridionali abbandonano le proprie terre. Un tempo i cittadini del Sud avevano un reddito 4 volte superiore ai cittadini del Nord: i dati son ancora accessibili nel lavoro di Francesco Saverio Nitti. Le industrie, con l’annessione forzata, furono smantellate e portate al Nord: tra esse le acciaierie di Mongiana in Calabria e l’opificio di Pietrarsa a Napoli dove gli operai furono massacrati dai bersaglieri durante uno sciopero.
Negli ultimi 50 anni per calmierare la desertificazione economica si è operato tramite le grandi aziende pubbliche che hanno dato lavoro ma con le ultime privatizzazioni anche questi “ammortizzatori sociali” hanno perso efficacia. Le banche del Sud, come il Banco di Napoli e quello di Sicilia, non esistono più se non nominalmente, essendo state assorbite definitivamente da banche con sede nelle regioni settentrionali.
Nella guerra di conquista, oltre che l’alta finanza, un ruolo fondamentale l’hanno giocato le associazioni mafiose e camorristiche dell’epoca: la Mafia appoggiava i grandi proprietari a loro volta alleati con i Piemontesi. E’ in questi anni e in questi avvenimenti che si devono ricercare le ragioni del consolidarsi dei poteri mafiosi nel sud Italia.

“I Savoia e il Massacro del Sud” è stato negli anni osteggiato ed è costato anni di processo all’autore, pur essendo il libro stato recensito e pubblicizzato da quotidiani di rilievo nazionale come il Corriere della Sera. Potremmo aggiungere che il suo libro non è l’unico del filone: Lorenzo Del Boca, un piemontese, concorda con i dati di Ciano – da 700mila a un milione di morti conseguenti all’invasione piemontese, tra fucilati e uccisi in battaglia. Cialdini, il generale emiliano incaricato della repressione della reazione popolare, definita dai piemontesi Brigantaggio, fu un autentico macellaio, al cui confronto le malefatte dei nazisti perdono di consistenza. Cialdini fu artefice di stragi di intere popolazioni, interi paesi rasi al suolo solo perché gli abitanti erano sospettati di collaborare con i cosiddetti briganti.
Non poteva mancare, nella nostra intervista, un commento sulla Lega Nord e la cosiddetta “questione settentrionale”, una definizione dinanzi alla quale l’autore si lascia sfuggire un sorriso ironico. Ciano giudica intelligente la politica leghista, vantaggiosa per gli industriali del nord, certo non per il popolo delle regioni settentrionali. Il federalismo fiscale porterà il gettito IVA tutto al nord perché le sedi legali delle aziende nazionali sono tutte lì ubicate. Si tratta di un partito che riesce persino a finanziare i partiti suoi alleati del Sud come l’MPA di Lombardo, un partito che finge di applicare una autonomia che la Sicilia già ha. Per non parlare poi dei fondi FAS, dirottati dal Sud al Nord per pagare i debiti dei produttori di latte settentrionali e per sostenere il deficit di Malpensa: dov’è dunque il famoso assistenzialismo, si chiede lo scrittore, di cui tanto si parla in Italia? Non certo a Sud.


La Lega è il partito che fa dell’assistenzialismo per gli imprenditori del nord il proprio cavallo di battaglia. Destra e Sinistra hanno sempre avuto, secondo Ciano, lo scopo di trasferire risorse al nord. La stessa Cassa del Mezzogiorno è stata un bluff: l’89% era a vantaggio di quegli industriali del nord che aprivano fabbriche a sud per chiuderle poco dopo intascando i fondi. Le infrastrutture a Sud, lo scopo della Cassa, erano solo uno specchietto per le allodole. E qui cita Gennaro Zona e il suo libro “Come ti finanzio il Nord”. Il Nord Italia era del tutto privo di industrie, povero e in condizioni igienico-sanitarie pessime, come testimoniato anche dal Manzoni ne “I promessi sposi”, mentre a sud vi erano fabbriche che contavano anche 4.500 impiegati, come la Tozzinelli in Terra di Lavoro, quando a Milano la manifattura La Fonte, la più grande della città, contava 450 operai. Il drenaggio fiscale ha poi portato ricchezza al Nord, invertendo gli equilibri e il modello mitteleuropeo ha poi fatto da paradigma. Un altro espediente utilizzato per dirottare fondi da Sud a Nord è stato quello della Banca di Sconto durante il ventennio fascista, che godeva dei fondi di 400mila emigrati meridionali all’estero, rastrellati dagli industriali del nord, infine fatta fallire mandando sul lastrico i lavoratori. Ancora oggi Ciano vede la politica economica del nord Italia come parassitaria, basata sulla notevole differenza del costo del danaro applicato dalle “banche nordiste” e sul conseguente caro prezzo pagato dai meridionali quando accedono al credito. Ecco perché, sempre secondo Ciano, Mafia e Camorra prosperano.
E le gabbie salariali? L’ennesima forma di razzismo: pagare meno per lo stesso tipo di lavoro non ha nessuna ragione logica. Sulla disparità del costo della vita c’è poi molto da discutere: l’accesso al credito e le assicurazioni sono molto più care al sud come lo è anche fare la spesa, come testimoniato dalla recente indagine di Altroconsumo. È l’ennesima boutade razzista della Lega Nord per rastrellare voti.


