venerdì 31 ottobre 2008

Rifiuti, in carcere chi li abbandona. Ma solo se è campano


Proporrei una modifica al governo:
visto che i campani sono ovunque in italia e ovunque evidentemente sporcano, sarebbe meglio multarli in ogni parte del paese e con accordi internazionali del globo.....quindi per individuarli e reprimere il loro atavico impulso a sporcare basterebbe segnarli con un distintivo.....ad esempio una bella stella....gialla....(il futuro prossimo venturo)
Una domanda: Se non è razzismo questo quando è razzismo?!
E' deprimente constatare come la realtà superi ogni più nefasta previsione.......(PdSUD ER)

E adesso siamo arrivati alle leggi “ad regionem”: ovvero, al decreto che vale solo in Campania.

Chi abbandona rifiuti ingombranti per strada e viene colto in flagrante può essere arrestato. Ma solo se vive a Napoli, Caserta, Avellino, Benevento o Salerno.

In tutto il resto d’Italia si può tranquillamente buttare un materasso o una lavatrice senza paura di finire in galera.

«Finora – spiega il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Guido Bertolaso – chi abbandonava a piazza del municipio un materasso o un elettrodomestico rischiava una multa di 25 euro. Con il decreto di oggi si prevede la condanna da sei mesi a 3 anni di reclusione, e con l'arresto in caso di flagranza. Questo però vale solo per la Campania».

Pugno duro anche con i Comuni che non raccolgono la spazzatura:
«Con un decreto del ministero dell'Interno e su proposta del sottoscritto – spiega ancora Bertolaso – sarà possibile commissariare i Comuni che non adempiono al proprio dovere in materia di raccolta di rifiuti».

Tutto rimandato, invece, per altri pericolosi soggetti come i writers.

La norma che punisce chi scrive sui muri sarebbe dovuta arrivare già nel decreto sui rifiuti, ma, come spiega la ministra dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo, le norme «potrebbero più opportunamente entrare nel pacchetto sicurezza allo studio del governo».
Un graffito non è questione di muri puliti, è roba da ordine pubblico.

Fonte: L'Unità
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Proporrei una modifica al governo:
visto che i campani sono ovunque in italia e ovunque evidentemente sporcano, sarebbe meglio multarli in ogni parte del paese e con accordi internazionali del globo.....quindi per individuarli e reprimere il loro atavico impulso a sporcare basterebbe segnarli con un distintivo.....ad esempio una bella stella....gialla....(il futuro prossimo venturo)
Una domanda: Se non è razzismo questo quando è razzismo?!
E' deprimente constatare come la realtà superi ogni più nefasta previsione.......(PdSUD ER)

E adesso siamo arrivati alle leggi “ad regionem”: ovvero, al decreto che vale solo in Campania.

Chi abbandona rifiuti ingombranti per strada e viene colto in flagrante può essere arrestato. Ma solo se vive a Napoli, Caserta, Avellino, Benevento o Salerno.

In tutto il resto d’Italia si può tranquillamente buttare un materasso o una lavatrice senza paura di finire in galera.

«Finora – spiega il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Guido Bertolaso – chi abbandonava a piazza del municipio un materasso o un elettrodomestico rischiava una multa di 25 euro. Con il decreto di oggi si prevede la condanna da sei mesi a 3 anni di reclusione, e con l'arresto in caso di flagranza. Questo però vale solo per la Campania».

Pugno duro anche con i Comuni che non raccolgono la spazzatura:
«Con un decreto del ministero dell'Interno e su proposta del sottoscritto – spiega ancora Bertolaso – sarà possibile commissariare i Comuni che non adempiono al proprio dovere in materia di raccolta di rifiuti».

Tutto rimandato, invece, per altri pericolosi soggetti come i writers.

La norma che punisce chi scrive sui muri sarebbe dovuta arrivare già nel decreto sui rifiuti, ma, come spiega la ministra dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo, le norme «potrebbero più opportunamente entrare nel pacchetto sicurezza allo studio del governo».
Un graffito non è questione di muri puliti, è roba da ordine pubblico.

Fonte: L'Unità
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Gelli conduttore in tv: «Venerabile Italia»


Dopo le "esternazioni" di Cossiga le "lezioni di storia" del venerabile, è proprio vero al peggio non c'è mai fine.....


Il «Maestro» della loggia massonica segreta P2 condurrà un suo programma.
Ospiti? Andreotti e Dell'Utri
Su Odeon tv da lunedì alle 22.20


MILANO - È ricordato principalmente per essere stato «Maestro Venerabile» della loggia massonica segreta P2. Per cui il titolo della sua trasmissione non può che essere «Venerabile Italia».
Sottotitolo: «La vera storia di Licio Gelli». Quindi Licio Gelli sbarca in tv.
Avrà un programma tutto suo da lunedì, alle 22.20, su Odeon tv .

IL PROGRAMMA - Sarà proprio il maestro della P2 la «voce narrante», assieme a Lucia Leonessi, di una «ricostruzione inedita della storia dell’ultimo secolo, «dalla Guerra di Spagna agli anni ’80, dai salotti di Roma alle rive del lago di Como, dall’epoca fascista al crac del Banco Ambrosiano». Il programma, presentato venerdì ufficialmente a Firenze, vedrà anche la partecipazione di personaggi politici e storici come Giulio Andreotti, Marcello Veneziani e Marcello Dell’Utri. Nella prima puntuta perlerà di fascismo.

CHI È GELLI - È ricordato principalmente per essere stato «Maestro Venerabile» della loggia massonica segreta P2. È stato camicia nera, ha aderito alla Repubblicà di Salò, qualcuno ipotizza che Gelli era molto vicino alla Cia. È stato accusato di aver un ruolo in «Gladio», amico stretto del leader argentino Peròn. Dopo la scoperta della P2, fuggi in Svizzera dove fu arrestato mentre cercava di ritirare decine di migliaia di dollari a Ginevra, ma riuscì ad evadere dalla prigione. Fuggì quindi in Sudamerica, prima di costituirsi nel 1987.

Licio Gelli è stato condannato con sentenza definitiva per i seguenti reati: procacciamento di notizie contenenti segreti di Stato, calunnia nei confronti dei magistrati milanesi Colombo, Turone e Viola, tentativi di depistaggio delle indagini sulla strage alla stazione di Bologna e Bancarotta fraudolenta (per il fallimento del Banco Ambrosiano è stato condannato a 12 anni).

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Dopo le "esternazioni" di Cossiga le "lezioni di storia" del venerabile, è proprio vero al peggio non c'è mai fine.....


Il «Maestro» della loggia massonica segreta P2 condurrà un suo programma.
Ospiti? Andreotti e Dell'Utri
Su Odeon tv da lunedì alle 22.20


MILANO - È ricordato principalmente per essere stato «Maestro Venerabile» della loggia massonica segreta P2. Per cui il titolo della sua trasmissione non può che essere «Venerabile Italia».
Sottotitolo: «La vera storia di Licio Gelli». Quindi Licio Gelli sbarca in tv.
Avrà un programma tutto suo da lunedì, alle 22.20, su Odeon tv .

IL PROGRAMMA - Sarà proprio il maestro della P2 la «voce narrante», assieme a Lucia Leonessi, di una «ricostruzione inedita della storia dell’ultimo secolo, «dalla Guerra di Spagna agli anni ’80, dai salotti di Roma alle rive del lago di Como, dall’epoca fascista al crac del Banco Ambrosiano». Il programma, presentato venerdì ufficialmente a Firenze, vedrà anche la partecipazione di personaggi politici e storici come Giulio Andreotti, Marcello Veneziani e Marcello Dell’Utri. Nella prima puntuta perlerà di fascismo.

CHI È GELLI - È ricordato principalmente per essere stato «Maestro Venerabile» della loggia massonica segreta P2. È stato camicia nera, ha aderito alla Repubblicà di Salò, qualcuno ipotizza che Gelli era molto vicino alla Cia. È stato accusato di aver un ruolo in «Gladio», amico stretto del leader argentino Peròn. Dopo la scoperta della P2, fuggi in Svizzera dove fu arrestato mentre cercava di ritirare decine di migliaia di dollari a Ginevra, ma riuscì ad evadere dalla prigione. Fuggì quindi in Sudamerica, prima di costituirsi nel 1987.

Licio Gelli è stato condannato con sentenza definitiva per i seguenti reati: procacciamento di notizie contenenti segreti di Stato, calunnia nei confronti dei magistrati milanesi Colombo, Turone e Viola, tentativi di depistaggio delle indagini sulla strage alla stazione di Bologna e Bancarotta fraudolenta (per il fallimento del Banco Ambrosiano è stato condannato a 12 anni).

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Il conflitto di Tremonti


di Luca Piana



Gli affari segreti dello studio fondato dal ministro. Tra banche, petrolieri e aziende pubbliche. Incarichi di prestigio agli associati. E pratiche che procedono a rilento all'Agenzia delle Entrate
La pratica è arrivata sul tavolo degli ispettori anti evasione ormai da tempo. La Mondadori, casa editrice di proprietà di Silvio Berlusconi, è sospettata di aver evaso il fisco. Facendo i controlli sulle dichiarazioni del 2004, gli uomini dell'Agenzia delle Entrate di Milano si sono accorti che la Mondadori aveva escluso dal reddito imponibile una serie di guadagni, riducendo le tasse da pagare.

Una cifra non elevata, dicono fonti vicine al dossier, anche se superiore ai livelli che potrebbero far scattare la denuncia per falsa dichiarazione. Il caso, però, è politicamente scottante per due aspetti diversi. Il primo è che sarebbe clamoroso vedere un premier punire se stesso per aver evaso il fisco. Il secondo è che tra i consulenti fiscali abituali del gruppo Fininvest c'è, anche se in modo non esclusivo, lo studio fondato dal ministro dell'Economia, Giulio Tremonti. Così all'Agenzia delle Entrate, l'ente che si occupa della lotta all'evasione guidato da un fedelissimo del ministro, Attilio Befera, la pratica Mondadori sembra non fare progressi da mesi: alla stessa casa editrice fanno sapere di non essere a conoscenza se i rilievi, dichiarati già nel bilancio 2007, abbiano avuto seguito. All'Agenzia, invece, non commentano.

In prima linea durante queste settimane di durissima crisi finanziaria, Tremonti è da sempre considerato una delle figure più in vista nell'alleanza che gravita attorno a Berlusconi. Esiste però una faccia poco nota del pianeta Tremonti, costituita dalla sua attività professionale di fiscalista. Lo studio, fondato negli anni Ottanta, ha la sede storica a Milano, dove occupa gran parte di un elegante palazzo in via Crocefisso. Dal citofono il cognome del ministro oggi è sparito. Vi rimangono quelli dei più anziani fra i partner attuali: Enrico Vitali, Dario Romagnoli e Lorenzo Piccardi. Il sito Web informa che Tremonti "ha lasciato lo studio". Gli studi professionali non sono aziende ma associazioni fra partner che si dividono i profitti. Se uno lascia, a meno di accordi segreti, la ditta esce dal suo patrimonio. Per Tremonti, però, l'idea di un taglio netto è dura da sostenere: ogni volta che è uscito dal governo, è tornato a lavorare in studio. È accaduto nel luglio 2004 quando, in rotta con Gianfranco Fini, per 14 mesi dovette lasciare il posto a Domenico Siniscalco. Ed è successo nel 2006, dopo l'ultima vittoria di Romano Prodi.

Questo avanti-indietro dà vita a un corto circuito continuo. Il primo aspetto problematico nasce nei rapporti fra ministero e imprese a controllo statale. Tremonti partecipa alla nomina di manager di aziende che, poi, figurano fra i clienti dello studio, come accaduto con Enel e altre società. Un intreccio che si complica quando il ministro assegna incarichi a persone che incrocia nell'attività privata. Nel 2002 ha piazzato nel collegio sindacale dell'Eni Paolo Colombo, fratello di Fabrizio, un suo associato. Due anni dopo lo stesso Paolo Colombo è divenuto consulente dello studio e lo scorso giugno, nella tornata di nomine all'Eni varate da Tremonti, è stato promosso consigliere. L'unica donna fra i partner dello studio, Laura Gualtieri, è stata nominata nel collegio sindacale di due aziende della Finmeccanica, Agusta e Alenia Aermacchi, anche se solo come sindaco supplente. Curioso il caso del presidente dell'Enel, Piero Gnudi, riconfermato in giugno: è stata la figlia, Maddalena, a venire accolta, quest'anno, tra gli associati dello studio fondato da Tremonti.

Il secondo aspetto delicato riguarda la sfera politica. I proclami del ministro a volte stridono pesantemente con il business dello studio, facendo apparire Tremonti come il Don Giovanni di Mozart: cambiando identità a seconda della donna che ha davanti, il seduttore sembra perdere se stesso. Lui attacca la grande finanza, ma fra i clienti abbondano le banche, dalla Merrill Lynch al Monte dei Paschi di Siena, che in luglio si è avvalso della consulenza fiscale di Vitali & C. per vendere alla Lehman Brothers l'attività dei crediti in sofferenza. E non mancano i petrolieri, quelli che avrebbero dovuto piangere per l'introduzione della cosiddetta Robin Hood Tax. Il 17 luglio, parlando alla Camera dei deputati, Tremonti si è scagliato contro i colossi russi dell'energia, affermando che in Europa operano soggetti dalle "caratteristiche aggressive diverse da quelle di mercato". Un mese prima, quando era ministro da 40 giorni, la Erg della famiglia Garrone aveva però venduto alla russa Lukoil il 49 per cento delle raffinerie e della centrale di Priolo, in Sicilia, per 1,37 miliardi. Per minimizzare l'impatto fiscale sull'incasso, la Erg si era rivolta allo studio fondato da Tremonti, con cui vanta un lungo rapporto: uno dei partner, Marcello Valenti, è sindaco della Erg Raffinerie Mediterranee.

In maniera più rilevante, l'elastico tra politica e professione si intreccia con uno dei compiti più delicati del ministero dell'Economia: il controllo dell'onestà contributiva dei grandi gruppi, che sono pure clienti, dalla Pirelli alla Fiat. Lo studio non vuole fare commenti sull'elenco dettagliato dei clienti. Ma l'intreccio produce effetti ai limiti del comico, come accaduto il 19 giugno alla festa della Guardia di Finanza, celebrata al Foro Italico sotto gli occhi di Tremonti, appena tornato ministro. Durante la cerimonia tre finanzieri - il tenente colonnello Sergio Napoletano e i marescialli Antonio Fusco e Roberto D'Oria - sono stati premiati per aver portato a termine "una complessa attività di verifica nei confronti di una nota azienda dell'alta moda", che aveva sottratto al fisco "redditi per oltre 280 milioni". La nota azienda era degli stilisti Dolce & Gabbana, che per difendersi dall'erario, si erano affidati allo studio fondato da Tremonti. 'L'espresso' ha potuto ricostruire altri episodi - da Telecom Italia alla Techint, dalla Magiste di Stefano Ricucci all'eredità fiscale del gruppo Capitalia - nei quali Tremonti si è ritrovato coinvolto prima come ministro, poi come collaboratore dello studio, o viceversa.

EVASORI D'ACCIAIO Nei primi mesi del 2008 l'Agenzia delle Entrate si è ritrovata sul tavolo un caso delicato. A essere coinvolta era la Dalmine della famiglia Rocca. Spulciando il bilancio 2003, gli ispettori di Bergamo dell'Agenzia hanno scoperto che la Dalmine aveva escluso dall'imponibile 108 milioni di sterline (160 milioni di euro): cifra versata alla BHP Billiton Petroleum per chiudere un procedimento legale avviato dopo la rottura di un gasdotto e che aveva condotto a un pronunciamento sfavorevole della High Court of Justice inglese. La vicenda è complessa. In un primo momento sembrava che potesse essere accolta la linea difensiva del gruppo Rocca, affidata allo studio Tremonti, che sosteneva la deducibilità del prezzo pagato. In seguito, altre verifiche hanno dato ragione agli ispettori di Bergamo, aprendo la strada a una contestazione stimabile in un centinaio di milioni. Passati cinque mesi dal ricambio al vertice dell'Agenzia, la questione non risulta però ancora definita.

Marco Tronchetti Provera
DIETROFRONT TELECOM Se c'è un caso che mostra l'intrecciarsi delle indagini del Fisco con l'andirivieni di Tremonti dal ministero, è quello relativo all'acquisizione di Blu, un vecchio operatore di telefonia Gsm in difficoltà, da parte di Telecom. La compagnia, guidata allora da Marco Tronchetti Provera, acquista Blu nel 2002. Nel dicembre dello stesso anno (con Tremonti ministro), chiede all'Agenzia delle Entrate, sede di Torino, di utilizzare le perdite fiscali dell'operatore in disarmo per ridurre l'imponibile, avvalendosi di un parere del tributarista Franco Gallo. Ottiene l'ok nel marzo 2003.

Due anni dopo, gli ispettori centrali dell'Agenzia, guidata all'epoca da un altro fedele tremontiano, Raffaele Ferrara, contestano alla Telecom di aver rappresentato l'operazione Blu in modo scorretto. Tremonti all'epoca è uscito temporaneamente dal governo e Telecom si affida alla consulenza del suo studio. Nella vicenda ballano cifre da capogiro. L'accertamento si conclude nel dicembre 2007 con la richiesta di 436 milioni di maggiori imposte, oltre a sanzioni e interessi per 492 milioni. Il 7 maggio scorso, casualmente il giorno del ritorno di Tremonti al ministero, viene spedita una cartella esattoriale che impone il pagamento di una prima tranche di 182 milioni. Telecom ottiene dalla Commissione tributaria di Torino la sospensione della riscossione. E ora l'Agenzia tratta con il gruppo e il suo consulente - Vitali, Romagnoli, Piccardi e Associati - la possibilità di una transazione.

