venerdì 30 aprile 2010

LA NAZIONALE DI CALCIO DEL REGNO DELLE DUE SICILIE HA BISOGNO DI TE



Grazie alla tenacia ed ai sacrifici di due nostri compatrioti, Antonio Pagano e Guglielmo Di Grezia, nel 2008 è stata realizzata la squadra di calcio del Regno delle Due Sicilie, regolarmente registrata alla NF-Board e, considerate le argomentazioni storico-politiche avanzate, ammessa alla partecipazione dei Campionati Mondiali dei Popoli senza nazione.

Quest’anno il torneo si terrà a Malta, nella città di Gozo, e dai segnali che giungono soprattutto dai mass media, l'evento sportivo richiamerà un notevole interesse internazionale considerate la numerose e particolari squadre che vi prenderanno parte.

E’ chiara l’estrema importanza della partecipazione per la nostra squadra, soprattutto perché è il primo riconoscimento ufficiale per la nostra Patria che non ha nazione e che, quindi, il suo Popolo è privo di una reale rappresentanza politica.

Considerati i vari impegni, soprattutto economici, finora affrontati dai soli promotori dell’encomiabile iniziativa ed in previsione delle forti spese che si dovranno affrontare per portare a compimento un così importante evento, appare fondamentale che ognuno di noi dia un proprio contributo all’iniziativa attraverso una libera donazione.

I nomi di tutti coloro che, raccogliendo l’invito, parteciperanno con generosità alla sottoscrizione, saranno stampati nell’albo d’oro della Squadra quale riconoscimento di questa prima realizzazione identitaria ufficiale.

Si può effettuare il versamento attraverso bonifico sul conto corrente bancario:


IBAN IT 05 S 02008 10900 000100599150

intestato a A S D NAZIONALE CALCIO REGNO DUE SICILIE


Siamo certi della vostra generosa partecipazione.


Cap. Alessandro Romano
Rete di informazione del Regno delle Due Sicilie

Fonte :Nazionalecalcioduesicilie.blogspot.com
.
Leggi tutto »


Grazie alla tenacia ed ai sacrifici di due nostri compatrioti, Antonio Pagano e Guglielmo Di Grezia, nel 2008 è stata realizzata la squadra di calcio del Regno delle Due Sicilie, regolarmente registrata alla NF-Board e, considerate le argomentazioni storico-politiche avanzate, ammessa alla partecipazione dei Campionati Mondiali dei Popoli senza nazione.

Quest’anno il torneo si terrà a Malta, nella città di Gozo, e dai segnali che giungono soprattutto dai mass media, l'evento sportivo richiamerà un notevole interesse internazionale considerate la numerose e particolari squadre che vi prenderanno parte.

E’ chiara l’estrema importanza della partecipazione per la nostra squadra, soprattutto perché è il primo riconoscimento ufficiale per la nostra Patria che non ha nazione e che, quindi, il suo Popolo è privo di una reale rappresentanza politica.

Considerati i vari impegni, soprattutto economici, finora affrontati dai soli promotori dell’encomiabile iniziativa ed in previsione delle forti spese che si dovranno affrontare per portare a compimento un così importante evento, appare fondamentale che ognuno di noi dia un proprio contributo all’iniziativa attraverso una libera donazione.

I nomi di tutti coloro che, raccogliendo l’invito, parteciperanno con generosità alla sottoscrizione, saranno stampati nell’albo d’oro della Squadra quale riconoscimento di questa prima realizzazione identitaria ufficiale.

Si può effettuare il versamento attraverso bonifico sul conto corrente bancario:


IBAN IT 05 S 02008 10900 000100599150

intestato a A S D NAZIONALE CALCIO REGNO DUE SICILIE


Siamo certi della vostra generosa partecipazione.


Cap. Alessandro Romano
Rete di informazione del Regno delle Due Sicilie

Fonte :Nazionalecalcioduesicilie.blogspot.com
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UN PENSIERO ALLA GRECIA: THEODORAKIS PREVEDE GRAVI SCIAGURE


di Mikis Theodorakis

Con l'intelligenza comune di cui dispongo, non posso spiegarmi e ancor più giustificare la velocità con la quale la nostra Nazione è precipitata dal livello del 2009 sino a questo punto, sì da perdere grazie al Fondo Monetario Internazionale una parte della nostra sovranità nazionale e disporci in condizione di tutela controllata.
.
Ed è strano che nessuno fino ad ora si sia occupato della cosa più semplice, ossia del nostro percorso attraverso numeri e dati da allora sino ad oggi, sì da comprendere anche noi ignoranti le reali ragioni di questo sviluppo improvviso e vertiginoso, che ha come risultato la distruzione della nostra autodeterminazione nazionale e al contempo l'umiliazione internazionale.

Sento parlare di un debito pubblico di 360 miliardi di euro, ma allo stesso tempo vedo che anche molte altre nazioni hanno identici e ancor maggiori debiti. Dunque non può essere questa la causa fondamentale della sciagura. Inoltre è per me problematico il dato dell'esagerazione delle aggressioni finanziarie internazionali che hanno come obiettivo la nostra Nazione, assieme ad una così ben armonizzata sintonizzazione contro una Nazione di scarsa importanza economica. Fatti che suonano sospetti.

Così sono giunto alla conclusione che qualcuno ci ha voluti svergognare e terrorizzare, sì da condurci al FMI, che costituisce il fattore basilare della politica coloniale degli USA, mentre tutte le altre storie riguardo alla solidarietà europea erano solo fumo nei nostri occhi, perché non sembrasse una chiara volontà americana quella di gettarci in una complessa crisi economica, sì da impaurire il nostro popolo, da impoverirlo, da fargli perdere le sue conquiste preziose e alfine metterlo in ginocchio, dopo aver accettato di esser governato da stranieri. Ad ogni modo perché?

Sebbene sia stato e rimanga un sostenitore dell'amicizia fra Greci e Turchi, in questo momento devo dire che mi spaventa questa improvvisa stretta nelle relazioni governative, le relazioni fra ministri ed altri protagonisti dello scenario politico, le visite a Cipro e l'arrivo di Erdogan. Sospetto che dietro tutto ciò si celi la politica statunitense con tutti i suoi sospetti progetti che riguardano la nostra posizione geografica, l'esistenza di giacimenti petroliferi sottomarini, la situazione di Cipro, l'Egeo, i nostri vicini del nord e la posizione tracotante della Turchia, che hanno l'unico impedimento nella sospettosità e nell'opposizione del popolo greco.

Tutti intorno a noi, chi più chi meno, sono legati al carro degli Stati Uniti. L'unica dissonanza siamo noi, che a partire dal regime dei Colonnelli e dalla perdita del 40% di Cipro per arrivare agli abbracci con gli abitanti di Skopia e gli ipernazionalisti albanesi, abbiamo continuamente subito colpi su colpi senza mettere giudizio.

Dobbiamo dunque essere cancellati come popolo e questo è esattamente ciò che sta avvenendo oggi. Invito gli economisti, i politici, gli analisti a smentirmi. Ma credo che non esista nessun'altra spiegazione razionale dell'attuale situazione se non che siamo dinanzi ad una congiura internazionale alla quale hanno partecipato anche gli Europei filoamericani tipo la Merkel, la Banca Centrale Europea e la stampa reazionaria internazionale. Tutti insieme hanno congiurato per "il grande colpo" della degradazione di un Popolo libero al grado di vassallo. Almeno io non posso dare alcun'altra spiegazione. Ammetto comunque di non disporre di speciali conoscenze, ma parlo basandomi sulla mia comune intelligenza. Forse anche molti altri potranno pensarla come me e forse anche questo lo vedremo nei giorni che verranno.

Ad ogni modo volevo preparare l'opinione pubblica e sottolineare che se la mia analisi è corretta, allora la crisi economica (che come ho detto ci è stata imposta) non è altro che il primo calice amaro del banchetto luculliano che seguirà e che questa volta riguarderà i nostri temi nazionali più vitali e critici, e non voglio nemmeno immaginare fino a che punto ci porteranno.

Tratta da Ta Nea

Fonte:Fides et Forma


http://www.youtube.com/watch?v=Hr8vG1f8ag4


CHI E' THEODORAKIS



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di Mikis Theodorakis

Con l'intelligenza comune di cui dispongo, non posso spiegarmi e ancor più giustificare la velocità con la quale la nostra Nazione è precipitata dal livello del 2009 sino a questo punto, sì da perdere grazie al Fondo Monetario Internazionale una parte della nostra sovranità nazionale e disporci in condizione di tutela controllata.
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Ed è strano che nessuno fino ad ora si sia occupato della cosa più semplice, ossia del nostro percorso attraverso numeri e dati da allora sino ad oggi, sì da comprendere anche noi ignoranti le reali ragioni di questo sviluppo improvviso e vertiginoso, che ha come risultato la distruzione della nostra autodeterminazione nazionale e al contempo l'umiliazione internazionale.

Sento parlare di un debito pubblico di 360 miliardi di euro, ma allo stesso tempo vedo che anche molte altre nazioni hanno identici e ancor maggiori debiti. Dunque non può essere questa la causa fondamentale della sciagura. Inoltre è per me problematico il dato dell'esagerazione delle aggressioni finanziarie internazionali che hanno come obiettivo la nostra Nazione, assieme ad una così ben armonizzata sintonizzazione contro una Nazione di scarsa importanza economica. Fatti che suonano sospetti.

Così sono giunto alla conclusione che qualcuno ci ha voluti svergognare e terrorizzare, sì da condurci al FMI, che costituisce il fattore basilare della politica coloniale degli USA, mentre tutte le altre storie riguardo alla solidarietà europea erano solo fumo nei nostri occhi, perché non sembrasse una chiara volontà americana quella di gettarci in una complessa crisi economica, sì da impaurire il nostro popolo, da impoverirlo, da fargli perdere le sue conquiste preziose e alfine metterlo in ginocchio, dopo aver accettato di esser governato da stranieri. Ad ogni modo perché?

Sebbene sia stato e rimanga un sostenitore dell'amicizia fra Greci e Turchi, in questo momento devo dire che mi spaventa questa improvvisa stretta nelle relazioni governative, le relazioni fra ministri ed altri protagonisti dello scenario politico, le visite a Cipro e l'arrivo di Erdogan. Sospetto che dietro tutto ciò si celi la politica statunitense con tutti i suoi sospetti progetti che riguardano la nostra posizione geografica, l'esistenza di giacimenti petroliferi sottomarini, la situazione di Cipro, l'Egeo, i nostri vicini del nord e la posizione tracotante della Turchia, che hanno l'unico impedimento nella sospettosità e nell'opposizione del popolo greco.

Tutti intorno a noi, chi più chi meno, sono legati al carro degli Stati Uniti. L'unica dissonanza siamo noi, che a partire dal regime dei Colonnelli e dalla perdita del 40% di Cipro per arrivare agli abbracci con gli abitanti di Skopia e gli ipernazionalisti albanesi, abbiamo continuamente subito colpi su colpi senza mettere giudizio.

Dobbiamo dunque essere cancellati come popolo e questo è esattamente ciò che sta avvenendo oggi. Invito gli economisti, i politici, gli analisti a smentirmi. Ma credo che non esista nessun'altra spiegazione razionale dell'attuale situazione se non che siamo dinanzi ad una congiura internazionale alla quale hanno partecipato anche gli Europei filoamericani tipo la Merkel, la Banca Centrale Europea e la stampa reazionaria internazionale. Tutti insieme hanno congiurato per "il grande colpo" della degradazione di un Popolo libero al grado di vassallo. Almeno io non posso dare alcun'altra spiegazione. Ammetto comunque di non disporre di speciali conoscenze, ma parlo basandomi sulla mia comune intelligenza. Forse anche molti altri potranno pensarla come me e forse anche questo lo vedremo nei giorni che verranno.

Ad ogni modo volevo preparare l'opinione pubblica e sottolineare che se la mia analisi è corretta, allora la crisi economica (che come ho detto ci è stata imposta) non è altro che il primo calice amaro del banchetto luculliano che seguirà e che questa volta riguarderà i nostri temi nazionali più vitali e critici, e non voglio nemmeno immaginare fino a che punto ci porteranno.

Tratta da Ta Nea

Fonte:Fides et Forma


http://www.youtube.com/watch?v=Hr8vG1f8ag4


CHI E' THEODORAKIS



La riforma auspicabile della toponomastica “savoiarda”


http://www.youtube.com/watch?v=fcA_VfBDeNg


di Gaetano Cafiero

Suscitò un notevole vespaio, nel 2007, più o meno intorno al 4 luglio, secondo centenario della nascita di Giuseppe Garibaldi, la presentazione a Napoli dell’ultima fatica letteraria di Jean Noel Schifano, il Dictionaire amoreaux de Naples, un corposo volume di oltre cinquecento pagine ennesimo libro che lo scrittore francese, a lungo dinamico direttore dell’Istituto Grenoble e cittadino onorario di Napoli, ha dedicato alla città.

Più che parlare del suo Dictionaire, un compendio di tremila anni di storia partenopea, l’oratore, stuzzicato anche dagli interventi del pubblico, si era infervorato nel proporre rimedi alla disastrosa situazione dei nostri giorni e aveva consigliato calorosamente ai napoletani di rimpossessarsi della loro identità perduta, enumerando gli innumerevoli primati del Regno delle due Sicilie al cospetto dei record negativi di oggi, da capitale della monnezza a territorio incontrastato della criminalità organizzata.

Tanto per cominciare, aveva suggerito lo scrittore, si potrebbe cambiare il nome di alcune strade, per cancellare le tracce della colonizzazione piemontese avvenuta con l’Unità d’Italia: piazza del Plebiscito dovrebbe tornare al toponimo di Largo di Palazzo, via dei Mille andrebbe mutata in corso Gianbattista Basile ed infine piazza Garibaldi… andrebbe intitolata al 3 ottobre 1839, una data storica anche se poco conosciuta: l’inaugurazione della prima linea ferroviaria italiana, la Napoli-Portici. Schifano proponeva di seguire la via di una petizione o meglio ancora quella di un referendum popolare (ignorando forse che nel nostro ordinamento non esiste tale forma giuridica) e aveva rammentato che anche il corso Vittorio Emanuele, la prima tangenziale del mondo, aspetta ancora giustizia e l’intitolazione al nome del suo ideatore, Ferdinando II, che la realizzò in poco più di un anno.

La proposta mi colpì. Mi chiesi: quanti toponimi “risorgimentali” prevaricano la storia delle Due Sicilie? E per rispondere alla mia domanda mi sono dedicato a un’attenta lettura del “libro dei CAP”, l’elenco dei Codici di Avviamento Postale di tutt’Italia. Nel Libro dei CAP in mio possesso, che risale al 1967, l’80100 - Napoli - va da pagina 242 a pagina 277. La prima “voce” in ordine alfabetico è decisamente “risorgimentale”: Abba Giuseppe Cesare via; idem la seconda: Cairoli Benedetto via. Terza in elenco decisamente “borbonica”: Calà Ulloa Girolamo via. Riporta Wikipedia, l’enciclopedia online continuamente in divenire: “Nacque a Napoli (secondo altri a Lauria), nel 1801, dal Duca di Lauria Francesco e da Donna Elena O'Raredon, nobildonna irlandese.

È il primo di tre fratelli fedelissimi alla dinastia borbonica. Esercitò dapprima le funzioni di magistrato in Sicilia e si deve a lui se, nel 1838, per la prima volta emerse ufficialmente in un atto giudiziario la parola "mafia". Costituzionalista, è tra coloro che parteciparono al progetto di Costituzione approvato da Ferdinando II. Fu l'ultimo Presidente del Consiglio napoletano di Francesco II, carica che ricoprì anche nel Governo in esilio a Roma. Autore di numerosi saggi nel campo del diritto e della saggistica storica (circa trenta) morì a Napoli nel 1879. Pietro Ulloa si può considerare il padre dell'idea confederativa meridionalistica: furono infatti particolarmente apprezzate le sue tesi (per lo più dimenticate e solo recentemente riscoperte) su una possibile unione confederativa della penisola italiana.”

Dunque è anche attualissimo Girolamo Calà Ulloa, nei giorni in cui la prima legge sul federalismo fiscale è appena passata in parlamento. Si ritorna alla storiografia ufficiale con la quarta vai dello stradario napoletano: Calatafimi via. E qui rivado col pensiero a un mio incontro, nei primi anni ’70 del secolo scorso, con il nobile Don Achille di Lorenzo, Balí di Gran Croce del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio, di professione funzionario civile della Nato, custode, nella sua bella casa del Parco Margherita ( e già!), a Napoli, di innumerevoli cimeli e sacre memorie dell’ancien régime: tra cui i diari autografi di Francesco II, tracciati su singolari blocchetti di ricevute rilegati in tela azzurra, scorrendo i quali scovai due lapidarie sentenze: una emessa a carico di un mio antenato, il capitano di vascello Federico Cafiero deprecato da de Sivo (“Carogna!”) per la sua entusiastica adesione al nuovo regime instaurato dopo l’aggressione del 1860, e l’altra contro il generale Lanza, sconfitto da Garibaldi a Calatafimi: “Emerito coglione!”

Decisamente sorprendenti per un re, un uomo, descritto come un bigotto, un baciapile, un tremebondo. La quinta strada (non quella di New York) è Caracciolo Francesco via, intitolata a un ammiraglio con più colpe del mio antenato per aver aderito alla repubblica nel 1799. Continuo a leggere in ordine alfabetico e m’imbatto nel santo nome di Cavour, Camillo Benso conte di Cavour artefice primo dell’unificazione forzata. A lui sono intitolati una piazza e un intero rione. I napoletani continuano a storpiare il riverito nome pronunciando “Càvur”. Quindi tocca a Domenico Cirillo, nel 1774 medico personale della famiglia reale, viaggia in Francia e Inghilterra, dove fa la conoscenza di nuove dottrine e dove fa nuove amicizie tra cui Nollet, Buffon, d'Alembert, Diderot, Franklin.

È proprio dalla Francia che acquisisce l'idea di liberismo e di Repubblica che lo porta ad essere uno degli artefici della Repubblica Napoletana. E ad accettare l'invito del generale Jean Étienne Championnet a diventare membro della Commissione Legislativa che era stata istituita dal commissario civile francese. Con la restaurazione la Repubblica fu spazzata via e Cirillo venne imprigionato. Gli fu concessa l'opportunità della grazia qualora avesse rinnegato il suo ideale repubblicano e giurasse fedeltà alla corona. Cirillo rifiutò e fu giustiziato il 29 ottobre 1799.

Il primo siciliano a farsi italiano, è Francesco Crispi e a lui è dedicata una via. Poi tocca a
Carlo De Cesare (attenzione: non Raffaele, autore della trilogia “La fine di un regno”). Ed ecco – sempre in ordine alfabetico - Giacinto De Sivo, lo storico legittimista che descrisse con parola accorate la tragedia dell’invasione e dell’occupazione del Regno. Si fa un balzo d’un secolo ed ecco corso, piazza, traversa e rione Duca d’Aosta: quindi piazza, traversa, via, vico e vicoletto Duca degli Abruzzi. Che esagerazione! Il Duca di Genova si accontenta d’una via, lo stesso riconoscimento è accordato a Salvatore Fergola: il pittore, però, non il generale Gennaro difensore eroico della Cittadella di Messina sino al 13 marzo 1861.

A Garibaldi (TANTO NOMINI NULLUM PAR ELOGIUM) spettano una piazza, le I II III IV Traversa (a Forcella), una via, un rione. Francamente mi aspettavo di più, almeno quanto il Duca d’Aosta.
A Napoli c’è poi una via Indipendenza (da che?) e anche a Marianella. L’elegantissima Martiri (dei) Piazza, è dedicata a quelli che consegnarono la capitale ai francesi del generale Championnet; un’altra via molto chic è quella che prende il nome da quegli sciamannati dei Mille; c’è ovviamente una via Guglielmo Pepe, una via Eleonora Pimentel Fonseca, non può mancare piazza del Plebiscito (che io non restituirei all’antico nome di Largo di Palazzo ma ribattezzerei icasticamente Piazza Truffa Elettorale).

Altri toponimi “risorgimentali” recano le vie Carlo Pisacane, Poerio Alessandro e Carlo. L’ordine alfabetico ci regala a questo punto altri Savoia: il principe di Napoli - a suo nome troviamo la galleria, i portici, una piazza, una via (a Ponticelli) e una a S. Pietro a Patierno) – il Principe di Piemonte (un rione), il principe Umberto (una piazza e una via (a Miano); poi c’era (ora si chiama Antonio Gramsci) un viale Principessa Elena; la Principessa Margherita vanta una traversa, una piazzetta e una via, il Re d’Italia un corso, la Regina Elena una piazza, la Regina Margherita una via. Il Risorgimento s’accontenta di una via a Piscinola, Cesare Rossarol ha anch’egli una via, Umberto I torna agli eccessi che caratterizzano i Savoia e così si prende un corso (il Rettifilo), la galleria, i portici, due Taversa I e II a Marianella.

Verso la fine dell’elenco alfabetico ecco l’orgia di Vittorio Emanuele: corso, gradini, rione, “scaletta” persino, quindi Vico I II III IV, una via a Miano e una a Secondigliano. Allo specifico Vittorio Emanuele III spetta soltanto una via. Fu il primo e unico re d’Italia nato a Napoli, nel 1869. A lui la storia assegnò il compito di far finire nell’ignominia – con la fuga a Pescara, l’abbandono delle Forze Armate alla rappresaglia dei tedeschi - quella stessa monarchia che suo nonno Vittorio Emanuele II aveva portato al massimo della potenza aggredendo il Regno delle Due Sicilie. E il Libro dei Cap finisce.