Per Ciano se il Sud fosse indipendente avrebbe buone possibilità di crescita. Inoltre un Sud autonomo potrebbe controllare meglio i rifiuti provenienti dal nord e magari rispedirli al mittente.
E’ il Sud a volere il federalismo, quello che potrebbe eliminare la burocrazia e applicare una fiscalità autentica e non immaginata.
L’auspicio del nostro autore è quello che gli italiani tutti si riapproprino della verità storica, perché solo attraverso la verità si potrà arrivare al rispetto reciproco e ad una rifondazione del concetto di italianità.

Leggi tutto »

di Nicola Bruno - 26/10/2009


Un titolo sicuramente forte, “I Savoia e il Massacro del Sud”, il libro-denuncia di Antonio Ciano, amministratore del Comune di Gaeta, una città sul mare, che domina l’omonimo golfo, dinanzi alle splendide isole di Ponza e Ventotene, immerse in un mare cristallino. Non è lì che lo incontriamo ma nella piazza principale di Suzzara, nel profondo nord mantovano, piazza intitolata a Giuseppe Garibaldi, dove è eretto un busto dedicato all’avventuriero nizzardo che sembra metterlo a disagio e dal quale sembra desideroso di allontanarsi il prima possibile.

Suzzara è una cittadina industriale dove il giorno di festa è identico a quello di tutta la provincia italiana: gente ben vestita che prende l’aperitivo al bar, passeggia sui ciottoli della pavimentazione che si insinua tra una banca e l’altra, la chiesa principale, i locali dove tutto sa di atmosfera paesana.

Siamo lì anche perché si terrà, all’interno della festa ufficiale, la Festa dell’Amicizia di quegli emigranti che non provengono da fuori Europa ma solo da poche centinaia di chilometri più a sud. Cerchiamo invano lo stand del Partito del Sud nella piazza principale perché l’amministrazione comunale ha deciso di destinargli una via secondaria, alle spalle dell’agorà cittadina.

Già, Garibaldi sembra quasi essere a disagio davanti alla bandiera bianco-gigliata del fu Regno delle Due Sicilie, anche dopo quasi 150 anni.
Sensi di colpa per le promesse non mantenute?

Ma torniamo a Gaeta, città dove ancora oggi si vedono le ferite devastanti delle cannonate piemontesi inferte dal generale Cialdini, dove l’80% dei beni è demaniale, cioè requisito dallo Stato Italiano allora in mano ai Savoia, dove è nato Ciano e di dove è originaria anche la famiglia di Antonio Gramsci, quel Gramsci che fu severo critico della politica militare italiana nel sud peninsulare: “Lo stato italiano è stato una dittatura feroce che ha messo a ferro e fuoco l'Italia meridionale e le isole, squartando, fucilando, seppellendo vivi i contadini poveri che scrittori salariati tentarono d'infamare col marchio di briganti. (da L'Ordine Nuovo, 1920). Le cannonate piemontesi su Gaeta hanno avuto, per Ciano, oltre che il fine di cacciar via dalla sua terra il re Francesco II, anche quello di umiliare una città che non si era arresa all’invasore. Ma perché, chiediamo, i Piemontesi hanno fortemente voluto questa unità politica ed economica del territorio italiano, anche a costo di fare strage di altri italiani?