CLIENTI & RAIDER Tremonti, tornato ministro e alle prese con la crisi finanziaria, attacca speculatori, paradisi fiscali e banchieri. Lo studio che lui ha fondato mostra però consuetudine con tutte queste categorie. In Lussemburgo aveva aperto nel 1992 la società Studio Tremonti International, liquidata due anni dopo. Più recentemente, ha difeso l'operato della Bell di Emilio Gnutti (vedi box a lato). E tra i clienti non sono mancati Gianpiero Fiorani e Stefano Ricucci. Il banchiere chiese un parere fiscale allo studio nel 2003, per una riorganizzazione che permise alla Popolare di Lodi di pagare meno tasse per decine di milioni. Quando invece nel luglio 2006 il gruppo Ricucci iniziò ad andare a gambe all'aria, e si ritrovò a dover sanare le imposte evase, la prima porta a cui bussò è quella di via Crocefisso. E così, a trattare con l'Agenzia un accordo per decine di milioni si è ritrovato Giuliano Foglia, un partner entrato nello studio cinque anni fa.

GERONZI D'ORO Uno dei casi più clamorosi, tuttavia, riguarda Unicredit. L'istituto guidato da Alessandro Profumo quest'anno potrebbe pagare un miliardo di tasse in meno per effetto di una norma introdotta dal Tremonti ministro. La sorpresa è contenuta in una società inattiva, Ipse 2000, il cui pacchetto di maggioranza Unicredit ha trovato in Capitalia, la banca acquistata l'anno scorso. Ecco i fatti. Otto anni fa Capitalia, guidata da Cesare Geronzi, decide di finanziare l'avventura di Ipse, una società nata dal nulla per buttarsi nei telefonini Umts. Ipse si dissangua per rilevare le frequenze necessarie e nel 2004 è sull'orlo del fallimento. Porta però in dote 3 miliardi di perdite fiscali che possono dar luogo a un beneficio in termini di minori imposte stimabile in un miliardo. Capitalia offre Ipse all'Enel, che già possiede Wind, e potrebbe essere interessata alle frequenze. Il fatto che una 'bara fiscale' possa essere sfruttata da un'azienda statale come l'Enel suscita però critiche. E l'Agenzia delle Entrate pone un vincolo: Enel può compiere il blitz solo se non rivenderà Wind a stretto giro di posta, cosa che invece intende fare.

L'affare si blocca, ma Capitalia ha un 'piano B'. Forte di un parere di Enrico Vitali, mira a utilizzare per sé le perdite fiscali. Senza fare troppo rumore, compra azioni Ipse fino al 50 per cento più una. La mossa è necessaria per usufruire del cosiddetto 'consolidato fiscale', varato dal Tremonti ministro l'anno prima. E permette a Geronzi, al momento di vendere la banca, di indorare la pillola di Ipse, un'operazione del tutto sballata. Il frutto potrebbe essere colto da Profumo quest'anno. Un miliardo di minori tasse per lo Stato non è poco: alla cosiddetta carta per i poveri, voluta dal ministro, sono stati destinati solo 200 milioni.

Fonte: L'Espresso
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di Luca Piana



Gli affari segreti dello studio fondato dal ministro. Tra banche, petrolieri e aziende pubbliche. Incarichi di prestigio agli associati. E pratiche che procedono a rilento all'Agenzia delle Entrate
La pratica è arrivata sul tavolo degli ispettori anti evasione ormai da tempo. La Mondadori, casa editrice di proprietà di Silvio Berlusconi, è sospettata di aver evaso il fisco. Facendo i controlli sulle dichiarazioni del 2004, gli uomini dell'Agenzia delle Entrate di Milano si sono accorti che la Mondadori aveva escluso dal reddito imponibile una serie di guadagni, riducendo le tasse da pagare.

Una cifra non elevata, dicono fonti vicine al dossier, anche se superiore ai livelli che potrebbero far scattare la denuncia per falsa dichiarazione. Il caso, però, è politicamente scottante per due aspetti diversi. Il primo è che sarebbe clamoroso vedere un premier punire se stesso per aver evaso il fisco. Il secondo è che tra i consulenti fiscali abituali del gruppo Fininvest c'è, anche se in modo non esclusivo, lo studio fondato dal ministro dell'Economia, Giulio Tremonti. Così all'Agenzia delle Entrate, l'ente che si occupa della lotta all'evasione guidato da un fedelissimo del ministro, Attilio Befera, la pratica Mondadori sembra non fare progressi da mesi: alla stessa casa editrice fanno sapere di non essere a conoscenza se i rilievi, dichiarati già nel bilancio 2007, abbiano avuto seguito. All'Agenzia, invece, non commentano.

In prima linea durante queste settimane di durissima crisi finanziaria, Tremonti è da sempre considerato una delle figure più in vista nell'alleanza che gravita attorno a Berlusconi. Esiste però una faccia poco nota del pianeta Tremonti, costituita dalla sua attività professionale di fiscalista. Lo studio, fondato negli anni Ottanta, ha la sede storica a Milano, dove occupa gran parte di un elegante palazzo in via Crocefisso. Dal citofono il cognome del ministro oggi è sparito. Vi rimangono quelli dei più anziani fra i partner attuali: Enrico Vitali, Dario Romagnoli e Lorenzo Piccardi. Il sito Web informa che Tremonti "ha lasciato lo studio". Gli studi professionali non sono aziende ma associazioni fra partner che si dividono i profitti. Se uno lascia, a meno di accordi segreti, la ditta esce dal suo patrimonio. Per Tremonti, però, l'idea di un taglio netto è dura da sostenere: ogni volta che è uscito dal governo, è tornato a lavorare in studio. È accaduto nel luglio 2004 quando, in rotta con Gianfranco Fini, per 14 mesi dovette lasciare il posto a Domenico Siniscalco. Ed è successo nel 2006, dopo l'ultima vittoria di Romano Prodi.

Questo avanti-indietro dà vita a un corto circuito continuo. Il primo aspetto problematico nasce nei rapporti fra ministero e imprese a controllo statale. Tremonti partecipa alla nomina di manager di aziende che, poi, figurano fra i clienti dello studio, come accaduto con Enel e altre società. Un intreccio che si complica quando il ministro assegna incarichi a persone che incrocia nell'attività privata. Nel 2002 ha piazzato nel collegio sindacale dell'Eni Paolo Colombo, fratello di Fabrizio, un suo associato. Due anni dopo lo stesso Paolo Colombo è divenuto consulente dello studio e lo scorso giugno, nella tornata di nomine all'Eni varate da Tremonti, è stato promosso consigliere. L'unica donna fra i partner dello studio, Laura Gualtieri, è stata nominata nel collegio sindacale di due aziende della Finmeccanica, Agusta e Alenia Aermacchi, anche se solo come sindaco supplente. Curioso il caso del presidente dell'Enel, Piero Gnudi, riconfermato in giugno: è stata la figlia, Maddalena, a venire accolta, quest'anno, tra gli associati dello studio fondato da Tremonti.

Il secondo aspetto delicato riguarda la sfera politica. I proclami del ministro a volte stridono pesantemente con il business dello studio, facendo apparire Tremonti come il Don Giovanni di Mozart: cambiando identità a seconda della donna che ha davanti, il seduttore sembra perdere se stesso. Lui attacca la grande finanza, ma fra i clienti abbondano le banche, dalla Merrill Lynch al Monte dei Paschi di Siena, che in luglio si è avvalso della consulenza fiscale di Vitali & C. per vendere alla Lehman Brothers l'attività dei crediti in sofferenza. E non mancano i petrolieri, quelli che avrebbero dovuto piangere per l'introduzione della cosiddetta Robin Hood Tax. Il 17 luglio, parlando alla Camera dei deputati, Tremonti si è scagliato contro i colossi russi dell'energia, affermando che in Europa operano soggetti dalle "caratteristiche aggressive diverse da quelle di mercato". Un mese prima, quando era ministro da 40 giorni, la Erg della famiglia Garrone aveva però venduto alla russa Lukoil il 49 per cento delle raffinerie e della centrale di Priolo, in Sicilia, per 1,37 miliardi. Per minimizzare l'impatto fiscale sull'incasso, la Erg si era rivolta allo studio fondato da Tremonti, con cui vanta un lungo rapporto: uno dei partner, Marcello Valenti, è sindaco della Erg Raffinerie Mediterranee.

In maniera più rilevante, l'elastico tra politica e professione si intreccia con uno dei compiti più delicati del ministero dell'Economia: il controllo dell'onestà contributiva dei grandi gruppi, che sono pure clienti, dalla Pirelli alla Fiat. Lo studio non vuole fare commenti sull'elenco dettagliato dei clienti. Ma l'intreccio produce effetti ai limiti del comico, come accaduto il 19 giugno alla festa della Guardia di Finanza, celebrata al Foro Italico sotto gli occhi di Tremonti, appena tornato ministro. Durante la cerimonia tre finanzieri - il tenente colonnello Sergio Napoletano e i marescialli Antonio Fusco e Roberto D'Oria - sono stati premiati per aver portato a termine "una complessa attività di verifica nei confronti di una nota azienda dell'alta moda", che aveva sottratto al fisco "redditi per oltre 280 milioni". La nota azienda era degli stilisti Dolce & Gabbana, che per difendersi dall'erario, si erano affidati allo studio fondato da Tremonti. 'L'espresso' ha potuto ricostruire altri episodi - da Telecom Italia alla Techint, dalla Magiste di Stefano Ricucci all'eredità fiscale del gruppo Capitalia - nei quali Tremonti si è ritrovato coinvolto prima come ministro, poi come collaboratore dello studio, o viceversa.

EVASORI D'ACCIAIO Nei primi mesi del 2008 l'Agenzia delle Entrate si è ritrovata sul tavolo un caso delicato. A essere coinvolta era la Dalmine della famiglia Rocca. Spulciando il bilancio 2003, gli ispettori di Bergamo dell'Agenzia hanno scoperto che la Dalmine aveva escluso dall'imponibile 108 milioni di sterline (160 milioni di euro): cifra versata alla BHP Billiton Petroleum per chiudere un procedimento legale avviato dopo la rottura di un gasdotto e che aveva condotto a un pronunciamento sfavorevole della High Court of Justice inglese. La vicenda è complessa. In un primo momento sembrava che potesse essere accolta la linea difensiva del gruppo Rocca, affidata allo studio Tremonti, che sosteneva la deducibilità del prezzo pagato. In seguito, altre verifiche hanno dato ragione agli ispettori di Bergamo, aprendo la strada a una contestazione stimabile in un centinaio di milioni. Passati cinque mesi dal ricambio al vertice dell'Agenzia, la questione non risulta però ancora definita.

Marco Tronchetti Provera
DIETROFRONT TELECOM Se c'è un caso che mostra l'intrecciarsi delle indagini del Fisco con l'andirivieni di Tremonti dal ministero, è quello relativo all'acquisizione di Blu, un vecchio operatore di telefonia Gsm in difficoltà, da parte di Telecom. La compagnia, guidata allora da Marco Tronchetti Provera, acquista Blu nel 2002. Nel dicembre dello stesso anno (con Tremonti ministro), chiede all'Agenzia delle Entrate, sede di Torino, di utilizzare le perdite fiscali dell'operatore in disarmo per ridurre l'imponibile, avvalendosi di un parere del tributarista Franco Gallo. Ottiene l'ok nel marzo 2003.

Due anni dopo, gli ispettori centrali dell'Agenzia, guidata all'epoca da un altro fedele tremontiano, Raffaele Ferrara, contestano alla Telecom di aver rappresentato l'operazione Blu in modo scorretto. Tremonti all'epoca è uscito temporaneamente dal governo e Telecom si affida alla consulenza del suo studio. Nella vicenda ballano cifre da capogiro. L'accertamento si conclude nel dicembre 2007 con la richiesta di 436 milioni di maggiori imposte, oltre a sanzioni e interessi per 492 milioni. Il 7 maggio scorso, casualmente il giorno del ritorno di Tremonti al ministero, viene spedita una cartella esattoriale che impone il pagamento di una prima tranche di 182 milioni. Telecom ottiene dalla Commissione tributaria di Torino la sospensione della riscossione. E ora l'Agenzia tratta con il gruppo e il suo consulente - Vitali, Romagnoli, Piccardi e Associati - la possibilità di una transazione.

CLIENTI & RAIDER Tremonti, tornato ministro e alle prese con la crisi finanziaria, attacca speculatori, paradisi fiscali e banchieri. Lo studio che lui ha fondato mostra però consuetudine con tutte queste categorie. In Lussemburgo aveva aperto nel 1992 la società Studio Tremonti International, liquidata due anni dopo. Più recentemente, ha difeso l'operato della Bell di Emilio Gnutti (vedi box a lato). E tra i clienti non sono mancati Gianpiero Fiorani e Stefano Ricucci. Il banchiere chiese un parere fiscale allo studio nel 2003, per una riorganizzazione che permise alla Popolare di Lodi di pagare meno tasse per decine di milioni. Quando invece nel luglio 2006 il gruppo Ricucci iniziò ad andare a gambe all'aria, e si ritrovò a dover sanare le imposte evase, la prima porta a cui bussò è quella di via Crocefisso. E così, a trattare con l'Agenzia un accordo per decine di milioni si è ritrovato Giuliano Foglia, un partner entrato nello studio cinque anni fa.

GERONZI D'ORO Uno dei casi più clamorosi, tuttavia, riguarda Unicredit. L'istituto guidato da Alessandro Profumo quest'anno potrebbe pagare un miliardo di tasse in meno per effetto di una norma introdotta dal Tremonti ministro. La sorpresa è contenuta in una società inattiva, Ipse 2000, il cui pacchetto di maggioranza Unicredit ha trovato in Capitalia, la banca acquistata l'anno scorso. Ecco i fatti. Otto anni fa Capitalia, guidata da Cesare Geronzi, decide di finanziare l'avventura di Ipse, una società nata dal nulla per buttarsi nei telefonini Umts. Ipse si dissangua per rilevare le frequenze necessarie e nel 2004 è sull'orlo del fallimento. Porta però in dote 3 miliardi di perdite fiscali che possono dar luogo a un beneficio in termini di minori imposte stimabile in un miliardo. Capitalia offre Ipse all'Enel, che già possiede Wind, e potrebbe essere interessata alle frequenze. Il fatto che una 'bara fiscale' possa essere sfruttata da un'azienda statale come l'Enel suscita però critiche. E l'Agenzia delle Entrate pone un vincolo: Enel può compiere il blitz solo se non rivenderà Wind a stretto giro di posta, cosa che invece intende fare.

L'affare si blocca, ma Capitalia ha un 'piano B'. Forte di un parere di Enrico Vitali, mira a utilizzare per sé le perdite fiscali. Senza fare troppo rumore, compra azioni Ipse fino al 50 per cento più una. La mossa è necessaria per usufruire del cosiddetto 'consolidato fiscale', varato dal Tremonti ministro l'anno prima. E permette a Geronzi, al momento di vendere la banca, di indorare la pillola di Ipse, un'operazione del tutto sballata. Il frutto potrebbe essere colto da Profumo quest'anno. Un miliardo di minori tasse per lo Stato non è poco: alla cosiddetta carta per i poveri, voluta dal ministro, sono stati destinati solo 200 milioni.