Nel Libro dei CAP l’80100 va da pag. 242 a pag. 277

Abba Giuseppe Cesare via

Cairoli Benedetto via

Calà Ulloa Girolamo via

Calatafimi via

Caracciolo Francesco via

Cavour piazza

Cavour rione

Cirillo Domenico via

Crispi Francesco via

De Cesare Carlo via

De Sivo Giacinto

Duca d’Aosta Corso
Duca d’Aosta piazza
Duca d’Aosta Traversa – Rione
Duca degli Abruzzi piazza
Duca degli Abruzzi Traversa Via Vico Violetto
Duca di Genova

Fergola Salvatore

Garibaldi Piazza
I II III IV Traversa
Via
Rione

Indipendenza
Indipendenza a Marianella

Martiri (dei) Piazza

Mille via dei

Pepe Guglielmo

Pimentel Fonseca Eleonora via

Plebiscito (piazza del)

Pisacane Carlo

Poerio Alessandro via
Poerio Carlo via
Principe di Napoli Galleria Portici
Piazza
Via (a Ponticelli)
Via (a S. Pietro a Paterno)

Principe di Piemonte Rione

Principe Umberto Piazza
A Miano via
Principessa Elena viale, ora Antonio Gramsci

Principessa Margherita Traversa piazzetta via

Re d’Italia corso

Regina Elena piazza

Regina Margherita via

Risorgimento
A Piscinola via

Roma via
Via vecchia

Rossarol Cesare

Umberto I Corso
Galleria Portici
Traversa I e II
A Marianella

Vittorio Emanuele Corso
Gradini
Rione
Scaletta
Vico I II III IV
Vittorio Emanuele III via
Vittorio Emanuele a Miano
Vittorio Emanuele a Secondigliano

Fonte:Napoli.com
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http://www.youtube.com/watch?v=fcA_VfBDeNg


di Gaetano Cafiero

Suscitò un notevole vespaio, nel 2007, più o meno intorno al 4 luglio, secondo centenario della nascita di Giuseppe Garibaldi, la presentazione a Napoli dell’ultima fatica letteraria di Jean Noel Schifano, il Dictionaire amoreaux de Naples, un corposo volume di oltre cinquecento pagine ennesimo libro che lo scrittore francese, a lungo dinamico direttore dell’Istituto Grenoble e cittadino onorario di Napoli, ha dedicato alla città.

Più che parlare del suo Dictionaire, un compendio di tremila anni di storia partenopea, l’oratore, stuzzicato anche dagli interventi del pubblico, si era infervorato nel proporre rimedi alla disastrosa situazione dei nostri giorni e aveva consigliato calorosamente ai napoletani di rimpossessarsi della loro identità perduta, enumerando gli innumerevoli primati del Regno delle due Sicilie al cospetto dei record negativi di oggi, da capitale della monnezza a territorio incontrastato della criminalità organizzata.

Tanto per cominciare, aveva suggerito lo scrittore, si potrebbe cambiare il nome di alcune strade, per cancellare le tracce della colonizzazione piemontese avvenuta con l’Unità d’Italia: piazza del Plebiscito dovrebbe tornare al toponimo di Largo di Palazzo, via dei Mille andrebbe mutata in corso Gianbattista Basile ed infine piazza Garibaldi… andrebbe intitolata al 3 ottobre 1839, una data storica anche se poco conosciuta: l’inaugurazione della prima linea ferroviaria italiana, la Napoli-Portici. Schifano proponeva di seguire la via di una petizione o meglio ancora quella di un referendum popolare (ignorando forse che nel nostro ordinamento non esiste tale forma giuridica) e aveva rammentato che anche il corso Vittorio Emanuele, la prima tangenziale del mondo, aspetta ancora giustizia e l’intitolazione al nome del suo ideatore, Ferdinando II, che la realizzò in poco più di un anno.

La proposta mi colpì. Mi chiesi: quanti toponimi “risorgimentali” prevaricano la storia delle Due Sicilie? E per rispondere alla mia domanda mi sono dedicato a un’attenta lettura del “libro dei CAP”, l’elenco dei Codici di Avviamento Postale di tutt’Italia. Nel Libro dei CAP in mio possesso, che risale al 1967, l’80100 - Napoli - va da pagina 242 a pagina 277. La prima “voce” in ordine alfabetico è decisamente “risorgimentale”: Abba Giuseppe Cesare via; idem la seconda: Cairoli Benedetto via. Terza in elenco decisamente “borbonica”: Calà Ulloa Girolamo via. Riporta Wikipedia, l’enciclopedia online continuamente in divenire: “Nacque a Napoli (secondo altri a Lauria), nel 1801, dal Duca di Lauria Francesco e da Donna Elena O'Raredon, nobildonna irlandese.

È il primo di tre fratelli fedelissimi alla dinastia borbonica. Esercitò dapprima le funzioni di magistrato in Sicilia e si deve a lui se, nel 1838, per la prima volta emerse ufficialmente in un atto giudiziario la parola "mafia". Costituzionalista, è tra coloro che parteciparono al progetto di Costituzione approvato da Ferdinando II. Fu l'ultimo Presidente del Consiglio napoletano di Francesco II, carica che ricoprì anche nel Governo in esilio a Roma. Autore di numerosi saggi nel campo del diritto e della saggistica storica (circa trenta) morì a Napoli nel 1879. Pietro Ulloa si può considerare il padre dell'idea confederativa meridionalistica: furono infatti particolarmente apprezzate le sue tesi (per lo più dimenticate e solo recentemente riscoperte) su una possibile unione confederativa della penisola italiana.”

Dunque è anche attualissimo Girolamo Calà Ulloa, nei giorni in cui la prima legge sul federalismo fiscale è appena passata in parlamento. Si ritorna alla storiografia ufficiale con la quarta vai dello stradario napoletano: Calatafimi via. E qui rivado col pensiero a un mio incontro, nei primi anni ’70 del secolo scorso, con il nobile Don Achille di Lorenzo, Balí di Gran Croce del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio, di professione funzionario civile della Nato, custode, nella sua bella casa del Parco Margherita ( e già!), a Napoli, di innumerevoli cimeli e sacre memorie dell’ancien régime: tra cui i diari autografi di Francesco II, tracciati su singolari blocchetti di ricevute rilegati in tela azzurra, scorrendo i quali scovai due lapidarie sentenze: una emessa a carico di un mio antenato, il capitano di vascello Federico Cafiero deprecato da de Sivo (“Carogna!”) per la sua entusiastica adesione al nuovo regime instaurato dopo l’aggressione del 1860, e l’altra contro il generale Lanza, sconfitto da Garibaldi a Calatafimi: “Emerito coglione!”

Decisamente sorprendenti per un re, un uomo, descritto come un bigotto, un baciapile, un tremebondo. La quinta strada (non quella di New York) è Caracciolo Francesco via, intitolata a un ammiraglio con più colpe del mio antenato per aver aderito alla repubblica nel 1799. Continuo a leggere in ordine alfabetico e m’imbatto nel santo nome di Cavour, Camillo Benso conte di Cavour artefice primo dell’unificazione forzata. A lui sono intitolati una piazza e un intero rione. I napoletani continuano a storpiare il riverito nome pronunciando “Càvur”. Quindi tocca a Domenico Cirillo, nel 1774 medico personale della famiglia reale, viaggia in Francia e Inghilterra, dove fa la conoscenza di nuove dottrine e dove fa nuove amicizie tra cui Nollet, Buffon, d'Alembert, Diderot, Franklin.

È proprio dalla Francia che acquisisce l'idea di liberismo e di Repubblica che lo porta ad essere uno degli artefici della Repubblica Napoletana. E ad accettare l'invito del generale Jean Étienne Championnet a diventare membro della Commissione Legislativa che era stata istituita dal commissario civile francese. Con la restaurazione la Repubblica fu spazzata via e Cirillo venne imprigionato. Gli fu concessa l'opportunità della grazia qualora avesse rinnegato il suo ideale repubblicano e giurasse fedeltà alla corona. Cirillo rifiutò e fu giustiziato il 29 ottobre 1799.

Il primo siciliano a farsi italiano, è Francesco Crispi e a lui è dedicata una via. Poi tocca a
Carlo De Cesare (attenzione: non Raffaele, autore della trilogia “La fine di un regno”). Ed ecco – sempre in ordine alfabetico - Giacinto De Sivo, lo storico legittimista che descrisse con parola accorate la tragedia dell’invasione e dell’occupazione del Regno. Si fa un balzo d’un secolo ed ecco corso, piazza, traversa e rione Duca d’Aosta: quindi piazza, traversa, via, vico e vicoletto Duca degli Abruzzi. Che esagerazione! Il Duca di Genova si accontenta d’una via, lo stesso riconoscimento è accordato a Salvatore Fergola: il pittore, però, non il generale Gennaro difensore eroico della Cittadella di Messina sino al 13 marzo 1861.

A Garibaldi (TANTO NOMINI NULLUM PAR ELOGIUM) spettano una piazza, le I II III IV Traversa (a Forcella), una via, un rione. Francamente mi aspettavo di più, almeno quanto il Duca d’Aosta.
A Napoli c’è poi una via Indipendenza (da che?) e anche a Marianella. L’elegantissima Martiri (dei) Piazza, è dedicata a quelli che consegnarono la capitale ai francesi del generale Championnet; un’altra via molto chic è quella che prende il nome da quegli sciamannati dei Mille; c’è ovviamente una via Guglielmo Pepe, una via Eleonora Pimentel Fonseca, non può mancare piazza del Plebiscito (che io non restituirei all’antico nome di Largo di Palazzo ma ribattezzerei icasticamente Piazza Truffa Elettorale).

Altri toponimi “risorgimentali” recano le vie Carlo Pisacane, Poerio Alessandro e Carlo. L’ordine alfabetico ci regala a questo punto altri Savoia: il principe di Napoli - a suo nome troviamo la galleria, i portici, una piazza, una via (a Ponticelli) e una a S. Pietro a Patierno) – il Principe di Piemonte (un rione), il principe Umberto (una piazza e una via (a Miano); poi c’era (ora si chiama Antonio Gramsci) un viale Principessa Elena; la Principessa Margherita vanta una traversa, una piazzetta e una via, il Re d’Italia un corso, la Regina Elena una piazza, la Regina Margherita una via. Il Risorgimento s’accontenta di una via a Piscinola, Cesare Rossarol ha anch’egli una via, Umberto I torna agli eccessi che caratterizzano i Savoia e così si prende un corso (il Rettifilo), la galleria, i portici, due Taversa I e II a Marianella.

Verso la fine dell’elenco alfabetico ecco l’orgia di Vittorio Emanuele: corso, gradini, rione, “scaletta” persino, quindi Vico I II III IV, una via a Miano e una a Secondigliano. Allo specifico Vittorio Emanuele III spetta soltanto una via. Fu il primo e unico re d’Italia nato a Napoli, nel 1869. A lui la storia assegnò il compito di far finire nell’ignominia – con la fuga a Pescara, l’abbandono delle Forze Armate alla rappresaglia dei tedeschi - quella stessa monarchia che suo nonno Vittorio Emanuele II aveva portato al massimo della potenza aggredendo il Regno delle Due Sicilie. E il Libro dei Cap finisce.


Nel Libro dei CAP l’80100 va da pag. 242 a pag. 277

Abba Giuseppe Cesare via

Cairoli Benedetto via

Calà Ulloa Girolamo via

Calatafimi via

Caracciolo Francesco via

Cavour piazza

Cavour rione

Cirillo Domenico via

Crispi Francesco via

De Cesare Carlo via

De Sivo Giacinto

Duca d’Aosta Corso
Duca d’Aosta piazza
Duca d’Aosta Traversa – Rione
Duca degli Abruzzi piazza
Duca degli Abruzzi Traversa Via Vico Violetto
Duca di Genova

Fergola Salvatore

Garibaldi Piazza
I II III IV Traversa
Via
Rione

Indipendenza
Indipendenza a Marianella

Martiri (dei) Piazza

Mille via dei

Pepe Guglielmo

Pimentel Fonseca Eleonora via

Plebiscito (piazza del)

Pisacane Carlo

Poerio Alessandro via
Poerio Carlo via
Principe di Napoli Galleria Portici
Piazza
Via (a Ponticelli)
Via (a S. Pietro a Paterno)

Principe di Piemonte Rione

Principe Umberto Piazza
A Miano via
Principessa Elena viale, ora Antonio Gramsci

Principessa Margherita Traversa piazzetta via

Re d’Italia corso

Regina Elena piazza

Regina Margherita via

Risorgimento
A Piscinola via

Roma via
Via vecchia

Rossarol Cesare

Umberto I Corso
Galleria Portici
Traversa I e II
A Marianella

Vittorio Emanuele Corso
Gradini
Rione
Scaletta
Vico I II III IV
Vittorio Emanuele III via
Vittorio Emanuele a Miano
Vittorio Emanuele a Secondigliano

Fonte:Napoli.com

Amianto/ In Italia la strage silenziosa. E l'incubo investe anche gli aerei Alitalia


Di Floriana Rullo


Casale Monferrato, Cavagnolo, Rubiera. Ma anche Bagnoli, Padova e Taranto. Scuole elementari, case e fabbriche. Da nord a sud. L’amianto non fa distinzione. E nemmeno le sue polvere sottili. Quattromila decessi all’anno. Più di 20mila dal 93 a oggi. Una strage silenziosa

Numeri destinati a crescere a causa della latenza della malattia. Senza contare che il nostro paese è il secondo paese europeo per quanto riguarda la produzione del minerale, e soprattutto uno dei paesi mondiali che ha fatto un uso più massiccio di amianto, a partire dagli anni ‘50 e fino alla sua messa al bando nel 1992. Molte delle case popolari delle città ne sono ancora imbottite, come anche scuole, università, ristoranti, uffici pubblici, magazzini, autorimesse, alberghi, stabilimenti balneari, aziende, perfino ambulatori medici.

L’AMIANTO- Un minerale, appartenente al gruppo dei silicati possiede caratteristiche fisiche speciali e ricercate, molto pericoloso. Per l’uomo può essere fatale anche solo l’inalazione. Una sola fibra infatti può causare patologie mortali. Dal mesotelioma pleurico all’asbestosi, dal fibroma polmonare alle lesioni pleuriche e peritoneali passando dal carcinoma bronchiale. Nomi spaventosi, dei mali incurabili inequivocabilmente collegati alla sua esposizione

L’ALLARME- Un’emergenza nazionale che non ha ancora fine e che mina profondamente la sicurezza dei cittadini italiani. L’amianto ricopre superfici di territorio davvero incredibili, Circa 75mila ettari di terra, quasi quanto l’intera provincia di Lodi. E, anche se quasi tutte le aree del nostro paese sono inserite nel programma di bonifica del Ministero dell’ambiente, le bonifiche sono state, a seconda delle regioni, solo parziali. E ancora oggi almeno nel 17,65% degli istituti scolastici italiani è stata accertata la presenza di amianto.

L PIANO AMIANTO- Ma quanto amianto c'è ancora nel nostro Paese? Ad oggi solo 13 Regioni, alle quali era stato dato compito di stabilire, entro 180 giorni, un programma dettagliato per il censimento, la bonifica e lo smaltimento dei materiali contaminati, hanno approvato un Piano Regionale Amianto. Due (Puglia e Molise) non l’hanno ancora fatto mentre in Abruzzo è in corso di approvazione. Di altre 3 regioni (Calabria, Marche, Veneto) e la provincia Autonoma di Bolzano non si ha notizia. E anche laddove il piano esiste, le azioni che lo dovrebbero seguire, come la mappatura dei manufatti contaminati, non arrivano e si rimane alle stime del CNR e dell’Ispesl che parlano di 32 milioni di tonnellate presenti sul territorio nazionale, che prendono in considerazione però solo le onduline di cemento amianto.

E il quadro dei Piani Regionali Amianto non è confortante ed è purtroppo parziale visto che il censimento è ancora in corso in gran parte delle Regioni e solo 5 (Basilicata, Lombardia, Molise, Puglia e Umbria) hanno dati relativi all’amianto presente negli edifici privati. Sommando le informazioni, risulta che ad oggi in Italia ci sono circa 50mila edifici pubblici e privati in cui è presente amianto e i quantitativi indicati solo da 11 Regioni (Lazio, Umbria, Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Abruzzo, Molise, Sardegna, Toscana, Basilicata, Piemonte e Liguria) anche se non esaustivi, delineano comunque le dimensioni del problema: 100 milioni circa di metri quadrati di strutture in cemento-amianto, e oltre 600mila metri cubi di amianto friabile.

Per quanto riguarda gli interventi di bonifica e di risanamento i ritardi registrati per i grandi siti nazionali si amplificano se si guarda ai piccoli interventi che sarebbero necessari a rimuovere l’amianto dalle strutture in cui è ancora presente. Va evidenziata solo l’esperienza del Piemonte - che sta svolgendo un’intensa attività di bonifica, soprattutto nei Comuni che ricadono all’interno del Sito di interesse nazionale di Casale Monferrato - e della Lombardia, dove ad oggi sono stati bonificati oltre 400mila metri cubi di onduline in cemento-amianto e gli edifici “risanati” rappresentano il 18,5% del totale censito.

Amianto

LE VITTIME - E nel nostro paese la fibra killer ha lasciato dietro di sé una lunga scia di morti, sia nelle città dove erano presenti fabbriche per la produzione di Eternit (l’esempio più noto è quello di Casale Monferrato) ma anche tra coloro che non avevano mai lavorato né in una fabbrica né tantomeno nel settore dell’edilizia. Semplici cittadini, con l’unica colpa di essere nati troppo vicino a una discarica abusiva o inconsapevoli dirimpettai di tettoie pericolose. Tutte persone a cui, nella maggior parte dei casi, è stata negata anche una semplice pensione d’invalidità e gli indennizzi che spettavano loro di diritto.

Eppure a causa dell’amianto si continua a morire. Secondo il Registro Nazionale Mesoteliomi istituito presso l’Ispesl (che dal 1993 censisce il tumore dell’apparato respiratorio strettamente connesso all’inalazione di fibre di amianto) sono oltre 9mila i casi riscontrati fino al 2004, con un esposizione che circa il 70% delle volte è stata professionale. Nessuna regione è esclusa. Tra le regioni più colpite ci sono il Piemonte (1.963 casi di mesotelioma maligno), la Liguria (1.246), la Lombardia (1.025), l’Emilia-Romagna (1.007) e il Veneto (856). Nonostante la situazione sanitaria sia molto preoccupante, gli interventi da parte dello Stato prima e delle Regioni poi tardano ad arrivare.

ALITALIA- E l'amianto è ovunque. Anche sui voli Alitalia che hanno resistito fino al 2008, prima del commissariamento. Su ogni ogni ceppo di freni dell'aereo c'erano 120 ferodi e ad ogni frenata si sollevava una nuova bianca che poi veniva respirata dagli assistenti di volo. Ma non solo. L'amianto si trovava anche nei forni dove venivano riscaldati i cibi e negli impianti di condizionamento. Almeno fino a 10 anni fa. E anche se la legge lo ha messo al bando nel 92, Alitalia ci ha messo 10 anni per liberarsene dai suoi 164 aerei. E il personale lo ha respirato. E non solo loro. Stessa sorte anche per i passeggeri, anche se in misura minore. Tanto che la Corte d'Appello di Roma ha riconosciuto che "l'uso dell'amianto nel settore aereo è stato di normalissima e costante impiego fino ai giorni attuali e che l'esposizione del ricorrente era ovvia e costante durante le fasi di manutenzione degli aeromobili...in misura superiore al limite di legge fissao in 100 ff/ll". Rischio confermato anche dall'Istituto Superiore di Sanità (in esclusiva per Affaritaliani.it).

BONIFICHE- Ma le bonifiche ancora però in Italia sono in alto mare, come spiega il presidente nazionale di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza "Il quadro generale sul risanamento delle aree più inquinate è chiaro ma le bonifiche vanno a rilento nonostante l'urgenza sanitaria e la necessità di intervenire per isolare le principali fonti della fibra killer. Nonostante alcune eccezioni, come quelle di Casale Monferrato e Bagnoli, le attività di risanamento negli altri siti nazionali sono estremamente in ritardo, a causa dell’ inefficiente gestione da parte del Ministero dell’ambiente delle conferenze dei servizi per la valutazione e autorizzazione dei piani e dei progetti per la bonifica e alla mancanza di fondi. Per questo sono necessarie maggiori risorse economiche, reperibili attraverso la creazione di un Fondo nazionale sul modello del Superfund statunitense per le bonifiche dei cosiddetti siti orfani. Infine è importante che il Governo si impegni a promuovere una campagna di informazione ai cittadini sui rischi derivanti dall’esposizione all’amianto e per completare le analisi epidemiologiche nei siti più interessati all'esposizione all'amianto".

PIANI REGIONALI- “E’ evidente che nonostante la gravità del problema - ha dichiarato Stefano Ciafani, responsabile Scientifico di Legambiente - sulla questione amianto permane un pericoloso immobilismo dello Stato così come delle Regioni che espone la popolazione a un rischio per la salute all’apparenza meno evidente ma molto insidioso, perché di amianto ce n’è molto e in posti che tanti non sospetterebbero nemmeno. Per questo oltre che una corretta informazione alla popolazione è quanto mai urgente investire risorse pubbliche che permettano di avviare e portare avanti gli interventi di risanamento e pianificare la realizzazione di impianti di trattamento e smaltimento dei materiali, problema questo che in molti casi ostacola la bonifica e fa lievitare i costi”.