Per l’autore la risposta è semplice: dietro il Piemonte si nascondeva un grande burattinaio, l’Inghilterra. L’unità è stata voluta dalla massoneria inglese per acquisire un’area commerciale di importanza vitale per i nuovi capitalisti inglesi, per avere campo libero nel Mediterraneo, anche in vista di un controllo esclusivo delle rotte commerciali attraverso il Canale di Suez. Il Regno delle Due Sicilie aveva una emigrazione pari a zero mentre dopo l’unità è avvenuta una diaspora quantificabile in circa trenta milioni di duosiciliani. Del resto, il re Ferdinando II, padre di Francesco II, aveva già proposto una nuova Italia federale con il Papa a capo ma il Piemonte si era affrettato ad ostacolarne le trattative perché fortemente indebitato a causa della sua politica guerrafondaia e non ne avrebbe ricavato nessun vantaggio economico: l’Inghilterra di Lord Palmerston ordinò una soluzione di tipo centralistico che avrebbe consentito al Piemonte di essere leader e di sanare la propria economia disastrata drenando risorse da Napoli e Palermo. Già, l’economia. Le guerre hanno sempre avuto ragioni economiche, quindi perché questa profusione di denari, sovvenzioni e stragi dovrebbe sottrarsi alla legge universale del danaro?


E qui Antonio Ciano attacca la storiografia ufficiale, proponendo una verità desumibile dagli scritti di Francesco Saverio Nitti e da una miriade di altre fonti oltre che da esperienza diretta: nel Sud peninsulare, quello, per intenderci che va dal Lazio meridionale e dall’Abruzzo fino alla Sicilia, la tassazione era mite e colpiva soprattutto i ricchi, non i contadini. Questi ultimi, inoltre, potevano usufruire gratuitamente delle terre demaniali per uso civico, affermazione che nega l’assunto, reperibile nei libri scolastici dei nostri figli, secondo il quale i territori nel sud Italia fossero in mano ai latifondisti. Il Sud era altamente industrializzato per l’epoca e la Calabria era l’area più ricca d’Europa. Quanto al Piemonte, esso era lo stato più povero e indebitato d’Europa, con un altissimo tasso di mortalità per pellagra e carbonchio. E l’eroe dei due mondi, chiedo allora? Garibaldi ha affamato Napoli e il Sud, insieme ai garibaldini meridionali come Crispi, finiti per ottenere agi, privilegi e posti di rilievo nel mondo politico di allora. L’Italia per Ciano non è mai stata unita: è stata una dittatura feroce condotta da una famiglia francese: i Savoia. Al Sud la guerra di resistenza, chiamata “lotta al brigantaggio” dalla storiografia ufficiale, è costata un milione di morti tra fucilazioni, deportazioni e paesi rasi al suolo. I piemontesi e i Savoia si sono comportati peggio dei nazisti nei confronti degli italiani del Sud. 150mila soldati inviati a Sud a massacrare la popolazione alla ricerca della libertà, più i soldati meridionali deportati nei lager come quello di Fenestrelle e lì lasciati morire di fame, freddo e stenti e sepolti nella calce viva per cancellarne ogni traccia.


L’operazione coloniale in Libia da parte del fascismo è stata dunque coerente con la politica savoiarda di sempre: quindi se si vuole davvero unire l’Italia, per Ciano occorre cancellare i Savoia e le leggi piemontesi dalla nostra storia.
Il Sud in 150 anni è stato colonizzato e desertificato: ogni anno 150000 meridionali abbandonano le proprie terre. Un tempo i cittadini del Sud avevano un reddito 4 volte superiore ai cittadini del Nord: i dati son ancora accessibili nel lavoro di Francesco Saverio Nitti. Le industrie, con l’annessione forzata, furono smantellate e portate al Nord: tra esse le acciaierie di Mongiana in Calabria e l’opificio di Pietrarsa a Napoli dove gli operai furono massacrati dai bersaglieri durante uno sciopero.
Negli ultimi 50 anni per calmierare la desertificazione economica si è operato tramite le grandi aziende pubbliche che hanno dato lavoro ma con le ultime privatizzazioni anche questi “ammortizzatori sociali” hanno perso efficacia. Le banche del Sud, come il Banco di Napoli e quello di Sicilia, non esistono più se non nominalmente, essendo state assorbite definitivamente da banche con sede nelle regioni settentrionali.
Nella guerra di conquista, oltre che l’alta finanza, un ruolo fondamentale l’hanno giocato le associazioni mafiose e camorristiche dell’epoca: la Mafia appoggiava i grandi proprietari a loro volta alleati con i Piemontesi. E’ in questi anni e in questi avvenimenti che si devono ricercare le ragioni del consolidarsi dei poteri mafiosi nel sud Italia.