Fonte: L'Espresso

giovedì 30 ottobre 2008

Bisogna ringraziare Cossiga


Di Benny Calasanzio


Ma perchè mai tutto questo scandalo per le parole eversive di Francesco Cossiga?
Tutti ad indicare il dito del sardo senza accorgersi della luna che ci ha fatto sorgere dinanzi.
Per quanto mi riguarda Cossiga è un povero vecchio, in preda ad una devastante demenza senile, per cui non ho il minimo rispetto.
Ma grazie alla malattia cavalcante, Cossiga ha finalmente raccontato senza filtri quello che da sessant'anni accade in Italia durante le manifestazioni, durante le agitazioni. Penso all'inizio degli anni di piombo, il 1 marzo 1968, a Valle Giulia, quando studenti e poliziotti iniziarono la guerra.
Penso all''11 marzo 1977, quando durante alcuni scontri a Bologna viene ammazzato dai carabinieri (?) Pier Francesco Lorusso, studente di Lotta Continua, e quando gli studenti manifestano per Lorusso, il ministro degli interni di allora, guarda caso Cossiga, inviò carri armati nel centro di Bologna.
O il 22 marzo 1977, quando viene trucidato dai Nap (?) il poliziotto Claudio Graziosi. Penso al poliziotto Antonio Merenda, ucciso il 21 aprile 1977 a Roma durante la "disoccupazione" di una università dagli autonomi (?).
Penso anche al 28 aprile 1977, quando a Torino fu ucciso l'avvocato Fulvio Croce, con lo scopo di far saltare il processo ad alcuni terroristi.
Penso all'assassinio di Giorgiana Masi, ammazzata a 19 anni durante una manifestazione in piazza Navona, il 12 maggio 1977, in una piazza infestata da agenti in borghese e provocatori statali.
Penso alla manifestazione di protesta organizzata per la morte di Giorgiana, il 14 maggio 1977, quando durante gli scontri venne ammazzato a pistolettate l'agente di polizia Antonio Custrà, di appena 25 anni.
E per finire ricordo anche il 3 ottobre 1977, quando fu arso vivo a Torino Roberto Crescenzio, 22 anni, colpito da bombe Molotov che alcuni militanti di Lotta Continua (?) lanciarono in un bar di cui Roberto era semplice cliente.
Lui usci, infuocato, e si sedette su una sedia, di fronte a centinaia di persone che cercavano di aiutarlo. Cercate la foto.
Ora sappiamo, con assoluta certezza, che tutti questi ragazzi, alcuni ragazzini, sono stati vittime sacrificali di una precisa strategia della tensione che Cossiga stesso ha confessato.
Mentre poliziotti, brigatisti e terroristi neri si sparavano e credevano ognuno di lottare per la propria democrazia, quelli come Cossiga gioivano ad ogni morte, ad ogni numero che aumentava la tensione e dava sempre più poteri all'esecutivo, grazie all'approvazione degli italiani, impauriti da una morsa di paura, creata, nientemeno, da chi li governava.
E viene spontaneo chiedere all'infermo Cossiga, se in quella strategia della tensione da lui promossa c'entrassero anche le stragi, visto che, sempre guardacaso, accaddero tutte in quegli anni in cui lui stesso ha ammesso di essere stato fomentatore di violenza.
Abbiamo forse, finalmente, la verità, grazie alla sua intervista, sulla Strage di piazza Fontana a Milano, il 12 dicembre 1969, o sulla Strage di Peteano a Gorizia il 31 maggio 1972? E della Strage della Questura di Milano, il 17 maggio 1973, Cossiga sa nulla? Strage di Piazza della Loggia a Brescia , il 28 maggio 1974, della strage sull'espresso Roma-Brennero (Italicus), il 4 agosto 1974, e della strage di via Fani, 16 marzo 1978, in cui a Roma fu rapito Aldo Moro e ammazzati i cinque uomini di scorta, e della strage alla Stazione di Bologna, il 2 agosto 1980, Cossiga può raccontarci se anche quello era un modo per creare tensione, per farli ammazzare tra di loro e poi mandare le ambulanze a raccattare morti e feriti come castagne?
Dobbiamo ringraziare Francesco Cossiga, perchè senza scavare tra i cadaveri del passato, senza volare troppo indietro nel tempo, possiamo comprendere a pieno i disastri del G8 di Genova, che ad un primo sguardo pare perfettamente pianificato secondo i precisi dettami del trattato scientifico di Cossiga.
Forse i manifestanti non erano tutti ubriachi quando vedevano alcuni black block che sotto alle tute nere, avevano l'uniforme.
E forse non tutti i poliziotti erano provocatori quando venivano attaccati da alcune frangie sconosciute agli altri manifestanti.
Forse in realtà è sempre così che si è fatto in Italia, e Cossiga, grazie alla demenza senile, lo ha solo raccontato.
Forse sempre così si farà, e forse, in occasione delle ultime proteste ed occupazioni degli studenti contro la riformaccia Gelmini, nessuno è morto proprio perchè Cossiga lo ha raccontato, perchè sarebbe stato troppo evidente.
Però avrebbe funzionato: uno studente o un poliziotto ammazzato per strada avrebbero creato un bel clima, ideale per approvare una riforma restrittiva in un clima di emergenza. Peccato, alla fine si sarebbe trattato di un morto, solo uno in più.

.
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Di Benny Calasanzio


Ma perchè mai tutto questo scandalo per le parole eversive di Francesco Cossiga?
Tutti ad indicare il dito del sardo senza accorgersi della luna che ci ha fatto sorgere dinanzi.
Per quanto mi riguarda Cossiga è un povero vecchio, in preda ad una devastante demenza senile, per cui non ho il minimo rispetto.
Ma grazie alla malattia cavalcante, Cossiga ha finalmente raccontato senza filtri quello che da sessant'anni accade in Italia durante le manifestazioni, durante le agitazioni. Penso all'inizio degli anni di piombo, il 1 marzo 1968, a Valle Giulia, quando studenti e poliziotti iniziarono la guerra.
Penso all''11 marzo 1977, quando durante alcuni scontri a Bologna viene ammazzato dai carabinieri (?) Pier Francesco Lorusso, studente di Lotta Continua, e quando gli studenti manifestano per Lorusso, il ministro degli interni di allora, guarda caso Cossiga, inviò carri armati nel centro di Bologna.
O il 22 marzo 1977, quando viene trucidato dai Nap (?) il poliziotto Claudio Graziosi. Penso al poliziotto Antonio Merenda, ucciso il 21 aprile 1977 a Roma durante la "disoccupazione" di una università dagli autonomi (?).
Penso anche al 28 aprile 1977, quando a Torino fu ucciso l'avvocato Fulvio Croce, con lo scopo di far saltare il processo ad alcuni terroristi.
Penso all'assassinio di Giorgiana Masi, ammazzata a 19 anni durante una manifestazione in piazza Navona, il 12 maggio 1977, in una piazza infestata da agenti in borghese e provocatori statali.
Penso alla manifestazione di protesta organizzata per la morte di Giorgiana, il 14 maggio 1977, quando durante gli scontri venne ammazzato a pistolettate l'agente di polizia Antonio Custrà, di appena 25 anni.
E per finire ricordo anche il 3 ottobre 1977, quando fu arso vivo a Torino Roberto Crescenzio, 22 anni, colpito da bombe Molotov che alcuni militanti di Lotta Continua (?) lanciarono in un bar di cui Roberto era semplice cliente.
Lui usci, infuocato, e si sedette su una sedia, di fronte a centinaia di persone che cercavano di aiutarlo. Cercate la foto.
Ora sappiamo, con assoluta certezza, che tutti questi ragazzi, alcuni ragazzini, sono stati vittime sacrificali di una precisa strategia della tensione che Cossiga stesso ha confessato.
Mentre poliziotti, brigatisti e terroristi neri si sparavano e credevano ognuno di lottare per la propria democrazia, quelli come Cossiga gioivano ad ogni morte, ad ogni numero che aumentava la tensione e dava sempre più poteri all'esecutivo, grazie all'approvazione degli italiani, impauriti da una morsa di paura, creata, nientemeno, da chi li governava.
E viene spontaneo chiedere all'infermo Cossiga, se in quella strategia della tensione da lui promossa c'entrassero anche le stragi, visto che, sempre guardacaso, accaddero tutte in quegli anni in cui lui stesso ha ammesso di essere stato fomentatore di violenza.
Abbiamo forse, finalmente, la verità, grazie alla sua intervista, sulla Strage di piazza Fontana a Milano, il 12 dicembre 1969, o sulla Strage di Peteano a Gorizia il 31 maggio 1972? E della Strage della Questura di Milano, il 17 maggio 1973, Cossiga sa nulla? Strage di Piazza della Loggia a Brescia , il 28 maggio 1974, della strage sull'espresso Roma-Brennero (Italicus), il 4 agosto 1974, e della strage di via Fani, 16 marzo 1978, in cui a Roma fu rapito Aldo Moro e ammazzati i cinque uomini di scorta, e della strage alla Stazione di Bologna, il 2 agosto 1980, Cossiga può raccontarci se anche quello era un modo per creare tensione, per farli ammazzare tra di loro e poi mandare le ambulanze a raccattare morti e feriti come castagne?
Dobbiamo ringraziare Francesco Cossiga, perchè senza scavare tra i cadaveri del passato, senza volare troppo indietro nel tempo, possiamo comprendere a pieno i disastri del G8 di Genova, che ad un primo sguardo pare perfettamente pianificato secondo i precisi dettami del trattato scientifico di Cossiga.
Forse i manifestanti non erano tutti ubriachi quando vedevano alcuni black block che sotto alle tute nere, avevano l'uniforme.
E forse non tutti i poliziotti erano provocatori quando venivano attaccati da alcune frangie sconosciute agli altri manifestanti.
Forse in realtà è sempre così che si è fatto in Italia, e Cossiga, grazie alla demenza senile, lo ha solo raccontato.
Forse sempre così si farà, e forse, in occasione delle ultime proteste ed occupazioni degli studenti contro la riformaccia Gelmini, nessuno è morto proprio perchè Cossiga lo ha raccontato, perchè sarebbe stato troppo evidente.
Però avrebbe funzionato: uno studente o un poliziotto ammazzato per strada avrebbero creato un bel clima, ideale per approvare una riforma restrittiva in un clima di emergenza. Peccato, alla fine si sarebbe trattato di un morto, solo uno in più.

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Le mafie silenziose che infettano la città


Di Dario Caselli


Non amiamo il giornalismo alla Travaglio, le denunce oblique, come quella della Alfano nei confronti del Procuratore.

Non vorremmo però che tutto questo abbaiare alla luna, servisse ad evitare una semplice domanda.

Esiste la mafia a Reggio?

Secondo Sonia Alfano sì e pure secondo noi:perché, essendo diffusa in tutto il Paese, non dovrebbe esistere proprio qui?

Certo abbiamo letto la retorica dei reggiani diversi, della città democratica,della società sana e coesa.
Tutto vero ed insieme tutto ipocrita.

A Reggio non esiste la mafia, esistono le mafie e fanno il lavoro solito, raccolgono il pizzo, esercitano l’usura, controllano droga e prostituzione, infiltrano gli appalti pubblici,riciclano il denaro in attività, come l’edilizia ed il commercio.
Certo non si registrano,al momento, ammazzamenti, ma in passato ci furono la bomba al bar Pendolino, il cadavere in Piazza Prampolini, il che vuol dire che è stato trovato un equilibrio, anche con le nuove mafie africane, cinesi o dei Paesi dell’Est.

E’ una malattia invasiva che procede lentamente con sintomi carsici, i laboratori clandestini, il lavoro nero nei cantieri, dove i controlli latitano, come ricorda il Presidente di Cna, le betoniere che si incendiano,non certo per autocombustione.

Eppure in una Città dove si discute di tutto,dove si dibattono i problemi
persino dell’Africa Australe, di questo non si parla, intanto il fiume inquinato si mescola con quello buono e sappiamo quanto sia difficile separare l’acqua.

Per il Pd ci sono temi più importanti, lo capiamo.

Dire che la mafia esiste è come ammettere che questa non è una città diversa, né migliore. Ma tacere rischia di farci davvero diventare diversi, in peggio.

Di più, significherebbe dover spiegare dove stavano e cosa facevano i suoi dirigenti,quando la mala pianta attecchiva.

Purtroppo quando l’economia malata si mescola con quella sana, vince sempre la prima, come la metastasi cresce veloce e feroce.

Il risveglio è sempre tardivo.

Leggi tutto »

Di Dario Caselli


Non amiamo il giornalismo alla Travaglio, le denunce oblique, come quella della Alfano nei confronti del Procuratore.

Non vorremmo però che tutto questo abbaiare alla luna, servisse ad evitare una semplice domanda.

Esiste la mafia a Reggio?

Secondo Sonia Alfano sì e pure secondo noi:perché, essendo diffusa in tutto il Paese, non dovrebbe esistere proprio qui?

Certo abbiamo letto la retorica dei reggiani diversi, della città democratica,della società sana e coesa.
Tutto vero ed insieme tutto ipocrita.

A Reggio non esiste la mafia, esistono le mafie e fanno il lavoro solito, raccolgono il pizzo, esercitano l’usura, controllano droga e prostituzione, infiltrano gli appalti pubblici,riciclano il denaro in attività, come l’edilizia ed il commercio.
Certo non si registrano,al momento, ammazzamenti, ma in passato ci furono la bomba al bar Pendolino, il cadavere in Piazza Prampolini, il che vuol dire che è stato trovato un equilibrio, anche con le nuove mafie africane, cinesi o dei Paesi dell’Est.

E’ una malattia invasiva che procede lentamente con sintomi carsici, i laboratori clandestini, il lavoro nero nei cantieri, dove i controlli latitano, come ricorda il Presidente di Cna, le betoniere che si incendiano,non certo per autocombustione.

Eppure in una Città dove si discute di tutto,dove si dibattono i problemi
persino dell’Africa Australe, di questo non si parla, intanto il fiume inquinato si mescola con quello buono e sappiamo quanto sia difficile separare l’acqua.

Per il Pd ci sono temi più importanti, lo capiamo.

Dire che la mafia esiste è come ammettere che questa non è una città diversa, né migliore. Ma tacere rischia di farci davvero diventare diversi, in peggio.

Di più, significherebbe dover spiegare dove stavano e cosa facevano i suoi dirigenti,quando la mala pianta attecchiva.

Purtroppo quando l’economia malata si mescola con quella sana, vince sempre la prima, come la metastasi cresce veloce e feroce.

Il risveglio è sempre tardivo.

RACCOLTA DI FIRME CONTRO LE CLASSI DIFFERENZIATE!


COMUNICATO STAMPA SU MOZIONE CLASSI DIFFERENZIATE

RACCOLTA FIRME


L’Associazione culturale “Officina d'idee” di Catania promuove una raccolta firme da effettuarsi presso la sede dell’Associazione, a partire dal 03.11.2008, in Catania Via E. D’Angio’ n.2 contro la mozione della Lega, che prevede che i bambini immigrati vadano in classi differenziate.


Le firme raccolte saranno presentate alla Camera dei Deputati ed al Senato della Repubblica al fine di spingere il Parlamento a ritirare tale mozione.

Si invitano tutti a prendere contatti con l’Associazione, rivolgendosi presso la sede dell’Associazione in Via E. D’Angiò n.2 (tel. 0957164041- tel. 3398976303), al fine di unire le forze contro tale ingiusta riforma e promuovere insieme anche iniziative pubbliche.

Il Presidente
Avv. Francesco Silluzio

Fonte: A Rarika

-------------------------------------------------------------------------------------------

FERMIAMOLI PRIMA CHE SIA TROPPO TARDI!

Prima vennero a prendere gli zingari,
Io restai in silenzio.
Rubacchiavano.

Quando vennero a prendere gli ebrei
Io restai in silenzio.
Mi stavano antipatici.

Quando vennero a prendere gli omosessuali
Io restai in silenzio.
Mi erano fastidiosi.

Quando vennero a prendere i comunisti
Io restai in silenzio.
Non ero comunista.

Quando vennero per me,
Non era più rimasto nessuno
che potesse far sentire la mia voce.

Martin Niemöller
Pastore antinazista
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COMUNICATO STAMPA SU MOZIONE CLASSI DIFFERENZIATE

RACCOLTA FIRME


L’Associazione culturale “Officina d'idee” di Catania promuove una raccolta firme da effettuarsi presso la sede dell’Associazione, a partire dal 03.11.2008, in Catania Via E. D’Angio’ n.2 contro la mozione della Lega, che prevede che i bambini immigrati vadano in classi differenziate.


Le firme raccolte saranno presentate alla Camera dei Deputati ed al Senato della Repubblica al fine di spingere il Parlamento a ritirare tale mozione.

Si invitano tutti a prendere contatti con l’Associazione, rivolgendosi presso la sede dell’Associazione in Via E. D’Angiò n.2 (tel. 0957164041- tel. 3398976303), al fine di unire le forze contro tale ingiusta riforma e promuovere insieme anche iniziative pubbliche.

Il Presidente
Avv. Francesco Silluzio

Fonte: A Rarika

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FERMIAMOLI PRIMA CHE SIA TROPPO TARDI!

Prima vennero a prendere gli zingari,
Io restai in silenzio.
Rubacchiavano.

Quando vennero a prendere gli ebrei
Io restai in silenzio.
Mi stavano antipatici.

Quando vennero a prendere gli omosessuali
Io restai in silenzio.
Mi erano fastidiosi.

Quando vennero a prendere i comunisti
Io restai in silenzio.
Non ero comunista.

Quando vennero per me,
Non era più rimasto nessuno
che potesse far sentire la mia voce.

Martin Niemöller
Pastore antinazista

mercoledì 29 ottobre 2008

COMMOSSA COMMEMORAZIONE DEL CENTENARIO DEL TERREMOTO DI MESSINA E REGGIO CALABRIA........A NEW YORK....

Può capitare di entrare nella stazione centrale di New York e
rimanere colpiti dallo scoprire una intera sezione della hall della stazione (niente a che vedere con le nostre stazioni, un salotto di pulizia ed eleganza tanto per intenderci), dedicata alla commemorazione del terremoto di Messina e Reggio Calabria del 1908 con filmati che girano su televisori e plasma , grandi pannelli esplicativi, modellini della nave americana che per prima giunse sul posto con gli aiuti, bandiere, gallerie fotografiche e tanto altro.
.
Tornati a casa controllare su google e trovare questo riferimento esplicativo:
"Columbus Day, scelto filmato Gensitaliaca terremoto di Messina.

La Columbus Citizen Foundation ha scelto il filmato dell'Associazione culturale Gens Italica network per ricordare, nell'ambito degli incontri ufficiali del Columbus Day, il terremoto di Messina del 1908. Lo rende noto un comunicato della stessa Associazione. Gens Italica e' attualmente presente a New York nell'esposizione alla Vanderbilt Hall della Grand Central Station con uno stand multimediale che unisce al ricordo della catastrofe del secolo scorso il racconto di storie italiane di successo nei campi della cultura e della creativita'. Lo stand, fino al 19 ottobre alla Mostra del Columbus Day, ha registrato un elevato numero di visitatori e gli organizzatori, che hanno ottenuto il patrocinio del Ministero degli Affari Esteri e della Regione Siciliana, porteranno la loro produzione multimediale nei principali Paesi che diedero il loro contributo alle popolazioni colpite dal sisma e all'interno delle manifestazioni per il centenario del terremoto che verranno organizzate a Messina e a Reggio Calabria."
(Fonte ferruccioformentini.blogspot.)
.
Alcune considerazioni vengono alla mente:
Non so se arrivò a soccorrere le popolazioni colpite dal terremoto per prima una nave americana o russa, e nemmeno mi interessa, verso questi marinai si può solo provare riconoscenza e ringraziamento, so però chi arrivò per ultimo a portare disorganizzati soccorsi : i savoiardi.
Ho letto recentemente che un politico siciliano si lamenta di non avere avuto fondi dal governo per commemorare con un evento adeguato i cento anni dal terremoto.
Vorrei solo ricordare che, a imperitura vergogna di questo paese, molte delle baracche costruite dai marinai americani cent'anni fa sono ancora in piedi, la ricostruzione ancora non è avvenuta del tutto, perciò i fondi , che comunque non saranno assegnati, sarebbe stato forse meglio dichiarare di volerli impiegare per ricostruire le case, visto che più di tremila messinesi nelle baracche ci hanno vissuto e ancora ci vivono, nell’anno domini 2008, a cent’anni dal sisma.
I quartieri dell’Annunziata, del Fondo De Paquale o di Giostra, sono come le stratificazioni geologiche della storia d’Italia, della sua classe politica siciliana e no, del suo raccapricciante squallore.