SENZA IMPIANTI DI SMALTIMENTO- La mancanza di impianti di smaltimento adeguati per i materiali contaminati da amianto, infatti, fa sì che le fibre rimosse debbano essere spedite da altre parti, anche all’estero come in Germania o in Austria. Ad oggi le regioni che hanno una discarica dedicata allo smaltimento dei rifiuti contenenti amianto sono Friuli Venezia Giulia, Lombardia (esaurita nel marzo 2009), Abruzzo (in istruttoria per la riapertura), Emilia-Romagna e Liguria. La Basilicata ne ha 2, il Piemonte 3, la Toscana e la Sardegna 4, ma tutti i casi le capacità residue sono comunque molto scarse se relazionate ai quantitativi di materiali contenenti amianto ancora presenti sul territorio.

Fonte:Affari italiani

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Di Floriana Rullo


Casale Monferrato, Cavagnolo, Rubiera. Ma anche Bagnoli, Padova e Taranto. Scuole elementari, case e fabbriche. Da nord a sud. L’amianto non fa distinzione. E nemmeno le sue polvere sottili. Quattromila decessi all’anno. Più di 20mila dal 93 a oggi. Una strage silenziosa

Numeri destinati a crescere a causa della latenza della malattia. Senza contare che il nostro paese è il secondo paese europeo per quanto riguarda la produzione del minerale, e soprattutto uno dei paesi mondiali che ha fatto un uso più massiccio di amianto, a partire dagli anni ‘50 e fino alla sua messa al bando nel 1992. Molte delle case popolari delle città ne sono ancora imbottite, come anche scuole, università, ristoranti, uffici pubblici, magazzini, autorimesse, alberghi, stabilimenti balneari, aziende, perfino ambulatori medici.

L’AMIANTO- Un minerale, appartenente al gruppo dei silicati possiede caratteristiche fisiche speciali e ricercate, molto pericoloso. Per l’uomo può essere fatale anche solo l’inalazione. Una sola fibra infatti può causare patologie mortali. Dal mesotelioma pleurico all’asbestosi, dal fibroma polmonare alle lesioni pleuriche e peritoneali passando dal carcinoma bronchiale. Nomi spaventosi, dei mali incurabili inequivocabilmente collegati alla sua esposizione

L’ALLARME- Un’emergenza nazionale che non ha ancora fine e che mina profondamente la sicurezza dei cittadini italiani. L’amianto ricopre superfici di territorio davvero incredibili, Circa 75mila ettari di terra, quasi quanto l’intera provincia di Lodi. E, anche se quasi tutte le aree del nostro paese sono inserite nel programma di bonifica del Ministero dell’ambiente, le bonifiche sono state, a seconda delle regioni, solo parziali. E ancora oggi almeno nel 17,65% degli istituti scolastici italiani è stata accertata la presenza di amianto.

L PIANO AMIANTO- Ma quanto amianto c'è ancora nel nostro Paese? Ad oggi solo 13 Regioni, alle quali era stato dato compito di stabilire, entro 180 giorni, un programma dettagliato per il censimento, la bonifica e lo smaltimento dei materiali contaminati, hanno approvato un Piano Regionale Amianto. Due (Puglia e Molise) non l’hanno ancora fatto mentre in Abruzzo è in corso di approvazione. Di altre 3 regioni (Calabria, Marche, Veneto) e la provincia Autonoma di Bolzano non si ha notizia. E anche laddove il piano esiste, le azioni che lo dovrebbero seguire, come la mappatura dei manufatti contaminati, non arrivano e si rimane alle stime del CNR e dell’Ispesl che parlano di 32 milioni di tonnellate presenti sul territorio nazionale, che prendono in considerazione però solo le onduline di cemento amianto.

E il quadro dei Piani Regionali Amianto non è confortante ed è purtroppo parziale visto che il censimento è ancora in corso in gran parte delle Regioni e solo 5 (Basilicata, Lombardia, Molise, Puglia e Umbria) hanno dati relativi all’amianto presente negli edifici privati. Sommando le informazioni, risulta che ad oggi in Italia ci sono circa 50mila edifici pubblici e privati in cui è presente amianto e i quantitativi indicati solo da 11 Regioni (Lazio, Umbria, Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Abruzzo, Molise, Sardegna, Toscana, Basilicata, Piemonte e Liguria) anche se non esaustivi, delineano comunque le dimensioni del problema: 100 milioni circa di metri quadrati di strutture in cemento-amianto, e oltre 600mila metri cubi di amianto friabile.

Per quanto riguarda gli interventi di bonifica e di risanamento i ritardi registrati per i grandi siti nazionali si amplificano se si guarda ai piccoli interventi che sarebbero necessari a rimuovere l’amianto dalle strutture in cui è ancora presente. Va evidenziata solo l’esperienza del Piemonte - che sta svolgendo un’intensa attività di bonifica, soprattutto nei Comuni che ricadono all’interno del Sito di interesse nazionale di Casale Monferrato - e della Lombardia, dove ad oggi sono stati bonificati oltre 400mila metri cubi di onduline in cemento-amianto e gli edifici “risanati” rappresentano il 18,5% del totale censito.

Amianto

LE VITTIME - E nel nostro paese la fibra killer ha lasciato dietro di sé una lunga scia di morti, sia nelle città dove erano presenti fabbriche per la produzione di Eternit (l’esempio più noto è quello di Casale Monferrato) ma anche tra coloro che non avevano mai lavorato né in una fabbrica né tantomeno nel settore dell’edilizia. Semplici cittadini, con l’unica colpa di essere nati troppo vicino a una discarica abusiva o inconsapevoli dirimpettai di tettoie pericolose. Tutte persone a cui, nella maggior parte dei casi, è stata negata anche una semplice pensione d’invalidità e gli indennizzi che spettavano loro di diritto.

Eppure a causa dell’amianto si continua a morire. Secondo il Registro Nazionale Mesoteliomi istituito presso l’Ispesl (che dal 1993 censisce il tumore dell’apparato respiratorio strettamente connesso all’inalazione di fibre di amianto) sono oltre 9mila i casi riscontrati fino al 2004, con un esposizione che circa il 70% delle volte è stata professionale. Nessuna regione è esclusa. Tra le regioni più colpite ci sono il Piemonte (1.963 casi di mesotelioma maligno), la Liguria (1.246), la Lombardia (1.025), l’Emilia-Romagna (1.007) e il Veneto (856). Nonostante la situazione sanitaria sia molto preoccupante, gli interventi da parte dello Stato prima e delle Regioni poi tardano ad arrivare.

ALITALIA- E l'amianto è ovunque. Anche sui voli Alitalia che hanno resistito fino al 2008, prima del commissariamento. Su ogni ogni ceppo di freni dell'aereo c'erano 120 ferodi e ad ogni frenata si sollevava una nuova bianca che poi veniva respirata dagli assistenti di volo. Ma non solo. L'amianto si trovava anche nei forni dove venivano riscaldati i cibi e negli impianti di condizionamento. Almeno fino a 10 anni fa. E anche se la legge lo ha messo al bando nel 92, Alitalia ci ha messo 10 anni per liberarsene dai suoi 164 aerei. E il personale lo ha respirato. E non solo loro. Stessa sorte anche per i passeggeri, anche se in misura minore. Tanto che la Corte d'Appello di Roma ha riconosciuto che "l'uso dell'amianto nel settore aereo è stato di normalissima e costante impiego fino ai giorni attuali e che l'esposizione del ricorrente era ovvia e costante durante le fasi di manutenzione degli aeromobili...in misura superiore al limite di legge fissao in 100 ff/ll". Rischio confermato anche dall'Istituto Superiore di Sanità (in esclusiva per Affaritaliani.it).

BONIFICHE- Ma le bonifiche ancora però in Italia sono in alto mare, come spiega il presidente nazionale di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza "Il quadro generale sul risanamento delle aree più inquinate è chiaro ma le bonifiche vanno a rilento nonostante l'urgenza sanitaria e la necessità di intervenire per isolare le principali fonti della fibra killer. Nonostante alcune eccezioni, come quelle di Casale Monferrato e Bagnoli, le attività di risanamento negli altri siti nazionali sono estremamente in ritardo, a causa dell’ inefficiente gestione da parte del Ministero dell’ambiente delle conferenze dei servizi per la valutazione e autorizzazione dei piani e dei progetti per la bonifica e alla mancanza di fondi. Per questo sono necessarie maggiori risorse economiche, reperibili attraverso la creazione di un Fondo nazionale sul modello del Superfund statunitense per le bonifiche dei cosiddetti siti orfani. Infine è importante che il Governo si impegni a promuovere una campagna di informazione ai cittadini sui rischi derivanti dall’esposizione all’amianto e per completare le analisi epidemiologiche nei siti più interessati all'esposizione all'amianto".

PIANI REGIONALI- “E’ evidente che nonostante la gravità del problema - ha dichiarato Stefano Ciafani, responsabile Scientifico di Legambiente - sulla questione amianto permane un pericoloso immobilismo dello Stato così come delle Regioni che espone la popolazione a un rischio per la salute all’apparenza meno evidente ma molto insidioso, perché di amianto ce n’è molto e in posti che tanti non sospetterebbero nemmeno. Per questo oltre che una corretta informazione alla popolazione è quanto mai urgente investire risorse pubbliche che permettano di avviare e portare avanti gli interventi di risanamento e pianificare la realizzazione di impianti di trattamento e smaltimento dei materiali, problema questo che in molti casi ostacola la bonifica e fa lievitare i costi”.

SENZA IMPIANTI DI SMALTIMENTO- La mancanza di impianti di smaltimento adeguati per i materiali contaminati da amianto, infatti, fa sì che le fibre rimosse debbano essere spedite da altre parti, anche all’estero come in Germania o in Austria. Ad oggi le regioni che hanno una discarica dedicata allo smaltimento dei rifiuti contenenti amianto sono Friuli Venezia Giulia, Lombardia (esaurita nel marzo 2009), Abruzzo (in istruttoria per la riapertura), Emilia-Romagna e Liguria. La Basilicata ne ha 2, il Piemonte 3, la Toscana e la Sardegna 4, ma tutti i casi le capacità residue sono comunque molto scarse se relazionate ai quantitativi di materiali contenenti amianto ancora presenti sul territorio.

Fonte:Affari italiani

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giovedì 29 aprile 2010

Lettera a Gad Lerner



Spettabile redazione, Egr. Dottor Lerner
(sperando che legga anche Lei questo messaggio),

ho visto su Internet la recente puntata dell'Infedele dedicata a Garibaldi che non ero riuscito a seguire in TV...e mi dispiace dover dire che abbiamo assistito ancora a tanta vuota retorica risorgimentale con punte quasi alla De Amicis con i ricordi di Gad Lerner da bambino con le figurine del "risorgimento" e di Garibaldi, in alcuni filmati mancava solo la piccola vedetta lombarda o il tamburino sardo!
E quante bugie ancora dobbiamo sentire noi meridionali su COME è stata fatta l'Italia!

Mi dispiace soprattutto che non ha invitato ne' Pino Aprile (giornalista pugliese, autore di un bellissimo libro di recente uscita: "Terroni...tutto quello che hanno fatto agli italiani del Sud perchè diventassero meridionali") ne' altri meridionali che la verità sull'invasione garibaldina e piemontese del Sud del 1860-1861 gliela potevano raccontare molto meglio, bastava anche un giornalista del Nord onesto come Lorenzo Del Boca (vedi il suo libro: "Maledetti Savoia") o una scrittrice romana come la Pellicciari (solo citata nella puntata, e poi citata quasi come una "talebana" del Vaticano e basta).

Puo' essere che gli unici ospiti che parlavano in modo critico del cosidetto "risorgimento" sono stati i leghisti, sempre e solo la voce del Nord?

Può essere che nessuno ha parlato della situazione del Sud prima e dopo la malaunità del 1861?

Può essere che nessuno ha il coraggio di dire che questo non e' un paese unito dal 1861 e che sono quasi 150 anni che il Sud e' diventato colonia del centro-Nord?

E purtroppo lo è ancora ai giorni nostri e basta vedere di dove sono i leader politici di destra e sinistra, delle sede delle maggiori banche, le TV, i giornali etc etc....

Le uniche cose intelligenti le ha dette Luzzatto parlando del brigantaggio e del periodo tra il 1860 ed il 1870 con una guerra civile dimenticata (o sarebbe meglio dire "liquidata" con poche righe sui libri di storia "ufficiali"...) che "potrebbe" essere all'origine della lacerazione, che c'e' ancora oggi, tra Nord e Sud....e qualche buon intervento sul blog da parte di veri meridionalisti, per il resto tanta vuota retorica e nessun tentativo di raccontare la storia dalla parte dei "vinti", di chi ha subito l'invasione da Nord e paradossalmente oggi, dopo 150 anni di questa malaunità, dobbiamo sentire che se ne lamentano di piu' al Nord che al Sud.

Vorrei che invitasse noi del Partito del Sud, quello vero nato nel 2007 a Gaeta su iniziativa di Antonio Ciano (Ass. al Demanio del comune di Gaeta) e non quello solo sempre annunciato dai vari Micciche', Lombardo etc etc...che noi consideriamo tutti ascari di un potere "toscopadano" sia a destra, che a centro e sinistra; noi consideriamo il 1861 come l'origine della "questione meridionale", quindi non siamo contro l'unità d'Italia ma siamo contro il COME e' stata fatta.
Cosa ci ha guadagnato poi il Sud da questa "malaunità" del 1861?
Ecco un sintetico elenco:
- Centinaia di migliaia di morti tra il 1860 ed il 1870 in una guerra civile dimenticata e i nostri partigiani infamati col marchio di "briganti" (Gramsci disse: "Lo stato italiano (leggasi piemontese) è stato una dittatura feroce che ha messo a ferro e fuoco l’Italia meridionale e le isole, squartando, fucilando, seppellendo vivi i contadini poveri che scrittori salariati tentarono di infamare col marchio di briganti") che diventò una vera e propria "pulizia etnica" con fucilazioni sommarie che non risparmiarono vecchi, donne e bambini, i morti furono molti di piu' di quelli avuti nelle 3 guerre di "indipendenza", retoricamente celebrate ma in realtà tutte perse dai piemontesi e vinte solo dai francesi o dai prussiani;
- l'inizio di un'emigrazione bibblica, sconosciuta al Sud prima del 1860, a partire da fine '800 e che ha allontanato piu' di 20 milioni di meridionali dalla propria terra spingendoli a trovare casa e lavoro al Nord o all'estero...una diaspora bibblica superiore a quella subita dagli ebrei;
- degrado, corruzione, rafforzamento mafie in Sicilia, Calabria e Campania;
- guerre coloniali e poi la tragedia del fascismo, quindi due sanguinose guerre mondiali, una serie continua di guerre e deliri militari di espansione che il Sud pacifico dell'ex Regno delle Due Sicilie non conosceva da un secolo e mezzo;
- distruzione e spoliazione economica continua del Sud per favorire la nascita industriale del Nord.

Noi meridionalisti, seguaci della grande tradizione da Salvemini a Dorso, non festeggeremo questi 150 anni di colonizzazione del Sud. Noi crediamo nella costituzione repubblicana del 1947 che oltre a condannare il fascismo doveva essere ben piu' severo coi Savoia e col cosidetto "risorgimento" ed invece l'erede dell'ignobile dinastia torna pure in TV...
Noi, infine, non possiamo festeggiare i Vittorio Emanuele II, i Garibaldi, i Cavour, i Cialdini, i Lombroso....sarebbe come per gli ebrei dedicare strade e piazze a Hitler, Goebbels e Mengele.

Sperando in una vostra cortese risposta e nell'attesa di essere invitati noi del Partito del Sud per dire finalmente qualcosa di nuovo su queste "celebrazioni" dei 150 anni da Sud e non sempre e solo da Nord. Insomma speriamo in un dibattito e in un confronto civile con la presenza delle nostre posizioni, sicuramente "minoritarie" all'interno dell'ipocrisia del belpaese dei "fratelli d'Italia", ma lontanissime da "nostalgie" e solo tese alla verità storica e alla giustizia per il vero riscatto del Sud, posizioni che non possono essere piu' zittite o censurate.

Cordiali Saluti

PARTITO DEL SUD

Fonte:Partito del Sud Roma
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Spettabile redazione, Egr. Dottor Lerner
(sperando che legga anche Lei questo messaggio),

ho visto su Internet la recente puntata dell'Infedele dedicata a Garibaldi che non ero riuscito a seguire in TV...e mi dispiace dover dire che abbiamo assistito ancora a tanta vuota retorica risorgimentale con punte quasi alla De Amicis con i ricordi di Gad Lerner da bambino con le figurine del "risorgimento" e di Garibaldi, in alcuni filmati mancava solo la piccola vedetta lombarda o il tamburino sardo!
E quante bugie ancora dobbiamo sentire noi meridionali su COME è stata fatta l'Italia!

Mi dispiace soprattutto che non ha invitato ne' Pino Aprile (giornalista pugliese, autore di un bellissimo libro di recente uscita: "Terroni...tutto quello che hanno fatto agli italiani del Sud perchè diventassero meridionali") ne' altri meridionali che la verità sull'invasione garibaldina e piemontese del Sud del 1860-1861 gliela potevano raccontare molto meglio, bastava anche un giornalista del Nord onesto come Lorenzo Del Boca (vedi il suo libro: "Maledetti Savoia") o una scrittrice romana come la Pellicciari (solo citata nella puntata, e poi citata quasi come una "talebana" del Vaticano e basta).

Puo' essere che gli unici ospiti che parlavano in modo critico del cosidetto "risorgimento" sono stati i leghisti, sempre e solo la voce del Nord?

Può essere che nessuno ha parlato della situazione del Sud prima e dopo la malaunità del 1861?

Può essere che nessuno ha il coraggio di dire che questo non e' un paese unito dal 1861 e che sono quasi 150 anni che il Sud e' diventato colonia del centro-Nord?

E purtroppo lo è ancora ai giorni nostri e basta vedere di dove sono i leader politici di destra e sinistra, delle sede delle maggiori banche, le TV, i giornali etc etc....

Le uniche cose intelligenti le ha dette Luzzatto parlando del brigantaggio e del periodo tra il 1860 ed il 1870 con una guerra civile dimenticata (o sarebbe meglio dire "liquidata" con poche righe sui libri di storia "ufficiali"...) che "potrebbe" essere all'origine della lacerazione, che c'e' ancora oggi, tra Nord e Sud....e qualche buon intervento sul blog da parte di veri meridionalisti, per il resto tanta vuota retorica e nessun tentativo di raccontare la storia dalla parte dei "vinti", di chi ha subito l'invasione da Nord e paradossalmente oggi, dopo 150 anni di questa malaunità, dobbiamo sentire che se ne lamentano di piu' al Nord che al Sud.

Vorrei che invitasse noi del Partito del Sud, quello vero nato nel 2007 a Gaeta su iniziativa di Antonio Ciano (Ass. al Demanio del comune di Gaeta) e non quello solo sempre annunciato dai vari Micciche', Lombardo etc etc...che noi consideriamo tutti ascari di un potere "toscopadano" sia a destra, che a centro e sinistra; noi consideriamo il 1861 come l'origine della "questione meridionale", quindi non siamo contro l'unità d'Italia ma siamo contro il COME e' stata fatta.
Cosa ci ha guadagnato poi il Sud da questa "malaunità" del 1861?
Ecco un sintetico elenco:
- Centinaia di migliaia di morti tra il 1860 ed il 1870 in una guerra civile dimenticata e i nostri partigiani infamati col marchio di "briganti" (Gramsci disse: "Lo stato italiano (leggasi piemontese) è stato una dittatura feroce che ha messo a ferro e fuoco l’Italia meridionale e le isole, squartando, fucilando, seppellendo vivi i contadini poveri che scrittori salariati tentarono di infamare col marchio di briganti") che diventò una vera e propria "pulizia etnica" con fucilazioni sommarie che non risparmiarono vecchi, donne e bambini, i morti furono molti di piu' di quelli avuti nelle 3 guerre di "indipendenza", retoricamente celebrate ma in realtà tutte perse dai piemontesi e vinte solo dai francesi o dai prussiani;
- l'inizio di un'emigrazione bibblica, sconosciuta al Sud prima del 1860, a partire da fine '800 e che ha allontanato piu' di 20 milioni di meridionali dalla propria terra spingendoli a trovare casa e lavoro al Nord o all'estero...una diaspora bibblica superiore a quella subita dagli ebrei;
- degrado, corruzione, rafforzamento mafie in Sicilia, Calabria e Campania;
- guerre coloniali e poi la tragedia del fascismo, quindi due sanguinose guerre mondiali, una serie continua di guerre e deliri militari di espansione che il Sud pacifico dell'ex Regno delle Due Sicilie non conosceva da un secolo e mezzo;
- distruzione e spoliazione economica continua del Sud per favorire la nascita industriale del Nord.

Noi meridionalisti, seguaci della grande tradizione da Salvemini a Dorso, non festeggeremo questi 150 anni di colonizzazione del Sud. Noi crediamo nella costituzione repubblicana del 1947 che oltre a condannare il fascismo doveva essere ben piu' severo coi Savoia e col cosidetto "risorgimento" ed invece l'erede dell'ignobile dinastia torna pure in TV...
Noi, infine, non possiamo festeggiare i Vittorio Emanuele II, i Garibaldi, i Cavour, i Cialdini, i Lombroso....sarebbe come per gli ebrei dedicare strade e piazze a Hitler, Goebbels e Mengele.

Sperando in una vostra cortese risposta e nell'attesa di essere invitati noi del Partito del Sud per dire finalmente qualcosa di nuovo su queste "celebrazioni" dei 150 anni da Sud e non sempre e solo da Nord. Insomma speriamo in un dibattito e in un confronto civile con la presenza delle nostre posizioni, sicuramente "minoritarie" all'interno dell'ipocrisia del belpaese dei "fratelli d'Italia", ma lontanissime da "nostalgie" e solo tese alla verità storica e alla giustizia per il vero riscatto del Sud, posizioni che non possono essere piu' zittite o censurate.