“I Savoia e il Massacro del Sud” è stato negli anni osteggiato ed è costato anni di processo all’autore, pur essendo il libro stato recensito e pubblicizzato da quotidiani di rilievo nazionale come il Corriere della Sera. Potremmo aggiungere che il suo libro non è l’unico del filone: Lorenzo Del Boca, un piemontese, concorda con i dati di Ciano – da 700mila a un milione di morti conseguenti all’invasione piemontese, tra fucilati e uccisi in battaglia. Cialdini, il generale emiliano incaricato della repressione della reazione popolare, definita dai piemontesi Brigantaggio, fu un autentico macellaio, al cui confronto le malefatte dei nazisti perdono di consistenza. Cialdini fu artefice di stragi di intere popolazioni, interi paesi rasi al suolo solo perché gli abitanti erano sospettati di collaborare con i cosiddetti briganti.
Non poteva mancare, nella nostra intervista, un commento sulla Lega Nord e la cosiddetta “questione settentrionale”, una definizione dinanzi alla quale l’autore si lascia sfuggire un sorriso ironico. Ciano giudica intelligente la politica leghista, vantaggiosa per gli industriali del nord, certo non per il popolo delle regioni settentrionali. Il federalismo fiscale porterà il gettito IVA tutto al nord perché le sedi legali delle aziende nazionali sono tutte lì ubicate. Si tratta di un partito che riesce persino a finanziare i partiti suoi alleati del Sud come l’MPA di Lombardo, un partito che finge di applicare una autonomia che la Sicilia già ha. Per non parlare poi dei fondi FAS, dirottati dal Sud al Nord per pagare i debiti dei produttori di latte settentrionali e per sostenere il deficit di Malpensa: dov’è dunque il famoso assistenzialismo, si chiede lo scrittore, di cui tanto si parla in Italia? Non certo a Sud.


La Lega è il partito che fa dell’assistenzialismo per gli imprenditori del nord il proprio cavallo di battaglia. Destra e Sinistra hanno sempre avuto, secondo Ciano, lo scopo di trasferire risorse al nord. La stessa Cassa del Mezzogiorno è stata un bluff: l’89% era a vantaggio di quegli industriali del nord che aprivano fabbriche a sud per chiuderle poco dopo intascando i fondi. Le infrastrutture a Sud, lo scopo della Cassa, erano solo uno specchietto per le allodole. E qui cita Gennaro Zona e il suo libro “Come ti finanzio il Nord”. Il Nord Italia era del tutto privo di industrie, povero e in condizioni igienico-sanitarie pessime, come testimoniato anche dal Manzoni ne “I promessi sposi”, mentre a sud vi erano fabbriche che contavano anche 4.500 impiegati, come la Tozzinelli in Terra di Lavoro, quando a Milano la manifattura La Fonte, la più grande della città, contava 450 operai. Il drenaggio fiscale ha poi portato ricchezza al Nord, invertendo gli equilibri e il modello mitteleuropeo ha poi fatto da paradigma. Un altro espediente utilizzato per dirottare fondi da Sud a Nord è stato quello della Banca di Sconto durante il ventennio fascista, che godeva dei fondi di 400mila emigrati meridionali all’estero, rastrellati dagli industriali del nord, infine fatta fallire mandando sul lastrico i lavoratori. Ancora oggi Ciano vede la politica economica del nord Italia come parassitaria, basata sulla notevole differenza del costo del danaro applicato dalle “banche nordiste” e sul conseguente caro prezzo pagato dai meridionali quando accedono al credito. Ecco perché, sempre secondo Ciano, Mafia e Camorra prosperano.
E le gabbie salariali? L’ennesima forma di razzismo: pagare meno per lo stesso tipo di lavoro non ha nessuna ragione logica. Sulla disparità del costo della vita c’è poi molto da discutere: l’accesso al credito e le assicurazioni sono molto più care al sud come lo è anche fare la spesa, come testimoniato dalla recente indagine di Altroconsumo. È l’ennesima boutade razzista della Lega Nord per rastrellare voti.


Per Ciano se il Sud fosse indipendente avrebbe buone possibilità di crescita. Inoltre un Sud autonomo potrebbe controllare meglio i rifiuti provenienti dal nord e magari rispedirli al mittente.
E’ il Sud a volere il federalismo, quello che potrebbe eliminare la burocrazia e applicare una fiscalità autentica e non immaginata.
L’auspicio del nostro autore è quello che gli italiani tutti si riapproprino della verità storica, perché solo attraverso la verità si potrà arrivare al rispetto reciproco e ad una rifondazione del concetto di italianità.

 
[Privacy]
Design by Free WordPress Themes | Bloggerized by Lasantha - Premium Blogger Themes | Hot Sonakshi Sinha, Car Price in India