Una domanda sorge spontanea : ma le migliaia di cittadini newyorchesi che quotidianamente passano di fianco o visitano la mostra se sapessero che a cent'anni dal terremoto tremila messinesi vivono ancora nelle baracche cosa penserebbero dei nostri governanti?
E cosa penserebbero di noi che continuiamo a sopportarli e ad eleggerli?!


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Può capitare di entrare nella stazione centrale di New York e
rimanere colpiti dallo scoprire una intera sezione della hall della stazione (niente a che vedere con le nostre stazioni, un salotto di pulizia ed eleganza tanto per intenderci), dedicata alla commemorazione del terremoto di Messina e Reggio Calabria del 1908 con filmati che girano su televisori e plasma , grandi pannelli esplicativi, modellini della nave americana che per prima giunse sul posto con gli aiuti, bandiere, gallerie fotografiche e tanto altro.
.
Tornati a casa controllare su google e trovare questo riferimento esplicativo:
"Columbus Day, scelto filmato Gensitaliaca terremoto di Messina.

La Columbus Citizen Foundation ha scelto il filmato dell'Associazione culturale Gens Italica network per ricordare, nell'ambito degli incontri ufficiali del Columbus Day, il terremoto di Messina del 1908. Lo rende noto un comunicato della stessa Associazione. Gens Italica e' attualmente presente a New York nell'esposizione alla Vanderbilt Hall della Grand Central Station con uno stand multimediale che unisce al ricordo della catastrofe del secolo scorso il racconto di storie italiane di successo nei campi della cultura e della creativita'. Lo stand, fino al 19 ottobre alla Mostra del Columbus Day, ha registrato un elevato numero di visitatori e gli organizzatori, che hanno ottenuto il patrocinio del Ministero degli Affari Esteri e della Regione Siciliana, porteranno la loro produzione multimediale nei principali Paesi che diedero il loro contributo alle popolazioni colpite dal sisma e all'interno delle manifestazioni per il centenario del terremoto che verranno organizzate a Messina e a Reggio Calabria."
(Fonte ferruccioformentini.blogspot.)
.
Alcune considerazioni vengono alla mente:
Non so se arrivò a soccorrere le popolazioni colpite dal terremoto per prima una nave americana o russa, e nemmeno mi interessa, verso questi marinai si può solo provare riconoscenza e ringraziamento, so però chi arrivò per ultimo a portare disorganizzati soccorsi : i savoiardi.
Ho letto recentemente che un politico siciliano si lamenta di non avere avuto fondi dal governo per commemorare con un evento adeguato i cento anni dal terremoto.
Vorrei solo ricordare che, a imperitura vergogna di questo paese, molte delle baracche costruite dai marinai americani cent'anni fa sono ancora in piedi, la ricostruzione ancora non è avvenuta del tutto, perciò i fondi , che comunque non saranno assegnati, sarebbe stato forse meglio dichiarare di volerli impiegare per ricostruire le case, visto che più di tremila messinesi nelle baracche ci hanno vissuto e ancora ci vivono, nell’anno domini 2008, a cent’anni dal sisma.
I quartieri dell’Annunziata, del Fondo De Paquale o di Giostra, sono come le stratificazioni geologiche della storia d’Italia, della sua classe politica siciliana e no, del suo raccapricciante squallore.

Una domanda sorge spontanea : ma le migliaia di cittadini newyorchesi che quotidianamente passano di fianco o visitano la mostra se sapessero che a cent'anni dal terremoto tremila messinesi vivono ancora nelle baracche cosa penserebbero dei nostri governanti?
E cosa penserebbero di noi che continuiamo a sopportarli e ad eleggerli?!


L'aparthaid di casa nostra


Mentre il mondo dell'istruzione, dalle scuole primarie alle Università, è attraversato dalle iniziative di protesta contro il Decreto 137 - la cosiddetta riforma Gelmini - un nuovo provvedimento minaccia il diritto all'istruzione e la convivenza tra le differenze.

La proposta del partito della Lega Nord votata martedì a maggioranza dalla Camera di istituire classi separate per gli alunni stranieri che non parlano la lingua italiana prevede che i figli dei migranti debbano superare un test di ingresso di conoscenza della lingua italiana altrimenti saranno spostati in classi differenziate predisposte ad hoc per loro, cosiddette classi di inclusione sebbene separate dalle classi ordinarie.

Classi per soli immigrati dunque, per rafforzare quel falso pregiudizio secondo cui la presenza di alunni stranieri nelle scuole danneggia i bambini italiani. E' un nuovo tassello nel processo di stigmatizzazione del migrante da parte delle istituzioni, che completa l'immagine del migrante come soggetto insidioso da cui difendersi attraverso leggi sempre più vessatorie (pacchetto sicurezza, introduzione di tasse di soggiorno, invenzione di nuove categorie di reato come quello di clandestinità): i migranti costituiscono una minaccia per la sicurezza, il benessere e l'identità delle città non solo perché sono criminali e credono in una religione diversa dalla nostra, ma anche perché scavalcano le famiglie italiane nelle graduatorie per le case pubbliche e perché i loro figli abbassano la qualità dell'insegnamento nelle scuole italiane.

Non sono i tagli alla scuola pubblica e le riforme che riducono a 24 ore settimanali il tempo della didattica a compromettere la qualità dell'insegnamento e il processo di apprendimento, ma i figli degli immigrati ! Se la natura del provvedimento è certamente politica, le conseguenze della mozione saranno tragicamente concrete. Innanzitutto la misura compromette gravemente il ruolo strategico di agenzia di mediazione interculturale e sociale che la scuola ricopre spontaneamente in quanto universo in cui si incontrano bambini – e di conseguenza adulti – con background socialmente e geograficamente vari. Per italiani e migranti la scuola è forse il primo vero luogo di contatto e scambio di relazioni tra persone portatrici di culture differenti.

Nonostante i tagli e le riforme che si sono succedute, nella scuola si compie il primo contatto per il minore straniero con la società di arrivo; è nell'inserimento nella classe che si attua la prima fase di accoglienza da cui sviluppare il percorso dell'inclusione, un processo che necessita di tempo e di professionalità, già compromesso dai tagli e dalle passate riforme.
Per quanto riguarda poi l'apprendimento della lingua italiana, è risaputo che le lingue si apprendono meglio attraverso l'interazione con l'altro e che un contesto affettivo-relazionale positivo è strategico per impararle.

Ma tutto questo è volutamente ignorato dal nuovo provvedimento, perché è evidente che la mozione ha l'obiettivo di escludere, differenziare e marginalizzare le differenze fin dalla più tenera età. La teoria della pericolosità sociale dell'immigrato su cui si basano le politiche di molti Governi e lo sfruttamento dell'immaginario della paura ha bisgno di nuovi contesti da colonizzare. La vita dei bambini migranti, il rapporto con i loro coetanei nativi, diventa quindi un nuovo terreno su cui sperimentare il processo di differenziazione della cittadinanza trasversale a tutti gli ambiti della vita, dal lavoro alla posizione del soggiorno, dalla la salute alla casa, dalla circolazione fino alla scuola, appunto.

“ E' un provvedimento vergognoso” dicono le/gli insegnanti della scuola primaria mobilitati contro la Riforma Tremonti-Gelmini. L'insegnante Stefania Ghedini delle Scuole XXI Aprile di Bologna commenta indignata: “Vogliono partire dalla scuola per costruire una società fatta di barriere; la scuola in cui crediamo è invece aperta, accogliente e sa includere le differenze: solo così si costruisce un futuro di convivenza e rispetto reciproco perché non vogliamo i meccanismi della banlieue, che portano a spendere in più polizia".

Secondo Francesco Bonfini di Rdb Cub Bologna il provvedimento delle classi separate, così come i tagli alla scuola pubblica sono attacchi diretti ai ceti economicamente più deboli, per cui la scuola è uno strumento di emancipazione ed inclusione. “E' un'idea bizzarra, oltretutto, pensare che mettendo insieme venti bambini che non parlano l'italiano questi imparino la lingua più velocemente che stando in classe con altri bambini che già lo parlano.”

Secondo il Professore Luigi Guerra, Preside della Facoltà di Scienze della Formazione dell'Università di Bologna si tratta di “un provvedimento razzista, che come altri sconta anche la mancanza di memoria su quanto successo in passato ai figli dei nostri emigrati.
E' un provvedimento che viene venduto come un modo per integrare meglio il bambino straniero, ma iniziare il processo di integrazione con un periodo di reclusione di fatto - come facevano in America o in Germania con i figli degli italiani - ossia un periodo in cui si nega il confronto con la cultura ospitante e al contrario si trasmette l'idea che quella cultura non ti vuole finché non sei assolutamente uguale, significa costruire le premesse perché non vi sia mai nessun titpo di inclusione.
E' chiaro che ogni qualvolta non si investe in scuola si deve investire in carabinieri, ogni qualvolta non si investe in prevenzione del disagio si deve investire in ricomposizione del disagio, e questo costa drammaticamente di più che gli interventi di prevenzione.”

Fonte: meltingpot.org
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Mentre il mondo dell'istruzione, dalle scuole primarie alle Università, è attraversato dalle iniziative di protesta contro il Decreto 137 - la cosiddetta riforma Gelmini - un nuovo provvedimento minaccia il diritto all'istruzione e la convivenza tra le differenze.

La proposta del partito della Lega Nord votata martedì a maggioranza dalla Camera di istituire classi separate per gli alunni stranieri che non parlano la lingua italiana prevede che i figli dei migranti debbano superare un test di ingresso di conoscenza della lingua italiana altrimenti saranno spostati in classi differenziate predisposte ad hoc per loro, cosiddette classi di inclusione sebbene separate dalle classi ordinarie.

Classi per soli immigrati dunque, per rafforzare quel falso pregiudizio secondo cui la presenza di alunni stranieri nelle scuole danneggia i bambini italiani. E' un nuovo tassello nel processo di stigmatizzazione del migrante da parte delle istituzioni, che completa l'immagine del migrante come soggetto insidioso da cui difendersi attraverso leggi sempre più vessatorie (pacchetto sicurezza, introduzione di tasse di soggiorno, invenzione di nuove categorie di reato come quello di clandestinità): i migranti costituiscono una minaccia per la sicurezza, il benessere e l'identità delle città non solo perché sono criminali e credono in una religione diversa dalla nostra, ma anche perché scavalcano le famiglie italiane nelle graduatorie per le case pubbliche e perché i loro figli abbassano la qualità dell'insegnamento nelle scuole italiane.

Non sono i tagli alla scuola pubblica e le riforme che riducono a 24 ore settimanali il tempo della didattica a compromettere la qualità dell'insegnamento e il processo di apprendimento, ma i figli degli immigrati ! Se la natura del provvedimento è certamente politica, le conseguenze della mozione saranno tragicamente concrete. Innanzitutto la misura compromette gravemente il ruolo strategico di agenzia di mediazione interculturale e sociale che la scuola ricopre spontaneamente in quanto universo in cui si incontrano bambini – e di conseguenza adulti – con background socialmente e geograficamente vari. Per italiani e migranti la scuola è forse il primo vero luogo di contatto e scambio di relazioni tra persone portatrici di culture differenti.

Nonostante i tagli e le riforme che si sono succedute, nella scuola si compie il primo contatto per il minore straniero con la società di arrivo; è nell'inserimento nella classe che si attua la prima fase di accoglienza da cui sviluppare il percorso dell'inclusione, un processo che necessita di tempo e di professionalità, già compromesso dai tagli e dalle passate riforme.
Per quanto riguarda poi l'apprendimento della lingua italiana, è risaputo che le lingue si apprendono meglio attraverso l'interazione con l'altro e che un contesto affettivo-relazionale positivo è strategico per impararle.

Ma tutto questo è volutamente ignorato dal nuovo provvedimento, perché è evidente che la mozione ha l'obiettivo di escludere, differenziare e marginalizzare le differenze fin dalla più tenera età. La teoria della pericolosità sociale dell'immigrato su cui si basano le politiche di molti Governi e lo sfruttamento dell'immaginario della paura ha bisgno di nuovi contesti da colonizzare. La vita dei bambini migranti, il rapporto con i loro coetanei nativi, diventa quindi un nuovo terreno su cui sperimentare il processo di differenziazione della cittadinanza trasversale a tutti gli ambiti della vita, dal lavoro alla posizione del soggiorno, dalla la salute alla casa, dalla circolazione fino alla scuola, appunto.

“ E' un provvedimento vergognoso” dicono le/gli insegnanti della scuola primaria mobilitati contro la Riforma Tremonti-Gelmini. L'insegnante Stefania Ghedini delle Scuole XXI Aprile di Bologna commenta indignata: “Vogliono partire dalla scuola per costruire una società fatta di barriere; la scuola in cui crediamo è invece aperta, accogliente e sa includere le differenze: solo così si costruisce un futuro di convivenza e rispetto reciproco perché non vogliamo i meccanismi della banlieue, che portano a spendere in più polizia".

Secondo Francesco Bonfini di Rdb Cub Bologna il provvedimento delle classi separate, così come i tagli alla scuola pubblica sono attacchi diretti ai ceti economicamente più deboli, per cui la scuola è uno strumento di emancipazione ed inclusione. “E' un'idea bizzarra, oltretutto, pensare che mettendo insieme venti bambini che non parlano l'italiano questi imparino la lingua più velocemente che stando in classe con altri bambini che già lo parlano.”

Secondo il Professore Luigi Guerra, Preside della Facoltà di Scienze della Formazione dell'Università di Bologna si tratta di “un provvedimento razzista, che come altri sconta anche la mancanza di memoria su quanto successo in passato ai figli dei nostri emigrati.
E' un provvedimento che viene venduto come un modo per integrare meglio il bambino straniero, ma iniziare il processo di integrazione con un periodo di reclusione di fatto - come facevano in America o in Germania con i figli degli italiani - ossia un periodo in cui si nega il confronto con la cultura ospitante e al contrario si trasmette l'idea che quella cultura non ti vuole finché non sei assolutamente uguale, significa costruire le premesse perché non vi sia mai nessun titpo di inclusione.
E' chiaro che ogni qualvolta non si investe in scuola si deve investire in carabinieri, ogni qualvolta non si investe in prevenzione del disagio si deve investire in ricomposizione del disagio, e questo costa drammaticamente di più che gli interventi di prevenzione.”

Fonte: meltingpot.org

Reggio Emilia: Il pericolo emergente è rappresentato dalle bande straniere


Di Simone Russo



«Non entro nella polemica politica in atto a seguito delle dichiarazioni di Sonia Alfano:posso però dire che la’ndrangheta a Reggio è radicata, pur non essendo giunta ad un vero controllo del territorio, e che più che dai casalesi i reggiani dovrebbero essere spaventati dalla pericolose bande criminali straniere attivesul territorio»

Questo in sintesi il ragionamento di Enzo Ciconte, lo studioso di fenomeni criminali consulente del Comune di Reggio che si è occupato nel corso degli anni dell’evoluzione delle presenze di stampo mafioso nella nostra Provincia.

Professor Ciconte, la presidente dell’Associazione Familiari vittime di mafia ha accusato la Procura reggiana di non contrastare efficacemente i gruppi di matrice mafiosa presenti a Reggio. Cosa ne pensa?

Non entro nella querelle politica che si è creata perchè esula del tutto dalla mia competenza di studioso del fenomeno. Non mi interessa, invece sarebbe più opportuno entrare nel merito delle dinamiche criminali nel territorio di Reggio.

Ecco, come stanno concretamente le cose? Gli allarmi ripetuti in queste ore sono fondati?

Le carte parlano chiaro:è evidente il tentativo di infiltrazione, di ’ndranghetisti cutresi negli ambienti dell’imprenditoria calabrese in città,soprattutto nel campo edilizio.Il perchè è chiaro: sui conterranei il potere di ricatto è più immediato e tangibile, la possibilità di ritorsione sui familiari, specie nei territori d’origine, è concreta.

Eppure nelle sue relazioni si dice che a Reggio la mafia non ha attecchito. Come mai?

Ho detto quello che dicono i fatti: nel suo complesso il tessuto sociale ha retto. Non ci sono infiltrazioni nelle istituzioni né nel sistema degli appalti, o almeno non ci sono segnali di questo nelle indagini finora svolte.Ciò non significa che Reggio sia un’isola felice immune da rischi: ci sono però le condizioni per una risposta efficace.

Dove si nascondono questi rischi?

Penso al traffico di droga,al settore dei trasporti. Ma non trascurerei, anzi, metterei sotto osservazione, i settori del commercio e dei servizi. Qui si deve avere una vera attività di vigilanza, occorre monitorare le attività economiche.

In merito al settore delle imprese artigiane, si è invocato un ruolo più attivo della Camera di Commercio. Che ne pensa ?

Credo che la Camera di Commercio di Reggio abbia tutti gli interessi a verificare la posizione dei propri iscritti. In ogni caso credo che si debba tenere gli occhi aperti in generale.
Faccio un esempio:come può un locale o un negozio che non ha clienti restare aperto. Sono situazioni da verificare.

Si parla della presenza dei casalesi a Reggio: è uno scenario credibile?

Io non escludo che ci sia qualche presenza di stampo camorrista a Reggio,ma è evidente che la vera presenza, quella collegata agli emigrati campani,è in provincia di Modena. In ogni caso non è possibile dire che a Reggio i casalesi controllino il territorio.Il vero problema viene da un altro punto di vista.

Quale?