Cordiali Saluti

PARTITO DEL SUD

Fonte:Partito del Sud Roma
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Lettera al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano da parte del Partito del Sud


Michelina De Cesare, torturata, violentata e fucilata dai piemontesi. la nostra eroina rappresenta il sud violentato, martoriato dai savoia



Lettera aperta al Presidente della Repubblica On. Giorgio Napolitano
E p.c. Presidente della Repubblica di Israele.
Sig.Presidente,
all'atto della cosiddetta unificazione italiana il Tesoro era in possesso di 668 milioni di lire, di cui,i due terzi, ben 443 erano dell'ex Regno delle Due Sicilie, al Piemonte appartenevano solo 27 milioni e alla Lombardia, oggi così ricca, solo otto milioni. Quelle due regioni campavano quasi esclusivamente di agricoltura, i lombardi erano additati come i vaccari degli austriaci. I padani tutti erano costretti ad una emigrazione feroce ; sotto i loro domini il carbonchio e la pellagra mietevano vittime a migliaia. Non era così per gli abitanti delle Due Sicilie. Le ferrovie, ignote in Italia fecero la prima apparizione a Napoli nel 1836; nel 1837 arrivò il gas e nel 1852 il telegrafo elettrico. Col benessere aumentava la popolazione in tutto il regno e per la stessa ragione anche le entrate pubbliche quintuplicarono. Le strade e le città erano sicure e la pirateria che veniva dal mare fu debellata; eliminate le leggi feudali si diede ordine ai territori e si concesse per la prima volta al mondo, la terra a chi la lavorava; furono così estirpate boscaglie e paludi per far posto a frutteti e vigneti; furono ripuliti e arginati i fiumi.


Si mise ordie all'amministrazione pubblica e a quella di tutto il Regno delle Due Sicilie. La scuola fu istituzionalizzata come primaria e quella religiosa a far da supporto. Laicismo e religiosità si confondevano e gareggiavano in rivalità, dando al nuovo regno impulso culturale. Fiorirono pittori, scrittori, architetti, maestri di musica, compositori, artisti, poeti; grande sviluppo ebbe l'artigianato. Il teatro San Carlo, primo al mondo, fu costruito in soli 270 giorni e la stessa corrente culturale fece nascere l'Officina dei Papiri, il Museo Archeologico, l'orto Botanico, l'Osservatorio Astronomico e, primo al mondo, l'Osservatorio Sismologico Vesuviano e la Biblioteca Nazionale. Lo sviluppo industriale fu travolgente e in venti anni raggiunse primati impensabili sia nei settori del tessile che in quello metalmeccanico con 1.600.000 mila addetti contro il 1.100.000 del resto della penisola italica. Nacquero industrie all'avanguardia e tecnologicamente avanzate dando vita a ferrovie e costruendo i primi ponti in ferro in Italia, opere d'alta ingegneria in parte ancora visibili sul fiume Calore e sul Garigliano. La navigazione si sviluppò ammirevole tanto che il governo borbonico fu costretto a promulgare, primo in Italia, il Codice Marittimo creando dal niente una rete di fari con sistema lenticolare per tutta la costa. Le navi mercantili del Regno delle Due Sicilie solcavano i mari di tutto il mondo e la sua flotta era seconda solo a quella del Regno Unito. Le compagnie di navigazione pullulavano e così pure i cantieri navali tutti forniti di mano d'opera di prim'ordine; gli operai lavoravano otto ore al giorno e guadagnavano abbastanza per sostentare le loro famiglie e primi in Italia usufruirono di una pensione statale in quanto fu istituito un sistema pensionistico con ritenuta del 2% sugli stipendi. Nel Reame la disoccupazione era praticamente inesistente e l'emigrazione era parola sconosciuta, gli sportelli bancari erano diffusi capillarmente in paesi e villaggi e duecentomila commercianti facevano da traino all'economia. Sorsero nei nostri territori le prime agenzie turistiche italiane e si diede inizio agli scavi di Pompei ed Ercolano. Le Università sfornavano fior di scienziati e professionisti e il Regno delle Due Sicilie poteva vantare il più basso tasso di mortalità infantile in Italia. Erano sparsi sul territorio ospedali ed ospizi e ben 9000 medici.


Lo Stato godeva di buona salute.

Nella conferenza internazionale di Parigi del 1856 fu assegnato al Regno delle Due Sicilie il premio di terzo paese più industrializzato d'Europa dopo Inghilterra e Francia.

Gaeta ( oggi in provincia di Latina) nel 1860-61 subì un assedio ferocissimo da parte delle truppe piemontesi del generale Enrico Cialdini che, senza dichiarazione di guerra e a tradimento, invase il Regno delle Due Sicilie contro il Diritto Internazionale, oggi come allora vigente. Proprio come fece Saddham Hussein col Kuwait. Oltre mille soldati napoletani furono massacrati dalle bombe dei cannoni rigati del generale macellaio piemontese e centinaia di nostri compaesani perirono sotto i bombardamenti barbari e disumani di coloro che, da soldati divennero assassini. Non si trattò di assedio ma di tiro al bersaglio contro le case, le chiese, le caserme ed i conventi della nostra amata città e i segni di quel bombardamento sono ancora visibili. L'epopea gaetana si concluse il 13 febbraio del 1861; la Piazza in quel giorno infausto cadde ed i cannoni, protagonisti rumorosi dell'assedio ammutirono. Nel Borgo si leggevano i segni dell'impietosa battaglia. Larve di uomini si aggiravano per le case colpite e i luoghi di culto furono declassati a depositi di casermaggio dai vincitori. Il terrore si abbatté sulla nostra comunità. Dio! Che rovine! Gaeta, sotto la gragnuola di 160 mila bombe non si è più risollevata da quel macello.

Eppure, ancora oggi, dopo quei fatti, molti storici si affannano ad affermare che il 13 febbraio del 1861 l'Italia si unificò.

Si trattò di barbara invasione militare, di conquista regia e qualcuno deve pagare per un simile misfatto. Il Sud fu saccheggiato delle sue risorse economiche, sociali, politiche, finanziarie, umane; i Borbone furono esiliati e mai fatti rientrare in patria dai Savoia e, i loro beni requisiti. Fu requisito ai Borbone tutto il patrimonio monetario e perfino l'unico bene immobile in loro possesso dopo 127 anni di Regno: villa Caposele a Formia.




Signor Presidente,
Saddham Hussein, per aver attaccato il Kuwait a tradimento, proprio come fece Vittorio Emanuele II di Savoia con il Regno delle Due Sicilie fu punito dall'ONU. Tutte le potenze della Terra si scagliarono contro il dittatore iracheno sommergendo di bombe l'Iraq.
La guerra civile nel Regno delle Due Sicilie, durata 12 anni costò la vita a un milione di meridionali, si ebbero oltre 100 paesi distrutti completamente, villaggi bruciati, campagne svuotate dalla legge Pica, tutto il Sud posto in stato d'assedio. I prigionieri politici furono 500 mila e molti morirono nelle carcer,i o di fame, o perché torturati.

Ebbene, l'annessione dell'Italia della civiltà, quella di Zenone, di Parmenide, di Archimede, di Pitagora, di Campanella, di Vico, operata dalle orde barbariche delle ex province di Roma, secondo alcuni, ha dato vita all'unità del Paese. Dabbenaggine o incultura? L'Italia di Pitagora, quella dei numeri, è stata cancellata dalle menti e dai cuori di certi meridionali felloni. Sulle mura di Gaeta I Borbone difesero l'onore del Sud, difesero la nostra libertà, la nostra dignità, la Religione Cattolica e i gaetani tutti si strinsero attorno alla regina Sofia per difendere il Sacro suolo dall'assalto dei barbari piemontesi. Un Re, Francesco II e la regina Sofia, da eroi, difesero la nostra città dalle bombe savoiarde, combatterono contro l'infamia e la codardìa cavourriana e piemontese..

Fino al 13 febbraio del 1861 Gaeta era padrona del suo territorio sia dentro che fuori le mura. Con la vittoria dei piemontesi e di Casa Savoia sul Regno delle Due Sicilie in una guerra mai dichiarata, Gaeta , in quanto bottino di guerra ha dovuto consegnare il proprio territorio al criminale di guerra Enrico Cialdini e quindi alla monarchia vincitrice che, a sua volta lo ha consegnato alla repubblica italiana con la fuga dell'infingardo Vittorio Emanuele III, detto re pippetto, l'8 settembre del '43.

Dopo il 1861 i meridionali, che fino ad allora non conoscevano l'emigrazione, furono costretti ad una diaspora biblica; oltre 30 milioni di persone furono costrette ad abbandonare la propria terra, e quando Mussolini chiamò i veri italici, nell'ora del pericolo, alla pugna, questi arrivarono eccome dalle Americhe e sbarcarono ad Anzio, in Sicilia, a Salerno e Sciaboletta fuggì, come si conviene ad un Savoia, comportandosi da vero infame.

Il comune di Gaeta è esteso per 2.847 ettari, oggi ridotto a mera espressione geografica dai governi savoiardi. Oltre i due terzi del suo territorio, infatti non è amministrabile da parte dei cittadini e dai propri rappresentanti in Consiglio Comunale della città in quanto sotto la giurisdizione demaniale, sia essa Marittima che delle Finanze. Gaeta, la città che non c'è, dal 14 febbraio del 1861 punita per la sua avversione al sistema liberistico piemontese non è conosciuta sotto questo aspetto nemmeno dai suoi abitanti che camminano sul suolo demaniale e non lo sanno. Il Comune per far utilizzare strade, scuole ed impianti sportivi ai gaetani è costretto a pagare il pizzo allo Stato.Uno Stato che pretende il pizzo è colonialista, per non usare un altro termine; vorremmo sapere se il comune di Milano o quello di Torino pagano la tangente per far studiare i loro scolari. Non ci risulta.

Fino dal 1100 d.c. Gaeta era padrona del suo territorio sia dentro che fuori le mura. Dal 1861, con la vittoria della Casa Savoia sul Regno delle Due Sicilie in una guerra mai dichiarata , Gaeta, in quanto bottino di guerra, ha dovuto consegnare il proprio territorio al criminale di guerra e fellone, generale Enrico Cialdini e quindi alla monarchia vincitrice che, a sua volta lo ha consegnato alla Repubblica italiana.


LA STORIA IN VENDITA NEL SUD

Per risanare il debito pubblico contratto da Cavour e soci il Piemonte mise in vendita gran parte delle terre demaniali ed ecclesiastiche arricchendo pochi liberali ed affamando milioni di contadini. La stessa operazione si stava compiendo a Gaeta e in molte città del Sud: a Roma era stato messo in vendita Forte Bravetta, luogo sacro della resistenza al nazifascismo ed i luoghi sacri non possono essere venduti. A Gaeta avevano messo in vendita la Chiesa di Sant’Angelo con relativo parco comunale posto all’interno di tale complesso e la relativa caserma ex convento requisito al Regno delle Due Sicilie da parte dei barbari piemontesi, come è stato posto in vendita il torrione francese e forte Emilio Savio sul Monte di Conca, compresi i bastioni della città.

Questo Stato infetto da malversazioni e ruberie, da politici pregiudicati e corrotti, amici di esportatori illegali di capitali, compari di coloro che han portato all'estero centinaia di miliardi per sottrarsi al Fisco facendo pagare un prezzo altissimo agli onesti che han dovuto chiudere le loro aziende per le troppe tasse o spremendo operai ed impiegati fino all'ultima lira, per risanare il debito pubblico contratto dai governi per arricchire il Nord padano famelico ed infame ha messo in vendita i gioielli che i Borbone avevano lasciato alla nostra città e ai paesi di tutto il Meridione d'Italia. A Gaeta, a Napoli, a Bari, a Catania, a Palermo, a Taranto, a Caserta, a Ponza, a Ventotene dove han messo in vendita il carcere borbonico, un vero gioiello architettonico, dove Altiero Spinelli ed altri antifascisti firmarono " il manifesto di Ventotene" che ha dato origine all'idea di Europa unita. In ogni città del Sud vi sono beni storici ed architettonici di valore immenso, un vero tesoro; un patrimonio che rappresenta la materia prima per un turismo non stagionale oltre che un recupero della propria identità storica e sociale dovrebbe essere offerto ai turisti attraverso una loro praticabilità attiva in quanto cornice essenziale per rappresentazioni in costume d'epoca.

Signor Presidente,
oggi l'Italia è amministrata da amebe padane ed il patto stretto tra il Sud e questa repubblica il 2 giugno del 1946 si è rotto il 13 maggio del 2001 quando il blocco economico nordista ha ripreso il potere che con la caduta del fascismo era sparito. La colonizzazione del territori dell'ex Regno delle Due Sicilie continua imperterrita regalando alla camorra e a privati beni pubblici di rilevanza storica, lasciando che la catastrofe socio economica si consumi fino in fondo, conservando, comunque, sentimenti patriottici che vedono deperire il territorio all'ombra del tricolore italiano.

VENDITA DELLA NOSTRA STORIA

Oggi il Demanio dello Stato intende vendere pezzi della nostra città ai migliori offerenti, compresa la nostra storia e le nostre tradizioni, comprese le nostre radici che sono tutte lì, in quei bastioni cannoneggiati dai piemontesi, dal Castello Angioino, da quello Aragonese, dai conventi trasformati in caserme, dalle pietre laviche che grondano sangue dalle loro viscere, dalla terra che gronda sudore contadino: l'ex batteria Duca di Genova per 140 milioni; l'ex batteria dello Spirito Santo per per sei milioni; il terreno utilizzato in via della Breccia per 50 milioni; l'ex fabbricato della polveriera della Trinità per 650 milioni; le case matte sugli spalti di Serapo per 180 milioni; la batteria Philipsthall con magazzini per 300 milioni; i Bastioni per 100 milioni; la Platea sulle mura del bastione per 50 milioni:; l'area per maneggio dei cavalli per 25 milioni; l'area sovrastante l'ex Colombaia per 45 milioni; la sede stradale ( anche una strada!) per 18 milioni e pare che sia state posti in vendita gioielli come la Gran Guardia fatta costruire da Ferdinando II di Borbone, le case dei militari di via Annunziata, caserme e infrastrutture una volta militari. La vendita della nostra Storia, dei nostri beni storici e religiosi rappresenta un affronto all'orgoglio del Sud, un'estrapolazione delle nostre radici, un vero atto di colonialismo visto che il Piemonte, causa dei mali del Sud è stato inondato di centinaia di miliardi per riattare i beni demaniali dei Savoia. Alla mia città non è toccato un centesimo e la nostra fortezza è coperta di erbacce, di alberi le cui radici la stanno disarticolando, le cui mura sono ancora piene di buche prodotte dalle cannonate di Cialdini. Ne scaraventò ben 160 mila sulle case, sulle chiese, sui bastioni.



MILLE MILIARDI AL PIEMONTE

Signor Presidente,

con l'avvento dei Savoia il Sud fu spogliato di tutte le sue fabbriche, di tutti i suoi beni demaniali ed ecclesiastici, di tutti i soldi depositati nelle banche, di quasi tutti gli arredi delle chiese, tutto fu trasferito nel Nord sabaudo. La storia che ci viene insegnata, impregnata di leggenda e di falsi storici, fa sì che i nostri ragazzi imparino ad osannare chi ha prodotto guasti irreparabili, catastrofi immani, ruberie, guerre atroci, genocidi contro l'umanità e affossi chi invece ha combattuto per la propria patria e per difendere l'onore e la dignità dei Meridionali. I nostri partigiani sono stati infamati col marchio di briganti e i veri briganti e pirati sono incensati agli altari della patria. Questa commistione di falsità ha portato i rappresentanti dei governi a biasimare una falsa storia, una falsa unità italiana e a immacolare i Savoia, i Cavour, i Garibaldi.

Dietro la spinta di codeste falsità alienano i beni storici ed architettonici che i nostri avi hanno creato e costruito mentre riempiono di miliardi il Piemonte.

Questo Stato ha elargito la somma ragguardevole di 605 miliardi per la riattazione e la conservazione dei beni demaniali dei Savoia in Piemonte. l'ex ministro del centro sinistra, signora Melandri ha elargito, Enzo Ghigo del centro destra ha ringraziato. Altri 300 miliardi sono stati elergiti negli anni successivi. Ecco come sono stati distribuiti: 46 miliardi a La Mandria; 122 miliardi a Venaria; 67 miliardi a Stupinigi; 14 miliardi ad Agliè; a Moncalieri 9 miliardi più altri nove per l'arredo urbano; a Rivoli 2 miliardi; al museo del Risorgimento 15 miliardi; ; al museo egizio 3 miliardi; Alla galleria Sabauda 16 miliardi; 30 miliardi per palazzo Madama; al palazzo reale 10 miliardi; 3 miliardi per l'Armeria reale; 37 miliardi per la villa della Regina; 6 miliardi per il parco del valentino; a Racconigi ben 29 miliardi; ; a Valcasotto 14 miliardi; 3 a Govone; 6 miliardi per il forte delle Fenestrelle trasformato nel 1861 a lager dei soldati napolitani che non vollero tradire il loro giuramento e di cui ne morirono ben 56 mila infoibati e messi nella calce viva. Oltre a svariati miliardi che sono stati spesi per la valorizzazione dei beni culturali delle valli olimpiche ed al Forte di Exiles.

Signor Presidente,

come definire tanta stoltezza? Come si fa a finanziare alcuni beni culturali solo perché situati in una regione che ha prodotto danni incalcolabili al Sud e vendere i beni demaniali del Meridione d'Italia? questo è solo colonialismo oltre che imbecillità di chi sta governando la cosa pubblica in Italia. Il Sud d'Italia si ribella a questo e chiede l'aiuto della Magistratura nonché quello della Comunità Europea.

I piemontesi vollero distruggere il mito di Gaeta in tanti modi; ce l'han messa proprio tutta, sia abolendo uffici istituzionali e sia spezzettandola.
Gaeta, fino al 13 febbraio del 1861 era capoluogo di Circondario; appena dopo l'assedio del 1860-61 si pensò a smantellare la piazzaforte per farla diventare luogo di pena( il famoso carcere di Gaeta). In Gaeta vi erano al 1861 i seguenti uffici: due rappresentanze di Stati esteri (quelle della Francia e della Gran Bretagna); il Comando Militare della fortezza e del Distretto, comando di circondario marittimo; due camere di assicurazione marittima; ufficio postale di prima classe; ispettorato di distretto e luogotenenza delle Dogane e Gabelle; dogana principale; fondaco con ricevitoria delle privative; ricevitoria del registro; agenzia delle tasse dirette e del catasto; ispettorato di circondario delle scuole primarie; pretura dipendente dal tribunale civile e correzionale di Cassino; delegazione di pubblica sicurezza; verifica dei pesi e delle misure; ufficio telegrafico di terza classe; ufficio di sanità marittima; consorzio agrario circondariale. Quasi tutti questi uffici oggi non sono più. La città perse la sua importanza sia militare che civile.
Un decreto Reale del 18 febbraio del 1897 stabiliva che dal 1° aprile del 1897 la frazione Borgo di Gaeta ( quella fuori le mura) veniva separata dal comune di Gaeta e costituita in comune autonomo con il nome di Elena (la principessa del Montenegro e poi regina d'Italia), naturalmente su richiesta delle amministrazioni liberali di quei tempi e ciò comportò solo divisioni e spaccature, litigi tra le due amministrazioni sui confini territoriali. Ci pensò il fascismo a riunificare il quartiere Sant'Erasmo ( la Gaeta storica) al Borgo di Gaeta e ciò successe il 17 febbraio del 1927( R.D. Legge n. 215)col quale appunto veniva soppresso il comune di Elena che veniva aggregato alla sezione Sant'Erasmo.
Gaeta man mano perse la sua funzione strategica e storica come perse i vari uffici pubblici, civili e militari dovuti alla soppressione dei Circondari voluta dal Regime che accentrava anche l'aria e così la città passava dalla giurisdizione della soppressa provincia di Caserta (R.D. Legge 2 gennaio 1927) a quella di Roma , dopo una brevissima aggregazione all'istituenda provincia di Frosinone (prima anch'essa Terra di Lavoro, come Gaeta d'altronde); infine alla nuova provincia di Littoria, oggi Latina il 18 dicembre del 1934. Mussolini allargò i canali esistenti già dal tempo dei romani nella nostra provincia e si parlò di Bonifica dell’Agro, quella che era Terra Cajetanorum diventò terra dei veneti, popolo affamato proprio da quella che alcuni storici prezzolati e di regime si affannano a chiamare Unità d’Italia. Il Veneto con la Repubblica di Venezia e sotto l’impero d’Austria raggiunse forme di democrazia e di ricchezza mai viste precedentemente.


Per colpa dei Savoia la nostra amatissima città ha perso lo splendore e la vivacità che da sempre l'avevano contraddistinta come seconda capitale dell'ex Reame e soprattutto ha perso il suo territorio passato prima al Regno d'Italia e poi alla Repubblica italiana. Oggi lo Stato sta svendendo tutti i gioielli che i Borbone ci avevano lasciato in eredità. I beni demaniali per Gaeta dovrebbero rappresentare l'occasione di uno sviluppo storico-turistico; la città è soffocata e non può certo pagare il pizzo per acquisirli alle sue proprietà. Questa Repubblica continuando l'opera dei Savoia, di fatto ci considera colonia di sfruttamento, è dal 1861 che ciò accade. Prima i Savoia e poi questo Stato han messo in vendita tutti i beni ecclesiastici e demaniali dei territori annessi al dominio del Piemonte, impoverendo fino alla fame i nostri abitanti e arricchendo quelli del Nord con un drenaggio fiscale che continua a spennarci mentre il signor primo ministro attualmente in carica ha fatto rientrare dall'estero una massa imponente di soldi sporchi di droga o esportati illegalmente per evadere il fisco facendo pagare una tassa del 2,5% mentre la gente è costretta a chiudere piccole imprese ed attività commerciali perché oberati da tasse e balzelli. Un drenaggio fiscale che dura da 140 anni determina la morte economia di imprese a conduzione familiare e quindi emigrazione e fame. Dal Sud emigrano ogni anno centocinquantamila giovani in cerca di lavoro e questo mentre l'agricoltura viene mortificata e sepolta. Questo Stato ha regalato ai siti demaniali piemontesi 605 miliardi e altri 300 sono stati spesi per dare lustro a castelli e schifezze varie che furono sedi puzzolenti e schifose dei Savoia ritenuti assassini e criminali di guerra da Noi meridionali.