Non vorrei che la discussione sui casalesi facesse perdere di vista il fenomeno della presenza di criminalità straniera sul territorio.Non v’è dubbio infatti che questi gruppi siano pericolosi e che controllino la prostituzione sulle strade e parte dello spaccio di droga.Su questo tema sto svolgendo le mie nuove ricerche.

Quali altre forme prende l’attività criminale?

Bisogna stare attenti alla penetrazione del capitale illegale nell’economia reggiana,attraverso i tentativi di riciclaggio. Fatti che avvengono ben lontano dai riflettori,nel silenzio più assoluto.L’altro settore da tenere sott’occhio è quello degli appalti delle grandi opere pubbliche:quello è il vero grande bubbone.
Serve una stazione appaltante unica,per rendere il filtro dei controlli più efficace.

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Di Simone Russo



«Non entro nella polemica politica in atto a seguito delle dichiarazioni di Sonia Alfano:posso però dire che la’ndrangheta a Reggio è radicata, pur non essendo giunta ad un vero controllo del territorio, e che più che dai casalesi i reggiani dovrebbero essere spaventati dalla pericolose bande criminali straniere attivesul territorio»

Questo in sintesi il ragionamento di Enzo Ciconte, lo studioso di fenomeni criminali consulente del Comune di Reggio che si è occupato nel corso degli anni dell’evoluzione delle presenze di stampo mafioso nella nostra Provincia.

Professor Ciconte, la presidente dell’Associazione Familiari vittime di mafia ha accusato la Procura reggiana di non contrastare efficacemente i gruppi di matrice mafiosa presenti a Reggio. Cosa ne pensa?

Non entro nella querelle politica che si è creata perchè esula del tutto dalla mia competenza di studioso del fenomeno. Non mi interessa, invece sarebbe più opportuno entrare nel merito delle dinamiche criminali nel territorio di Reggio.

Ecco, come stanno concretamente le cose? Gli allarmi ripetuti in queste ore sono fondati?

Le carte parlano chiaro:è evidente il tentativo di infiltrazione, di ’ndranghetisti cutresi negli ambienti dell’imprenditoria calabrese in città,soprattutto nel campo edilizio.Il perchè è chiaro: sui conterranei il potere di ricatto è più immediato e tangibile, la possibilità di ritorsione sui familiari, specie nei territori d’origine, è concreta.

Eppure nelle sue relazioni si dice che a Reggio la mafia non ha attecchito. Come mai?

Ho detto quello che dicono i fatti: nel suo complesso il tessuto sociale ha retto. Non ci sono infiltrazioni nelle istituzioni né nel sistema degli appalti, o almeno non ci sono segnali di questo nelle indagini finora svolte.Ciò non significa che Reggio sia un’isola felice immune da rischi: ci sono però le condizioni per una risposta efficace.

Dove si nascondono questi rischi?

Penso al traffico di droga,al settore dei trasporti. Ma non trascurerei, anzi, metterei sotto osservazione, i settori del commercio e dei servizi. Qui si deve avere una vera attività di vigilanza, occorre monitorare le attività economiche.

In merito al settore delle imprese artigiane, si è invocato un ruolo più attivo della Camera di Commercio. Che ne pensa ?

Credo che la Camera di Commercio di Reggio abbia tutti gli interessi a verificare la posizione dei propri iscritti. In ogni caso credo che si debba tenere gli occhi aperti in generale.
Faccio un esempio:come può un locale o un negozio che non ha clienti restare aperto. Sono situazioni da verificare.

Si parla della presenza dei casalesi a Reggio: è uno scenario credibile?

Io non escludo che ci sia qualche presenza di stampo camorrista a Reggio,ma è evidente che la vera presenza, quella collegata agli emigrati campani,è in provincia di Modena. In ogni caso non è possibile dire che a Reggio i casalesi controllino il territorio.Il vero problema viene da un altro punto di vista.

Quale?

Non vorrei che la discussione sui casalesi facesse perdere di vista il fenomeno della presenza di criminalità straniera sul territorio.Non v’è dubbio infatti che questi gruppi siano pericolosi e che controllino la prostituzione sulle strade e parte dello spaccio di droga.Su questo tema sto svolgendo le mie nuove ricerche.

Quali altre forme prende l’attività criminale?

Bisogna stare attenti alla penetrazione del capitale illegale nell’economia reggiana,attraverso i tentativi di riciclaggio. Fatti che avvengono ben lontano dai riflettori,nel silenzio più assoluto.L’altro settore da tenere sott’occhio è quello degli appalti delle grandi opere pubbliche:quello è il vero grande bubbone.
Serve una stazione appaltante unica,per rendere il filtro dei controlli più efficace.

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CAMORRA

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Fonte: Agoravox

martedì 28 ottobre 2008

Reggio Emilia "caso Sonia Alfano": LA LETTERA DI MATERIA AL CSM


Nella mattinata di sabato 25 ottobre 2008 veniva organizzato, nel salone dell'Hotel Posta di questa città ed a cura della lista civica «Gente di Reggio» e dei c.d. «Grillini» un convegno sulla lotta alla criminalità mafiosa e sulle infiltrazioni di questa nella provincia al quale, tra gli altri, interveniva come relatore principale la signora Alfano Sonia ed al quale ero stato invitato.

Nelle prime ore del pomeriggio ed in rapida sequenza, venivo raggiunto da tre telefonate con le quali un ufficiale dei Carabinieri presente in sala e due giornalisti mi informavano del fatto che la signora Alfano aveva fatto pesanti affermazioni sul mio operato di magistrato, soprattutto in relazione all'attività di pubblico ministero da me svolta negli anni in cui ero stato Sostituto procuratore nazionale antimafia (novembre 1994 - novembre 1997).

In particolare, facendo ripetuto ed esplicito riferimento ad «ombre» sul mio passato, ricordava la vicenda processuale del dott. Giovanni Lembo (Sostituto della stessa Procura Nazionale Antimafia e condannato con sentenza del Tribunale di Catania per favoreggiamento di associazione mafiosa) e mi chiamava in causa, sia pure in termini di minimo coinvolgimento, affermando che avevo, unitamente a questi, espresso parere favoreole per la concessione di un programma di protezione nei confronti del collaboratore di giustizia Sparacio Luigi che sarebbe stato, in realtà, un «falso pentito».

Il rispetto e la solidarietà dovuti alla signora Alfano per la vicenda tristissima e dolorosa che l'ha segnata (il padre, valoroso giornalista, venne trucidato dalla mafia in Barcellona Pozzo di Gotto nei primi anni 90 per essersi impegnato con intelligenza e serietà d'intenti contro la mafia di quella parte della Sicilia) non significa che non se ne debba altrettanto a questo Procuratore il cui impegno antimafia è stato messo in dubbio da affermazioni denigratorie che i fatti si incaricheranno di smentire.

Su queste pemesse, chiedo:

a) che il Procuratore Nazionale Antimafia voglio trasmettere al Consiglio superiore della Magistratura il parere in parola, a firma mia e del dott. Lembo, acquisito già nel processo di Catania.

b) che il C.s.m. voglia accertare i fatti in esame adottando ogni provvedimento di giustizia.

c) che il Procuratore Nazionale Antimafia mi rilasci copia degli stessi atti che sono necessari per poter intraprendere ogni iniziativa a tutela dell'onore mio e di quello della mia famiglia.

Italo Materia
Procuratore della Repubblica

(28 ottobre 2008)

Fonte: Gazzetta di Reggio on line
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Nella mattinata di sabato 25 ottobre 2008 veniva organizzato, nel salone dell'Hotel Posta di questa città ed a cura della lista civica «Gente di Reggio» e dei c.d. «Grillini» un convegno sulla lotta alla criminalità mafiosa e sulle infiltrazioni di questa nella provincia al quale, tra gli altri, interveniva come relatore principale la signora Alfano Sonia ed al quale ero stato invitato.

Nelle prime ore del pomeriggio ed in rapida sequenza, venivo raggiunto da tre telefonate con le quali un ufficiale dei Carabinieri presente in sala e due giornalisti mi informavano del fatto che la signora Alfano aveva fatto pesanti affermazioni sul mio operato di magistrato, soprattutto in relazione all'attività di pubblico ministero da me svolta negli anni in cui ero stato Sostituto procuratore nazionale antimafia (novembre 1994 - novembre 1997).

In particolare, facendo ripetuto ed esplicito riferimento ad «ombre» sul mio passato, ricordava la vicenda processuale del dott. Giovanni Lembo (Sostituto della stessa Procura Nazionale Antimafia e condannato con sentenza del Tribunale di Catania per favoreggiamento di associazione mafiosa) e mi chiamava in causa, sia pure in termini di minimo coinvolgimento, affermando che avevo, unitamente a questi, espresso parere favoreole per la concessione di un programma di protezione nei confronti del collaboratore di giustizia Sparacio Luigi che sarebbe stato, in realtà, un «falso pentito».

Il rispetto e la solidarietà dovuti alla signora Alfano per la vicenda tristissima e dolorosa che l'ha segnata (il padre, valoroso giornalista, venne trucidato dalla mafia in Barcellona Pozzo di Gotto nei primi anni 90 per essersi impegnato con intelligenza e serietà d'intenti contro la mafia di quella parte della Sicilia) non significa che non se ne debba altrettanto a questo Procuratore il cui impegno antimafia è stato messo in dubbio da affermazioni denigratorie che i fatti si incaricheranno di smentire.

Su queste pemesse, chiedo:

a) che il Procuratore Nazionale Antimafia voglio trasmettere al Consiglio superiore della Magistratura il parere in parola, a firma mia e del dott. Lembo, acquisito già nel processo di Catania.

b) che il C.s.m. voglia accertare i fatti in esame adottando ogni provvedimento di giustizia.

c) che il Procuratore Nazionale Antimafia mi rilasci copia degli stessi atti che sono necessari per poter intraprendere ogni iniziativa a tutela dell'onore mio e di quello della mia famiglia.

Italo Materia
Procuratore della Repubblica

(28 ottobre 2008)

Fonte: Gazzetta di Reggio on line
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Il Marchese del Grillo


Ricevo dall'autore queste interessanti considerazioni che posto:



Di Andrea Balìa



Le formazioni politiche o pseudo tali meridionaliste crescono in numero e volontà d’esserci a tutti i costi.
La cosa in fondo è plausibile perché, come già detto più volte, ormai il lavorare solamente sulla storia, la cultura, la memoria appare – se comunque ancora necessario perché senza radici, coscienza identitaria e consapevolezza degli eventi storici non si va da nessuna parte – non più sostenibile.
Il degrado e le volontà di sganciare e penalizzare il Sud da parte delle forze governative (e non solo) rende improcrastinabile il tentare d’organizzare una rappresentatività politica.
L’individualismo resta purtroppo una componente preminente che fa pensare ad ogni partito/associazione/movimento d’essere portatore del verbo, e d’avere strategie migliori degli altri fratelli, letti più come concorrenti che possibili partner.
La cosa non depone granchè bene perché porta ad una disgregazione delle forze e ad una polverizzazione del potere contrattuale.
Invece c’è la ricerca affannosa della scorciatoia, la volontà di apparentarsi a un carro già esistente e con qualche scanno al parlamento.
In merito restiamo dell’idea che nessuna forza parlamentare (almeno al momento) sia valutabile positivamente, indipendentemente da quale parte del parlamento s’accomodi.
Riteniamo che sia più credibile e spendibile presso la forza votante un’unicità che prenda le distanze dalla politica attuale.
Come uomo di marketing (pur ovviamente potendomi sbagliare) credo abbia più fascinazione e possibilità aggregative l’essere fuori del coro per convincere della cialtroneria della politica e dei politici in essere e del loro disamore per il Sud.

Qualcuno sostiene che parlare della storia e della memoria non attragga più, ma non è così e lo spieghiamo. Non è così perché fin ora sì è parlato solo di quello e non lo si è mai coniugato con un progetto o proposta politica.
Dove è la controprova? Quando mai sì è comunicato ciò avendone riscontri negativi? Anzi, spesso il disinteresse ci è stato proprio perché mancava la proposta politica, e l’approccio storico veniva ritenuto da solo insufficiente, ma non perché non condiviso! Gli scritti e gli appelli illuminanti di Zitara e di altri pochi non sono purtroppo (e certamente per colpe non loro!) riusciti a scuotere rispetto alla costituzione d’un partito/movimento che si proponesse al popolo del Sud.

Quindi ora che invece alcune formazioni vanno prendendo corpo è altresì possibile portare avanti il progetto politico proponendolo nelle sue istanze storiche, rivendicative, risarcitive e ovviamente propositive.
Ma ciò non è pensabile farlo assieme a forze dell’attuale arco costituzionale, che non hanno ed avrebbero alcun interesse a sostenere e rinvangare una storia troppo sovvertitrice della loro stessa ragion d’essere.
Il proporsi, d’altro canto, avendo timori a sottolineare il recupero e le ragioni della memoria porta a farsi paragonare alle altre esistenti forze politiche col rischio di perdere quell’appeal che crea il riconoscersi identitariamente.
Se apparentemente qualche forza politica dello scenario nazionale si mostra interessata è sostanzialmente per 2 ragioni :
1) i voti fanno sempre bene, meglio pure solo qualche migliaio che niente!;
2) si è annusato l’esistenza e la possibilità d’un Sud che possa insorgere, e quindi meglio che lo organizzino e sfruttino loro questo crescente dissenso che trovarsi un prossimo/futuro nemico!

Certo, stante ancora le cose così, potremmo prima o poi dover valutare possibili e strategici apparentamenti.
Ma almeno si cercherà di farlo presentandosi un po’ più forti, e non come dei poveri portatori d’acqua che s’illudono d’esserci ma nei fatti non ci sono.

Da anni però denunciavamo una propensione meridionalista a farsi fagocitare da una parte : e prima Cito, e poi Noi Meridionali, e poi l’MpA, e buon ultimo Alleanza Federalista.
Insomma o vecchie cariatidi democristiane riciclate, o alleati della Lega e Forza Italia, e anche la Lega Nord in prima persona che s’inventa il Parlamento del Sud! Eravamo stati buoni veggenti, avevamo annusato la puzza di bruciato, ma la critica che ci veniva rigettata era d’essere filo sinistrorsi.
E invece no, perché se ciò accade solo da una parte è chiaro : il CentroSinistra, per ora, è disinteressato perché in notevole ritardo nel processo di revisione del mito risorgimentale, e perché con una malattia d’intellettualismo non risolta.
L’altra parte è più disinvolta, rampante, vogliosa di non perdere nulla senza far tante storie.
Del resto lo dice anche il loro (tra i pochi) intellettuale più conosciuto : Marcello Veneziani. Dice : mi vien voglia di non scrivere più, perché la Sinistra fagocita e non condivide, ma…la Destra non legge!
E allora chi legge di meno è sempre più possibilista a far combutta, a passarci su, senza far troppe domande pur di arrivare : voi siete borbonici?
Siete per l’autonomia? Vi piace ancora il vostro ex Regno? Va bene, venite con noi…non vi preoccupate! Mi è stato detto personalmente tante volte da politici di Destra!
E poi mi chiedo : ma chi vuol andare con l’MpA e/o con Alleanza Federalista lo sa che va con i leghisti, con quelli che stanno votando leggi contro il Sud?
Il tutto al di là delle chiacchiere e delle affermazioni.
Il Federalismo, la scuola chiusa (solo in Campania circa 500!), chi li vota?
Loro, quelli con cui ci si vuole apparentare e alleare!
Voi, all’epoca, vi sareste alleati ad esempio con Mazzini, sapendo che in fondo era d’accordo con Cavour, Vittorio Emanuele, i Savoia, Garibaldi, ecc…?
Ma poi alla fine a questi signori, pronti ad accogliere le nascenti forze meridionali tra le loro braccia, viene solo permesso di fare qualche loro giochino (gravemente dannoso per il Sud!), perché in fondo, sopra loro e sopra tutti, c’è il Marchese del Grillo….ricordate cosa diceva il buon Alberto Sordi nel mitico film? :
Io sono io e voi non siete un c….!
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Ricevo dall'autore queste interessanti considerazioni che posto:



Di Andrea Balìa



Le formazioni politiche o pseudo tali meridionaliste crescono in numero e volontà d’esserci a tutti i costi.
La cosa in fondo è plausibile perché, come già detto più volte, ormai il lavorare solamente sulla storia, la cultura, la memoria appare – se comunque ancora necessario perché senza radici, coscienza identitaria e consapevolezza degli eventi storici non si va da nessuna parte – non più sostenibile.
Il degrado e le volontà di sganciare e penalizzare il Sud da parte delle forze governative (e non solo) rende improcrastinabile il tentare d’organizzare una rappresentatività politica.
L’individualismo resta purtroppo una componente preminente che fa pensare ad ogni partito/associazione/movimento d’essere portatore del verbo, e d’avere strategie migliori degli altri fratelli, letti più come concorrenti che possibili partner.
La cosa non depone granchè bene perché porta ad una disgregazione delle forze e ad una polverizzazione del potere contrattuale.
Invece c’è la ricerca affannosa della scorciatoia, la volontà di apparentarsi a un carro già esistente e con qualche scanno al parlamento.
In merito restiamo dell’idea che nessuna forza parlamentare (almeno al momento) sia valutabile positivamente, indipendentemente da quale parte del parlamento s’accomodi.
Riteniamo che sia più credibile e spendibile presso la forza votante un’unicità che prenda le distanze dalla politica attuale.
Come uomo di marketing (pur ovviamente potendomi sbagliare) credo abbia più fascinazione e possibilità aggregative l’essere fuori del coro per convincere della cialtroneria della politica e dei politici in essere e del loro disamore per il Sud.