Ma Gaeta aderì al Regno d'Italia?

Signor Presidente, pare proprio di no. L'atto di adesione di Gaeta al Regno d'Italia è una bufala predisposta e preparata dall'allora primo Ministro Camillo Benso di Cavour. Gaeta, formalmente, non ha mai aderito al regno dei barbari, di lingua francofona e l'atto di adesione del 18 febbraio del 1861 stampato sulla prima gazzetta ufficiale del Regno d'Italia è un falso storico in quanto vi compaiono tutti i nomi dei notabili e dei decurioni che componevano il Consiglio Comunale di allora. In realtà, in quel consiglio comunale furono presenti solo cinque decurioni su venticinque oltre al sindaco i quali firmarono tale atto sotto la pressione delle baionette savoiarde. La legge di allora prevedeva la validità dell'assemblea con la partecipazione di non meno dei due terzi dei decurioni.

L'atto originale di adesione al Regno d'Italia è depositato nell'Archivio storico della nostra città e tutti possono vederlo e consultarlo.

Quell'atto di adesione illegale ha falsato la Storia e il corso degli eventi, soprattutto ha segnato uno smacco per la nostra città.

Gaeta, pur avendo avuto per oltre un millennio una sua moneta, leggi proprie, un suo governo democratico, navigatori come Enrico Tonti e Giovanni Caboto che hanno esportato Democrazia e leggi del Ducato nelle lontane Americhe, una città-Stato che ha avuto un ruolo rilevantissimo e determinante nella battaglia di Lepanto che insieme a quella di Poitiers ha permesso di salvare la Civiltà Occidentale, Cristiana e laica, si trova oggi nella grottesca, aberrante, obbrobriosa situazione per cui, in virtù di chissà quale misterioso sortilegio le sue strade, le sue piazze, le sue scuole, i suoi litorali, i suoi castelli, le sue caserme, le sue montagne e quant'altro risultano essere di proprietà dello Stato.

Che significa questo? Semplice Signor Presidente, non avendo aderito formalmente al Regno d'Italia, i beni demaniali che Cialdini accorpò al Regno di Sardegna prima al Regno d'Italia successivamente, appartengono alla nostra città e tutte le leggi che ne regolano lo Status e che li fanno proprietà dello Stato ( di quale Stato?) dovrebbero essere ridiscusse dal Parlamento di questa repubblica che è nata dalle ceneri di quella barbarie. Il nostro Risorgimento è agli albori, le strade intitolate a quegli assassini, a quei criminali saranno cancellate dalla toponomastica delle città meridionali; ognuno si incensi i propri eroi, noi incenseremo i nostri che si chiamano Passannante, Crocco, Michele Pezza( Fra Diavolo, che combattè contro i francesi invasori), Ninco Nanco, Guerra, Conte, Palma, Michelina De Cesare ecc ecc. che combatterono da eroi contro i piemontesi, contro i Savoia. La nostra Patria è nata il 2 giugno del 1946, è la Repubblica Italiana, quella che artatamente chiamarono regno d'Italia non ci appartiene. I Savoia eredi di quella progenie paghino per le colpe dei padri, paghino i debiti dei loro avi.

Sig. Presidente, in nome e per conto degli interessi di Gaeta e dei comuni dell'ex Regno delle Due Sicilie il Partito del Sud chiede:

1) il sequestro dei diamanti e delle collane ( che ammonterebbero a circa 1.500 milioni di euro) attualmente conservati nei forzieri della Banca d'Italia in quanto il sig. Vittorio Savoia, che li pretende, essendo erede di quel Vittorio Emanuele II Re di Sardegna e quindi capo dell'esercito piemontese che ha raso al suolo la mia città nel 1860-61, dovrebbe pagare i danni a Gaeta e alle altre città del Sud incendiate e massacrate senza dichiarazione di guerra. Gli eredi, se prendono le eredità devono pagare anche i debiti dei loro avi, e la stessa cosa vale per il signore in questione.


2) che questo Stato repubblicano deferisca alla Corte Internazionale dell'Aja i Savoia ( in quanto eredi diretti dei Re di Sardegna e d'Italia , di quel Regno cancellato dalla lotta partigiana e dalla storia) per un risarcimento equo dei danni provocati dall'assedio del 1860-61 ( danni chiesti dalla nostra città al governo piemontese e riconosciuti persino dalla Corona, e mai pagati e che ammontavano a 2,047,000 milioni di lire del 1861). Tutta la documentazione relativa a tali richieste è conservata nell'archivio storico di Gaeta, che si allega alla presente, oltre la relazione del Dottissimo Avv. Pasquale Troncone, delegato dal comune di Gaeta a relazionare su una possibile denuncia.

3) inoltre il Partito del Sud chiede il deferimento alla Corte Internazionale dell'Aja di Casa Savoia, del conte Camillo Benso di Cavour, di tale Giuseppe Garibaldi, avventuriero, negriero, massone;del generale Cialdini, del generale Pinelli, Enrico Cosenz, del col. Eleonoro Negri, del Cap. Gaetano Negri, del Gen Quntini,del generale Della Rocca ecc ecc. per crimini di guerra, per crimini contro l'umanità, per genocidio essendo tali reati inestinguibili nel tempo, per aver barbaramente invaso il Regno delle Due Sicilie senza dichiarazione di guerra e per aver massacrato un milione di contadini e fatto emigrare 30 milioni di Meridionali.

4) Il Partito del Sud chiede alla nostra amata repubblica, che ha eredidato dal regno perdente leggi regie, di cancellarle definitivamente dai codici civili e penali, oltre a ridare alle città i beni demaniali requisiti e alla Chiesa i Beni ecclesiastici che la legge Rattazzi ha incorporato ad uno Stato illegittimo. In quattro anni, dal 1861 al 1864, furono espropriati ben 398 conventi, con tutti i loro beni mobili ed immobili, centinaia di ettari di terreno coltivato dai contadini e regalati a liberalucci del tempo.
Sig.Presidente,
chi Le scrive ha trascorso la sua vita in una sezione del Partito comunista di Gaeta. Antonio Gramsci era originario della mia città, che diede i natali al padre Francesco il 6 marzo del 1860, nato dalla signora Teresa Gonzalez e da Don Gennaro Gramsci, allora Capitano delle Gendarmeria borbonica dentro la fortezza .Gramsci ha sempre criticato il Risorgimento, fonte dei guai del Sud; ha sempre criticato i blocchi storici che ne determinarono la povertà; ha sempre criticato i Savoia, tanto che parlando della Questione Romana ha scritto che:” Porta Pia non fu che un meschino episodio, militarmente e politicamente. Militarmente non fu che una grottesca scaramuccia. Fu veramente degna delle tradizioni militari italiane. Porta Pia rassomiglia - in piccolo- a Vittorio Veneto. Porta Pia fu la piccola , facile vittoria dell’aggressore enormemente superiore all’avversario inerme, come Vittorio Veneto fu facile vittoria contro un avversario che - militarmente- non esisteva più. Politicamente Porta Pia fu semplicemente l’ultimo episodio della costruzione violenta ed artificiale del Regno d’Italia. Tutto il resto è chincaglieria retorica. Le belle frasi Terza Roma sono completamente vuote di senso.
Roma è città imperiale e città papale: in ciò sta la sua grandezza universale. La “Terza Roma” non è che una sporca città di provincia, un sordido nido di travetti, di albergatori, di bagascie e di parassiti. Mentre le due fasi della storia di Roma, l’imperiale e la papale, hanno lasciato traccia immortale, la breve parentesi dell’occupazione sabauda lascia, unica traccia di sé, il Palazzo di Giustizia, statue di gesso e grottesche imitazioni decorative: nato tra lo scandalo dei fornitori ladri e dei deputati patrioti corrotti, esso è degno di albergare la decadenza giuridica della società contemporanea. Per questo la questione romana non è risolta. Non potevano risolverla le cannonate del re di Savoia. La violenza militarista non può risolvere i problemi internazionali. E la questione romana è un problema internazionale...”( L’Ordine Nuovo, Rassegna Settimanale di Cultura Socialista, 2 Ottobre 1920).
Sig. Presidente,
nelle sezioni del partito comunista abbiamo imparato che l’Italia repubblicana è nata il 2 giugno del 1946. Nelle sezioni del partito comunista abbiamo appreso che morirono ben 87 mila partigiani per abbattere la dittatura fascista e casa Savoia; nelle sezioni comuniste abbiamo appreso che i repubblicani uccisi dalla monarchia Sabauda furono migliaia, a cominciare dal 1849, quando, Vittorio Emanuele II mandò a Genova il Generale La Marmora con 30 mila bersaglieri a massacrare ben 700 genovesi repubblicani, volevano solo l’antica repubblica di Genova,si ribellarono alla protervia dei Savoia e alle leggi centraliste piemontesi che impedivano i liberi commerci che i mercanti del capoluogo ligure erano soliti praticare.
Sig. Presidente,
a scuola abbiamo studiato la Rivoluzione francese. Ci è stato insegnato che ha portato alla Francia “Egalitè e fraternitè” e che i francesi abbatterono la monarchia che regnava, ai cui re mozzarono la testa. Nessuno in Francia festeggia Luigi XVI e Maria Antonietta, né vi sono strade e piazze a loro intitolate. La Francia era stata unita dai monarchi, ma nessuno si sogna di festeggiare l’unità della Francia la notte di Natale di ogni anno. Si festeggia il 14 luglio, il giorno della presa della Bastiglia. Perché si vuole osannare la monarchia che ha prodotto nel Sud stragi, infamie, genocidi ed una emigrazione biblica che nemmeno gli ebrei hanno subito?
L’Italia fu unita dai romani, cosa che gli storici poco storici hanno dimenticato, e che nel 1860 vi erano sei staterelli e un grande Stato: il Regno delle Due Sicilie, allora ricco e prospero. Oggi siamo 20 staterelli, 20 regioni, e quelle dell’ex Reame ridotte a territori sottosviluppati, da terzo mondo.Il regno sabaudo, nel 1861 ha affamato il Sud, lo ha massacrato inviandovi ben 150 mila soldati per estirpare la resistenza dei contadini chiamati briganti, per estirpare le liberalizzazioni borboniche, per estirpare l’uguaglianza e la legalità che in quei territori vigevano. I massacri furono tanti,le stragi, gli eccidi innumerevoli. Il primo eccidio avvenne a Bronte in Sicilia dove Nino Bixio, su ordine di Garibaldi inscenò un processo farsa per fucilare coloro i quali stavano mettendo in pratica un decreto del nizzardo; fucilò i contadini che stavano occupando le terre. Il loro torto fu uno solo, le terre erano quelle della Ducea di Nelson, terre private, di proprietà degli inglesi che avevano finanziato la spedizione dei mille con tre milioni di piastre turche, ossia centinaia di milioni di euro di oggi.Un mercenario, il Garibaldi, al soldo degli inglesi e del massone monarchico Cavour,che fucila i siciliani,fatto osannare dai massoni come eroe e come socialista. Garibaldi era solo un pirata e un mercenario, nonché schiavista, tanto che da capitano della “Carmen” trasportava schiavi cinesi da Canton in Cina e Callao in Perù.

Sig. Presidente,
nelle sezioni del nostro partito ci insegnarono che il Risorgimento piemontese è stato il male assoluto, e Gramsci lo sapeva. Il Risorgimento è filosofia liberaleggiante e tra liberismo piemontese e liberalizzazioni vigenti nel Regno di Napoli nel 1700-1800, il sud ha sempre preferito le seconde, tanto che sotto i Borbone il popolo godeva di una ricchezza e di una prosperità assoluta. Nel 1856 il regno delle Due Sicilie, a Parigi, venne classificato tra i più ricchi al mondo. Oggi siamo un popolo colonizzato nella sua economia, nella sua indole. Ma qualcosa si sta muovendo.I mass Media ci parlano di Economia Italiana, ma tutti sanno che non è così, è solo una parte d’Italia a produrre, l’altra a consumare. L’economia italiana in realtà non esiste, è solo Tosco-Padana. Il centro sinistra difende gli interessi economici della Toscana, dell’Emilia Romagna, delle Marche e dell’Umbria: le varie Coop, Conad, Unipol, Monte dei Paschi e affini, mentre il centro destra difende interessi padani come altri supermercati alimentari ( Panorama, Outlet, Standa, Upim, Rinascente ecc ecc.), compagnie telefoniche, compagnie assicuratrici,finanziarie,industriali, e soprattutto Mediatiche e bancarie. Anche il glorioso banco di Napoli è finito nelle mani dei torinesi. Al sud non sono rimaste nemmeno le bancarelle, ormai nelle mani dei cinesi e degli extracomunitari.
Sig. Presidente,
i Savoia si macchiarono di infamie nel sud della penisola, nel nord e nel mondo intero, e non riusciamo a capacitarci perché, molti reparti militari, portino ancora il loro nome. L’altro giorno ho assistito ad una parata di bersaglieri, la fanfara si chiama “ Brigata Garibaldi” incredibile ma vero, ma non furono i bersaglieri del Gen. Pallavicino a ferire la gamba di Garibaldi sulle montagne dell’Aspromonte? In 12 anni i Savoia massacrarono un milione di contadini, incendiarono città e villaggi, li misero a ferro e fuoco, in nome di una Italia che non ci appartiene. La Germania si confederò senza versare una goccia di sangue. Significa che quella non fu unione ma invasione barbarica. Da città come Gaeta,Gioia del Colle, Bronte, Pontelandolfo, Casalduni, Ariano Irpino, Vieste, Montecillone, Scurcola Marsicana, Nola, Somma Vesuviana, Castellammare di Stabia e altre cento, sgorga ancora sangue dalle strade e dalle piazze. A Genova, nel 1849, il gen. La Marmora massacrò settecento genovesi che inneggiavano alal repubblica, e non vedo perché dovremmo festeggiare nel 2011 quei criminali che non ebbero pietà alcuna degli italiani tutti. Nel 1864 a Torino vi furono 500 morti, erano cittadini che difendevano il nome della loro capitale che doveva essere trasferita a Firenze. Nel 1866 i Savoia massacrarono oltre seimila palermitani nella guerra detta del “sette e mezzo”, buttarono bombe sul capoluogo siciliano senza pietà, e nel 1893 vi fu mattanza dei fasci siciliani, contadini socialisti e cattolici che volevano solo le terre promesse.Nel 1898 il gen Bava Beccaris massacrò oltre trecento operai a Milano, stavano solo chiedendo pane e lavoro.Nella prima guerra mondiale morirono oltre 700 mila italiani, del nord e del sud; nella seconda guerra mondiale morirono oltre 50 milioni di europei, e milioni di italiani, sia civili che militari.
Sig. Presidente, festeggiare quella unità significa festeggiare quella genìa di massacratori del mondo, a vergogna della nostra repubblica. Noi siamo nati in repubblica e non festeggeremo niente, ricorderemo i 30 milioni di emigranti, ricorderemo gli eccidi e le stragi perpetrate da quei delinquenti monarchi,tutti massoni, tutti assassini. Ricorderemo il milione di contadini morti per difendere le loro donne e il loro territorio da gente che parlava francese, da ladri assetati di denaro e di sangue. Nel 2011 Gaeta sarà sede di una manifestazione nazionale, moltissimi Meridionali verranno a ricordare la nostra storia da tutte le regioni italiane e dall’estero, perché Sig. Presidente, il Sud vuole riscattarsi dalla colonia Nord, vuole riscattarsi dalle ingiustizie subite dalla monarchia precedente, e vorremmo che Lei fosse presente. Lei, sig. Presidente, da comunista ha sofferto quella monarchia,come molti socialisti, cattolici e anarchici sono morti nella lotta partigiana, nelle carceri, nei lager fascisti e nazisti, proprio come i nostri contadini chiamati briganti nel 1860 e dintorni. I contadini del Sud iniziarono quella lotta contro I Savoia, i partigiani del Nord l’hanno continuata, e in condizioni migliori l’hanno vinta. Nacque la Repubblica e il sottoscritto il due giugno la festeggia tre volte. Il 2 giugno è il compleanno di mio figlio Damiano, è giornata di festa a Gaeta perché onoriamo i Santi Erasmo e Marciano, Patroni della città, e festeggio in modo solitario questa Santa repubblica, perché le istituzioni nazionali sono assenti.
Sig. Presidente, il sud vuole la Sua presenza a Gaeta il 13 febbraio del 2011, come segno tangibile, e ricordare ciò successe 150 anni fa,ricordare lo sterminio della città, i massacri.
Sig. Presidente, solo un’ultima cosa, chiedo venia, ma ho sentito un mio amico di origine ebrea lamentarsi quando Eli Wiesel è stato accolto dal nostro presidente della Camera Gianfranco Fini, e quando Il Presidente Berlusconi è andato alla Knesset a ricordare la Shoà. Ebbene, in Italia abbiamo ancora strade, piazze, scuole, ospedali intitolati a Vittorio Emanuele Terzo. Oltre ad essere fuggito da codardo lasciando gli italiani scannarsi in una guerra civile, è stato colui il quale ha promulgato le leggi razziali contro gli ebrei nel 1938, leggi che causarono la morte di migliaia di nostri connazionali italiani da secoli. Non ci risulta che in Israele abbiano intitolato strade a Hitler, a Kapler, a Reder. In Italia abbiamo il triste primato di aver fatto rimanere le strade intitolate ai massacratori dei contadini meridionali chiamati Briganti, e agli italiani di origine ebraica, chiamati appestati dai savoia e dai fascisti.
Con rispetto e assoluta fedeltà alla Nostra Repubblica, Le porgo i migliori auguri.


Antonio Ciano

Segretario nazionale de "Il Partito del Sud"

Via Rimini, 1
04024 Gaeta

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Michelina De Cesare, torturata, violentata e fucilata dai piemontesi. la nostra eroina rappresenta il sud violentato, martoriato dai savoia



Lettera aperta al Presidente della Repubblica On. Giorgio Napolitano
E p.c. Presidente della Repubblica di Israele.
Sig.Presidente,
all'atto della cosiddetta unificazione italiana il Tesoro era in possesso di 668 milioni di lire, di cui,i due terzi, ben 443 erano dell'ex Regno delle Due Sicilie, al Piemonte appartenevano solo 27 milioni e alla Lombardia, oggi così ricca, solo otto milioni. Quelle due regioni campavano quasi esclusivamente di agricoltura, i lombardi erano additati come i vaccari degli austriaci. I padani tutti erano costretti ad una emigrazione feroce ; sotto i loro domini il carbonchio e la pellagra mietevano vittime a migliaia. Non era così per gli abitanti delle Due Sicilie. Le ferrovie, ignote in Italia fecero la prima apparizione a Napoli nel 1836; nel 1837 arrivò il gas e nel 1852 il telegrafo elettrico. Col benessere aumentava la popolazione in tutto il regno e per la stessa ragione anche le entrate pubbliche quintuplicarono. Le strade e le città erano sicure e la pirateria che veniva dal mare fu debellata; eliminate le leggi feudali si diede ordine ai territori e si concesse per la prima volta al mondo, la terra a chi la lavorava; furono così estirpate boscaglie e paludi per far posto a frutteti e vigneti; furono ripuliti e arginati i fiumi.


Si mise ordie all'amministrazione pubblica e a quella di tutto il Regno delle Due Sicilie. La scuola fu istituzionalizzata come primaria e quella religiosa a far da supporto. Laicismo e religiosità si confondevano e gareggiavano in rivalità, dando al nuovo regno impulso culturale. Fiorirono pittori, scrittori, architetti, maestri di musica, compositori, artisti, poeti; grande sviluppo ebbe l'artigianato. Il teatro San Carlo, primo al mondo, fu costruito in soli 270 giorni e la stessa corrente culturale fece nascere l'Officina dei Papiri, il Museo Archeologico, l'orto Botanico, l'Osservatorio Astronomico e, primo al mondo, l'Osservatorio Sismologico Vesuviano e la Biblioteca Nazionale. Lo sviluppo industriale fu travolgente e in venti anni raggiunse primati impensabili sia nei settori del tessile che in quello metalmeccanico con 1.600.000 mila addetti contro il 1.100.000 del resto della penisola italica. Nacquero industrie all'avanguardia e tecnologicamente avanzate dando vita a ferrovie e costruendo i primi ponti in ferro in Italia, opere d'alta ingegneria in parte ancora visibili sul fiume Calore e sul Garigliano. La navigazione si sviluppò ammirevole tanto che il governo borbonico fu costretto a promulgare, primo in Italia, il Codice Marittimo creando dal niente una rete di fari con sistema lenticolare per tutta la costa. Le navi mercantili del Regno delle Due Sicilie solcavano i mari di tutto il mondo e la sua flotta era seconda solo a quella del Regno Unito. Le compagnie di navigazione pullulavano e così pure i cantieri navali tutti forniti di mano d'opera di prim'ordine; gli operai lavoravano otto ore al giorno e guadagnavano abbastanza per sostentare le loro famiglie e primi in Italia usufruirono di una pensione statale in quanto fu istituito un sistema pensionistico con ritenuta del 2% sugli stipendi. Nel Reame la disoccupazione era praticamente inesistente e l'emigrazione era parola sconosciuta, gli sportelli bancari erano diffusi capillarmente in paesi e villaggi e duecentomila commercianti facevano da traino all'economia. Sorsero nei nostri territori le prime agenzie turistiche italiane e si diede inizio agli scavi di Pompei ed Ercolano. Le Università sfornavano fior di scienziati e professionisti e il Regno delle Due Sicilie poteva vantare il più basso tasso di mortalità infantile in Italia. Erano sparsi sul territorio ospedali ed ospizi e ben 9000 medici.


Lo Stato godeva di buona salute.

Nella conferenza internazionale di Parigi del 1856 fu assegnato al Regno delle Due Sicilie il premio di terzo paese più industrializzato d'Europa dopo Inghilterra e Francia.

Gaeta ( oggi in provincia di Latina) nel 1860-61 subì un assedio ferocissimo da parte delle truppe piemontesi del generale Enrico Cialdini che, senza dichiarazione di guerra e a tradimento, invase il Regno delle Due Sicilie contro il Diritto Internazionale, oggi come allora vigente. Proprio come fece Saddham Hussein col Kuwait. Oltre mille soldati napoletani furono massacrati dalle bombe dei cannoni rigati del generale macellaio piemontese e centinaia di nostri compaesani perirono sotto i bombardamenti barbari e disumani di coloro che, da soldati divennero assassini. Non si trattò di assedio ma di tiro al bersaglio contro le case, le chiese, le caserme ed i conventi della nostra amata città e i segni di quel bombardamento sono ancora visibili. L'epopea gaetana si concluse il 13 febbraio del 1861; la Piazza in quel giorno infausto cadde ed i cannoni, protagonisti rumorosi dell'assedio ammutirono. Nel Borgo si leggevano i segni dell'impietosa battaglia. Larve di uomini si aggiravano per le case colpite e i luoghi di culto furono declassati a depositi di casermaggio dai vincitori. Il terrore si abbatté sulla nostra comunità. Dio! Che rovine! Gaeta, sotto la gragnuola di 160 mila bombe non si è più risollevata da quel macello.

Eppure, ancora oggi, dopo quei fatti, molti storici si affannano ad affermare che il 13 febbraio del 1861 l'Italia si unificò.

Si trattò di barbara invasione militare, di conquista regia e qualcuno deve pagare per un simile misfatto. Il Sud fu saccheggiato delle sue risorse economiche, sociali, politiche, finanziarie, umane; i Borbone furono esiliati e mai fatti rientrare in patria dai Savoia e, i loro beni requisiti. Fu requisito ai Borbone tutto il patrimonio monetario e perfino l'unico bene immobile in loro possesso dopo 127 anni di Regno: villa Caposele a Formia.




Signor Presidente,
Saddham Hussein, per aver attaccato il Kuwait a tradimento, proprio come fece Vittorio Emanuele II di Savoia con il Regno delle Due Sicilie fu punito dall'ONU. Tutte le potenze della Terra si scagliarono contro il dittatore iracheno sommergendo di bombe l'Iraq.
La guerra civile nel Regno delle Due Sicilie, durata 12 anni costò la vita a un milione di meridionali, si ebbero oltre 100 paesi distrutti completamente, villaggi bruciati, campagne svuotate dalla legge Pica, tutto il Sud posto in stato d'assedio. I prigionieri politici furono 500 mila e molti morirono nelle carcer,i o di fame, o perché torturati.

Ebbene, l'annessione dell'Italia della civiltà, quella di Zenone, di Parmenide, di Archimede, di Pitagora, di Campanella, di Vico, operata dalle orde barbariche delle ex province di Roma, secondo alcuni, ha dato vita all'unità del Paese. Dabbenaggine o incultura? L'Italia di Pitagora, quella dei numeri, è stata cancellata dalle menti e dai cuori di certi meridionali felloni. Sulle mura di Gaeta I Borbone difesero l'onore del Sud, difesero la nostra libertà, la nostra dignità, la Religione Cattolica e i gaetani tutti si strinsero attorno alla regina Sofia per difendere il Sacro suolo dall'assalto dei barbari piemontesi. Un Re, Francesco II e la regina Sofia, da eroi, difesero la nostra città dalle bombe savoiarde, combatterono contro l'infamia e la codardìa cavourriana e piemontese..

Fino al 13 febbraio del 1861 Gaeta era padrona del suo territorio sia dentro che fuori le mura. Con la vittoria dei piemontesi e di Casa Savoia sul Regno delle Due Sicilie in una guerra mai dichiarata, Gaeta , in quanto bottino di guerra ha dovuto consegnare il proprio territorio al criminale di guerra Enrico Cialdini e quindi alla monarchia vincitrice che, a sua volta lo ha consegnato alla repubblica italiana con la fuga dell'infingardo Vittorio Emanuele III, detto re pippetto, l'8 settembre del '43.

Dopo il 1861 i meridionali, che fino ad allora non conoscevano l'emigrazione, furono costretti ad una diaspora biblica; oltre 30 milioni di persone furono costrette ad abbandonare la propria terra, e quando Mussolini chiamò i veri italici, nell'ora del pericolo, alla pugna, questi arrivarono eccome dalle Americhe e sbarcarono ad Anzio, in Sicilia, a Salerno e Sciaboletta fuggì, come si conviene ad un Savoia, comportandosi da vero infame.

Il comune di Gaeta è esteso per 2.847 ettari, oggi ridotto a mera espressione geografica dai governi savoiardi. Oltre i due terzi del suo territorio, infatti non è amministrabile da parte dei cittadini e dai propri rappresentanti in Consiglio Comunale della città in quanto sotto la giurisdizione demaniale, sia essa Marittima che delle Finanze. Gaeta, la città che non c'è, dal 14 febbraio del 1861 punita per la sua avversione al sistema liberistico piemontese non è conosciuta sotto questo aspetto nemmeno dai suoi abitanti che camminano sul suolo demaniale e non lo sanno. Il Comune per far utilizzare strade, scuole ed impianti sportivi ai gaetani è costretto a pagare il pizzo allo Stato.Uno Stato che pretende il pizzo è colonialista, per non usare un altro termine; vorremmo sapere se il comune di Milano o quello di Torino pagano la tangente per far studiare i loro scolari. Non ci risulta.

Fino dal 1100 d.c. Gaeta era padrona del suo territorio sia dentro che fuori le mura. Dal 1861, con la vittoria della Casa Savoia sul Regno delle Due Sicilie in una guerra mai dichiarata , Gaeta, in quanto bottino di guerra, ha dovuto consegnare il proprio territorio al criminale di guerra e fellone, generale Enrico Cialdini e quindi alla monarchia vincitrice che, a sua volta lo ha consegnato alla Repubblica italiana.


LA STORIA IN VENDITA NEL SUD

Per risanare il debito pubblico contratto da Cavour e soci il Piemonte mise in vendita gran parte delle terre demaniali ed ecclesiastiche arricchendo pochi liberali ed affamando milioni di contadini. La stessa operazione si stava compiendo a Gaeta e in molte città del Sud: a Roma era stato messo in vendita Forte Bravetta, luogo sacro della resistenza al nazifascismo ed i luoghi sacri non possono essere venduti. A Gaeta avevano messo in vendita la Chiesa di Sant’Angelo con relativo parco comunale posto all’interno di tale complesso e la relativa caserma ex convento requisito al Regno delle Due Sicilie da parte dei barbari piemontesi, come è stato posto in vendita il torrione francese e forte Emilio Savio sul Monte di Conca, compresi i bastioni della città.

Questo Stato infetto da malversazioni e ruberie, da politici pregiudicati e corrotti, amici di esportatori illegali di capitali, compari di coloro che han portato all'estero centinaia di miliardi per sottrarsi al Fisco facendo pagare un prezzo altissimo agli onesti che han dovuto chiudere le loro aziende per le troppe tasse o spremendo operai ed impiegati fino all'ultima lira, per risanare il debito pubblico contratto dai governi per arricchire il Nord padano famelico ed infame ha messo in vendita i gioielli che i Borbone avevano lasciato alla nostra città e ai paesi di tutto il Meridione d'Italia. A Gaeta, a Napoli, a Bari, a Catania, a Palermo, a Taranto, a Caserta, a Ponza, a Ventotene dove han messo in vendita il carcere borbonico, un vero gioiello architettonico, dove Altiero Spinelli ed altri antifascisti firmarono " il manifesto di Ventotene" che ha dato origine all'idea di Europa unita. In ogni città del Sud vi sono beni storici ed architettonici di valore immenso, un vero tesoro; un patrimonio che rappresenta la materia prima per un turismo non stagionale oltre che un recupero della propria identità storica e sociale dovrebbe essere offerto ai turisti attraverso una loro praticabilità attiva in quanto cornice essenziale per rappresentazioni in costume d'epoca.

Signor Presidente,
oggi l'Italia è amministrata da amebe padane ed il patto stretto tra il Sud e questa repubblica il 2 giugno del 1946 si è rotto il 13 maggio del 2001 quando il blocco economico nordista ha ripreso il potere che con la caduta del fascismo era sparito. La colonizzazione del territori dell'ex Regno delle Due Sicilie continua imperterrita regalando alla camorra e a privati beni pubblici di rilevanza storica, lasciando che la catastrofe socio economica si consumi fino in fondo, conservando, comunque, sentimenti patriottici che vedono deperire il territorio all'ombra del tricolore italiano.

VENDITA DELLA NOSTRA STORIA

Oggi il Demanio dello Stato intende vendere pezzi della nostra città ai migliori offerenti, compresa la nostra storia e le nostre tradizioni, comprese le nostre radici che sono tutte lì, in quei bastioni cannoneggiati dai piemontesi, dal Castello Angioino, da quello Aragonese, dai conventi trasformati in caserme, dalle pietre laviche che grondano sangue dalle loro viscere, dalla terra che gronda sudore contadino: l'ex batteria Duca di Genova per 140 milioni; l'ex batteria dello Spirito Santo per per sei milioni; il terreno utilizzato in via della Breccia per 50 milioni; l'ex fabbricato della polveriera della Trinità per 650 milioni; le case matte sugli spalti di Serapo per 180 milioni; la batteria Philipsthall con magazzini per 300 milioni; i Bastioni per 100 milioni; la Platea sulle mura del bastione per 50 milioni:; l'area per maneggio dei cavalli per 25 milioni; l'area sovrastante l'ex Colombaia per 45 milioni; la sede stradale ( anche una strada!) per 18 milioni e pare che sia state posti in vendita gioielli come la Gran Guardia fatta costruire da Ferdinando II di Borbone, le case dei militari di via Annunziata, caserme e infrastrutture una volta militari. La vendita della nostra Storia, dei nostri beni storici e religiosi rappresenta un affronto all'orgoglio del Sud, un'estrapolazione delle nostre radici, un vero atto di colonialismo visto che il Piemonte, causa dei mali del Sud è stato inondato di centinaia di miliardi per riattare i beni demaniali dei Savoia. Alla mia città non è toccato un centesimo e la nostra fortezza è coperta di erbacce, di alberi le cui radici la stanno disarticolando, le cui mura sono ancora piene di buche prodotte dalle cannonate di Cialdini. Ne scaraventò ben 160 mila sulle case, sulle chiese, sui bastioni.



MILLE MILIARDI AL PIEMONTE

Signor Presidente,

con l'avvento dei Savoia il Sud fu spogliato di tutte le sue fabbriche, di tutti i suoi beni demaniali ed ecclesiastici, di tutti i soldi depositati nelle banche, di quasi tutti gli arredi delle chiese, tutto fu trasferito nel Nord sabaudo. La storia che ci viene insegnata, impregnata di leggenda e di falsi storici, fa sì che i nostri ragazzi imparino ad osannare chi ha prodotto guasti irreparabili, catastrofi immani, ruberie, guerre atroci, genocidi contro l'umanità e affossi chi invece ha combattuto per la propria patria e per difendere l'onore e la dignità dei Meridionali. I nostri partigiani sono stati infamati col marchio di briganti e i veri briganti e pirati sono incensati agli altari della patria. Questa commistione di falsità ha portato i rappresentanti dei governi a biasimare una falsa storia, una falsa unità italiana e a immacolare i Savoia, i Cavour, i Garibaldi.

Dietro la spinta di codeste falsità alienano i beni storici ed architettonici che i nostri avi hanno creato e costruito mentre riempiono di miliardi il Piemonte.

Questo Stato ha elargito la somma ragguardevole di 605 miliardi per la riattazione e la conservazione dei beni demaniali dei Savoia in Piemonte. l'ex ministro del centro sinistra, signora Melandri ha elargito, Enzo Ghigo del centro destra ha ringraziato. Altri 300 miliardi sono stati elergiti negli anni successivi. Ecco come sono stati distribuiti: 46 miliardi a La Mandria; 122 miliardi a Venaria; 67 miliardi a Stupinigi; 14 miliardi ad Agliè; a Moncalieri 9 miliardi più altri nove per l'arredo urbano; a Rivoli 2 miliardi; al museo del Risorgimento 15 miliardi; ; al museo egizio 3 miliardi; Alla galleria Sabauda 16 miliardi; 30 miliardi per palazzo Madama; al palazzo reale 10 miliardi; 3 miliardi per l'Armeria reale; 37 miliardi per la villa della Regina; 6 miliardi per il parco del valentino; a Racconigi ben 29 miliardi; ; a Valcasotto 14 miliardi; 3 a Govone; 6 miliardi per il forte delle Fenestrelle trasformato nel 1861 a lager dei soldati napolitani che non vollero tradire il loro giuramento e di cui ne morirono ben 56 mila infoibati e messi nella calce viva. Oltre a svariati miliardi che sono stati spesi per la valorizzazione dei beni culturali delle valli olimpiche ed al Forte di Exiles.

Signor Presidente,

come definire tanta stoltezza? Come si fa a finanziare alcuni beni culturali solo perché situati in una regione che ha prodotto danni incalcolabili al Sud e vendere i beni demaniali del Meridione d'Italia? questo è solo colonialismo oltre che imbecillità di chi sta governando la cosa pubblica in Italia. Il Sud d'Italia si ribella a questo e chiede l'aiuto della Magistratura nonché quello della Comunità Europea.

I piemontesi vollero distruggere il mito di Gaeta in tanti modi; ce l'han messa proprio tutta, sia abolendo uffici istituzionali e sia spezzettandola.
Gaeta, fino al 13 febbraio del 1861 era capoluogo di Circondario; appena dopo l'assedio del 1860-61 si pensò a smantellare la piazzaforte per farla diventare luogo di pena( il famoso carcere di Gaeta). In Gaeta vi erano al 1861 i seguenti uffici: due rappresentanze di Stati esteri (quelle della Francia e della Gran Bretagna); il Comando Militare della fortezza e del Distretto, comando di circondario marittimo; due camere di assicurazione marittima; ufficio postale di prima classe; ispettorato di distretto e luogotenenza delle Dogane e Gabelle; dogana principale; fondaco con ricevitoria delle privative; ricevitoria del registro; agenzia delle tasse dirette e del catasto; ispettorato di circondario delle scuole primarie; pretura dipendente dal tribunale civile e correzionale di Cassino; delegazione di pubblica sicurezza; verifica dei pesi e delle misure; ufficio telegrafico di terza classe; ufficio di sanità marittima; consorzio agrario circondariale. Quasi tutti questi uffici oggi non sono più. La città perse la sua importanza sia militare che civile.
Un decreto Reale del 18 febbraio del 1897 stabiliva che dal 1° aprile del 1897 la frazione Borgo di Gaeta ( quella fuori le mura) veniva separata dal comune di Gaeta e costituita in comune autonomo con il nome di Elena (la principessa del Montenegro e poi regina d'Italia), naturalmente su richiesta delle amministrazioni liberali di quei tempi e ciò comportò solo divisioni e spaccature, litigi tra le due amministrazioni sui confini territoriali. Ci pensò il fascismo a riunificare il quartiere Sant'Erasmo ( la Gaeta storica) al Borgo di Gaeta e ciò successe il 17 febbraio del 1927( R.D. Legge n. 215)col quale appunto veniva soppresso il comune di Elena che veniva aggregato alla sezione Sant'Erasmo.
Gaeta man mano perse la sua funzione strategica e storica come perse i vari uffici pubblici, civili e militari dovuti alla soppressione dei Circondari voluta dal Regime che accentrava anche l'aria e così la città passava dalla giurisdizione della soppressa provincia di Caserta (R.D. Legge 2 gennaio 1927) a quella di Roma , dopo una brevissima aggregazione all'istituenda provincia di Frosinone (prima anch'essa Terra di Lavoro, come Gaeta d'altronde); infine alla nuova provincia di Littoria, oggi Latina il 18 dicembre del 1934. Mussolini allargò i canali esistenti già dal tempo dei romani nella nostra provincia e si parlò di Bonifica dell’Agro, quella che era Terra Cajetanorum diventò terra dei veneti, popolo affamato proprio da quella che alcuni storici prezzolati e di regime si affannano a chiamare Unità d’Italia. Il Veneto con la Repubblica di Venezia e sotto l’impero d’Austria raggiunse forme di democrazia e di ricchezza mai viste precedentemente.


Per colpa dei Savoia la nostra amatissima città ha perso lo splendore e la vivacità che da sempre l'avevano contraddistinta come seconda capitale dell'ex Reame e soprattutto ha perso il suo territorio passato prima al Regno d'Italia e poi alla Repubblica italiana. Oggi lo Stato sta svendendo tutti i gioielli che i Borbone ci avevano lasciato in eredità. I beni demaniali per Gaeta dovrebbero rappresentare l'occasione di uno sviluppo storico-turistico; la città è soffocata e non può certo pagare il pizzo per acquisirli alle sue proprietà. Questa Repubblica continuando l'opera dei Savoia, di fatto ci considera colonia di sfruttamento, è dal 1861 che ciò accade. Prima i Savoia e poi questo Stato han messo in vendita tutti i beni ecclesiastici e demaniali dei territori annessi al dominio del Piemonte, impoverendo fino alla fame i nostri abitanti e arricchendo quelli del Nord con un drenaggio fiscale che continua a spennarci mentre il signor primo ministro attualmente in carica ha fatto rientrare dall'estero una massa imponente di soldi sporchi di droga o esportati illegalmente per evadere il fisco facendo pagare una tassa del 2,5% mentre la gente è costretta a chiudere piccole imprese ed attività commerciali perché oberati da tasse e balzelli. Un drenaggio fiscale che dura da 140 anni determina la morte economia di imprese a conduzione familiare e quindi emigrazione e fame. Dal Sud emigrano ogni anno centocinquantamila giovani in cerca di lavoro e questo mentre l'agricoltura viene mortificata e sepolta. Questo Stato ha regalato ai siti demaniali piemontesi 605 miliardi e altri 300 sono stati spesi per dare lustro a castelli e schifezze varie che furono sedi puzzolenti e schifose dei Savoia ritenuti assassini e criminali di guerra da Noi meridionali.

Ma Gaeta aderì al Regno d'Italia?

Signor Presidente, pare proprio di no. L'atto di adesione di Gaeta al Regno d'Italia è una bufala predisposta e preparata dall'allora primo Ministro Camillo Benso di Cavour. Gaeta, formalmente, non ha mai aderito al regno dei barbari, di lingua francofona e l'atto di adesione del 18 febbraio del 1861 stampato sulla prima gazzetta ufficiale del Regno d'Italia è un falso storico in quanto vi compaiono tutti i nomi dei notabili e dei decurioni che componevano il Consiglio Comunale di allora. In realtà, in quel consiglio comunale furono presenti solo cinque decurioni su venticinque oltre al sindaco i quali firmarono tale atto sotto la pressione delle baionette savoiarde. La legge di allora prevedeva la validità dell'assemblea con la partecipazione di non meno dei due terzi dei decurioni.

L'atto originale di adesione al Regno d'Italia è depositato nell'Archivio storico della nostra città e tutti possono vederlo e consultarlo.

Quell'atto di adesione illegale ha falsato la Storia e il corso degli eventi, soprattutto ha segnato uno smacco per la nostra città.

Gaeta, pur avendo avuto per oltre un millennio una sua moneta, leggi proprie, un suo governo democratico, navigatori come Enrico Tonti e Giovanni Caboto che hanno esportato Democrazia e leggi del Ducato nelle lontane Americhe, una città-Stato che ha avuto un ruolo rilevantissimo e determinante nella battaglia di Lepanto che insieme a quella di Poitiers ha permesso di salvare la Civiltà Occidentale, Cristiana e laica, si trova oggi nella grottesca, aberrante, obbrobriosa situazione per cui, in virtù di chissà quale misterioso sortilegio le sue strade, le sue piazze, le sue scuole, i suoi litorali, i suoi castelli, le sue caserme, le sue montagne e quant'altro risultano essere di proprietà dello Stato.

Che significa questo? Semplice Signor Presidente, non avendo aderito formalmente al Regno d'Italia, i beni demaniali che Cialdini accorpò al Regno di Sardegna prima al Regno d'Italia successivamente, appartengono alla nostra città e tutte le leggi che ne regolano lo Status e che li fanno proprietà dello Stato ( di quale Stato?) dovrebbero essere ridiscusse dal Parlamento di questa repubblica che è nata dalle ceneri di quella barbarie. Il nostro Risorgimento è agli albori, le strade intitolate a quegli assassini, a quei criminali saranno cancellate dalla toponomastica delle città meridionali; ognuno si incensi i propri eroi, noi incenseremo i nostri che si chiamano Passannante, Crocco, Michele Pezza( Fra Diavolo, che combattè contro i francesi invasori), Ninco Nanco, Guerra, Conte, Palma, Michelina De Cesare ecc ecc. che combatterono da eroi contro i piemontesi, contro i Savoia. La nostra Patria è nata il 2 giugno del 1946, è la Repubblica Italiana, quella che artatamente chiamarono regno d'Italia non ci appartiene. I Savoia eredi di quella progenie paghino per le colpe dei padri, paghino i debiti dei loro avi.