Qualcuno sostiene che parlare della storia e della memoria non attragga più, ma non è così e lo spieghiamo. Non è così perché fin ora sì è parlato solo di quello e non lo si è mai coniugato con un progetto o proposta politica.
Dove è la controprova? Quando mai sì è comunicato ciò avendone riscontri negativi? Anzi, spesso il disinteresse ci è stato proprio perché mancava la proposta politica, e l’approccio storico veniva ritenuto da solo insufficiente, ma non perché non condiviso! Gli scritti e gli appelli illuminanti di Zitara e di altri pochi non sono purtroppo (e certamente per colpe non loro!) riusciti a scuotere rispetto alla costituzione d’un partito/movimento che si proponesse al popolo del Sud.

Quindi ora che invece alcune formazioni vanno prendendo corpo è altresì possibile portare avanti il progetto politico proponendolo nelle sue istanze storiche, rivendicative, risarcitive e ovviamente propositive.
Ma ciò non è pensabile farlo assieme a forze dell’attuale arco costituzionale, che non hanno ed avrebbero alcun interesse a sostenere e rinvangare una storia troppo sovvertitrice della loro stessa ragion d’essere.
Il proporsi, d’altro canto, avendo timori a sottolineare il recupero e le ragioni della memoria porta a farsi paragonare alle altre esistenti forze politiche col rischio di perdere quell’appeal che crea il riconoscersi identitariamente.
Se apparentemente qualche forza politica dello scenario nazionale si mostra interessata è sostanzialmente per 2 ragioni :
1) i voti fanno sempre bene, meglio pure solo qualche migliaio che niente!;
2) si è annusato l’esistenza e la possibilità d’un Sud che possa insorgere, e quindi meglio che lo organizzino e sfruttino loro questo crescente dissenso che trovarsi un prossimo/futuro nemico!

Certo, stante ancora le cose così, potremmo prima o poi dover valutare possibili e strategici apparentamenti.
Ma almeno si cercherà di farlo presentandosi un po’ più forti, e non come dei poveri portatori d’acqua che s’illudono d’esserci ma nei fatti non ci sono.

Da anni però denunciavamo una propensione meridionalista a farsi fagocitare da una parte : e prima Cito, e poi Noi Meridionali, e poi l’MpA, e buon ultimo Alleanza Federalista.
Insomma o vecchie cariatidi democristiane riciclate, o alleati della Lega e Forza Italia, e anche la Lega Nord in prima persona che s’inventa il Parlamento del Sud! Eravamo stati buoni veggenti, avevamo annusato la puzza di bruciato, ma la critica che ci veniva rigettata era d’essere filo sinistrorsi.
E invece no, perché se ciò accade solo da una parte è chiaro : il CentroSinistra, per ora, è disinteressato perché in notevole ritardo nel processo di revisione del mito risorgimentale, e perché con una malattia d’intellettualismo non risolta.
L’altra parte è più disinvolta, rampante, vogliosa di non perdere nulla senza far tante storie.
Del resto lo dice anche il loro (tra i pochi) intellettuale più conosciuto : Marcello Veneziani. Dice : mi vien voglia di non scrivere più, perché la Sinistra fagocita e non condivide, ma…la Destra non legge!
E allora chi legge di meno è sempre più possibilista a far combutta, a passarci su, senza far troppe domande pur di arrivare : voi siete borbonici?
Siete per l’autonomia? Vi piace ancora il vostro ex Regno? Va bene, venite con noi…non vi preoccupate! Mi è stato detto personalmente tante volte da politici di Destra!
E poi mi chiedo : ma chi vuol andare con l’MpA e/o con Alleanza Federalista lo sa che va con i leghisti, con quelli che stanno votando leggi contro il Sud?
Il tutto al di là delle chiacchiere e delle affermazioni.
Il Federalismo, la scuola chiusa (solo in Campania circa 500!), chi li vota?
Loro, quelli con cui ci si vuole apparentare e alleare!
Voi, all’epoca, vi sareste alleati ad esempio con Mazzini, sapendo che in fondo era d’accordo con Cavour, Vittorio Emanuele, i Savoia, Garibaldi, ecc…?
Ma poi alla fine a questi signori, pronti ad accogliere le nascenti forze meridionali tra le loro braccia, viene solo permesso di fare qualche loro giochino (gravemente dannoso per il Sud!), perché in fondo, sopra loro e sopra tutti, c’è il Marchese del Grillo….ricordate cosa diceva il buon Alberto Sordi nel mitico film? :
Io sono io e voi non siete un c….!

Reggio Emilia "caso Sonia Alfano": Il consigliere Tinelli: «Il Csm tuteli il procuratore Materia»


Di LINDA PIGOZZI


Chiede l’apertura di una pratica a tutela dell’operato dei magistrati di Reggio e, in particolare, del procuratore capo Italo Materia, il consigliere del Csm Celestina Tinelli. La richiesta arriva dopo 48 ore di aspre polemiche, sorte dopo che Sonia Alfano - presidente dell’associazione nazionale familiari vittime di mafia - ha affermato nel corso di una conferenza pubblica come «a Reggio c’è qualcosa che non mi convince».

E quel qualcosa, secondo la figlia del giornalista siciliano Beppe assassinato dalla mafia nel 1993, sarebbero «disattenzioni» nell’operato del procuratore capo di Reggio. Che ha attaccato, accusandolo di «collusioni con la mafia». «E’ ingiusto - chiarisce l’avvocato Tinelli, unico membro reggiano del Consiglio superiore della magistratura - che Sonia Alfano, pur svolgendo un encomiabile lavoro di denuncia della mafia e delle sue infiltrazioni, getti ombre sul procuratore Italo Materia, ”liquidando” quarant’anni di onorata carriera di un magistrato che ha combattuto in silenzio la mafia rischiando in prima persona nella sua città, Reggio Emilia, dove ora opera stimato da tutti da oltre quattro anni».

Premesso questo, il consigliere chiede al comitato di presidenza del Csm l’apertura della pratica a tutela dell’operato del magistrato.

«Una pratica - sottolinea l’avvocato Tinelli - da aprirsi nel più breve tempo possibile, considerato che il dottor Italo Materia è fra i candidati proposti dalla quinta commissione per il posto di procuratore capo della procura di Bologna».

Se la richiesta venisse accolta, il Csm potrebbe aprire un’inchiesta conoscitiva sulle dichiarazioni rese dall’Alfano. Le «ombre» che aleggerebbero sull’operato del magistrato poggerebbero - secondo la presidente dell’associazione nazionale familiari vittime di mafia - su diversi atti processuali e riguardano un parere positivo su un falso pentito di mafia (Luigi Sparacio) firmato da Materia assieme al magistrato Giovanni Lempo, condannato poi per favoreggiamento d’associazione mafiosa. Ma anche su indagini di Materia sul boss Giuseppe Chiofalo che, da pentito, dichiarò di essere stato fatto cadere «da un complotto fra vertici delle forze dell’ordine nonché della magistratura e del clan affliato ai Santapaola». Non solo.

L’Alfano ha parlato di mancati controlli a Reggio del procuratore capo Materia su un’impresa edile crotonese coinvolta in Calabria in un’inchiesta sullo scandalo dei rifiuti tossici.

Alle accuse di Sonia Alfano, il procuratore capo ha risposto con durezza parlando di «falsità dette su commissione» dichiarando poi di essere intenzionato a querelare la presidente dell’associazione nazionale familiari vittime di mafia.

Ieri il procuratore ha evitato di commentare nuovamente l’accaduto, rimandando ogni osservazione a proposito a un comunicato ufficiale che è intenzionato a diffondere nelle prossime ore.

A sua volta, Sonia Alfano ha annunciato di querelare il procuratore capo per le sue dichiarazioni, polemizzando, «sull’accorata solidarietà al procuratore capo reggiano» e che «una così feroce critica nei miei confronti mi lasciano pensare che forse abbiamo colto nel segno e che a Reggio esiste una parte di classe dirigente che più che interrogarsi sulle questioni che la società civile pone, ci tiene a mantenere il silenzio sulle molte anomalie del sistema Reggio e sulle ormai comprovate inflitrazioni mafiose nel tessuto economico e politico della città».

Mentre si è scatenata la solidarietà da parte delle istituzioni cittadine nei confronti di Materia, Sonia Alfano conferma quindi quanto dichiarato sabato nel convegno organizzato dalla lista civica «Gente di Reggio» e dagli «Amici di Grillo».

L’Alfano potrebbe infatti intervenire nello show che Beppe Grillo terrà stasera al palaBigi. La polemica che ha investito il procuratore capo non ha lasciato indifferenti i colleghi.

Ieri mattina, infatti, i sostituti procuratori Maria Rita Pantani, Isabella Chiesi, Valentina Salvi, Luca Guerzoni e Luciano Padula si sono riuniti per fare il punto della situazione.


Fonte :
Gazzetta di Reggio (28 ottobre 2008)
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Di LINDA PIGOZZI


Chiede l’apertura di una pratica a tutela dell’operato dei magistrati di Reggio e, in particolare, del procuratore capo Italo Materia, il consigliere del Csm Celestina Tinelli. La richiesta arriva dopo 48 ore di aspre polemiche, sorte dopo che Sonia Alfano - presidente dell’associazione nazionale familiari vittime di mafia - ha affermato nel corso di una conferenza pubblica come «a Reggio c’è qualcosa che non mi convince».

E quel qualcosa, secondo la figlia del giornalista siciliano Beppe assassinato dalla mafia nel 1993, sarebbero «disattenzioni» nell’operato del procuratore capo di Reggio. Che ha attaccato, accusandolo di «collusioni con la mafia». «E’ ingiusto - chiarisce l’avvocato Tinelli, unico membro reggiano del Consiglio superiore della magistratura - che Sonia Alfano, pur svolgendo un encomiabile lavoro di denuncia della mafia e delle sue infiltrazioni, getti ombre sul procuratore Italo Materia, ”liquidando” quarant’anni di onorata carriera di un magistrato che ha combattuto in silenzio la mafia rischiando in prima persona nella sua città, Reggio Emilia, dove ora opera stimato da tutti da oltre quattro anni».

Premesso questo, il consigliere chiede al comitato di presidenza del Csm l’apertura della pratica a tutela dell’operato del magistrato.

«Una pratica - sottolinea l’avvocato Tinelli - da aprirsi nel più breve tempo possibile, considerato che il dottor Italo Materia è fra i candidati proposti dalla quinta commissione per il posto di procuratore capo della procura di Bologna».

Se la richiesta venisse accolta, il Csm potrebbe aprire un’inchiesta conoscitiva sulle dichiarazioni rese dall’Alfano. Le «ombre» che aleggerebbero sull’operato del magistrato poggerebbero - secondo la presidente dell’associazione nazionale familiari vittime di mafia - su diversi atti processuali e riguardano un parere positivo su un falso pentito di mafia (Luigi Sparacio) firmato da Materia assieme al magistrato Giovanni Lempo, condannato poi per favoreggiamento d’associazione mafiosa. Ma anche su indagini di Materia sul boss Giuseppe Chiofalo che, da pentito, dichiarò di essere stato fatto cadere «da un complotto fra vertici delle forze dell’ordine nonché della magistratura e del clan affliato ai Santapaola». Non solo.

L’Alfano ha parlato di mancati controlli a Reggio del procuratore capo Materia su un’impresa edile crotonese coinvolta in Calabria in un’inchiesta sullo scandalo dei rifiuti tossici.

Alle accuse di Sonia Alfano, il procuratore capo ha risposto con durezza parlando di «falsità dette su commissione» dichiarando poi di essere intenzionato a querelare la presidente dell’associazione nazionale familiari vittime di mafia.

Ieri il procuratore ha evitato di commentare nuovamente l’accaduto, rimandando ogni osservazione a proposito a un comunicato ufficiale che è intenzionato a diffondere nelle prossime ore.

A sua volta, Sonia Alfano ha annunciato di querelare il procuratore capo per le sue dichiarazioni, polemizzando, «sull’accorata solidarietà al procuratore capo reggiano» e che «una così feroce critica nei miei confronti mi lasciano pensare che forse abbiamo colto nel segno e che a Reggio esiste una parte di classe dirigente che più che interrogarsi sulle questioni che la società civile pone, ci tiene a mantenere il silenzio sulle molte anomalie del sistema Reggio e sulle ormai comprovate inflitrazioni mafiose nel tessuto economico e politico della città».

Mentre si è scatenata la solidarietà da parte delle istituzioni cittadine nei confronti di Materia, Sonia Alfano conferma quindi quanto dichiarato sabato nel convegno organizzato dalla lista civica «Gente di Reggio» e dagli «Amici di Grillo».

L’Alfano potrebbe infatti intervenire nello show che Beppe Grillo terrà stasera al palaBigi. La polemica che ha investito il procuratore capo non ha lasciato indifferenti i colleghi.

Ieri mattina, infatti, i sostituti procuratori Maria Rita Pantani, Isabella Chiesi, Valentina Salvi, Luca Guerzoni e Luciano Padula si sono riuniti per fare il punto della situazione.


Fonte :
Gazzetta di Reggio (28 ottobre 2008)

28 OTTOBRE 2008 - PRESENTAZIONE DEL LIBRO SUD RIBELLE


INVITO
c/o Antica Spaghetteria Francesco e M.Sofia
Napoli
-----------------------------------
.
Quando esponiamo la Bandiera delle Due Sicilie, ci riferiamo esclusivamente all'identità o alla specificità del Popolo-Nazione meridionale: cioè, la nostra gente, il nostro popolo !

Soltanto i "miopi" o coloro che sono in mala fede, possono vedervi una nostalgia per un qualunque regime istituzionale o degli antistorici ed inattuali sentimenti politici.
Il passato, naturalmente, è importante.

Se non si sa da dove si viene, nessuno può sperare di raggiungere la meta, verso la quale vorrebbe dirigersi!
Molti ci chiedono: ma perchè parlate del passato?
Noi non parliamo "del passato", per riedificare o restaurare una qualsiasi pagina ingiallita o stantia della nostra Storia.

Ci riferiamo unicamente all' antico", per meglio focalizzare, comprendere e far capire il momento storico che è all'origine dell'insieme dei nostri problemi di oggi: la "questione meridionale".
Un problema - mi sembra - che a tutt'oggi, continua insistentemente a non trovare la sua giusta ed equa soluzione.

Nando Dicè, Sud ribelle, Diana Editrice, 2008, pp. 31
.
Leggi tutto »

INVITO
c/o Antica Spaghetteria Francesco e M.Sofia
Napoli
-----------------------------------
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Quando esponiamo la Bandiera delle Due Sicilie, ci riferiamo esclusivamente all'identità o alla specificità del Popolo-Nazione meridionale: cioè, la nostra gente, il nostro popolo !

Soltanto i "miopi" o coloro che sono in mala fede, possono vedervi una nostalgia per un qualunque regime istituzionale o degli antistorici ed inattuali sentimenti politici.
Il passato, naturalmente, è importante.

Se non si sa da dove si viene, nessuno può sperare di raggiungere la meta, verso la quale vorrebbe dirigersi!
Molti ci chiedono: ma perchè parlate del passato?
Noi non parliamo "del passato", per riedificare o restaurare una qualsiasi pagina ingiallita o stantia della nostra Storia.

Ci riferiamo unicamente all' antico", per meglio focalizzare, comprendere e far capire il momento storico che è all'origine dell'insieme dei nostri problemi di oggi: la "questione meridionale".
Un problema - mi sembra - che a tutt'oggi, continua insistentemente a non trovare la sua giusta ed equa soluzione.

Nando Dicè, Sud ribelle, Diana Editrice, 2008, pp. 31
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A Roberto Saviano

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Fonte: Campaniarrabbiata

SONIA ALFANO «Reazioni feroci perché ho colto nel segno, a Reggio E. una classe dirigente che vuole mantenere il silenzio sulle infiltrazioni mafiose»


«Le feroci reazioni alle mie parole mi inducono a pensare di aver colto nel segno:
a Reggio esiste una parte della classe dirigente che vuole mantenere il silenzio sulle comprovate
infiltrazioni mafiose e cerca di spostare l'attenzione dai veri problemi».
Firmato Sonia Alfano.

Il botta e risposta tra la presidente dall’associazione familiari delle vittime della mafia e il procuratore capo Italo Materia, accusato di ombre riconducibili a presunti legami con la criminalità organizzata,è esploso sabato e ogni giorno si arricchiscedi nuovi interventi.

«Tanta solidarietà al Procuratore Capo ed una cosi feroce critica nei miei confronti mi lasciano pensare che forse abbiamo colto nel segno - ha fatto sapere Sonia Alfano in una nota stampa
- La politica sembra essere più interessata a chiaccherare sulla presunta lesa maestà nei confronti di Materia piuttosto che interrogarsi sui dati di fatto.
Enrico Bini, imprenditore e presidente Cna, ha dichiarato di essere vittima da tempo di gravi minacce e pur avendo denunciato tutto proprio alla Procura guidata da Materia, nessuno ha preso provvedimenti.
Reggio ha visto triplicare l'incidenza dei tumori,ma la Procura non ritiene che sia il caso di verificare se l'aumento sia dovuto ai rifiuti tossici smaltiti durante i lavori per la costruzione di strade ed opere pubbliche od alle nubi tossiche».

Conclude la Alfano:«Non sarebbe il caso che la politica cittadina sposti la propria attenzione su tali questioni piuttosto che interrogarsi su "chi mi abbia mandato"?
A chi si interroga su quali presunti interessi ci siano dietro la mia visita rispondo che esistono persone che avendo subito sulla propria pelle la ferocia delle organizzazioni mafiose hanno il dovere di parlare alla società civile per provare a fermare lo strapotere dei clan».
.
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«Le feroci reazioni alle mie parole mi inducono a pensare di aver colto nel segno:
a Reggio esiste una parte della classe dirigente che vuole mantenere il silenzio sulle comprovate
infiltrazioni mafiose e cerca di spostare l'attenzione dai veri problemi».
Firmato Sonia Alfano.

Il botta e risposta tra la presidente dall’associazione familiari delle vittime della mafia e il procuratore capo Italo Materia, accusato di ombre riconducibili a presunti legami con la criminalità organizzata,è esploso sabato e ogni giorno si arricchiscedi nuovi interventi.

«Tanta solidarietà al Procuratore Capo ed una cosi feroce critica nei miei confronti mi lasciano pensare che forse abbiamo colto nel segno - ha fatto sapere Sonia Alfano in una nota stampa
- La politica sembra essere più interessata a chiaccherare sulla presunta lesa maestà nei confronti di Materia piuttosto che interrogarsi sui dati di fatto.
Enrico Bini, imprenditore e presidente Cna, ha dichiarato di essere vittima da tempo di gravi minacce e pur avendo denunciato tutto proprio alla Procura guidata da Materia, nessuno ha preso provvedimenti.
Reggio ha visto triplicare l'incidenza dei tumori,ma la Procura non ritiene che sia il caso di verificare se l'aumento sia dovuto ai rifiuti tossici smaltiti durante i lavori per la costruzione di strade ed opere pubbliche od alle nubi tossiche».

Conclude la Alfano:«Non sarebbe il caso che la politica cittadina sposti la propria attenzione su tali questioni piuttosto che interrogarsi su "chi mi abbia mandato"?
A chi si interroga su quali presunti interessi ci siano dietro la mia visita rispondo che esistono persone che avendo subito sulla propria pelle la ferocia delle organizzazioni mafiose hanno il dovere di parlare alla società civile per provare a fermare lo strapotere dei clan».
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Joe Biden: " Vi garantisco, arriva una super crisi".


Di Pino Cabras


Certo che suona molto strano il discorso pronunciato lo scorso 19 ottobre a Seattle da
Joe Biden, il candidato di Obama alla vicepresidenza USA. Biden profetizza con una certa enfatica disinvoltura che Barack Obama – una volta in carica come presidente - dovrà subito ballare al ritmo di una crisi internazionale di enormi proporzioni.

Lo “garantisce”, addirittura.

E aggiunge che «non passeranno sei mesi prima che il mondo metta alla prova Barack Obama come fece con
John Kennedy».
Ricordiamo che JFK dovette subito fronteggiare la crisi dei missili a Cuba, a un passo dal conflitto nucleare con l’URSS di Kruščëv.
Biden tiene a sottolineare davanti al pubblico lì presente: «Ricordate quel che vi ho detto in piedi qui se non ricordate nessun altra cosa che ho detto.
Badate, stiamo per avere una crisi internazionale, una crisi provocata, per mettere alla prova la stoffa di quest’uomo».
Una crisi «provocata».
In inglese la parola usata da Biden è «generated». Un vocabolo che comunque rimanda a un’idea di produzione consapevole e sofisticata di un fatto.


Biden insiste: «segnatevi le mie parole, segnatevi le mie parole», mentre aggiunge che dovranno essere prese decisioni «dure» e «impopolari» in materia di politica estera. E per chi non avesse percepito ancora la gravità del tono, ricalca: «Io prometto che accadrà».
Biden sottolinea: «da studioso di storia e avendo collaborato con sette presidenti, io vi garantisco che sta per succedere».
“Garantire” è un altro concetto di grande peso e grandissime implicazioni, per il ben informato Biden. Se l’esordio della presidenza di George W. Bush fu segnato dagli eventi dell’11/9, cosa dunque è atteso - anzi, “promesso”, “garantito” – che accada nell’esordio della nuova Amministrazione?

Biden appartiene a un’
élite in possesso di informazioni privilegiate, una classe di individui che reagisce alle crisi con strumenti concettuali e materiali diversi da quelli propri del senso comune e diversi dal velo banalizzante e bugiardo dei media più importanti. Le prospettive di crisi estrema sono tante, prese da sole o in combinazione.
L’élite sa che la crisi finanziaria, ad esempio, è ben lungi dall’essersi conclusa. Così come l’11 settembre 2001 l'élite sapeva già prima degli altri che l’economia era in recessione, così già oggi guarda con sgomento alle prossime bolle della grande finanza (carte di credito e massa dei derivati
in primis).
Quale evento è pronto a farle precipitare?
Altre crisi ci parlano di Iran, di Russia e Ucraina, di Venezuela, di conflitti potenziali che - una volta scatenati – cambierebbero l’agenda mondiale.

È degli stessi giorni una dichiarazione di tenore analogo a quella di Biden, pronunciata da un fresco sostenitore di Obama, l’ex Segretario di Stato repubblicano Colin Powell, che si è spinto a prevedere un grave scenario di crisi per fine gennaio 2009.
Un altro membro dell’élite che parla, e fa quasi l’oracolo.

Come un altro ex Segretario di Stato, la democratica
Madeleine Albright, la quale a sua volta ritiene molto plausibile lo scenario di emergenza previsto da Biden, un contesto che ai suoi occhi assume le sembianze di un mega-attentato terroristico. E non è finita.
Anche il rivale repubblicano di Obama,
John McCain, cerca di decantare la necessità di mettere al comando supremo la propria esperienza proprio perché il nuovo presidente «non avrà tempo di abituarsi alla carica».

Mentre anche ai soldati USA vengono attribuiti compiti di ordine pubblico (è una tendenza planetaria), intanto che la tempesta finanziaria perfetta incombe, l’immensa potenza americana sembra essere condotta verso un profondo mutamento della sua natura. I segnali sono forti in questa direzione.

In tempi non sospetti, nel 2004, nell’osservare l’aumento eccessivo del debito che sormonta di gran lunga la solvibilità del paese, l’economista Robert Freeman si era chiesto quali possibili strategie avrebbe potuto usare l’amministrazione statunitense (“ Come How Will Bush Deal With the Deficits? Connecting the Dots to Iraq”, «
CommonDreams.org»).
La prima strategia è aumentare le imposte, specie sui redditi elevati, e pagare i creditori. Non è ciò che fa l’amministrazione Bush.

La seconda è stampare dollari. L’abuso di una tale soluzione porterebbe però a un collasso economico.

Una terza soluzione strategica, secondo il modello imposto dall’FMI ai cosidetti ‘paesi in via di sviluppo’, è la privatizzazione degli asset nazionali e la loro vendita all’estero. Lasciando deprezzare il dollaro, l’Amministrazione USA dà così non solo respiro alle esportazioni: ma consente anche agli investitori diretti esteri di usare i loro capitali per acquistare aziende statunitensi. Alla cinese Lenovo che a suo tempo ha acquistato il ramo hardware di IBM è andata bene. Ai petrolieri cinesi che volevano acquistare la Unocal sono stati opposti invece ostacoli politici persuasivi. Ma la pressione ‘compradora’ dall’estero aumenterà.
Una quarta strategia è una sorta di ‘soluzione bolscevica’ come quando i rivoluzionari che assunsero il potere in Russia rifiutarono di onorare i debiti dello stato zarista.

Per Robert Freeman, è una possibilità «molto più vicina di quello che possa immaginare la maggior parte dei cittadini americani». Possiamo sospettare le enormi implicazioni in termini di impoverimento generale e di fine del dollaro.
Ma secondo Freeman è una quinta strategia a essere in campo più di tutte. Freeman chiarisce:
«Come ultima risoluzione, resta il saccheggio. Quando il rimborso del debito di una nazione diviene così imponente che diventa impossibile rassicurare i creditori, questo paese deve cercare una qualche sorgente di ricchezza, non importa quale sia la fonte».
Il castello di carte starà in piedi fino a quando le banche centrali di Cina e Giappone compreranno titoli in dollari. L’alternativa è non pagarli, quei debiti. Sparigliare le carte. Giocare fino in fondo sul terreno che si domina con più mezzi di tutti, quello militare e della propaganda.
Controllando prima di tutto lo scacchiere dell’energia (altro fronte in crisi), e muovendo tutte le pedine.


Sui media italiani non c’è quasi traccia delle dichiarazioni di Biden.
Il massimo che dicono è che si tratta di un
gaffeur. Ma stavolta non sembrava una gaffe. Solo che i media avrebbero dovuto fare qualche sforzo in più per descrivere un contesto complicato. Meglio banalizzare, in attesa della tempesta.

Fonte :
Pino Cabras
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Di Pino Cabras


Certo che suona molto strano il discorso pronunciato lo scorso 19 ottobre a Seattle da
Joe Biden, il candidato di Obama alla vicepresidenza USA. Biden profetizza con una certa enfatica disinvoltura che Barack Obama – una volta in carica come presidente - dovrà subito ballare al ritmo di una crisi internazionale di enormi proporzioni.

Lo “garantisce”, addirittura.

E aggiunge che «non passeranno sei mesi prima che il mondo metta alla prova Barack Obama come fece con
John Kennedy».
Ricordiamo che JFK dovette subito fronteggiare la crisi dei missili a Cuba, a un passo dal conflitto nucleare con l’URSS di Kruščëv.
Biden tiene a sottolineare davanti al pubblico lì presente: «Ricordate quel che vi ho detto in piedi qui se non ricordate nessun altra cosa che ho detto.
Badate, stiamo per avere una crisi internazionale, una crisi provocata, per mettere alla prova la stoffa di quest’uomo».
Una crisi «provocata».
In inglese la parola usata da Biden è «generated». Un vocabolo che comunque rimanda a un’idea di produzione consapevole e sofisticata di un fatto.


Biden insiste: «segnatevi le mie parole, segnatevi le mie parole», mentre aggiunge che dovranno essere prese decisioni «dure» e «impopolari» in materia di politica estera. E per chi non avesse percepito ancora la gravità del tono, ricalca: «Io prometto che accadrà».
Biden sottolinea: «da studioso di storia e avendo collaborato con sette presidenti, io vi garantisco che sta per succedere».
“Garantire” è un altro concetto di grande peso e grandissime implicazioni, per il ben informato Biden. Se l’esordio della presidenza di George W. Bush fu segnato dagli eventi dell’11/9, cosa dunque è atteso - anzi, “promesso”, “garantito” – che accada nell’esordio della nuova Amministrazione?

Biden appartiene a un’
élite in possesso di informazioni privilegiate, una classe di individui che reagisce alle crisi con strumenti concettuali e materiali diversi da quelli propri del senso comune e diversi dal velo banalizzante e bugiardo dei media più importanti. Le prospettive di crisi estrema sono tante, prese da sole o in combinazione.
L’élite sa che la crisi finanziaria, ad esempio, è ben lungi dall’essersi conclusa. Così come l’11 settembre 2001 l'élite sapeva già prima degli altri che l’economia era in recessione, così già oggi guarda con sgomento alle prossime bolle della grande finanza (carte di credito e massa dei derivati
in primis).
Quale evento è pronto a farle precipitare?
Altre crisi ci parlano di Iran, di Russia e Ucraina, di Venezuela, di conflitti potenziali che - una volta scatenati – cambierebbero l’agenda mondiale.

È degli stessi giorni una dichiarazione di tenore analogo a quella di Biden, pronunciata da un fresco sostenitore di Obama, l’ex Segretario di Stato repubblicano Colin Powell, che si è spinto a prevedere un grave scenario di crisi per fine gennaio 2009.
Un altro membro dell’élite che parla, e fa quasi l’oracolo.

Come un altro ex Segretario di Stato, la democratica
Madeleine Albright, la quale a sua volta ritiene molto plausibile lo scenario di emergenza previsto da Biden, un contesto che ai suoi occhi assume le sembianze di un mega-attentato terroristico. E non è finita.
Anche il rivale repubblicano di Obama,
John McCain, cerca di decantare la necessità di mettere al comando supremo la propria esperienza proprio perché il nuovo presidente «non avrà tempo di abituarsi alla carica».

Mentre anche ai soldati USA vengono attribuiti compiti di ordine pubblico (è una tendenza planetaria), intanto che la tempesta finanziaria perfetta incombe, l’immensa potenza americana sembra essere condotta verso un profondo mutamento della sua natura. I segnali sono forti in questa direzione.

In tempi non sospetti, nel 2004, nell’osservare l’aumento eccessivo del debito che sormonta di gran lunga la solvibilità del paese, l’economista Robert Freeman si era chiesto quali possibili strategie avrebbe potuto usare l’amministrazione statunitense (“ Come How Will Bush Deal With the Deficits? Connecting the Dots to Iraq”, «
CommonDreams.org»).
La prima strategia è aumentare le imposte, specie sui redditi elevati, e pagare i creditori. Non è ciò che fa l’amministrazione Bush.

La seconda è stampare dollari. L’abuso di una tale soluzione porterebbe però a un collasso economico.

Una terza soluzione strategica, secondo il modello imposto dall’FMI ai cosidetti ‘paesi in via di sviluppo’, è la privatizzazione degli asset nazionali e la loro vendita all’estero. Lasciando deprezzare il dollaro, l’Amministrazione USA dà così non solo respiro alle esportazioni: ma consente anche agli investitori diretti esteri di usare i loro capitali per acquistare aziende statunitensi. Alla cinese Lenovo che a suo tempo ha acquistato il ramo hardware di IBM è andata bene. Ai petrolieri cinesi che volevano acquistare la Unocal sono stati opposti invece ostacoli politici persuasivi. Ma la pressione ‘compradora’ dall’estero aumenterà.
Una quarta strategia è una sorta di ‘soluzione bolscevica’ come quando i rivoluzionari che assunsero il potere in Russia rifiutarono di onorare i debiti dello stato zarista.

Per Robert Freeman, è una possibilità «molto più vicina di quello che possa immaginare la maggior parte dei cittadini americani». Possiamo sospettare le enormi implicazioni in termini di impoverimento generale e di fine del dollaro.
Ma secondo Freeman è una quinta strategia a essere in campo più di tutte. Freeman chiarisce:
«Come ultima risoluzione, resta il saccheggio. Quando il rimborso del debito di una nazione diviene così imponente che diventa impossibile rassicurare i creditori, questo paese deve cercare una qualche sorgente di ricchezza, non importa quale sia la fonte».
Il castello di carte starà in piedi fino a quando le banche centrali di Cina e Giappone compreranno titoli in dollari. L’alternativa è non pagarli, quei debiti. Sparigliare le carte. Giocare fino in fondo sul terreno che si domina con più mezzi di tutti, quello militare e della propaganda.
Controllando prima di tutto lo scacchiere dell’energia (altro fronte in crisi), e muovendo tutte le pedine.


Sui media italiani non c’è quasi traccia delle dichiarazioni di Biden.
Il massimo che dicono è che si tratta di un
gaffeur. Ma stavolta non sembrava una gaffe. Solo che i media avrebbero dovuto fare qualche sforzo in più per descrivere un contesto complicato. Meglio banalizzare, in attesa della tempesta.

Fonte :
Pino Cabras

Gaeta, Raimondi e Ciano alla conferenza svoltasi in Regione Lazio


Il recupero dei beni demaniali è stato avviato con esiti positivi.

Così il sindaco Antonio Raimondi e l'assessore al Demanio, Antonio Ciano, dichiarano dopo aver partecipato al tavolo tecnico operativo tra Comune, Agenzia del Demanio e Regione Lazio, aperto mercoledì scorso.

Alla riunione erano presenti l 'ingegner Morelli, per l'Agenzia del Demanio nazionale, mentre per la filiale regionale ha partecipato Maria Pia Rodriguez .
A rappresentare la Regione Lazio c'erano l'ingegner Bove, l'architetto Ravaldini e Boglino,ai quali si è aggiunto Raniero De Filippis.

«La città di Gaeta, per la sua forte azione politica tesa a recuperare i beni demaniali e per il costante lavoro di schedatura e ricostruzione storica fatto in questi 16 mesi, è stato il primo comune del Lazio ad esser chiamato a partecipare alla riunione tecnica.
Siamo stati definiti l'eccellenza della Regione ed è un grande onore essere stati chiamati per primi a presentare le nostre idee sui beni demaniali - afferma soddisfatto l'assessore Ciano - .
Insieme con Civitavecchia, che sarà convocato prossimamente, siamo il Comune che ha raggiunto una fase avanzata di progettazione».

La proposta del Comune prevede lo stralcio dal Puv (Programma Unitario di Valorizzazione) di quei beni che possono trovare la copertura finanziaria con i fondi provenienti dalla RegioneLazio o da altri enti come l'Ater di Latina per l'edilizia convenzionata.

Casa Tosti e l'area della caserma Gattola saranno destinate proprio a quel tipo di edilizia, mentre la Gran Guardia e la Chiesa di San Domenico, con l'annesso convento, diventeranno rispettivamente il salone di rappresentanza della città ed un auditorium, presso il quale sarà possibile organizzare grandi eventi culturali.

Infine, il complesso di san Michele Arcangelo,composto dalla chiesa omonima, dalla Casina Reale, dalla Vecchia Tipografia e dalla Caserma,sarà affidato al Parco Regionale Riviera d' Ulisse che potrà dare valore ad una zona importante all'interno dell'area di sua competenza.

«Il fatto di essere i primi ad essere stati chiamati è già una grande soddisfazione,ma vogliamo andare avanti e chiudere in maniera definitiva questa trattativa che, per quanto riguarda il Puv, richiederà circa un anno mentre i beni stralciati seguiranno un iter molto accelerato.
- dichiara il Sindaco Raimondi - Il recupero dei beni demaniali è uno dei grandi temi della nostra proposta politica e appoggiata pienamente dalla lista Riprendiamoci Gaeta.
Stiamo ottenendo grandi risultati dopo soli 16mesi, ciò significa che stiamo lavorando bene su una parte del programma di governo che sapevamo avrebbe richiesto del tempo.
Stiamo primeggiando in tanti settori e stiamo portando a casa risultati concreti che pochi ancora non riescono a vedere. Contiamo,nei prossimi mesi, di recuperare ancora altri beni demaniali e di renderli fruibili per la cittadinanza e per i turisti».