Sig. Presidente, in nome e per conto degli interessi di Gaeta e dei comuni dell'ex Regno delle Due Sicilie il Partito del Sud chiede:

1) il sequestro dei diamanti e delle collane ( che ammonterebbero a circa 1.500 milioni di euro) attualmente conservati nei forzieri della Banca d'Italia in quanto il sig. Vittorio Savoia, che li pretende, essendo erede di quel Vittorio Emanuele II Re di Sardegna e quindi capo dell'esercito piemontese che ha raso al suolo la mia città nel 1860-61, dovrebbe pagare i danni a Gaeta e alle altre città del Sud incendiate e massacrate senza dichiarazione di guerra. Gli eredi, se prendono le eredità devono pagare anche i debiti dei loro avi, e la stessa cosa vale per il signore in questione.


2) che questo Stato repubblicano deferisca alla Corte Internazionale dell'Aja i Savoia ( in quanto eredi diretti dei Re di Sardegna e d'Italia , di quel Regno cancellato dalla lotta partigiana e dalla storia) per un risarcimento equo dei danni provocati dall'assedio del 1860-61 ( danni chiesti dalla nostra città al governo piemontese e riconosciuti persino dalla Corona, e mai pagati e che ammontavano a 2,047,000 milioni di lire del 1861). Tutta la documentazione relativa a tali richieste è conservata nell'archivio storico di Gaeta, che si allega alla presente, oltre la relazione del Dottissimo Avv. Pasquale Troncone, delegato dal comune di Gaeta a relazionare su una possibile denuncia.

3) inoltre il Partito del Sud chiede il deferimento alla Corte Internazionale dell'Aja di Casa Savoia, del conte Camillo Benso di Cavour, di tale Giuseppe Garibaldi, avventuriero, negriero, massone;del generale Cialdini, del generale Pinelli, Enrico Cosenz, del col. Eleonoro Negri, del Cap. Gaetano Negri, del Gen Quntini,del generale Della Rocca ecc ecc. per crimini di guerra, per crimini contro l'umanità, per genocidio essendo tali reati inestinguibili nel tempo, per aver barbaramente invaso il Regno delle Due Sicilie senza dichiarazione di guerra e per aver massacrato un milione di contadini e fatto emigrare 30 milioni di Meridionali.

4) Il Partito del Sud chiede alla nostra amata repubblica, che ha eredidato dal regno perdente leggi regie, di cancellarle definitivamente dai codici civili e penali, oltre a ridare alle città i beni demaniali requisiti e alla Chiesa i Beni ecclesiastici che la legge Rattazzi ha incorporato ad uno Stato illegittimo. In quattro anni, dal 1861 al 1864, furono espropriati ben 398 conventi, con tutti i loro beni mobili ed immobili, centinaia di ettari di terreno coltivato dai contadini e regalati a liberalucci del tempo.
Sig.Presidente,
chi Le scrive ha trascorso la sua vita in una sezione del Partito comunista di Gaeta. Antonio Gramsci era originario della mia città, che diede i natali al padre Francesco il 6 marzo del 1860, nato dalla signora Teresa Gonzalez e da Don Gennaro Gramsci, allora Capitano delle Gendarmeria borbonica dentro la fortezza .Gramsci ha sempre criticato il Risorgimento, fonte dei guai del Sud; ha sempre criticato i blocchi storici che ne determinarono la povertà; ha sempre criticato i Savoia, tanto che parlando della Questione Romana ha scritto che:” Porta Pia non fu che un meschino episodio, militarmente e politicamente. Militarmente non fu che una grottesca scaramuccia. Fu veramente degna delle tradizioni militari italiane. Porta Pia rassomiglia - in piccolo- a Vittorio Veneto. Porta Pia fu la piccola , facile vittoria dell’aggressore enormemente superiore all’avversario inerme, come Vittorio Veneto fu facile vittoria contro un avversario che - militarmente- non esisteva più. Politicamente Porta Pia fu semplicemente l’ultimo episodio della costruzione violenta ed artificiale del Regno d’Italia. Tutto il resto è chincaglieria retorica. Le belle frasi Terza Roma sono completamente vuote di senso.
Roma è città imperiale e città papale: in ciò sta la sua grandezza universale. La “Terza Roma” non è che una sporca città di provincia, un sordido nido di travetti, di albergatori, di bagascie e di parassiti. Mentre le due fasi della storia di Roma, l’imperiale e la papale, hanno lasciato traccia immortale, la breve parentesi dell’occupazione sabauda lascia, unica traccia di sé, il Palazzo di Giustizia, statue di gesso e grottesche imitazioni decorative: nato tra lo scandalo dei fornitori ladri e dei deputati patrioti corrotti, esso è degno di albergare la decadenza giuridica della società contemporanea. Per questo la questione romana non è risolta. Non potevano risolverla le cannonate del re di Savoia. La violenza militarista non può risolvere i problemi internazionali. E la questione romana è un problema internazionale...”( L’Ordine Nuovo, Rassegna Settimanale di Cultura Socialista, 2 Ottobre 1920).
Sig. Presidente,
nelle sezioni del partito comunista abbiamo imparato che l’Italia repubblicana è nata il 2 giugno del 1946. Nelle sezioni del partito comunista abbiamo appreso che morirono ben 87 mila partigiani per abbattere la dittatura fascista e casa Savoia; nelle sezioni comuniste abbiamo appreso che i repubblicani uccisi dalla monarchia Sabauda furono migliaia, a cominciare dal 1849, quando, Vittorio Emanuele II mandò a Genova il Generale La Marmora con 30 mila bersaglieri a massacrare ben 700 genovesi repubblicani, volevano solo l’antica repubblica di Genova,si ribellarono alla protervia dei Savoia e alle leggi centraliste piemontesi che impedivano i liberi commerci che i mercanti del capoluogo ligure erano soliti praticare.
Sig. Presidente,
a scuola abbiamo studiato la Rivoluzione francese. Ci è stato insegnato che ha portato alla Francia “Egalitè e fraternitè” e che i francesi abbatterono la monarchia che regnava, ai cui re mozzarono la testa. Nessuno in Francia festeggia Luigi XVI e Maria Antonietta, né vi sono strade e piazze a loro intitolate. La Francia era stata unita dai monarchi, ma nessuno si sogna di festeggiare l’unità della Francia la notte di Natale di ogni anno. Si festeggia il 14 luglio, il giorno della presa della Bastiglia. Perché si vuole osannare la monarchia che ha prodotto nel Sud stragi, infamie, genocidi ed una emigrazione biblica che nemmeno gli ebrei hanno subito?
L’Italia fu unita dai romani, cosa che gli storici poco storici hanno dimenticato, e che nel 1860 vi erano sei staterelli e un grande Stato: il Regno delle Due Sicilie, allora ricco e prospero. Oggi siamo 20 staterelli, 20 regioni, e quelle dell’ex Reame ridotte a territori sottosviluppati, da terzo mondo.Il regno sabaudo, nel 1861 ha affamato il Sud, lo ha massacrato inviandovi ben 150 mila soldati per estirpare la resistenza dei contadini chiamati briganti, per estirpare le liberalizzazioni borboniche, per estirpare l’uguaglianza e la legalità che in quei territori vigevano. I massacri furono tanti,le stragi, gli eccidi innumerevoli. Il primo eccidio avvenne a Bronte in Sicilia dove Nino Bixio, su ordine di Garibaldi inscenò un processo farsa per fucilare coloro i quali stavano mettendo in pratica un decreto del nizzardo; fucilò i contadini che stavano occupando le terre. Il loro torto fu uno solo, le terre erano quelle della Ducea di Nelson, terre private, di proprietà degli inglesi che avevano finanziato la spedizione dei mille con tre milioni di piastre turche, ossia centinaia di milioni di euro di oggi.Un mercenario, il Garibaldi, al soldo degli inglesi e del massone monarchico Cavour,che fucila i siciliani,fatto osannare dai massoni come eroe e come socialista. Garibaldi era solo un pirata e un mercenario, nonché schiavista, tanto che da capitano della “Carmen” trasportava schiavi cinesi da Canton in Cina e Callao in Perù.

Sig. Presidente,
nelle sezioni del nostro partito ci insegnarono che il Risorgimento piemontese è stato il male assoluto, e Gramsci lo sapeva. Il Risorgimento è filosofia liberaleggiante e tra liberismo piemontese e liberalizzazioni vigenti nel Regno di Napoli nel 1700-1800, il sud ha sempre preferito le seconde, tanto che sotto i Borbone il popolo godeva di una ricchezza e di una prosperità assoluta. Nel 1856 il regno delle Due Sicilie, a Parigi, venne classificato tra i più ricchi al mondo. Oggi siamo un popolo colonizzato nella sua economia, nella sua indole. Ma qualcosa si sta muovendo.I mass Media ci parlano di Economia Italiana, ma tutti sanno che non è così, è solo una parte d’Italia a produrre, l’altra a consumare. L’economia italiana in realtà non esiste, è solo Tosco-Padana. Il centro sinistra difende gli interessi economici della Toscana, dell’Emilia Romagna, delle Marche e dell’Umbria: le varie Coop, Conad, Unipol, Monte dei Paschi e affini, mentre il centro destra difende interessi padani come altri supermercati alimentari ( Panorama, Outlet, Standa, Upim, Rinascente ecc ecc.), compagnie telefoniche, compagnie assicuratrici,finanziarie,industriali, e soprattutto Mediatiche e bancarie. Anche il glorioso banco di Napoli è finito nelle mani dei torinesi. Al sud non sono rimaste nemmeno le bancarelle, ormai nelle mani dei cinesi e degli extracomunitari.
Sig. Presidente,
i Savoia si macchiarono di infamie nel sud della penisola, nel nord e nel mondo intero, e non riusciamo a capacitarci perché, molti reparti militari, portino ancora il loro nome. L’altro giorno ho assistito ad una parata di bersaglieri, la fanfara si chiama “ Brigata Garibaldi” incredibile ma vero, ma non furono i bersaglieri del Gen. Pallavicino a ferire la gamba di Garibaldi sulle montagne dell’Aspromonte? In 12 anni i Savoia massacrarono un milione di contadini, incendiarono città e villaggi, li misero a ferro e fuoco, in nome di una Italia che non ci appartiene. La Germania si confederò senza versare una goccia di sangue. Significa che quella non fu unione ma invasione barbarica. Da città come Gaeta,Gioia del Colle, Bronte, Pontelandolfo, Casalduni, Ariano Irpino, Vieste, Montecillone, Scurcola Marsicana, Nola, Somma Vesuviana, Castellammare di Stabia e altre cento, sgorga ancora sangue dalle strade e dalle piazze. A Genova, nel 1849, il gen. La Marmora massacrò settecento genovesi che inneggiavano alal repubblica, e non vedo perché dovremmo festeggiare nel 2011 quei criminali che non ebbero pietà alcuna degli italiani tutti. Nel 1864 a Torino vi furono 500 morti, erano cittadini che difendevano il nome della loro capitale che doveva essere trasferita a Firenze. Nel 1866 i Savoia massacrarono oltre seimila palermitani nella guerra detta del “sette e mezzo”, buttarono bombe sul capoluogo siciliano senza pietà, e nel 1893 vi fu mattanza dei fasci siciliani, contadini socialisti e cattolici che volevano solo le terre promesse.Nel 1898 il gen Bava Beccaris massacrò oltre trecento operai a Milano, stavano solo chiedendo pane e lavoro.Nella prima guerra mondiale morirono oltre 700 mila italiani, del nord e del sud; nella seconda guerra mondiale morirono oltre 50 milioni di europei, e milioni di italiani, sia civili che militari.
Sig. Presidente, festeggiare quella unità significa festeggiare quella genìa di massacratori del mondo, a vergogna della nostra repubblica. Noi siamo nati in repubblica e non festeggeremo niente, ricorderemo i 30 milioni di emigranti, ricorderemo gli eccidi e le stragi perpetrate da quei delinquenti monarchi,tutti massoni, tutti assassini. Ricorderemo il milione di contadini morti per difendere le loro donne e il loro territorio da gente che parlava francese, da ladri assetati di denaro e di sangue. Nel 2011 Gaeta sarà sede di una manifestazione nazionale, moltissimi Meridionali verranno a ricordare la nostra storia da tutte le regioni italiane e dall’estero, perché Sig. Presidente, il Sud vuole riscattarsi dalla colonia Nord, vuole riscattarsi dalle ingiustizie subite dalla monarchia precedente, e vorremmo che Lei fosse presente. Lei, sig. Presidente, da comunista ha sofferto quella monarchia,come molti socialisti, cattolici e anarchici sono morti nella lotta partigiana, nelle carceri, nei lager fascisti e nazisti, proprio come i nostri contadini chiamati briganti nel 1860 e dintorni. I contadini del Sud iniziarono quella lotta contro I Savoia, i partigiani del Nord l’hanno continuata, e in condizioni migliori l’hanno vinta. Nacque la Repubblica e il sottoscritto il due giugno la festeggia tre volte. Il 2 giugno è il compleanno di mio figlio Damiano, è giornata di festa a Gaeta perché onoriamo i Santi Erasmo e Marciano, Patroni della città, e festeggio in modo solitario questa Santa repubblica, perché le istituzioni nazionali sono assenti.
Sig. Presidente, il sud vuole la Sua presenza a Gaeta il 13 febbraio del 2011, come segno tangibile, e ricordare ciò successe 150 anni fa,ricordare lo sterminio della città, i massacri.
Sig. Presidente, solo un’ultima cosa, chiedo venia, ma ho sentito un mio amico di origine ebrea lamentarsi quando Eli Wiesel è stato accolto dal nostro presidente della Camera Gianfranco Fini, e quando Il Presidente Berlusconi è andato alla Knesset a ricordare la Shoà. Ebbene, in Italia abbiamo ancora strade, piazze, scuole, ospedali intitolati a Vittorio Emanuele Terzo. Oltre ad essere fuggito da codardo lasciando gli italiani scannarsi in una guerra civile, è stato colui il quale ha promulgato le leggi razziali contro gli ebrei nel 1938, leggi che causarono la morte di migliaia di nostri connazionali italiani da secoli. Non ci risulta che in Israele abbiano intitolato strade a Hitler, a Kapler, a Reder. In Italia abbiamo il triste primato di aver fatto rimanere le strade intitolate ai massacratori dei contadini meridionali chiamati Briganti, e agli italiani di origine ebraica, chiamati appestati dai savoia e dai fascisti.
Con rispetto e assoluta fedeltà alla Nostra Repubblica, Le porgo i migliori auguri.


Antonio Ciano

Segretario nazionale de "Il Partito del Sud"

Via Rimini, 1
04024 Gaeta

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Radio Radicale : Dibattito sul libro di Pino Aprile "Terroni" con Angiolo Bandinelli, e il Professore Antonello Biagini



Interventi:

Antonello Biagini
professore ordinario di Storia dell’Europa Orientale all’Università La Sapienza di Roma

Pino Aprile
giornalista

Angiolo Bandinelli
membro della Giunta (RADICALI ITALIANI)

Durata 00:001h 14' 56"

Fonte: Radio Radicale

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Interventi:

Antonello Biagini
professore ordinario di Storia dell’Europa Orientale all’Università La Sapienza di Roma

Pino Aprile
giornalista

Angiolo Bandinelli
membro della Giunta (RADICALI ITALIANI)

Durata 00:001h 14' 56"

Fonte: Radio Radicale

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La Cattiva informazione




Di Andrea Balìa


Lunedì u.s. 26 Aprile su La7, onestamente fra le meno peggiori delle reti televisive in essere, abbiamo assistito alla consueta puntata della trasmissione televisiva settimanale “L’Infedele” condotta da Gad Lerner. Trasmissione solitamente poco urlata che affronta politica e sociale con diversi ospiti ed un taglio gradevole, poco rissoso e non sfacciatamente schierata. Lunedì u.s. il titolo della puntata era “Garibaldi : la disunità d’Italia”.
Per la prima volta il buon Lerner è scivolato sulla buccia di banana : un grosso cartello retrostante raffigurava l’Italia spaccata in due con l’immagine di Garibaldi al Nord con la scritta Padania e quella di Fini (banalmente e strumentalmente usata cavalcando la diatriba Berlusconi/Fini degli ultimi giorni) al Sud con la scritta Borbonia. Ci aspettavamo ospiti di idee e segno opposto a cavalcare un’idea pro Nord e pro Sud, e invece no! C’erano ospiti del PD, della PDL e della Lega, Dacia Maraini che ha da poco abbandonato il ruolo di facente parte del Comitato per i festeggiamenti sui 150 anni d’unità (ma in polemica perché non d’accordo con la poca enfasi ai festeggiamenti del Comitato, e non perché non d’accordo con i festeggiamenti), uno storico ufficiale come Luzzatto e pochi altri a far da presenza e coro.

Ci siamo chiesti dove erano le voci del Sud ma non ne abbiamo trovate : nessun meridionalista, nessun dirigente dei pur tanti movimenti meridionalisti, nessun scrittore come ad esempio il buon Pino Aprile (autore di “Terroni”, successo riconosciuto dalle più interviste televisive vivaddio ricevute in questi giorni, anche dallo stesso Tg di La7), insomma il nulla!
Un dibattito monco, inconsueto, senza una delle controparti, quindi inutile, scorretto e che non affronta il problema in modo equo finendo, e ci spiace per Lerner, per non assolvere al compito dell’informazione ma anzi ricavandone solo il triste risultato di una cattiva informazione.
Né può bastare che venga ricordato che Granata (l’esponente della PDL) sia nato in Sicilia, come la stessa Maraini, che anzi s’è affrettata a dichiarare di riconoscersi solo nelle radici della cultura e non in quella delle sua terra d’origine. Pochi cenni su di una frase di Lorenzo Del Boca, notoriamente portatore di idee meridionaliste pur se piemontese, ma che in quanto Presidente dell’Ordine dei Giornalisti avrebbe meritato maggior attenzione e forse almeno un invito. Una breve e mail di un ragazzo calabrese che ricordava i nostri tanti primati dell’ex Regno delle Due Sicilie, e qualche frase letta dal libro della Pellicciari “I panni sporchi dei Mille” fatta subito passare da tutti per una fanatica cattolica visionaria sull’incidenza massonica nel processo unitario.

Tutta la trasmissione incentrata in un dibattito tra Lerner, PD, PDL e Lega sul valutare se la stessa Lega avesse o meno ragione nella sua revisione rispetto agli eventi risorgimentali. Spiace riconoscere che la Lega avesse ragione su verità che ormai stanno clamorosamente finalmente venendo a galla. Ma il punto non è questo : nessuno a dire che la Lega sostiene ciò per voler dimostrare che è stato il Nord ad essere danneggiato e non, come nella verità dei fatti, il Sud.
Qualche parvenza di dubbio sugli eventi unitari fatta filtrare da Luzzatto, e mostrato il libro di Ricolfi “il Sacco del Nord” e nessun cenno, come dicevamo prima, a “Terroni” di Aprile.
Se questo è un metodo per discutere del problema Nord/Sud ci cascano le braccia, non ci resta che protestare sul sito di Gad Lerner http://www.gadlerner.it/ e con questo nostro sfogo sui siti e i blog del nostro circuito meridionalista.

Ci conforta unicamente la considerazione che ormai non possono più far finta di non affrontare (pur se malamente) il problema e che tutto il letame sta venendo a galla.
Sappiamo che la battaglia è ancora lunga, ma se loro fanno fatica ad affrontare la cosa noi di certo non molliamo.
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Il Link al video dell'intera puntata de L'Infedele del 26/04/2010 :
http://www.la7.tv/richplayer/?assetid=50177015


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Di Andrea Balìa


Lunedì u.s. 26 Aprile su La7, onestamente fra le meno peggiori delle reti televisive in essere, abbiamo assistito alla consueta puntata della trasmissione televisiva settimanale “L’Infedele” condotta da Gad Lerner. Trasmissione solitamente poco urlata che affronta politica e sociale con diversi ospiti ed un taglio gradevole, poco rissoso e non sfacciatamente schierata. Lunedì u.s. il titolo della puntata era “Garibaldi : la disunità d’Italia”.
Per la prima volta il buon Lerner è scivolato sulla buccia di banana : un grosso cartello retrostante raffigurava l’Italia spaccata in due con l’immagine di Garibaldi al Nord con la scritta Padania e quella di Fini (banalmente e strumentalmente usata cavalcando la diatriba Berlusconi/Fini degli ultimi giorni) al Sud con la scritta Borbonia. Ci aspettavamo ospiti di idee e segno opposto a cavalcare un’idea pro Nord e pro Sud, e invece no! C’erano ospiti del PD, della PDL e della Lega, Dacia Maraini che ha da poco abbandonato il ruolo di facente parte del Comitato per i festeggiamenti sui 150 anni d’unità (ma in polemica perché non d’accordo con la poca enfasi ai festeggiamenti del Comitato, e non perché non d’accordo con i festeggiamenti), uno storico ufficiale come Luzzatto e pochi altri a far da presenza e coro.

Ci siamo chiesti dove erano le voci del Sud ma non ne abbiamo trovate : nessun meridionalista, nessun dirigente dei pur tanti movimenti meridionalisti, nessun scrittore come ad esempio il buon Pino Aprile (autore di “Terroni”, successo riconosciuto dalle più interviste televisive vivaddio ricevute in questi giorni, anche dallo stesso Tg di La7), insomma il nulla!
Un dibattito monco, inconsueto, senza una delle controparti, quindi inutile, scorretto e che non affronta il problema in modo equo finendo, e ci spiace per Lerner, per non assolvere al compito dell’informazione ma anzi ricavandone solo il triste risultato di una cattiva informazione.
Né può bastare che venga ricordato che Granata (l’esponente della PDL) sia nato in Sicilia, come la stessa Maraini, che anzi s’è affrettata a dichiarare di riconoscersi solo nelle radici della cultura e non in quella delle sua terra d’origine. Pochi cenni su di una frase di Lorenzo Del Boca, notoriamente portatore di idee meridionaliste pur se piemontese, ma che in quanto Presidente dell’Ordine dei Giornalisti avrebbe meritato maggior attenzione e forse almeno un invito. Una breve e mail di un ragazzo calabrese che ricordava i nostri tanti primati dell’ex Regno delle Due Sicilie, e qualche frase letta dal libro della Pellicciari “I panni sporchi dei Mille” fatta subito passare da tutti per una fanatica cattolica visionaria sull’incidenza massonica nel processo unitario.

Tutta la trasmissione incentrata in un dibattito tra Lerner, PD, PDL e Lega sul valutare se la stessa Lega avesse o meno ragione nella sua revisione rispetto agli eventi risorgimentali. Spiace riconoscere che la Lega avesse ragione su verità che ormai stanno clamorosamente finalmente venendo a galla. Ma il punto non è questo : nessuno a dire che la Lega sostiene ciò per voler dimostrare che è stato il Nord ad essere danneggiato e non, come nella verità dei fatti, il Sud.
Qualche parvenza di dubbio sugli eventi unitari fatta filtrare da Luzzatto, e mostrato il libro di Ricolfi “il Sacco del Nord” e nessun cenno, come dicevamo prima, a “Terroni” di Aprile.
Se questo è un metodo per discutere del problema Nord/Sud ci cascano le braccia, non ci resta che protestare sul sito di Gad Lerner http://www.gadlerner.it/ e con questo nostro sfogo sui siti e i blog del nostro circuito meridionalista.

Ci conforta unicamente la considerazione che ormai non possono più far finta di non affrontare (pur se malamente) il problema e che tutto il letame sta venendo a galla.
Sappiamo che la battaglia è ancora lunga, ma se loro fanno fatica ad affrontare la cosa noi di certo non molliamo.
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Il Link al video dell'intera puntata de L'Infedele del 26/04/2010 :
http://www.la7.tv/richplayer/?assetid=50177015


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A Torino va in scena il “No Lombroso Day”


(Alcune teste di “Briganti” esposte al museo)


Di Valerio Rizzo

Ormai è tutto pronto, l’8 maggio a Torino ci sarà la manifestazione contro la riapertura del museo dedicato al criminologo risorgimentale Cesare Lombroso, avvenuta lo scorso 27 novembre.

Il contestatissimo scienziato, attraverso accurati studi, aveva dimostrato l’esistenza di un nesso tra la conformazione facciale e ossea e la condizione sociale di delinquenza.

Studi che si sono poi maggiormente concentrati sugli aspetti antropologici, sezionando e analizzando migliaia di crani di “briganti meridionali”.

Le conclusioni furono spiazzanti: la razza meridionale era biologicamente e morfologicamente portata a delinquere, e non solo. Secondo lo studioso tale “razza” era intellettualmente arretrata.

E’ l’inizio di quelle teorie sull’ «atavismo criminale», successivamente contestate e rimosse dagli accademici in quanto prive di fondamento scientifico, ma che purtroppo ebbero un seguito, dopo 70 anni, poiché riprese dai nazisti all’interno della loro teoria sulla superiorità della razza ariana, con tutto quello che ne è conseguito dopo.

Un museo dell’orrore dunque, dove sono esposti migliaia di teschi, soprattutto di quei meridionali che si opposero all’Unità d’Italia.

Ma anche un museo al “razzismo” in cui si vuole in qualche modo dimostrare che i tratti somatici di una determinata popolazione, o razza, o etnia, siano strettamente correlati con l’arretratezza e il crimine.

Da qui è sorta, alcuni mesi fa, una protesta di un gruppo meridionalista, Insorgenza Civile di Napoli. Protesta nata e diffusa sul web, attraverso il social network più famoso Facebook, e che ha raccolto migliaia di adesioni sia di singoli che di decine di movimenti culturali e politici di ispirazione meridionalista.

In tutte le regioni del Sud si stanno organizzando pullman, treni ed auto private; così come in tutta Italia e all’estero si sono create associazioni e gruppi promotori contro la riapertura del museo.

Secondo Michele Iannelli, di Insorgenza Civile Lazio, fondatore del movimento di protesta, la riapertura del museo è «un’ennesima umiliazione nei confronti dei cittadini del Sud d’Italia » ma è anche un altro «affronto alle migliaia di “patrioti” che sono morti per difendere la propria terra dall’aggressione selvaggia dei piemontesi-savoiardi »

Il direttore del museo, Silvano Moltaldo, ha specificato, più volte e in più occasioni, che l’intento della mostra non è “l’esaltazione” delle teorie lombrosiane, ma al contrario metterne in evidenza i limiti e le incongruenze, e la stessa riapertura del museo vuole proprio denunciare tali “errori” .

Ma Iannelli continua «la protesta non finirà l’8 maggio, ci attiveremo con petizioni e quant’altro di legale per far si che i resti dei nostri patrioti siano seppelliti nelle loro terre d’origine».

Cosa non impossibile se si ricorda il precedente, e cioè l’impegno dell’ attore Ulderico Pesce nel dare degna sepoltura a Giovanni Passannante, l’anarchico che nel 1878 attentò alla vita del re Umberto I di Savoia e che subì la stessa sorte delle cavie di Lombroso: sezionamento e analisi del cranio.

Dopo 100 anni di permanenza al Museo del Crimine di Roma, nel 2007, i suoi resti furono portati nel paese di origine, Savoia di Lucania (PZ).

Spesso la giustizia storica porta inesorabilmente alla giustizia sociale.

Fonte:Flipnews

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(Alcune teste di “Briganti” esposte al museo)


Di Valerio Rizzo

Ormai è tutto pronto, l’8 maggio a Torino ci sarà la manifestazione contro la riapertura del museo dedicato al criminologo risorgimentale Cesare Lombroso, avvenuta lo scorso 27 novembre.

Il contestatissimo scienziato, attraverso accurati studi, aveva dimostrato l’esistenza di un nesso tra la conformazione facciale e ossea e la condizione sociale di delinquenza.

Studi che si sono poi maggiormente concentrati sugli aspetti antropologici, sezionando e analizzando migliaia di crani di “briganti meridionali”.

Le conclusioni furono spiazzanti: la razza meridionale era biologicamente e morfologicamente portata a delinquere, e non solo. Secondo lo studioso tale “razza” era intellettualmente arretrata.

E’ l’inizio di quelle teorie sull’ «atavismo criminale», successivamente contestate e rimosse dagli accademici in quanto prive di fondamento scientifico, ma che purtroppo ebbero un seguito, dopo 70 anni, poiché riprese dai nazisti all’interno della loro teoria sulla superiorità della razza ariana, con tutto quello che ne è conseguito dopo.

Un museo dell’orrore dunque, dove sono esposti migliaia di teschi, soprattutto di quei meridionali che si opposero all’Unità d’Italia.

Ma anche un museo al “razzismo” in cui si vuole in qualche modo dimostrare che i tratti somatici di una determinata popolazione, o razza, o etnia, siano strettamente correlati con l’arretratezza e il crimine.

Da qui è sorta, alcuni mesi fa, una protesta di un gruppo meridionalista, Insorgenza Civile di Napoli. Protesta nata e diffusa sul web, attraverso il social network più famoso Facebook, e che ha raccolto migliaia di adesioni sia di singoli che di decine di movimenti culturali e politici di ispirazione meridionalista.

In tutte le regioni del Sud si stanno organizzando pullman, treni ed auto private; così come in tutta Italia e all’estero si sono create associazioni e gruppi promotori contro la riapertura del museo.

Secondo Michele Iannelli, di Insorgenza Civile Lazio, fondatore del movimento di protesta, la riapertura del museo è «un’ennesima umiliazione nei confronti dei cittadini del Sud d’Italia » ma è anche un altro «affronto alle migliaia di “patrioti” che sono morti per difendere la propria terra dall’aggressione selvaggia dei piemontesi-savoiardi »

Il direttore del museo, Silvano Moltaldo, ha specificato, più volte e in più occasioni, che l’intento della mostra non è “l’esaltazione” delle teorie lombrosiane, ma al contrario metterne in evidenza i limiti e le incongruenze, e la stessa riapertura del museo vuole proprio denunciare tali “errori” .

Ma Iannelli continua «la protesta non finirà l’8 maggio, ci attiveremo con petizioni e quant’altro di legale per far si che i resti dei nostri patrioti siano seppelliti nelle loro terre d’origine».

Cosa non impossibile se si ricorda il precedente, e cioè l’impegno dell’ attore Ulderico Pesce nel dare degna sepoltura a Giovanni Passannante, l’anarchico che nel 1878 attentò alla vita del re Umberto I di Savoia e che subì la stessa sorte delle cavie di Lombroso: sezionamento e analisi del cranio.

Dopo 100 anni di permanenza al Museo del Crimine di Roma, nel 2007, i suoi resti furono portati nel paese di origine, Savoia di Lucania (PZ).

Spesso la giustizia storica porta inesorabilmente alla giustizia sociale.

Fonte:Flipnews

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mercoledì 28 aprile 2010

Sollevazione popolare contro il Museo lombrosiano. Silenzio dei media


Cesare Lombroso, nato Marco Ezechia Lombroso, il 6 novembre 1835 a Verona e morto nel 1909, viene definito un antropologo ma da alcuni indicato come “giurista”, si concentrò sullo studio dell’antropologia dei pazzi e dei criminali.
Una carriera lunga e non sempre cristallina nei comportamenti e studi che la gente del meridione, che oggi contesta la riapertura del museo, ritiene simili a quelli utilizzati dagli stessi nazisti e ormai smentiti nettamente dalla scienza ufficiale.

Lombroso fu il teorizzatore delll’inferiorità della “razza meridionale” che sarebbe stata geneticamente portata alla delinquenza, sulla base di misurazioni di centinaia di resti e di crani prelevati al seguito delle truppe piemontesi che invasero il Regno delle Due Sicilie e massacrarono migliaia di meridionali che si erano ribellati a quell’invasione cancellandoli dalla storia come “briganti”.
Ora, l’8 maggio ci sarà una grande manifestazione che vedrà partecipanti gruppi da quasi tutte le regioni italiane, Calabria, Sicilia, Liguria, Valle D’Aosta, Lazio, Triveneto e Puglia , avrà il suo raduno alle ore 16 a Piazza Vittorio Veneto a Torino, per portarsi, dopo aver attraversato Via Po, Piazza Castello e Via Roma, Piazza San Carlo dove ci sarà anche un comizio.

Insomma, una vera e propria sollevazione che però sembra essere tenuta “sotto” tono dai media nazionali

Fonte:Osservatorio Sicilia
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Cesare Lombroso, nato Marco Ezechia Lombroso, il 6 novembre 1835 a Verona e morto nel 1909, viene definito un antropologo ma da alcuni indicato come “giurista”, si concentrò sullo studio dell’antropologia dei pazzi e dei criminali.
Una carriera lunga e non sempre cristallina nei comportamenti e studi che la gente del meridione, che oggi contesta la riapertura del museo, ritiene simili a quelli utilizzati dagli stessi nazisti e ormai smentiti nettamente dalla scienza ufficiale.

Lombroso fu il teorizzatore delll’inferiorità della “razza meridionale” che sarebbe stata geneticamente portata alla delinquenza, sulla base di misurazioni di centinaia di resti e di crani prelevati al seguito delle truppe piemontesi che invasero il Regno delle Due Sicilie e massacrarono migliaia di meridionali che si erano ribellati a quell’invasione cancellandoli dalla storia come “briganti”.
Ora, l’8 maggio ci sarà una grande manifestazione che vedrà partecipanti gruppi da quasi tutte le regioni italiane, Calabria, Sicilia, Liguria, Valle D’Aosta, Lazio, Triveneto e Puglia , avrà il suo raduno alle ore 16 a Piazza Vittorio Veneto a Torino, per portarsi, dopo aver attraversato Via Po, Piazza Castello e Via Roma, Piazza San Carlo dove ci sarà anche un comizio.

Insomma, una vera e propria sollevazione che però sembra essere tenuta “sotto” tono dai media nazionali

Fonte:Osservatorio Sicilia
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La "magistratura" e la "classe forense" dauna sono le più "efficienti" in Italia secondo il Ministro "Guardasigilli" Alfano!

La “magistratura” e la “classe forense” dauna sono risultati prime, per “efficienza”, in base all’ultima graduatoria di settore, redatta dal Ministero di Grazia e Giustizia.


Foggia_TribunaleIl Tribunale di Foggia è risultato “primo” nella speciale graduatoria, stilata dal ministro di Grazia e Giustizia Angelino Alfano. Il Ministro “ Guardasigilli” ha posto sotto la “lente di ingrandimento” l’attività giudiziaria svolta in ben 165 “Palazzi di Giustizia” italiani, monitorando con attenzione quelli più produttivi del nostro “stivale”.

Al termine di tale attenta valutazione, basata su dati e percentuali statistiche, il tribunale foggiano, in materia di numeri di procedimenti esauriti in media per ogni singolo magistrato, è risultato il più “efficiente” tra tutti, con oltre 6mila (1200 all'anno) procedimenti conclusi nel quinquennio 2004/2008, contro i 4670 del secondo classificato, ovvero il Tribunale di Bari.

A fornire, con precisione, ogni dato numerico è stato il quotidiano economico italiano più autorevole - "Il Sole 24 ore" (edizione del 19 aprile 2010 )- che ha evidenziato ,altresì, un altro primato del Tribunale dauno, ovvero l'aumento percentuale più consistente nella variazione delle pendenze nel civile, con oltre il 79% di incremento del contenzioso rispetto all’ultimo quinquennio.

Questo ultimo dato, tuttavia, non appare positivo quanto il primo, poiché strettamente connesso alla percentuale relativa allo smaltimento degli arretrati, i cosiddetti "movimenti", ovvero il flusso di procedimenti iscritti, definiti, e pendenti nel settore civile, settore nel quale il Tribunale di Foggia occupa, di contro, gli ultimi posti nella speciale graduatoria del Ministero di Grazia e Giustizia!

Il presidente del Tribunale di Foggia , dott. Francesco Infantini, “incassati” i complimenti per l’originale “primato” del Palazzo di Giustizia che rappresenta , attraverso le pagine del “Sole 24 Ore” , ha evidenziato, nel contempo, la cronica e drammatica situazione relativa alla carenza di personale nel Tribunale del capoluogo dauno.

Dei 48 magistrati attualmente in organico , resteranno,infatti, in servizio,nei prossimi mesi, appena 37, con il “congedo” di ben 11 unità ( 4 solo nel “penale”), non rimpiazzati né nel settore penale, né in quello civile almeno fino all’arrivo dei nuovi “tirocinanti”, previsto per il 2011.

Ma la “nota dolente” del “Palazzo di Giustizia” dauno è rappresentata ,soprattutto, dalla presenza, inadeguata per numero, dei cancellieri, tanto che, ormai per prassi, le udienze in materia civile si celebrano senza la presenza degli stessi , impegnati nelle varie “cancellerie” dei magistrati a “smaltire” la catalogazione dei fascicoli di causa delle udienze svolte nelle precedenti giornate.

Assolutamente allarmante è , altresì, la situazione in atto nella “sezione lavoro” del Tribunale di Foggia, con la presenza in servizio di solo otto magistrati “togati”, costretti a “fare del loro meglio” al fine di “smaltire” ben 114.000 procedimenti attualmente pendenti , con una durata media delle singole cause di lavoro che si attesta attorno ai dieci anni per giungere ad una sentenza, ed udienze di rinvio distanti addirittura anni dall’ultima celebrata .

La graduatoria del Ministero promuove, invece, “a pieni voti” la sezione penale del Tribunale dauno , individuando il dato di -33% nelle pendenze di procedimenti pendenti, rispetto all’ultimo quinquennio. A conferma del suddetto positivo “trend” statistico vi è il dato di appena tre processi attualmente pendenti presso la Corte d'Assise di Foggia.

Il primato italiano di efficienza, conseguito dal Tribunale foggiano, deve essere ,senza dubbio, ripartito tra la magistratura , l’intero organico di “cancelleria” e , non ultima, la “classe forense” dauna. Tutte e tre le suddette “categorie” hanno, infatti, collaborato , al di là di ogni forma di antagonismo, per il raggiungimento dell’obiettivo evidenziato dalle graduatorie del Ministero, colmando le lacune e le deficienze croniche sopra evidenziate.

Urge al più presto una riforma nel “reclutamento” di magistrati onorari e cancellieri ,al fine di “sopperire” alle carenze di organico che , purtroppo, rappresentano un dato comune relativo a quasi tutti i “Palazzi di Giustizia” italiani, la cui conseguenza è una “giustizia lumaca” che, in quanto tale, risulta di per se stessa una “ingiustizia”!

Foggia, 20 aprile 2010

Avv. Eugenio Gargiulo

Fonte:Reportonline
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La “magistratura” e la “classe forense” dauna sono risultati prime, per “efficienza”, in base all’ultima graduatoria di settore, redatta dal Ministero di Grazia e Giustizia.


Foggia_TribunaleIl Tribunale di Foggia è risultato “primo” nella speciale graduatoria, stilata dal ministro di Grazia e Giustizia Angelino Alfano. Il Ministro “ Guardasigilli” ha posto sotto la “lente di ingrandimento” l’attività giudiziaria svolta in ben 165 “Palazzi di Giustizia” italiani, monitorando con attenzione quelli più produttivi del nostro “stivale”.

Al termine di tale attenta valutazione, basata su dati e percentuali statistiche, il tribunale foggiano, in materia di numeri di procedimenti esauriti in media per ogni singolo magistrato, è risultato il più “efficiente” tra tutti, con oltre 6mila (1200 all'anno) procedimenti conclusi nel quinquennio 2004/2008, contro i 4670 del secondo classificato, ovvero il Tribunale di Bari.

A fornire, con precisione, ogni dato numerico è stato il quotidiano economico italiano più autorevole - "Il Sole 24 ore" (edizione del 19 aprile 2010 )- che ha evidenziato ,altresì, un altro primato del Tribunale dauno, ovvero l'aumento percentuale più consistente nella variazione delle pendenze nel civile, con oltre il 79% di incremento del contenzioso rispetto all’ultimo quinquennio.

Questo ultimo dato, tuttavia, non appare positivo quanto il primo, poiché strettamente connesso alla percentuale relativa allo smaltimento degli arretrati, i cosiddetti "movimenti", ovvero il flusso di procedimenti iscritti, definiti, e pendenti nel settore civile, settore nel quale il Tribunale di Foggia occupa, di contro, gli ultimi posti nella speciale graduatoria del Ministero di Grazia e Giustizia!

Il presidente del Tribunale di Foggia , dott. Francesco Infantini, “incassati” i complimenti per l’originale “primato” del Palazzo di Giustizia che rappresenta , attraverso le pagine del “Sole 24 Ore” , ha evidenziato, nel contempo, la cronica e drammatica situazione relativa alla carenza di personale nel Tribunale del capoluogo dauno.

Dei 48 magistrati attualmente in organico , resteranno,infatti, in servizio,nei prossimi mesi, appena 37, con il “congedo” di ben 11 unità ( 4 solo nel “penale”), non rimpiazzati né nel settore penale, né in quello civile almeno fino all’arrivo dei nuovi “tirocinanti”, previsto per il 2011.

Ma la “nota dolente” del “Palazzo di Giustizia” dauno è rappresentata ,soprattutto, dalla presenza, inadeguata per numero, dei cancellieri, tanto che, ormai per prassi, le udienze in materia civile si celebrano senza la presenza degli stessi , impegnati nelle varie “cancellerie” dei magistrati a “smaltire” la catalogazione dei fascicoli di causa delle udienze svolte nelle precedenti giornate.

Assolutamente allarmante è , altresì, la situazione in atto nella “sezione lavoro” del Tribunale di Foggia, con la presenza in servizio di solo otto magistrati “togati”, costretti a “fare del loro meglio” al fine di “smaltire” ben 114.000 procedimenti attualmente pendenti , con una durata media delle singole cause di lavoro che si attesta attorno ai dieci anni per giungere ad una sentenza, ed udienze di rinvio distanti addirittura anni dall’ultima celebrata .

La graduatoria del Ministero promuove, invece, “a pieni voti” la sezione penale del Tribunale dauno , individuando il dato di -33% nelle pendenze di procedimenti pendenti, rispetto all’ultimo quinquennio. A conferma del suddetto positivo “trend” statistico vi è il dato di appena tre processi attualmente pendenti presso la Corte d'Assise di Foggia.

Il primato italiano di efficienza, conseguito dal Tribunale foggiano, deve essere ,senza dubbio, ripartito tra la magistratura , l’intero organico di “cancelleria” e , non ultima, la “classe forense” dauna. Tutte e tre le suddette “categorie” hanno, infatti, collaborato , al di là di ogni forma di antagonismo, per il raggiungimento dell’obiettivo evidenziato dalle graduatorie del Ministero, colmando le lacune e le deficienze croniche sopra evidenziate.

Urge al più presto una riforma nel “reclutamento” di magistrati onorari e cancellieri ,al fine di “sopperire” alle carenze di organico che , purtroppo, rappresentano un dato comune relativo a quasi tutti i “Palazzi di Giustizia” italiani, la cui conseguenza è una “giustizia lumaca” che, in quanto tale, risulta di per se stessa una “ingiustizia”!

Foggia, 20 aprile 2010

Avv. Eugenio Gargiulo

Fonte:Reportonline
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