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Il recupero dei beni demaniali è stato avviato con esiti positivi.

Così il sindaco Antonio Raimondi e l'assessore al Demanio, Antonio Ciano, dichiarano dopo aver partecipato al tavolo tecnico operativo tra Comune, Agenzia del Demanio e Regione Lazio, aperto mercoledì scorso.

Alla riunione erano presenti l 'ingegner Morelli, per l'Agenzia del Demanio nazionale, mentre per la filiale regionale ha partecipato Maria Pia Rodriguez .
A rappresentare la Regione Lazio c'erano l'ingegner Bove, l'architetto Ravaldini e Boglino,ai quali si è aggiunto Raniero De Filippis.

«La città di Gaeta, per la sua forte azione politica tesa a recuperare i beni demaniali e per il costante lavoro di schedatura e ricostruzione storica fatto in questi 16 mesi, è stato il primo comune del Lazio ad esser chiamato a partecipare alla riunione tecnica.
Siamo stati definiti l'eccellenza della Regione ed è un grande onore essere stati chiamati per primi a presentare le nostre idee sui beni demaniali - afferma soddisfatto l'assessore Ciano - .
Insieme con Civitavecchia, che sarà convocato prossimamente, siamo il Comune che ha raggiunto una fase avanzata di progettazione».

La proposta del Comune prevede lo stralcio dal Puv (Programma Unitario di Valorizzazione) di quei beni che possono trovare la copertura finanziaria con i fondi provenienti dalla RegioneLazio o da altri enti come l'Ater di Latina per l'edilizia convenzionata.

Casa Tosti e l'area della caserma Gattola saranno destinate proprio a quel tipo di edilizia, mentre la Gran Guardia e la Chiesa di San Domenico, con l'annesso convento, diventeranno rispettivamente il salone di rappresentanza della città ed un auditorium, presso il quale sarà possibile organizzare grandi eventi culturali.

Infine, il complesso di san Michele Arcangelo,composto dalla chiesa omonima, dalla Casina Reale, dalla Vecchia Tipografia e dalla Caserma,sarà affidato al Parco Regionale Riviera d' Ulisse che potrà dare valore ad una zona importante all'interno dell'area di sua competenza.

«Il fatto di essere i primi ad essere stati chiamati è già una grande soddisfazione,ma vogliamo andare avanti e chiudere in maniera definitiva questa trattativa che, per quanto riguarda il Puv, richiederà circa un anno mentre i beni stralciati seguiranno un iter molto accelerato.
- dichiara il Sindaco Raimondi - Il recupero dei beni demaniali è uno dei grandi temi della nostra proposta politica e appoggiata pienamente dalla lista Riprendiamoci Gaeta.
Stiamo ottenendo grandi risultati dopo soli 16mesi, ciò significa che stiamo lavorando bene su una parte del programma di governo che sapevamo avrebbe richiesto del tempo.
Stiamo primeggiando in tanti settori e stiamo portando a casa risultati concreti che pochi ancora non riescono a vedere. Contiamo,nei prossimi mesi, di recuperare ancora altri beni demaniali e di renderli fruibili per la cittadinanza e per i turisti».

lunedì 27 ottobre 2008

BRIGANTI - RAI 3 GEO & GEO DEL 24 OTTOBRE 2008 - Trasmissione completa

PRIMA PARTE



SECONDA PARTE



Fonte: La Voce di Megaride
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PRIMA PARTE



SECONDA PARTE



Fonte: La Voce di Megaride

Su AgoraVox Italia, domani chat con Intercultura per Informazioni sulle sue Borse di Studio per l'Estero


Ricevo da Francesco Piccinini di Agoravox e posto :



Domani (Martedì 28 Ottobre) dalle ore 17.30 alle 18.30 sul sito

www.agoravox.it, i nostri lettori potranno porre domande ad Alice

Burani dell’Ufficio Comunicazione dell’Associazione Intercultura.

Alice rappresenta gli oltre 3000 volontari che ogni giorno, nei 132

centri locali italiani, si prodigano per promuovere le borse di studio

Intercultura. AFS/Intercultura è il partner italiano di AFS, la

seconda più grande associazione al mondo dopo la Croce Rossa.


Giorgio Napolitano, da Presidente della Repubblica:


"Conoscere altre culture è non solo motivo di arricchimento, ma anche

condizione per costruire un futuro migliore per tutti. In questo

spirito, desidero esprimere il mio più vivo apprezzamento per

l’attività di Intercultura, che rende possibili questi scambi

giovanil, e rivolgere a tutti gli studenti un cordiale saluto e i più

fervidi auguri per il loro futuro".


Cos’è Intercultura?


Intercultura nasce nel 1955, è una ONLUS che si occupa di dialogo

interculturale per la pace, attraverso scambi ed esperienze

interculturali, inviando ogni anno uasi 1500 ragazzi delle scuole

secondarie a vivere e studiare all’estero ed accogliendo nel nostro

paese altrettanti giovani di ogni nazione che scelgono di arricchirsi

culturalmente trascorrendo un periodo di vita nelle nostre famiglie e

nelle nostre scuole. Inoltre Intercultura organizza seminari,

conferenze, corsi di formazione e di aggiornamento per Presidi,

insegnanti, volontari della propria e di altre associazioni, sugli

scambi culturali. Tutto questo per favorire l’incontro e il dialogo

tra persone di tradizioni culturali diverse ed aiutarle a comprendersi

e a collaborare in modo costruttivo. INTERCULTURA rappresenta in

Italia l’AFS (AFS Intercultural Programs) e l’EFIL. Grazie a queste

affiliazioni, ha statuto consultivo all’UNESCO e al Consiglio d’Europa

e collabora ad alcuni progetti dell’Unione Europea. Ha rapporti con i

nostri Ministeri degli Esteri, della Pubblica Istruzione e della

Solidarietà Sociale. A Intercultura sono stati assegnati il Premio

della Cultura della Presidenza del Consiglio e il Premio della

Solidarietà della Fondazione Italiana per il Volontariato per oltre 40

anni di attività in favore della pace e della conoscenza fra i popoli.

Nel 2005 Intercultura ha festeggiato i 50 anni di attività in Italia

con una serie di eventi culturali svolti sotto l’Alto Patronato del

Presidentedella Repubblica e con il Patrocinio del ministero degli

Esteri.



Perché una chat?


Per promuovere e conoscere un’associazione che da più di 50 anni

consente, attraverso le sue borse di studio, a giovani italiani (tra i

15 e 18 anni), di frequentare un periodo di studi all’estero. Per

porre tutte le domande ed avere risposte su come fare e sulle

scandenze del bando 2008/2009. Affinché tutti gli studenti abbiano la

possibilità di essere informati e poter concorrere per una borsa di

studio.


Francesco Piccinini

Project Manager

___________________________________

AgoraVox Italia
8 rue Lamartine
75009 Paris (France)
Leggi tutto »

Ricevo da Francesco Piccinini di Agoravox e posto :



Domani (Martedì 28 Ottobre) dalle ore 17.30 alle 18.30 sul sito

www.agoravox.it, i nostri lettori potranno porre domande ad Alice

Burani dell’Ufficio Comunicazione dell’Associazione Intercultura.

Alice rappresenta gli oltre 3000 volontari che ogni giorno, nei 132

centri locali italiani, si prodigano per promuovere le borse di studio

Intercultura. AFS/Intercultura è il partner italiano di AFS, la

seconda più grande associazione al mondo dopo la Croce Rossa.


Giorgio Napolitano, da Presidente della Repubblica:


"Conoscere altre culture è non solo motivo di arricchimento, ma anche

condizione per costruire un futuro migliore per tutti. In questo

spirito, desidero esprimere il mio più vivo apprezzamento per

l’attività di Intercultura, che rende possibili questi scambi

giovanil, e rivolgere a tutti gli studenti un cordiale saluto e i più

fervidi auguri per il loro futuro".


Cos’è Intercultura?


Intercultura nasce nel 1955, è una ONLUS che si occupa di dialogo

interculturale per la pace, attraverso scambi ed esperienze

interculturali, inviando ogni anno uasi 1500 ragazzi delle scuole

secondarie a vivere e studiare all’estero ed accogliendo nel nostro

paese altrettanti giovani di ogni nazione che scelgono di arricchirsi

culturalmente trascorrendo un periodo di vita nelle nostre famiglie e

nelle nostre scuole. Inoltre Intercultura organizza seminari,

conferenze, corsi di formazione e di aggiornamento per Presidi,

insegnanti, volontari della propria e di altre associazioni, sugli

scambi culturali. Tutto questo per favorire l’incontro e il dialogo

tra persone di tradizioni culturali diverse ed aiutarle a comprendersi

e a collaborare in modo costruttivo. INTERCULTURA rappresenta in

Italia l’AFS (AFS Intercultural Programs) e l’EFIL. Grazie a queste

affiliazioni, ha statuto consultivo all’UNESCO e al Consiglio d’Europa

e collabora ad alcuni progetti dell’Unione Europea. Ha rapporti con i

nostri Ministeri degli Esteri, della Pubblica Istruzione e della

Solidarietà Sociale. A Intercultura sono stati assegnati il Premio

della Cultura della Presidenza del Consiglio e il Premio della

Solidarietà della Fondazione Italiana per il Volontariato per oltre 40

anni di attività in favore della pace e della conoscenza fra i popoli.

Nel 2005 Intercultura ha festeggiato i 50 anni di attività in Italia

con una serie di eventi culturali svolti sotto l’Alto Patronato del

Presidentedella Repubblica e con il Patrocinio del ministero degli

Esteri.



Perché una chat?


Per promuovere e conoscere un’associazione che da più di 50 anni

consente, attraverso le sue borse di studio, a giovani italiani (tra i

15 e 18 anni), di frequentare un periodo di studi all’estero. Per

porre tutte le domande ed avere risposte su come fare e sulle

scandenze del bando 2008/2009. Affinché tutti gli studenti abbiano la

possibilità di essere informati e poter concorrere per una borsa di

studio.


Francesco Piccinini

Project Manager

___________________________________

AgoraVox Italia
8 rue Lamartine
75009 Paris (France)

DOPO LE DICHIARAZIONI DI SONIA ALFANO "TERREMOTO" A REGGIO EMILIA.....LE PRIME REAZIONI


Il risparmio conta più della legalità

Cna contro un sistema in cui «gli indagati lavorano ma se un artigiano non fa uno scontrino deve chiudere»

Bini non fa sconti a nessuno: «Confesso che in anni di denunce, in cui mi sono più volte personalmente esposto,mi sarei aspettato una sensibilità maggiore anche dal mondo della politica o dell’opinione pubblica.
C’è troppo immobilismo, si trascura il fatto che questa realtà fa sempre più inscindibilmente parte del nostro tessuto locale».
Bini si scaglia contro un sistema in cui «le imprese indagate continuano tranquillamente a lavorare ma se un artigiano dimentica di fare uno scontrino è costretto a chiudere.

Sono stanco di assistere a queste cose.

Militarizzare il territorio non si può,ma il rischio è che alla fine ci si abitui a questa situazione, e a fare affari con queste persone».

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Dura presa di posizione di D’Andrea (Pd)
«Solo chiacchiere da bar»

Conosco personalmente il Procuratore Materia,quale uomo integerrimoche ha sempre,con forza,intanti anni di onorata carriera,contrastato la criminalità organizzata.
È gravissimo chequalcuno,chiunque sia o rappresenti,senza uno “stracciodi prove”possa tranquillamente screditare e creare dubbi sul corretto operato della magistratura reggiana e,in particolare,sull’attivitàdella Procura».

È la ferma presa di posizione dell’avvocato Ernesto D’Andrea(Pd).«Normalmente,quando si hanno delle prove credibili,si fanno
delle denunce alle autorità preposte e non in un convegno pubblico - prosegue D’Andrea -Tutte le altre affermazioni,diffamatorie e lesive dell’onore di chi le subisce,restano chiacchiere da bar prive di fondamento,inducendo a pensare siano state artatamente predisposte,da soggetti interessati».

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Amici di Grillo contrari alle polemiche
«Siamo tutti Sonia Alfano»

"Siamo tutti Sonia Alfano.
Così esprimiamo sul nostro sito,e fuori da difficili polemiche ancora in corso di evoluzione,il pieno e incondizionato sostegno alla passione,volontà e capacità di Sonia,che della lotta allamafia ha fatto una ragionedi vita".

Lo afferma Matteo Olivieri degli Amici di Grillo,che sottolinea di aver invitato la figlia del giornalista ucciso dalla mafia «perchè le informazioni, le capacità di interpretare complicati intrecci giudiziari e il coraggio di denunciare la rendono una preziosa risorsa per tutta la comunità.I confini di questa lotta - aggiunge - e del sostegnoche è doveroso fornire,non esistono:come le organizzazioni malavitose occupano con i loro tentacoli ampi settori dell'economia mondiale, le denunce di Sonia sono il carburante per una coscienza civile solida e vigile anche a Reggio».

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I cittadini rivendicano un ruolo di vigilanza
«Sconfiggere omertà e avidità»

«Noi cittadini dobbiamo stare attenti perché i denari sporchi,una volta entrati nel sistema “pulito”controlleranno sempre più il territorio,condizionando la democrazia stessa.Prima che sia troppo tardi dobbiamo sapere che l’avidità e l’omertà di quelli che accettano “compromessi strani”si ripercuoteranno direttamente su di noi».
Lo scrivono alcuni cittadini portavoce di associazioni e comitati:

Roberto Rabacchi(ViviSanPietro),Valentina Iannuccelli(Via Melato),LucianoIncerti (Vivere in centro) TolminoMenozzi (Porta Brennone)e Rossana Benevelli (Mu.Me.).

«L’importanza di partecipare alle politiche cittadine fa in modo che si conosca l’evoluzione della città - aggiungono- Per dire che qualsiasi rappresentanza della società civile che non ha interessi diversi dal bene comune è chiamata a fare attenzione a quello che ci succede intorno.

Solo così territorio e libertà rimarranno incontaminati».

Fonte: L'informazione di Reggio del 27/10/08

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Il risparmio conta più della legalità

Cna contro un sistema in cui «gli indagati lavorano ma se un artigiano non fa uno scontrino deve chiudere»

Bini non fa sconti a nessuno: «Confesso che in anni di denunce, in cui mi sono più volte personalmente esposto,mi sarei aspettato una sensibilità maggiore anche dal mondo della politica o dell’opinione pubblica.
C’è troppo immobilismo, si trascura il fatto che questa realtà fa sempre più inscindibilmente parte del nostro tessuto locale».
Bini si scaglia contro un sistema in cui «le imprese indagate continuano tranquillamente a lavorare ma se un artigiano dimentica di fare uno scontrino è costretto a chiudere.

Sono stanco di assistere a queste cose.

Militarizzare il territorio non si può,ma il rischio è che alla fine ci si abitui a questa situazione, e a fare affari con queste persone».

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Dura presa di posizione di D’Andrea (Pd)
«Solo chiacchiere da bar»

Conosco personalmente il Procuratore Materia,quale uomo integerrimoche ha sempre,con forza,intanti anni di onorata carriera,contrastato la criminalità organizzata.
È gravissimo chequalcuno,chiunque sia o rappresenti,senza uno “stracciodi prove”possa tranquillamente screditare e creare dubbi sul corretto operato della magistratura reggiana e,in particolare,sull’attivitàdella Procura».

È la ferma presa di posizione dell’avvocato Ernesto D’Andrea(Pd).«Normalmente,quando si hanno delle prove credibili,si fanno
delle denunce alle autorità preposte e non in un convegno pubblico - prosegue D’Andrea -Tutte le altre affermazioni,diffamatorie e lesive dell’onore di chi le subisce,restano chiacchiere da bar prive di fondamento,inducendo a pensare siano state artatamente predisposte,da soggetti interessati».

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Amici di Grillo contrari alle polemiche
«Siamo tutti Sonia Alfano»

"Siamo tutti Sonia Alfano.
Così esprimiamo sul nostro sito,e fuori da difficili polemiche ancora in corso di evoluzione,il pieno e incondizionato sostegno alla passione,volontà e capacità di Sonia,che della lotta allamafia ha fatto una ragionedi vita".

Lo afferma Matteo Olivieri degli Amici di Grillo,che sottolinea di aver invitato la figlia del giornalista ucciso dalla mafia «perchè le informazioni, le capacità di interpretare complicati intrecci giudiziari e il coraggio di denunciare la rendono una preziosa risorsa per tutta la comunità.I confini di questa lotta - aggiunge - e del sostegnoche è doveroso fornire,non esistono:come le organizzazioni malavitose occupano con i loro tentacoli ampi settori dell'economia mondiale, le denunce di Sonia sono il carburante per una coscienza civile solida e vigile anche a Reggio».

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I cittadini rivendicano un ruolo di vigilanza
«Sconfiggere omertà e avidità»

«Noi cittadini dobbiamo stare attenti perché i denari sporchi,una volta entrati nel sistema “pulito”controlleranno sempre più il territorio,condizionando la democrazia stessa.Prima che sia troppo tardi dobbiamo sapere che l’avidità e l’omertà di quelli che accettano “compromessi strani”si ripercuoteranno direttamente su di noi».
Lo scrivono alcuni cittadini portavoce di associazioni e comitati:

Roberto Rabacchi(ViviSanPietro),Valentina Iannuccelli(Via Melato),LucianoIncerti (Vivere in centro) TolminoMenozzi (Porta Brennone)e Rossana Benevelli (Mu.Me.).

«L’importanza di partecipare alle politiche cittadine fa in modo che si conosca l’evoluzione della città - aggiungono- Per dire che qualsiasi rappresentanza della società civile che non ha interessi diversi dal bene comune è chiamata a fare attenzione a quello che ci succede intorno.

Solo così territorio e libertà rimarranno incontaminati».

Fonte: L'informazione di Reggio del 27/10/08

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